• Non ci sono risultati.

LA FIERA ORAFA DI VICENZA

2. LA FIERA DI VICENZA

La Fiera di Vicenza è una tra le prime in Italia per livello di visibilità e fatturato complessivo. La Fiera nacque quando intorno a Vicenza fioriva un mercato economico e finanziario significativo e la città berica era la prima provincia delle Tre Venezie per industria e artigianato115. Era il 1948, quando fu istituito, con sede in Vicenza, l'Ente autonomo per la Fiera campionaria nazionale di Vicenza. Nel art. 1. del Regolamento, redatto nel mese di febbraio, leggiamo che l'Ente ha lo scopo di organizzare mostre speciali dell'industria laniera, del tessile e della ceramica; di valorizzare e diffondere i prodotti tipici dell'industria e dell'artigianato nazionale; promuovere e sollecitare nuovi rapporti di scambio nazionale ed internazionale; organizzare congressi e convegni di carattere tecnico ed industriale concernenti i problemi d'attualità economica sia nazionali che internazionali116. Il 31 agosto dello stesso anno veniva aperto al pubblico, in una rinnovata veste,

115Ente Fiera di Vicenza, Risultati e mète della campionaria nazionale di Vicenza, Tip. S. A. V. EG., Vicenza 1949, p.

7.

l'Ente Fiera Campionaria Nazionale di Vicenza, inaugurata ai Giardini Salvi, un'area vicina alla stazione ferroviaria, nel cuore della città. Nello statuto entrato in vigore quell’anno erano indicati i suoi “soci” fondatori, cioè: la Camera di Commercio di Vicenza, il Comune di Vicenza, l'Amministrazione provinciale di Vicenza e l'Ente provinciale del Turismo117.

In realtà l'origine vantata dalla Fiera di Vicenza potrebbe essere ancora più lontana, con un blasone di nobiltà di più di mille anni di vita, attribuito ad essa niente meno che dalla Repubblica romana118. Ne fa fede Plinio il Giovane che, nel 188 a.C., nelle sue Epistulae, parlò dell’istituzione di alcune fiere in territorio berico; un’altra testimonianza indiretta rese nota l’organizzazione di una fiera nel 309 d.C., in occasione della festa per il ritorno in Vicenza delle spoglie dei martiri Felice e Fortunato. Tuttavia notizie più sicure e dettagliate le abbiamo nel 1224: in Campo Marzo si svolse, nei mesi di agosto e novembre, una vera e propria fiera con una cospicua gamma di prodotti agricoli. Tre anni dopo, accanto ai prodotti e agli attrezzi agricoli, si aggiunsero i panni di lana, un inizio di specializzazione in uno dei settori tra i più importanti dell'economia vicentina moderna. Un'altra concreta attestazione dell’esistenza di una fiera si trova negli Statuti del 1339, le cui manifestazioni si svolgevano in Campo Marzo due volte l’anno, in occasione delle feste di San Felice (14 agosto) e di San Gallo (26 ottobre), ma tra le categorie dei mercanti non compare ancora quella dell’aurificum. I “casotti” (gli attuali stands) risultano assegnati agli orefici soltanto nel 1722, quando la fiera era stata ricondotta in piazza dei Signori e includeva piazza Biade. Dalla Matricola degli Orefici del 1799, sappiamo che i confratelli avevano la facoltà di inviare presso le fiere e i mercati i garzoni o lavoranti, notificando la delega alle autorità competenti dell'arte119. Negli Statuti comunali riformati di Vicenza del 1425, infatti, veniva stabilito che durante il tempo di fiera (di San Gallo e di San Felice) le fraglie e gli artefici vicentini erano obbligati a partecipare con le loro merci sotto pena di dieci piccoli (moneta di piccolo taglio in uso nel XV secolo), a mantenere chiuse le loro botteghe in città e infine a non fare alcune negoziazione fuori di fiera sotto pena, questa volta, di soli tre piccoli, le monete usate in tutta Italia per indicare quelle di minor valore120. Sotto la dominazione di Venezia, la Fiera vicentina ebbe un notevole impulso e acquistò una periodicità annuale: su richiesta del consiglio vicentino, nel 1571, il Doge Aloisio Mocenigo stabilì che la manifestazione venisse unificata in un solo evento, ossia la “Fiera d’Ogni Santi”,

