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LA FIERA ORAFA DI VICENZA

3. LA FIERA DELL’ORO

Tra i principali settori della Fiera di Vicenza, il protagonista del lusso e dello stile di vita è, da più di sessanta anni, quello dell’oreficeria, che rappresenta per l’Ente un core business di grande evidenza e radicamento. Come si è potuto leggere nel paragrafo precedente, già nel 1948 il settore orafo - argentiero aveva una sua visibilità all’interno della “Fiera Campionaria Nazionale di Vicenza”, pur contando solo su alcuni orafi che esposero il proprio artigianato. Tra questi troviamo i nomi vicentini più noti nel XX secolo, come i Marangoni, i Da Rin, i Piccolo e i Cazzola, quest'ultimi tuttora espositori come titolari di Fope e pertanto in Fiera da mezzo secolo151. Ma si dovettero aspettare altri sei anni per una vera e propria sezione ad esso dedicata, ovvero quando, nel 1954, venne inaugurata la “I Mostra Nazionale dell'oreficeria e dell'argenteria”, abbinata ad un convegno organizzato dalla Camera di Commercio dell'industria e dell'artigianato sui problemi fiscali e tecnici dell’industria orafa e argentiera. La mostra sorse con l'intento di rispondere alle esigenze di far conoscere maggiormente la produzione italiana e, conseguentemente, di ampliare i mercati d'esportazione152.

Questa mostra, forte di 58 espositori, in larga maggioranza vicentini e milanesi, e di un allestimento, per l’epoca, molto innovativo, si tenne nel Salone del Cristallo, punto centrale della cittadella fieristica del Giardino Salvi e fu inaugurata dal presidente del consiglio on. Mario Scelba. Fu esposta oreficeria, bigiotteria e argenteria, ordinata in modo razionale. Non si trattò di modelli commissionati per la circostanza, ma piuttosto di prodotti esemplari che non costituivano una eccezione di una normalità, veramente eletta. Questo significa che la mostra stessa offrì un panorama realistico e sincero delle possibilità attuali del lavoro orafo italiano nei suddetti settori. Si constatò che la lavorazione pregiata, ad esempio con gli smalti, riacquistava la sua libertà quando doveva, per ragioni economiche, rinunciare al metallo nobile (l'argento, sostituito dal rame, magari

150Fare coalizione per affrontare la competizione globale, in Atti del Convegno “Vicenza nel terzo millennio”,

Provincia di Vicenza, Ente Fiera di Vicenza, novembre 2003, p. 160.

151Fiera di Vicenza: 1948 - 1998. La cronaca diventa storia, op. cit., p. 26.

dorato)153. Accanto alla parte moderna il comitato fece esporre alcuni insigni esemplari dell'oreficeria antica e dell'oreficeria sacra. I visitatori potevano ammirare i gioielli disposti negli eleganti “ovali” (o “coppe”) posti al centro della sala.

La mostra riscosse un grande successo tanto che ne “Il Gazzettino” del 5 settembre 1954 si leggeva: “Dopo questa prima apparizione, da questo momento la mostra dell'oro diventerà l'ammiraglia della Fiera e l'immagine stessa di Vicenza nel mondo”154. Così scriveva a convegno concluso l’allora presidente della Confederazione nazionale degli orafi Davide Ventrella sulle pagine di “Questa è Vicenza”, il magazine della Fiera di quegli anni: “Per essere sincero non credevo che tale convocazione venisse raccolta da così numeroso stuolo di operatori, ma dovetti convincermi che il richiamo aveva suscitato l’interesse di molti orafi i quali, all’invito, avevano risposto con insospettato fervore. Dalle più lontane regioni d’Italia erano venuti a Vicenza i rappresentanti più autorevoli della “classe orafa”155.

E’ evidente sin dalla prima edizione la volontà di affiancare all’attività più schiettamente fieristica, momenti di discussione, aggiornamento e approfondimento di tematiche inerenti al settore. Una prerogativa, questa, che le fiere dell’oro di Vicenza manterranno intatta, sviluppandola negli anni sino ai nostri giorni. Prese così il via un’avventura che lega a doppio filo l’industria orafa italiana alla Fiera di Vicenza: da entrambe le parti si venne a creare un interscambio di interessi favorito dalle molte sinergie che l’evento fieristico crea156.

