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3.6 La reazione al fuoco dell’EVA

4.1.3 Modellazione della turbolenza

Con ˙q si indica il termine di sorgente volumetrico dell’energia, Q è il flusso termico. L’ul- timo termine rappresenta la potenza termica prodotta dalle forze di volume riferite alla l-esima specie. In forma differenziale risulta:

∂ ∂t(ρh) + 5 · (ρhu) = − 5 ·Q + 5(σu) + ˙Q + ρ Nc X l=1 ωlfl· (u + Vl) (4.12)

4.1.3 Modellazione della turbolenza

L’utilizzo principale della CFD è la risoluzione delle equazioni di Navier-Stokes. Parten- do dall’equazione 4.6 il tensore degli sforzi è scomposto in due contributi: la pressione idrostatica e gli sforzi viscosi.

5 · σ = − 5 p − 5 · τ (4.13)

Per fluidi Newtoniani isotropi gli sforzi viscosi possono essere espressi come una funzione della velocità di deformazione locale, divisa in due componenti: la velocità di deformazione lineare e volumetrica.

τij =          i = j 2µ ∂ui ∂xi + θ 5 u i 6= j µ  ∂ui ∂xj + ∂uj ∂xi  (4.15)

θ è la viscosità secondaria che lega lo sforzo alla deformazione volumetrica, per i gas perfetti è pari a −23µ (Schlichting, 1979). Per i = j si hanno i tre termini di deformazione volumetrica, per i 6= j si hanno sei termini di deformazione lineare uguali a coppie perché τij = τji (isotropia).

Le equazioni di Navier-Stokes sono l’equazione di continuità (4.4) e quella della con- servazione della quantità di moto (4.6) con gli sforzi viscosi espressi come sopra indicato. Vengono riportate con termine di sorgente ri-arrangiato per il metodo dei volumi finiti.

     ∂ρ ∂t + 5 · (ρu) = 0 ρDuDt = − 5 p + 5 · (µ 5 u) + SM (4.16)

Questo sistema è applicabile ad ogni flusso di fluido Newtoniano isotropo esistente; ciò che complica la risoluzione del sistema è la turbolenza. Il numero di Reynolds (Re) esprime il rapporto tra le forze di inerzia e quelle viscose agenti, sperimentalmente esiste un valore critico, oltre il quale il fluido inizia la fase di transizione da laminare a turbolento fino a raggiungere lo stadio finale con un moto apparentemente casuale o caotico (Re elevato).

φ(t) = φ + φ0(t) (4.17)

La decomposizione di Reynolds (4.17) permette di distinguere una componente stazionaria media φ e una proprietà statistica della fluttuazione di ogni grandezza caratterizzante il flusso φ0. Nella Figura 4.2 è riportato l’esempio applicato ad una componente della velocità.

Figura 4.2: Misurazione puntuale della componente x della velocità in un flusso turbolento [46]

Le strutture rotazionali di moto, anche dette vortici (o Eddies), con un ampio range di scale di lunghezza. Particelle di fluido che risultano inizialmente separate da una lunga distanza possono ritrovarsi prossime a causa di questi vortici. Questo effetto di mixing aumenta notevolmente i coefficienti di diffusione delle equazioni di conservazione analizzate precedentemente.

Tutte le proprietà fluttuanti di un flusso turbolento contengono energia disposta in un ampio spettro di frequenze o numeri d’onda κ.

κ = 2π/λ (4.18)

Con λ si indica la lunghezza d’onda dei vortici. L’energia spettrale è l’energia cinetica per unità di massa e di numero d’onda. Nella grafico di Figura 4.3 si nota che il massimo di energia spettrale si ha per i bassi numeri d’onda, ovvero grandi lunghezze d’onda che rappresentano i Large Eddies. L’andamento riprodotto trova spiegazione in due distinti ma contemporanei fenomeni:

• vortex streching: Estrazione di energia e mutua interazione tra il flusso medio e i vortici più grandi. I gradienti di velocità media distorcono questi vortici che estraggono energia dal flusso medio. Tale energia è quella necessaria per mantenere la turbolenza.