117D. Ferrari, L. Mistrorigo, I profeti di Giardino Salvi, Ente Fiera di Vicenza, Arzignano (Vicenza) 1990, p. 81. 118P. Zanchi, La Fiera di Vicenza è di origine romana in Catalogo X Fiera di Vicenza, Vicenza 1955, p.31.

119D. Cunico, La Fraglia degli Orefici di Vicenza, dal XIV al XIX secolo, Università Ca' Foscari di Venezia, tesi di

laurea, rel. L. Puppi, a.a. 1992-93, p. 106.

120

allestita in Campo Marzio dal 26 ottobre al 11 novembre, per il timore degli incendi entro le mura. L'opzione di svolgere la fiera in Campo Marzo ribadiva una certa marginalità urbana, soprattutto avvertita dagli stessi mercanti. Il che motivò il trasferimento della fiera nelle piazze attorno alla Basilica palladiana dal 1674 e sino ai primissimi anni del secolo successivo. A cavallo del primo decennio del '700, alcuni incendi, a cominciare da quello di Lonigo del 1709, devastarono le fiere centro - cittadine di Crema e Verona, costringendo anche il consiglio vicentino a riconsiderare la questione della sede di quella berica, pericolosamente contigua ai più importanti edifici pubblici della città. Il 19 febbraio 1713 fu respinta la proposta di un suo trasferimento nella piazza dell'Isola, l'attuale piazza Matteotti, di fronte al da poco completato palazzo Chiericati121. Esattamente un mese più tardi il Consiglio concedeva come sede della fiera l'antico loco di Campo Marzo. I volumi dell'Archivio Torre sulla fiera attestano il suo ritorno nelle piazze centro-cittadine già nel 1715, e poi ancora nel 1717, malgrado una ducale del 4 aprile 1719 prorogasse per altri dieci anni l'autorizzazione a svolgerla nell'area del Campo. Pare di intendere che, almeno per il biennio 1720 - 1721, essa abbia avuto effettivamente la sua sede proprio nel Campo, e sotto la regìa di Francesco Muttoni, ma con una certa infelicità, derivante dal perdurante senso di isolamento dell'area rispetto alla città: al punto da fomentare una sorta di concitata manifestazione dei mercanti, con occupazione dell'aula consiliare, nell'aprile del 1722, sino a un risicato compromesso, ratificato il 3 maggio successivo, che comportava il ritorno degli stands nel cuore di Vicenza, ma limitatamente all'area della piazza Biade. Ma il reintegro su quella “Grande” avverrà appena un anno dopo122. Nel 1694 la città istituì la “Fiera Franca di Vicenza”, con lo scopo di dare un notevole impulso all’industria vicentina che iniziò ad esportare i suoi prodotti in tutto il mondo. Questa Fiera ebbe grande successo e continuò fino alla fine del dominio della Serenissima su Vicenza, era il 1797. A causa delle travagliate vicende che videro protagoniste le terre vicentine tra la caduta della Serenissima e il dominio francese e a causa della decadenza delle industrie, le fiere non vennero realizzate fino al 1837, quando Ferdinando I imperatore d’Austria ripristinò le fiere in Italia. Tra la fine del Settecento e i primi decenni del secolo successivo la borghesia industriale e mercantile aveva ricevuto sensibili danni dalle emergenze del periodo napoleonico. Poco poté fare la Camera di Commercio arti e manifatture (un ente simile all'attuale Camera di Commercio), istituita nel 1811, cui ruolo era soprattutto teso a combattere il “disordine assoluto” che minacciava la produzione vicentina in quegli anni. A Vicenza la fiera annuale riprese il 28 luglio 1838 e terminò

