• Non ci sono risultati.

Figura 12: mikaeshi della I ed del Ryōha shigen (1728) 36

Il termine sharebon è composto dai vocaboli share e hon (libro)37. Share ha due accezioni principali:

la prima è quella di gioco di parole, di battuta o di barzelletta; la seconda (che si trova soprattutto nella forma oshare, 皀㎥ ) è quella di eleganza e ricercatezza (nel vestire, truccarsi, ecc.), e se riferita a un uomo ha la sfumatura di dandy. Gli sharebon, infatti, sono testi che sfruttano largamente i giochi di parole per descrivere i quartieri di piacere e l'eleganza delle curate cortigiane, e per illustrare con una vena comico-satirica le varie tipologie di clienti (tra i quali i grandi conoscitori dall'aspetto e dall'atteggiamento impeccabili). Questa tipologia di testi, inoltre, sembra celebrare l'arguzia e l'ingegno nel creare questi giochi di parole che non sono di immediata comprensione, a meno che non si abbia un bagaglio culturale elevato (che non si limita a conoscenze letterarie e storiche, ma che comprende anche mode, etichetta, usi e costumi, ambienti, linguaggio, ecc.).

In altre parole, gli sharebon si basano su due elementi: la satira e l'interesse nel mondo dei quartieri di piacere. Proprio per questa loro caratteristica, questi testi si rivolgevano a un pubblico adulto maschile. All'inizio fungevano quasi da guida e il personaggio principale era un modello da seguire dal lettore, se voleva avere successo nel quartiere di piacere38. Questo protagonista era, infatti, uno tsūjin

( 朝), ovvero colui che possiede lo tsū. Da notare che il protagonista del prototipo degli sharebon, in altre parole del Ryōha shigen, è considerato un taijin (彳朝), quindi un uomo raffinato, alla moda e di buone maniere, che sa come comportarsi all'interno dello Yoshiwara. Nel testo viene descritto minuziosamente il suo abbigliamento, probabilmente alla moda dell'epoca. Inoltre, prendendo una cartina di Edo dell'era Kyōhō (1716-36), si riesce a percorrere il tragitto descritto dall'autore, dal punto in cui il protagonista s’imbarca, fin dentro allo Yoshiwara. I primi sharebon erano ambientati proprio nel quartiere di piacere di Edo, ma con il passare del tempo gli autori si estero anche a quelli presenti nel

36 A destra c’è il nome dell’autore, in centro c’è il titolo, e nella colonna a sinistra ci sono il luogo della pubblicazione e la casa editrice.

37 Anche se lo si può trovare scritto nelle seguenti versioni alternative: 逧 鑚腰价 鑚腰滓 鑚腰 鑚. 38 Ovviamente l'idea dello tsū cambiava a seconda del luogo in cui ci si trovava. Le mode, l’etichetta, gli usi e

costumi, eccetera, cambiavano da quartiere a quartiere, da città a città. Certi comportamenti che rendevano un uomo uno tsūjin allo Yoshiwara, potevano ridicolizzarlo a Shimabara (Kyōto) o a Shinmachi (Ōsaka). Allo stesso modo, determinate mode in voga a Shinmachi potevano rendere uno tsūjin di Ōsaka, un uomo rozzo a Shimabara e allo Yoshiwara, e così via.

resto del Giappone. Spesso presentano alla fine una guida vera e propria al quartiere: il saiken ( )39.

Questi testi informativi sui quartieri di piacere erano una fonte molto importante per gli autori di

sharebon, dai quali essi prendevano i nomi di cortigiane e di case come spunto per giochi di parole,

personaggi e vicende40.

[…] saiken were essentially informational in nature, and could only get a reader so far in the three-dimensional world of the actual pleasure quarters. Sharebon […] fleshed out and gave voices ad faces to their fictive personalities. To the extent that any type of text could convey the Yoshiwara experience in an animated form, sharebon did.41

Nonostante il primo sharebon sia il Ryōha shigen (描滂溟 , 1728), è solo nel 1770 con la pubblicazione del Yūshi hōgen ( 敕跏 )42 che si stabiliscono lo stile, la struttura e la grafica tipici di

questo filone:

¥ la prefazione e la postazione sono in kanbun;

¥ l'ambiente è il quartiere di piacere (prima lo Yoshiwara, poi anche altri); ¥ le storie sono brevi;

¥ il lasco di tempo degli eventi comprende, di norma, un pomeriggio e una notte;

¥ la satira prende di mira la vita sofisticata dell'ambiente in cui si svolge la storia e dei suoi personaggi;

¥ lo stile prevede una predominanza di dialoghi43;

39 I saiken furono pubblicati durante il periodo Tokugawa ed erano un documento informativo sui quartieri di piacere. Derivano in parte dagli yūjo hyōbanki ( 悄 墓 ), testi che si focalizzavano sulla valutazione e sulla descrizione delle tayū e delle kōshi. Verso la fine del XVII secolo, però, la richiesta della clientela dello Yoshiwara cambiò. Le sancha divennero le più richieste e gli autori si trovarono a dover accontentare un gruppo crescente di lettori che possedevano una cultura media, e non più esclusivamente elevata. Inoltre, il

bakufu iniziava a vedere di cattivo occhio queste descrizioni dettagliate delle cortigiane di alto rango e perciò

