Per lo studio volto alla finalità di catalogazione e prevenzione antincendio è importante analizzare i fenomeni fisici che causano i principali danni, quali la combustione. Essa è caratterizzata da un forte e intenso rilascio di energia, che spesso si traduce in vere e proprie esplosioni a causa della rapida dilatazione volumetrica dei gas coinvolti.
L’enorme rilascio energetico derivante dalla combustione può provocare l’avvio di un processo di decomposizione termica all’interno di un materiale solido, posto in prossimità della fonte energetica. Tale processo è endotermico e non richiede la presenza di un reagen- te ossidante, perché l’energia somministrata è sufficiente a vince i legami intermolecolari producendo il distacco di sostanze volatili. Questo fenomeno è chiamato pirolisi, e risulterà fondamentale per comprendere la reazione al fuoco di un modulo PV.
3.2.1 Fondamenti di combustione
La combustione è la reazione chimica di ossidazione completa, caratterizzata da un forte rilascio di calore. Le sostanze combustibili tipicamente contengono idrogeno, carbonio e
zolfo, mentre l’agente ossidante più tipico è l’ossigeno. Sebbene il processo, a livello chimico, possa essere caratterizzato da una serie di reazioni intermedie, risulta molto rapido, per questo è spesso sufficiente analizzarlo globalmente senza gli step intermedi. Il forte rilascio di calore è determinale tramite lo studio energetico della reazione che rispetta la legge di conservazione della massa e la legge di Hess:
∆Hr= ∆Hr◦+ Z T T0 CpT dT = N R X l νl∆Hf◦l − N P X l νl∆Hf◦l + Z T T0 CpT dT (3.1) Con ν si indicano i coefficienti stechiometrici, mentre NR e NP sono rispettivamente il numero di reagenti e di prodotti. La legge permette di calcolare l’energia rilasciata dalla reazione come differenza dei contributi delle entalpie di formazione standard delle specie partecipanti e considerando il contributo entalpico dettato dal raggiungimento della temperatura T, partendo da quella di condizioni standard T0.
Con il termine propagazione si intende il fenomeno per il quale l’onda di combustione è in grado di sussistere nel tempo, coinvolgendo le diverse parti della miscela reagente, ossia si può intendere la propagazione come l’innesco dei fenomeni di combustione su sostanze che inizialmente non erano coinvolte nell’incendio.
Il potere calorifico P.C. è la quantità di calore generata dalla combustione completa dell’unità di massa del combustibile, quando i prodotti della reazione vengono riportati alla temperatura iniziale dei reagenti. Esistono due varianti di questa grandezza, in base alla fase assunta dall’acqua presente: se gassosa si parla di potere calorifico superiore, se liquida è definito inferiore, perché decurtato dell’entalpia di evaporazione dell’acqua.
La temperatura adiabatica di fiamma è la temperatura raggiunta dai prodotti tramite una combustione isobara ed adiabatica il cui calore di reazione è utilizzato unicamente per riscaldare i prodotti, con i reagenti mantenuti ipoteticamente a temperatura ambiente. Con riferimento all’equazione 3.1, essa corrisponde a T, ponendo ∆hr = 0. La presenza di sostanze inerti diminuisce la temperatura adiabatica di fiamma perché non forniscono il contributo di entalpia di formazione standard, ma assorbono il calore sprigionato dalla reazione. Un tipico esempio è la combustione in aria, composta principalmente da ossi- geno ed azoto, quest’ultimo inerte e presente con una frazione volumetrica pari al 79%. Per aumentare la temperatura adiabatica di fiamma si procede in ambito tecnico con un preriscaldamento dei reagenti, così da generare prodotti ad un livello energetico superiore, ma anche in questo caso è richiesto il dispendioso preriscaldamento degli inerti, se presenti. Analizzando il fenomeno da un punto di vista cinetico, l’equazione di Arrhenius è quella che meglio descrive la sua evoluzione nel tempo:
RR = AAexp
−Ea
RT
(3.2) Essa è in grado di accorpare in un’unica espressione il susseguirsi di tutte le reazioni inter- medie che si verificano. Si nota come la funzione aumenta con l’aumentare della tempera- tura, con conseguente aumento della potenza termica sviluppata che provoca un ulteriore aumento della temperatura, in un circolo virtuoso che presto coinvolge l’intera massa com- bustibile fino all’esaurimento del reagente, come descritto in [15]. L’innesco è dettato dal superamento di un determinato livello energetico, anche chiamato energia di attivazione Ea, e può avvenire in svariati modi: aumento puntuale dell’energia cinetica del gas combu-
stibile, campi di forze agenti in prossimità di particolari superfici solide o anche attraverso l’assorbimento di fotoni (ignizione forzata). Un altro modo per raggiungere l’innesco è il riscaldamento dell’intera massa combustibile fino alla temperatura di ignizione, tipica di ogni materiale (ignizione spontanea). Si definisce fire point la temperatura minima alla
quale si ha ignizione in condizioni standard di pressione e dipende dalle concentrazioni di sostanze in gioco.