• energy cascade: i vortici più grandi che subiscono lo streching diminuiscono di raggio e l’energia cinetica viene continuamente trasferita a vortici di scala decrescente. Essa viene dissipata e convertita in energia termica (o interna) del fluido. Per questo motivo i moti turbolenti dissipano una quantità maggiore di energia rispetto a quelli laminari.

Figura 4.3: Spettro di energia turbolenta in funzione del numero d’onda [46]

Velocità e lunghezza caratteristica dei Large Eddies sono dello stesso ordine di gran- dezza di quelle del flusso medio, è lecito ritenere che anche i due numeri di Reynolds siano simili. Ciò permette di considerare i vortici più grandi dominati dai contributi inerziali, ritenendo trascurabili quelli viscosi. Il momento angolare si conserva durante lo stretching,

per questo ad un aumento della velocità corrisponde una diminuzione di raggio e la forma- zione di vortici più piccoli. Avendo scale che dipendono dalla geometria presente risultano completamente anisotropi.

Per i vortici più piccoli si registra sperimentalmente che il contributo inerziale ha lo stesso peso di quello viscoso (Re → 1). Questo studio è stato fatto da Kolmogorov a cui sono dedicati i nomi delle scale dei piccoli vortici. A causa dell’azione diffusiva della viscosità essi risultano isotropi (non direzionali). Esiste una terza categoria intermedia di vortici ma non viene presa in esame perché il modello adottato nelle simulazioni non la considera. Il valore generalmente utilizzato per la distinzione delle due classi di vortici è κ = 1000.

A un maggior dettaglio di descrizione di turbolenza corrisponde un maggior sforzo computazionale ed un risultato più accurato. Per meglio comprendere il modello necessa- riamente adottato per questo lavoro (LES ) verranno introdotti due approcci supplementari, uno più impreciso (URANS ) e l’altro più lento (DNS ).

URANS e DNS

Le Unstady Reynolds Average Navier-Stokes equations risolvono numericamente le equazio- ni mediate, risultando più economiche dal punto di vista computazionale. Vengono fornite informazioni solo sulla corrente media stazionaria e sono necessari modelli di turbolenza per la rappresentazione dell’influenza di tutte le strutture turbolente sulla corrente media. Si basa sulla teoria di Kolmogorov delle scale dei flussi. La modellazione approssima bene i vortici più piccoli perché con un numero di Reynolds sufficientemente elevato risultano statisticamente isotropi e la loro descrizione è universale perché univocamente determinata dalla dissipazione di energia e dalla viscosità. Al contrario, i vortici più grandi (Large Eddies) sono dipendenti dalla geometria del fluido che si prende in esame. La sua validi- tà è legata ai modelli di chiusura delle equazioni turbolente e al modello di combustione adottato.

Tutti i modelli URANS, escluso RSM (Reynolds Stress equation Model ), si basano sulle ipotesi di Bussinesq (1877). Egli propose un’analogia tra gli sforzi di Reynolds e la velocità di deformazione: τij = −ρu0iu0j = µt  ∂ui ∂xj +∂uj ∂xi  −2 3ρBδij (4.19)

L’argomento tra le parentesi tonde è l’espressione della velocità di deformazione. Analiz- zando l’ultimo termine, è presente il Delta di Kronecker (δij) e B = 12 u02+ v02+ w02

 perché altrimenti la somma di tutti i contributi normali sarebbe nulla. La viscosità tur- bolenta µt è assunta costante per l’ipotesi di flusso isotropo ed è associata all’analogia di Reynolds:

µt

Γt

' 1 ≡ P rt (4.20)

Il secondo approccio prevede la risoluzione diretta delle equazioni di Navier-Stokes. L’e- voluzione delle grandezze termodinamiche deve avvenire su griglie computazionali con un elevato numero di nodi. La discretizzazione temporale delle equazioni deve esser tale da catturare le più elevate frequenze associate alle scale più piccole (quelle di Kolmogorov ) caratterizzate da fluttuazioni veloci, in cui avviene la dissipazione di energia. Si limita il suo utilizzo ai casi in cui il numero di Reynolds è moderato, in modo da utilizzare geometrie semplici e griglie relativamente poco fitte.

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