Nel settembre del 1955, la “II Mostra Nazionale dell'argenteria e dell'oreficeria”, raddoppiò la superficie espositiva rispetto all’anno precedente e fece registrare un cospicuo e qualificato intervento degli espositori, il cui numero sorpassava di gran lunga le più rosee previsioni. La mostra aveva come scopo stimolare lo sviluppo qualitativo da parte degli industriali ed artigiani del ramo, facilitare la penetrazione della produzione nazionale nei mercati esteri e potenziare nel pubblico l'uso della produzione orafa157. Furono esposte le produzioni in stile moderno ed antico in argento e

oro, anche in combinazione con metalli e pietre preziose. Oltre alle collane, gli anelli, i bracciali, orecchini, si trovavano anche oggetti d'arte sacra, servizi da tavola, servizi per fumatori, trofei, coppe, fusione artistiche varie. Tra gli espositori vicentini si resero noti i nomi di Allegro Ernesto, la ditta F.A.O. di Gianni Franzina, Fornezza F.lli, Miele Alfonso, Sandonà Aurelio, Zoppi Arturo &

153Ente Fiera di Vicenza, Questa è Vicenza. Fiera 1954 …, op. cit., pp. 55 - 57.

154Trionfale giornata della IX Fiera Campionaria, in “Il Gazzettino”, 5 settembre 1954.

155Ente Fiera di Vicenza, Questa è Vicenza. Fiera 1954, economia, arte - storia, turismo, op. cit. 156G. Cozzi, C. Del Mare, L’oro di Vicenza, op. cit., p. 343.

Figli, la FROV di Giulio Beretta, Battaglia Benvenuto, Biffi Comm. Alessandro e Bertapelle Cav. Antonio, Girotti Romeo. L’edizione del 1956 rappresentò il primo banco di prova verso la specializzazione: alla tradizionale “Mostra campionaria” si accoppiò la specializzazione di attività diverse per settori specifici: i settori merceologici di maggior rilievo della Fiera di Vicenza acquistarono un’evidenza particolare. La mostra dell’oro di Vicenza, forte di 65 espositori, poté già vantare al suo terzo anno quanto meno un interesse internazionale e ne fecero fede le riviste specializzate presenti provenienti da Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Olanda, Spagna e Svizzera. I settori merceologici si erano moltiplicati in proporzione diretta con l’allargamento progressivo del bacino d’utenza del prodotto in oro o in argento. Così scriveva nel 1956 Antonio Bettinello della commissione per la “III Mostra nazionale dell’argenteria e dell’oreficeria”: “Non è soltanto la produzione di altissima qualità che interessa il pubblico, ma anche quella di oggetti d’uso più comuni, per accontentare anche la piccola borghesia e la classe lavoratrice che ambisce di poter acquistare prodotti che siano dotati di bellezza e di buon gusto. Il fatto che vi sia questo bisogno di allargare il godimento della classe media nel possesso dei monili, di gioielli etc. ha ridotto di molto la creazione dei pezzi unici d’oreficeria, di gioielli sfarzosamente dotati di pietre preziose, che costituivano un tempo privilegio di pochi”158.

L'edizione dell'anno 1957 dell'esposizione orafo - argentiera registrò un progressivo incremento di interessi da parte di ditte del settore e di operatori economici. Il numero di espositori fu di 107, con un aumento del 20 per cento rispetto a quelli della precedente edizione. La mostra si articolava in quattro settori merceologici: l'argenteria, che presentava la migliore produzione italiana in tutti gli stili; l'oreficeria, che comprendeva una vasta campionaria della produzione delle maggiori ditte italiane a struttura industriale e artigiana; il settore della gioielleria, che misurò il senso artistico degli artisti; l'ultimo settore presentava i macchinari e le attrezzature necessarie alla lavorazione159. Negli intenti degli organizzatori la mostra doveva rappresentare tutto il settore merceologico completo, comprendente quindi non solo la produzione orafo - argentiera ma anche quanto ad essa fosse indispensabile o complementare. Visto l’aumento dei settori rappresentati, la superficie della mostra raddoppiò rispetto al 1956. Delegazioni commerciali straniere arrivavano da Austria, Germania Federale, Svizzera, Inghilterra, Stati Uniti, Canada e Venezuela. Le riviste specializzate lievitarono a 39 di cui 6 italiane ed ai paesi del 1956 si aggiunsero Argentina, Canada, Inghilterra,

158A. Bettinello, III Mostra nazionale dell'argenteria e dell'oreficeria – 1956, in L'oro e la Fiera di Vicenza, documento

inviatomi per e – mail dall'Ente Fiera di Vicenza.