121G. Barbieri, L'immagine di Vicenza..., op. cit., 162. 122Ivi, p. 166.

l’8 agosto, si tenne in Campo Marzo, ebbe notevole riscontro di pubblico e riattivò il commercio vicentino, ma per la sua onerosa organizzazione non riuscì a reggere a lungo. In questo periodo avvenne una trasformazione della vecchia fiera cittadina, che da momento di scambio urbano delle merci divenne occasione di carattere economico-celebrativo, con finalità non più di vendita immediata quanto piuttosto di rappresentanza e di pubblicità. Precedentemente, nel 1816, la Camera di Commercio organizzò nella Sala Bernarda, oggi sede del Consiglio comunale, “l'Esposizione delle manifatture e degli oggetti d'arte della provincia di Vicenza” che riscosse grande interesse. Gli oggetti esposti furono esaminati persino da Francesco I d'Austria in persona. La mostra (oggi diremmo di tipo campionario) aveva soprattutto il compito di consentire all'autorità imperialregia di valutare la realtà produttiva locale al fine di prendere i provvedimenti necessari alla ripresa economica. Potremmo dire si trattasse di una Fiera ad personam123. Nel catalogo della mostra si scopre che vi era una sezione dedicata agli orefici e agli argentieri. Tra questi Luigi Merlo, il celebre orafo meccanico, che presentò un vaso d'argento da tè istoriato, una vasca per fare il punsch brulè, dei candelieri, un porta olio e una caffettiera. Un altro orefice, Gennari Giovanni espose vari pezzi Manini d'oro lavorati finemente a vuoto e di ottima riuscita124. La manifattura Manini o Manin, tipicamente veneziana, è caratterizzata da maglie molto semplici, composta da minuscoli anellini di oro a 22 carati avente sezione semicircolare cava, saldati tra loro; conosciute almeno sin dal VI secolo, oggi le catene Manin sono ricercatissime. Nonostante le alterne vicissitudini politiche della prima metà dell'Ottocento, si confermò la capacità organizzativa della città di Vicenza e il 25 agosto del 1855, presso il palazzo del Museo civico, si tenne la “Prima Mostra dei prodotti primitivi del suolo, della industria e belle arti della provincia Vicentina”, una mostra campionaria agricola ed industriale dove furono esposti prodotti dell'agricoltura e del giardinaggio della provincia di Vicenza, oggetti di belle arti eseguiti dagli artisti locali, oggetti dell'industria vicentina, di uso comune, nonché quelli che furono già stati presentati in altre esposizioni, benché di lusso, di prezzo elevato, e di commercio limitato ad una speciale classe di consumatori125. Tra i prodotti di oreficeria vennero esposti alcuni saggi di preziose opere prodotte da Gio Battista Navarotto di Vicenza, un Cristo d'argento di Filippo Guzzan di Bassano, una spada di Francesco Marzotto di Bassano, due

123

Fiera di Vicenza: 1948 - 1998. La cronaca diventa storia. Ente Fiera di Vicenza, op. cit., p. 14.

124Prospetto della manifatture e degli oggetti d'arte della provincia di Vicenza, Tipografia Bartolomeo Paroni, Vicenza

1816, p. 9.

125Prima Mostra dei Prodotti Primitivi del Suolo della Industria e Belle Arti della Provincia di Vicenza, Tipografia

ostensorj d'argento e oro e un calice di disegno gotico di Luigi Colombari di Vicenza, due lampade da chiesa di Giuseppe Rebustello e Giuseppe Meneghini.