gli scrittori, per rispondere alla nuova domanda e per evitare ripercussioni da parte del governo, decisero di cambiare il modo con il quale fornire le informazioni sui quartieri di piacere. Il nuovo formato doveva essere comprensibile a tutti, privo di giudizi personali o di descrizioni troppo dettagliate. Doveva solo fornire dei dati utili su come girare il quartiere di piacere, su cosa e chi c'era, e sui prezzi. Nacquero, quindi, i saiken: introdotti da una mappa, forniscono poi informazioni oggettive sui locali e sui residenti del quartiere. Erano distribuiti nelle hikitejaya, oppure seguivano dei testi relativi ai quartieri di piacere. In essi sono indicati i nomi degli

ageya, dei chaya, delle cortigiane (in ordine decrescente con il rango più elevato in alto, accanto o sotto il

nome della propria casa) e dei negozi. La struttura del saiken segue quella suggerita dalla mappa del quartiere: i nomi dei locali e delle relative cortigiane sono divisi per via, da quella più vicina all'ingresso a quella più lontana. Nella seconda metà del 1700, furono segnati i costi specifici delle cortigiane e introdotti dei simboli, detti aijirushi (淋哉揺), che indicavano il loro rango. I saiken erano aggiornati di norma due volte l'anno, in primavera e in autunno. Il formato dei saiken è “tascabile”, orizzontale e piccolo. Questo formato permetteva ai lettori di poter portare il saiken sempre con sé e di consultarlo ovunque con facilità. Con il passare del tempo, il formato editoriale e i contenuti dei saiken furono standardizzati facilitando ancora di più la lettura da parte dei clienti dei quartieri di piacere (non solo dello Yoshiwara, ma anche degli altri quartieri situati nel resto del Giappone).

40 Nel testo Ryōha shigen sono presenti sia un elenco, sia dei giochi di parole sui nomi di cortigiane.

41 Marcia YONEMOTO, Mapping Early Modern Japan. Space, Place, and Culture in the Tokugawa Period (1603-

1868), Berkely – Los Angeles – London, University of California Press, 2003, cit., p. 136.

42 Anche se la prefazione è in kanbun.

43 I dialoghi sono ritenuti realistici e mettono su carta le caratteristiche peculiari del parlato di ogni personaggio: gerghi, dialetti, errori grammaticali, difetti di pronuncia, ecc.

¥ ogni battuta è preceduta dall'identità del parlante;

¥ di solito, c'è la presenza di un alterco tra la cortigiana e il cliente;

¥ le parti descrittive sono scritte in doppia colonna e si focalizzano sull'illustrare con le parole abbigliamenti, atteggiamenti e luoghi (la descrizione supplisce le illustrazioni);

¥ i personaggi, a causa delle limitazioni spazio-temporali, dell'ordine di battuta (A dice, B risponde, A replica, ecc.) e della trama, hanno una gamma di azioni ridotta;

¥ i kana sono impiegati maggiormente rispetto ai kanji (kanji con furigana);

¥ il formato editoriale è il kohon (椌鑚), un volume unico di 16 cm di altezza e 12 cm di lunghezza, composto dai 30 ai 50 chō;

¥ la copertina è di colore avana;

¥ i personaggi maschili sono principalmente di quattro tipi: o gli tsūjin, i grandi conoscitori dei quartieri di piacere;

o gli hankatsū (湧療 ), che si fingono tsūjin, ma vengono derisi per la loro rozzezza; o gli yabo ( 釵), gli ignoranti del mondo dei piaceri;

o i musuko (穢敕), giovani uomini che non conoscono i quartieri di piacere, ma che apprendono velocemente e con abilità usi e costumi, mode, etichetta, linguaggio da usare, eccetera.

L’opera Yūshi hōgen, scritta da un anonimo che si firma ironicamente con Inaka rōjin Tada no jijī ( 朝彌 , soltanto un vecchietto della campagna), narra la storia di uno hankatsū che decide di portare suo figlio ventenne (musuko) in un chaya per iniziarlo alla via dei piaceri. All'interno dello Yoshiwara incontrano gli altri due personaggi tipici degli sharebon: lo tsūjin e lo yabo. Dai dialoghi tra questi tre personaggi principali (tsūjin, hankatsū e yabo) si evince ciò che si deve o non si deve fare nei quartieri di piacere, usi, costumi, moda e linguaggio. Infatti, il titolo dell'opera si riferisce al gergo specifico usato all'interno dello Yoshiwara e solo un vero e proprio tsūjin poteva conoscerlo.

I protagonisti più apprezzati erano gli hankatsū perché si prestavano maggiormente a essere derisi e si trovavano spesso in situazioni comiche e parossistiche. Dapprima sicuri di sé, durante il racconto vengono messi “a nudo”, mostrando la loro ignoranza e la loro rozzezza.

Una nota va fatta sulla figura della donna. Sia nel Ryōha shigen sia nel Yūshi hōgen che negli altri

sharebon, la cortigiana è una donna di carattere, attraente, piena di grazia, e intelligente, oltre che

molto furba: non perde mai il controllo sui clienti e con la sua astuzia e la sua abilità riesce a manipolare l'uomo spingendolo a spendere sempre di più, senza quasi rendersene conto. Nel Ryōha

shigen, ad esempio, il protagonista distribuisce le mance in due occasioni sempre in presenza di figure

femminili: la prima volta quando beve il sakè con la proprietaria dell'ageya; la seconda in presenza di due donne, forse due kamuro o due shinzō, per compiacere loro (che rispondono con sorrisi) e molto probabilmente la cortigiana.