Svezia, Norvegia e Finlandia. La crescita della mostra vicentina era lo specchio fedele dello sviluppo del comparto dei preziosi nel 1957, anno in cui gli orafi italiani facevano registrare una eccedenza attiva di esportazioni orafe di L. 1.909.966.000, ovvero raddoppiavano il volume delle esportazioni rispetto al 1956. Tra i clienti più importanti il Venezuela (L. 2.423.280.000) seguito dagli Usa (L.622.870.000), Svizzera, Repubblica Federale Tedesca ed Austria. L’edizione del 1958 vide una netta distinzione tra area commerciale ed area “artistica”. Nacquero anche due premi: il premio “Città di Vicenza” alla produzione e il “Crogiolo d’oro” per la creazione di un pezzo d’arte. Dalle pubblicazioni della Fiera cominciarono a far capolino tabelle statistiche inerenti al comparto dei preziosi. Mentre la Fiera di Vicenza faceva delle proposte, nelle testate dei quotidiani locali leggiamo che in Germania, la stessa Fiera dell'oreficeria e argenteria vicentina diventava un modello per una mostra160.

Negli anni Sessanta la specializzazione dei settori diventò la meta principale della Fiera di Vicenza e nel 1961 si cominciò a pensare ad una mostra permanente d'oreficeria, ossia una rassegna della produzione italiana aperta durante tutto l'anno che agevolasse gli operatori, specialmente quelli stranieri, nella ricerca del materiale d'acquistare. In quegli anni gli accessori d'oro erano considerati dei doni indivisibili da molte occasioni importanti, ed entravano nella vita di tutti. Soprattutto nelle momenti indimenticabili, come possono essere il battesimo, la prima comunione, la cresima, il matrimonio. Per questo venne organizzata una mostra del “gioiello personalizzato” dove veniva proposta una intera sezione dedicata “all'oreficeria della vita”, che rappresentava lo specchio della realtà di tutti. Per raggiungere tale scopo si registrò un aumento dei settori merceologici che articolavano la mostra dell'oreficeria - argenteria: la gioielleria, l'oreficeria fine e commerciale, l'arte sacra in oro ed argento, le pietre preziose e sintetiche, le attrezzature varie e macchinario161. Nella seconda metà degli anni Sessanta ci fu un cambiamento di tendenza. Le ditte orafe cominciarono a produrre gioielli eleganti, raffinati, di eccezionale valore estetico. La nuova moda si adattava alle esigenze e ai gusti della donna moderna, una donna di grande classe ed eleganza. Il gioiello doveva essere un qualcosa di estremamente gentile e femminile, adatto alla grazia della donna che lo indossava e lo abbinava agli abiti da sera, ai completi ornati di pelliccia, alle

160Fiera di Vicenza: 1948 - 1998. La cronaca diventa storia, op. cit., p. 71.

confezioni in pelle. Il tutto costituiva un mondo riservato alle signore, nel quale il loro dominio era assoluto e incontrastato162.

Tra le ditte vicentine che in quegli anni spiccarono maggiormente troviamo Chimento, Balestra e Fope della famiglia Cazzola. La constatazione dei vertici della Fiera era d’altra parte suffragata da pareri autorevoli come quello del “Goldsmiths Journal” di Londra (gennaio 1960) che riportava: “Questa mostra nazionale ha già raggiunto tali vaste proporzioni e continua ad espandersi con tale rapidità che il giorno in cui essa diventerà un avvenimento internazionale non è ovviamente molto lontano”163. Oppure il parere di V. Philibert, redattore del “Journal Suisse d’Horlogerie et de Bijouterie”: “La Fiera di Vicenza di quest’anno, sia per il valore dei pezzi esposti quanto per il dinamismo dimostrato dalla maggior parte degli espositori e da tutti gli organizzatori, ci ha fatto un’impressione più che mai favorevole”164.

Sono gli anni della rinascita del comparto dei preziosi la cui produzione globale passa dal miliardo e mezzo del 1955 ai 59 miliardi del 1967. Ed è proprio l’edizione del 1967, inaugurata dal presidente del consiglio dei ministri on. Aldo Moro, che evidenzia i primi “problemi di crescita”. Forte di 300 espositori, 7.000 metri quadrati di superficie espositiva, 120.000 modelli esposti, 35.000 visitatori e 1.300 operatori economici (con un incremento del 40% rispetto al 1966) la mostra orafa necessitava ormai di una nuova sede, più ampia, più funzionale e più rispondente alle necessità di un numero sempre crescente di espositori ed operatori. E’ questo l’anno della costituzione dell’Immobiliare Fiera Spa che già nel settembre del 1968 appalterà i lavori per la costruzione della nuova fiera posta in prossimità dell’entrata ovest dell’autostrada Venezia - Milano.