Nel 1871 si tenne a Vicenza “l’Esposizione Regionale Veneta”, articolata in tre sezioni (agricoltura e industrie derivate, industria manifatturiera, belle arti e arti industriali), tra i molti prodotti esposti, uno spazio venne dedicato all'oreficeria della ditta Navarotto di Vicenza che espose prodotti definiti di un merito singolare, ovvero oggetti d'oro che conciliavano le esigenze della moda al costo modico, grazie alla leggerezza del prodotto126. Pochi anni dopo, nel 1881 Vicenza partecipò alla grande “Esposizione nazionale di Milano”, dove si presentò la Scuola di disegno e plastica dell'Accademia Olimpica: tra i prodotti esposti troviamo quelli agricoli e alimentari, ceramica e vetraria, quelli delle industrie meccaniche, chimiche, tessile e della carta, i prodotti delle industrie estrattive, come marmi e ferri, ma l'oreficeria vicentina non è presente. Sempre tra le scadenze di importanza europea va annoverata l'organizzazione, a cura della Camera di Commercio, della partecipazione provinciale alla Esposizione Universale di Parigi del 1900, dove vennero ottenuti importanti riconoscimenti127. A questa esposizione, ben trentaquattro furono i concorrenti fra i quali venne scelto come avente i migliori requisiti (nell'ambito dell'oreficeria): Benevento Battaglia, incisore orefice di Vicenza128. Negli anni Settanta dell’Ottocento l’organizzazione della Fiera progettò una “Esposizione Agricola”; l’attenzione all’ambito agricolo si mantenne nel tempo e la Fiera diventerà nel 1909 la “Grande Fiera dei Cavalli” e negli anni Trenta del Novecento la “Fiera Franca degli animali”, gestita dall’Ufficio Fiere e Mercati del Comune e che si trasformerà progressivamente in mercato.

E’ con il '900 che si precisò l'impegno a fare di Vicenza un centro espositivo. Nell'agosto-settembre 1908 si tenne “l'Esposizione Regionale Veneta d'Arte decorativa” e la “Mostra Campionaria di materie prime e ausiliarie delle arti decorative”. Esse rimasero aperte ininterrottamente, riportando un enorme successo di visitatori, di affari conclusi e per afflusso di gente locale e foresta. L'esposizione fu allestita dentro l'edificio ai Giardini Salvi in cui allora avevano sede le scuole elementari “Umberto I”, e trovò prosecuzione all'aperto nel Giardino Salvi dove vennero sistemate le statue e i lavori di dimensioni notevoli, realizzati da scultori veneti, molti dei quali concittadini129. A buon diritto si riconobbe a questa manifestazione un “diritto di primogenitura” su

126

L'Esposizione Regionale Veneta in “Vicenza”, giornale illustrato, Vicenza 1871, p. 37. 127Nico Stringa, Nadir Stringa, Idee per la ceramica..., op. cit., p. 12.

128La Provincia di Vicenza all'Esposizione di Parigi del 1900, a cura del Comitato Provinciale di Vicenza, Tipografia

Giulian, Vicenza 1902, p. 6.

tutte le fiere che da allora si tennero fino all'inizio della seconda guerra mondiale130. Nel 1920, l'associazione artistica Il Manipolo promosse “l'Esposizione nazionale d'arte”. La mostra si tenne nei locali del Giardino Salvi, dove vennero esposte opere di pittura, scultura, bianco e nero, con elementi di arte decorativa. L'oreficeria non era presente, ma l'avvenimento pose Vicenza tra le città protagoniste della ripresa culturale postbellica. L'esposizione, infatti, segnò nobilmente un fervido risveglio di attività artistica nella città131. Nell'agosto-settembre del 1922 si tennero, al Giardino Salvi, “l’Esposizione d'Arte Decorativa delle Tre Venezie” e “l'Esposizione Nazionale d'Arte Orafa”, organizzata dalla Pro Vicenza. Nell'esposizione, accanto ai prodotti manifatturieri, l’oreficeria vicentina riuscì ad ottenere grande attenzione. In questo modo Vicenza si inseriva tempestivamente nel diffuso interesse per le arti decorative, indicando precocemente quello che sarebbe stato lo sviluppo fieristico del secondo dopoguerra132. In quello stesso settembre, nell'ambito della tradizionale Fiera cittadina, le scuole ospitarono inoltre una “Mostra delle piccole industrie (di) ex Combattenti”. Erano gli artigiani che stavano trasformando le loro vecchie botteghe e i loro laboratori in minuscole imprese, premessa allo sviluppo della nascente attività industriale che trasformerà completamente le strutture produttive di Vicenza e della sua provincia133.