In seguito all’ignizione bisogna indagare se la fiamma riesce ad auto-sostenersi, ovvero se l’energia rilasciata dalla porzione reagente è sufficiente per mantenere la temperatura di ignizione nella porzione di reagente non reagita, il tutto tenendo conto delle dispersioni termiche. La temperatura minima di ignizione di una combustione che non riesce ad auto-sostenersi è detta flash point, valutata anch’essa in condizioni standard di pressione. Per assicurare una combustione completa si opera in condizioni di eccesso di ossidante, in caso di difetto, avviene infatti un’ossidazione parziale con conseguente formazione di prodotti differenti. Nel caso degli idrocarburi, è verificata la condizione di eccesso d’aria tramite l’analisi del rapporto tra la frazione massica del monossido di carbonio e l’anidride carbonica, presenti nei fumi prodotti. L’aumento del rapporto è indice di una predomi- nanza di reazioni di ossidazione parziale, perché il carbonio non raggiunge il suo massimo livello ossidativo sotto forma di CO. Di conseguenza il potere calorifico e la temperatura adiabatica di fiamma diminuiscono.
Esiste una concentrazione massima e minima del combustibile per la quale può prender luogo la combustione, i due valori sono chiamati rispettivamente limite superiore-inferiore di infiammabilità, caratteristici del combustibile, sono fondamentali solo per l’avvio della reazione.
3.2.2 La pirolisi
Con il termine pirolisi si intende la decomposizione termochimica di un materiale, infatti è anche chiamato omolisi termicamente indotta. Fornendo energia sotto forma di calore e in completa assenza di agenti ossidanti, il materiale subisce la scissione dei legami chimici originari, con formazione di molecole più semplici. Spesso le molecole liberate sono in forma gassosa e a seconda della porosità del materiale, il gas è più o meno agevolato a fuoriuscire dalla matrice solida. Se nel suo moto incontra agenti ossidanti, come l’ossigeno presente nell’aria, può avvenire la combustione di queste molecole gassose, con lo sviluppo di fiamme, come è stato riscontrato nei test SBI sui moduli PV.
Come descritto in [16], l’American Society for Testing Materials (ASTM) distingue due effetti differenti del processo termochimico:
• degrado termico, un processo attraverso il quale l’azione del calore o dell’eleva- ta temperatura causa una perdita di proprietà fisiche, meccaniche o elettriche del materiale;
• decomposizione termica, un processo di cambiamento delle specie chimiche pre- senti, causato dal calore.
La pirolisi di elementi a matrice solida implica una serie di reazioni radicaliche a ca- tena. La scissione di una molecola organica o polimerica comporta la formazione di due radicali estremamente reattivi, essi tendono ad estrarre idrogeno da altre molecole non ancora soggette ad omolisi, producendo ulteriori radicali con effetto domino. Il processo di decomposizione termica, in quanto endotermico, per auto-sostenersi, necessita dell’energia prodotta dalla combustione dei gas volatili rilasciati. Per permetterlo i gas devono essere infiammabili, in modo che, a contatto con l’ossigeno presente in aria, avvenga la reazione di ossidazione completa. Ciò accade con temperature sufficientemente elevate o con la pre- senza di un innesco, quale è la fiamma che si sviluppa sul bruciatore nei test SBI. In questo caso la pirolisi accade in contemporanea con l’ossidazione parziale o completa del materiale sullo strato superficiale, in quanto l’ambiente non è privo di ossigeno. Si ricorda però che
il pannello è sottovuoto, quindi al suo interno non circola ossidante. Quando iniziano a formarsi i primi gas, la maggior parte di questi rimane intrappolata nella struttura e a causa del loro coefficiente di dilatazione, di ordini di grandezza superiore a quello di un solido, i gas riscaldati si espandono fino a far saltare in aria il vetro del pannello.