In attesa della nuova sede, nel 1969 la mostra orafa si sdoppiò: le mostre diventarono due, quella invernale di gennaio e l'edizione tradizionale a settembre. Tale scelta permise di dividere l’anno commerciale in due parti ben distinte e rispondenti alle effettive esigenze operative del settore. Erano gli anni della massima espansione dell’industria orafa vicentina e questo spiega il duplice appuntamento fieristico che aveva lo scopo di sviluppare la Fiera, creando non uno ma due momenti importanti di contrattazioni nel corso dell'anno legate ai preziosi. Nella seconda metà degli anni Sessanta non mancarono gli appuntamenti con le prime rassegne collaterali in cui il design era

162R. Grieco, Gioielli e moda per la donna moderna, in Ente Fiera di Vicenza, Speciale Vicenza Esposizioni, settembre

1965, p. 23.

163Tratto da L'oro e la Fiera di Vicenza, documento inviatomi per e – mail dall'Ente Fiera di Vicenza.

protagonista: furono messe in mostra le creazioni degli allievi di sedici Istituti statali d'arte chiamati a inventare dei gioielli. Nacquero così i primi gioielli ispirati ai fondi marini e agli anfratti lunari165. Nel 1971 si inaugurò la nuova sede a Vicenza ovest, subito ribattezzata “la piramide” o “la chiocciola” dagli addetti ai lavori, capace di ospitare manifestazioni di anno in anno sempre più caratterizzate nel segno dell’internazionalità. In questa nuova sede si allestì la “XXI Mostra nazionale dell'oreficeria, gioielleria e argenteria”, dove furono presenti oltre otto tonnellate di oro lavorato e dove furono messi in mostra alcuni pezzi di alta gioielleria firmati dall'artista italiano Giò Pomodoro che progettò per la Gem Montebello di Milano: ventiquattro pezzi tra i quali una collana di lavorazione artigianale in platino con brillanti per 80 carati. L'esposizione fu visitata da circa 50.000 visitatori. In questo periodo si aprì una nuova fase della fiera dell'oro che sdoppiò i suoi appuntamenti: le mostre diventarono due, quella invernale di gennaio e l'edizione tradizionale a settembre.

Negli anni Settanta Vicenza ricevette la sua consacrazione come motore incontrastato dell’oreficeria italiana coprendo da sola (dati ISTAT 1973) il 27,87% di tutte le esportazioni italiane. Basti pensare che la città berica, forte di 401 aziende e di 5.069 addetti al settore, nel 1973 esportava 41 miliardi e 133 milioni di preziosi collocandosi pertanto al primo posto sulla graduatoria nazionale delle esportazioni settoriali.

Agli inizi degli anni Settanta il gioiello era caratterizzato da ispirazioni prese dall'antico, era in voga anche uno stile etrusco, e si spinse indietro fino agli assiri e ai maya che venivano considerate come delle perfette riproduzioni. Nel 1973 il prezzo dell'oro salì e si verificò una diminuzione dell'export. Si richiese un'eccessiva disponibilità finanziaria che pose in difficoltà soprattutto i piccoli imprenditori e gli artigiani166. Si cercarono allora formule diverse, come nuovi clienti da nuove aree geografiche, ad esempio da Bangkok. Oppure si pensò ad un ritorno agli anni Trenta, per un gioiello più impegnativo. Diventarono sempre più numerosi i pezzi unici che scatenarono, tra coloro che ne avevano la disponibilità, una vera e propria caccia al gioiello da collezione, che aveva abbandonato le linee semplici e pure. Si tornò a quelle produzioni qualificate che vedevano l'impiego di pietre preziose. Inoltre la tradizionale fiera di settembre fu trasferita a giugno, per poter meglio controllare gli ordini di Natale. Alla fiera dell'oro del 1974 venne costituito un nuovo padiglione perché gli espositori aumentarono, il prezzo dell'oro era alle stelle, ma si vendeva bene l'argento167. In fiera,

165I primi gioielli ispirati a visioni di fantascienza, in “Il Gazzettino”, 19 agosto 1967. 166La caccia al gioiello da collezione, in “Il Giornale di Vicenza”, 16 giugno 1973. 167

nell'ottobre del 1975, alla prima edizione della “Mostra nazionale della gemmologia, mineralogia, paleontologia, strumenti gemmologici, macchinari ed attrezzature dei preziosi”, l’unica del settore in Europa, “spuntarono” le gemme dalle più svariate dimensioni e valore: smeraldi di grandi dimensioni, ametiste dal sinistro fascino violaceo, coralli dai più comuni rossi ai rosa rarissimi168.