Quando dunque Gustavo Barawitzka, finito l’incubo della seconda guerra mondiale, il 6 settembre del 1945, dopo soli quattro mesi dall’entrata delle truppe americane in città, organizzò la prima fiera campionaria del dopoguerra a Vicenza, egli non partiva da zero. Gli elementi di continuità non erano pochi, a cominciare dal luogo, il Giardino Salvi, in cui si svolgerà ininterrottamente per venti anni, e dalla stessa sopravvivenza di intere branchie di artigianato, tra cui la ceramica, la lavorazione del marmo, della pietra bianca di Vicenza e la lavorazione dell'oro. Questa manifestazione fu soprattutto espressione di una possibile rinascita dopo il disastro della guerra. Il grande successo portò alla realizzazione, nel settembre del 1946, della “Fiera Campionaria Nazionale di Vicenza” dove si tornò a parlare della “Fiera di merci”, basata soprattutto sulla grande tradizione laniera e sulla struttura industriale della meccanica. Il 15 settembre del 1946 il noto quotidiano locale “Il Giornale di Vicenza” definiva la fiera come la più grande esposizione del lavoro vicentino, visitata da molte migliaia di persone134. Nel giro di poco tempo le vere

130

Fiera di Vicenza: 1948 - 1998. La cronaca diventa storia, op. cit., p. 16. 131

Esposizione nazionale d'arte. Catalogo, a cura della Società Pro Vicenza, Arti grafiche G. Rossi & C., Vicenza 1920,

p. 9.

132Nico Stringa, Nadir Stringa, Idee per la ceramica..., op.cit., p. 12. 133G. Vajenti, Fiera della nostra storia..., op. cit., p. 5.

proporzioni della Fiera di Vicenza e la sua più indicata caratterizzazione si delinearono quasi spontaneamente.

Nel 1947 ebbe luogo la “Fiera Campionaria Nazionale di Vicenza”, per favorire la diffusione dei prodotti industriali, artigiani e agricoli vicentini, per trovare nuovi sbocchi e per riallacciare i rapporti di scambio nazionali e internazionali, contribuendo così alla ricostruzione del Paese. Nell'art. 2 del regolamento della Fiera si nota che la quarta sezione merceologica era dedicata all'oreficeria (oggetti in oro, argento e placcati) e alla gioielleria135. Il successo della manifestazione e l’interesse per lo sviluppo dell’economia cittadina portarono il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio a costituire l’Ente Autonomo per la Fiera Campionaria (20 febbraio 1948). Presidente fu nominato Gaetano Marzotto e Giacomo Rumor fu il vicepresidente. La Fiera si tenne in un apposito edificio del Giardino Salvi; tale sede fu mantenuta fino al 1971. Il progetto espositivo era stato disegnato dall’architetto Sergio Ortolani che creò una struttura studiata appositamente perché ripetesse in successione il motivo dei colonnati della vicina loggia Valmarana e della seicentesca adiacente loggia Longhena, riflessi nell’acqua. In questa importante rassegna sia i produttori che i consumatori avevano modo di apprezzare i prodotti delle industrie e dell'artigianato locali in nobile gara con quelli delle altre province d'Italia136.

La Fiera campionaria rispondeva a delle necessità unicamente commerciali e propagandistiche. Nell’immediato dopoguerra viva era infatti, da parte di imprese e commercianti, l'esigenza di rilanciare la propria attività dopo gli anni di stasi economica. Questa realtà fieristica diede notevole impulso ai settori dell'industria vicentina, come la lana, la ceramica e l’oro. La Fiera mantenne queste caratteristiche fino al 1957, quando il numero degli espositori passò dai 146 iniziali ai 547. Nel corso di quegli anni si poté assistere alla progressiva specializzazione delle manifestazioni, tanto da giungere alla creazioni di saloni specializzati per ogni settore. Questo era dovuto alla particolare espansione in provincia (grazie anche alla stessa Fiera) di due settori, la ceramica e l’oreficeria, il che determinò una più ampia adesione di aziende extra-provinciali appartenenti ai settori specifici.