L'interessante rassegna non era altro che un allargamento della mostra orafa, allestita per necessità economiche. Vennero esposti gemme, fossili e minerali: dalle rose del deserto tunisine ai meteoriti millenari. A tale evento vennero affiancati interessanti appuntamenti inerenti alla gemmologia, come i convegni organizzati dall'Istituto Gemmologico Italiano. Si trattava di fatto, con un lieve spostamento di calendario da ottobre a settembre, della progenitrice della mostra oggi denominata “Orogemma”.

Nel 1976 erano presenti 600 espositori, che mettevano in mostra gioielli classici, che “facevano moda” e che si rivolgevano al gusto e alle possibilità di (quasi) tutti169. Nel 1977, la “XXXII Mostra internazionale dell'oreficeria, argenteria” richiamò la consueta folla di operatori e di visitatori, ai quali venne data l'occasione di scoprire le tradizionali espressioni di creatività e di gusto artistico della rassegna vicentina che pose l'attenzione, in quell'anno, verso i ninnoli, ossia oggetti di fantasia per l'ornamento personale, gioiellini spiritosi e facili da accostare per i giovanissimi. L'esposizione puntò invece sul gioiello naïf per i meno giovani.

Malgrado la fase incerta provocata dall'aumento del prezzo del metallo giallo, la chiusura della mostra orafa di quegli anni registrò cifre da capogiro. Nel 1978 erano presenti 800 espositori. Le vendite continuavano ad andare bene, perché tra i clienti più importanti si trovavano gli sceicchi provenienti dalle nazioni produttrici di petrolio come l'Arabia, la Libia, il Kuwait e gli Emirati170. La moda di quegli anni ripropose il gioiello di tipo antico, definito con il nome di “gioiello della nonna”, dal revival romantico, dallo stile di fine '800, uno stile antico che durò nel tempo anche nell'argento e nella bigiotteria che tornò di moda. Nel 1979 si presentarono oltre 730 espositori e fu battuto il record dell'export, grazie ai rapporti con il Giappone e alle ampie possibilità di affari con la Cina171.

I primi anni Ottanta videro Vicenza subire, al pari di altre piazze quali Arezzo e, in misura minore, Valenza, gli effetti negativi di una crescita esponenziale del prezzo dell’oro. Iniziata alla fine del 1979 con un prezzo dell’oro salito da una media di L. 8.184 nel mese di agosto fino alle 15.000 del

16815 mila metri quadrati in fiera per gemme, fossili e minerali, in “Il Giornale di Vicenza”, 3 ottobre 1975. 169Si fa presto a dire: classico, in “Il Giornale di Vicenza”, 19 gennaio 1976.

170Fiera di Vicenza: 1948 - 1998. La cronaca diventa storia, op. cit., p. 111. 171

1981, la crisi aveva raggiunto il suo acme il 21 gennaio 1980 con una valutazione di L. 22.100. La rivalutazione del prezzo dell’oro aveva dimezzato la domanda e se il comparto gioielleria riusciva a ridurne gli effetti data la minor incidenza dell’oro sul prezzo finale, piazze come Vicenza ed Arezzo in cui prevaleva una produzione di oreficeria meccanizzata a basso valore aggiunto ne subivano in pieno gli effetti. Le spese che la Fiera sostenne in quel periodo furono indice del fatto che i suoi programmi non mutarono molto, a dispetto della situazione generale che permaneva molto debole. Gli orafi intanto cercavano di diversificare i tipi di produzione e di alleggerire i pesi, ma soprattutto puntarono sulla merce con pietre, che risentiva molto meno della “svogliatezza” del mercato172. Inoltre, dati i costi proibitivi dell'oro, a Vicenza si diffusero la filigrana e la bigiotteria in argento che diventò la protagonista dell'estate.

Oltre all’ampliamento della sede del 1981, la Fiera potenziò la pubblicità in tutte le espressioni più valide ed efficaci, le iniziative verso gli operatori italiani ed esteri, i rapporti e le collaborazioni con le associazioni di categoria con gli Enti locali, regionali e nazionali. L'andamento del settore cominciò a dare qualche segno di ripresa in occasione della quarantaduesima mostra internazionale della gioielleria, nel 1982, quando il mercato era in ripresa, specie verso gli Stati Uniti e i Paesi Arabi, ma continuava a progredire verso il Sud America e stentava a riprendersi in Germania. La mostra fu visitata da 2.280 operatori esteri, 12.478 operatori italiani più 1.500 ospiti e visitatori generici173. In quell'anno, alla mostra di gemmologia si discusse di gemme vere o false e dei rischi