Il 1958 fu l'anno del rilancio della fiera di specializzazione. Infatti, alla “XII Fiera di Vicenza” il nuovo settore del marmo fu affianco a quello dell'oro e della ceramica e la Fiera era composta da tre settori dalla denominazione diversa e precisamente:

135Ente Provinciale per il Turismo di Vicenza, Vicenza, Fiera Campionaria Nazionale 1947, Arti Grafiche delle

Venezie, Vicenza 1947, p. 11.

 “Salone Internazionale della Ceramica”;

 “Mostra internazionale dell’Oreficeria e Argenteria”;

 “Mostra Nazionale del Marmo (l’unica del settore in Italia e nel mondo, con cadenza biennale a partire dal 1958)”137.

Si nota, dunque, una diretta correlazione tra sviluppo della struttura fieristica e specializzazione la quale portò l'Ente fieristico a dimostrare la sua forte vitalità. Alla Fiera di Vicenza del 1960 giunsero commercianti provenienti persino dal Canada, dall'Australia e da Hong Kong. Quindi, già in questo primo periodo si registrò un grande interesse nei confronti delle mostre dove 440 ditte dei vari settori dell'artigianato vicentino trovarono uno spazio privilegiato per poter esporre la propria manifattura.

In questo primo periodo della Fiera ci furono alcune difficoltà di carattere logistico e organizzativo, che aprirono, negli anni successivi, il dibattito riguardante lo spazio a disposizione, che risultava molto limitato, e sulle date di svolgimento che non corrispondevano al momento di mercato più favorevole per i tre settori138. Erano lacune che vennero colmate con il passare degli anni e con l’esperienza: a partire dal 1966, infatti, le mostre vennero realizzate in epoche diverse per rendere più rispondenti alle rispettive esigenze di mercato. Il Comitato dell'Ente Fiera decise di distinguere la manifestazione orafa da quella del marmo, che vennero pianificate in date consecutive, entrambe nel mese di settembre. Lo scopo era di dare maggiore visibilità in Italia e all'estero a entrambi i settori produttivi vicentini. Entrambe le mostre vennero realizzate al Giardino Salvi139. Negli anni Sessanta la specializzazione dei settori diventò la meta principale della Fiera di Vicenza; ogni manifestazione doveva essere costantemente aggiornata, con una struttura elastica, agile, dinamica. Aderire alle esigenze dei settori era l'imperativo categorico, facendo i conti con i consumatori e con l'opinione pubblica. Era necessario conoscere le preferenze e i gusti dei compratori140. Fu questo il periodo più felice della Fiera di Vicenza dovuto principalmente al clima favorevole dato dallo sviluppo economico generale, dove vennero introdotti anche i concorsi a premi che valorizzarono maggiormente i vari settori. In quegli anni iniziò la politica della differenziazione fra mostre economiche e mostre per il pubblico. Succedeva quindi che in concomitanza con la “grande” Fiera campionaria organizzata al Giardino Salvi veniva inaugurata una “piccola” mostra. Le prime

137Immobiliare Fiera di Vicenza S.p.A., La nuova sede delle manifestazioni fieristiche a Vicenza. Rendiconto di una realizzazione, OTV Stocchiero S.p.A., Vicenza 1971, p. 13.

138L'autonomia finanziaria della Fiera oggi all'esame del Consiglio comunale, in “Il Giornale di Vicenza”, 11 luglio

1960.

139Stabilite date diverse per le Mostre che saranno allestite in settembre, in “Il Gazzettino”, 20 settembre 1964. 140Ente Fiera di Vicenza, Speciale Vicenza Esposizioni, rivista settembre 1961, p. 3.

mostre, come quella del mobile vicentino e dei fiori e delle piante ornamentali, trovarono spazio