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Nel contempo, la bachicoltura favorisce un approccio lavorativo del tutto particolare, che va a sposarsi con le caratteristiche della popolazione delle campagne e richiede una dedizione costante. Si disegna così, con la bachicoltura, quel legame a tratti evidente tra la tradizione di lealtà, fedeltà e dedizione tipica

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Gallo pubblicò nel 1564 le Dieci giornate della vera agricoltura e piaceri della villa. Il suo testo è determinante e segna la svolta in favore di uno sfruttamento dell’acqua capace di spezzare il predominio del frumento. Camillo Tarello pubblica tre anni più tardi il suo Ricordo

d’agricoltura di M. Camillo Tarello da Lonato. In particolare interessante è il testo di Gallo, che

coniuga la scienza agronomica con la nuova visione estetica della natura e conferisce grande importanza all’architettura, foriera di armonia se inserita nella natura secondo precisi criteri.

della mezzadria di queste aree e l’avvento della modernità, legame che si prolungherà sino ad informare di sé l’attività industriale.

L’arrivo degli austriaci castrerà l’emergere delle nuove, dinamiche classi sociali, ma la forza della nuova agricoltura del bresciano sarà anche una delle fondamenta di un forte spirito patriottico locale. Seguendo il modello francese, nel XVIII secolo si diffuse l’irrigazione, si segnarono i confini ed i platani, con la loro preziosa legna, orlarono fittamente i canali: all’inizio del XIX secolo il territorio è praticamente bonificato per intero e i fontanili hanno un ruolo determinante nella vita degli abitanti: passo dopo passo, tra difficoltà politiche, economiche e tecniche, era venuto disegnandosi il tipico paesaggio bresciano.

Tra la metà del Settecento e l’inizio del XIX secolo, sostanzialmente in tutta Italia, non si assiste tanto a un miglioramento tecnico capace di sfruttare al meglio i terreni già utilizzati, ma piuttosto a quello che è stato definito un “assalto dell’aratro al bosco”117. Le ragioni sono diverse e risiedono in gran parte non nel disinteresse nei confronti degli sviluppi dell’agronomia moderna, ma in una sua lenta diffusione nell’intero Paese, anche in territori come quelli lombardo e veneto che non mancavano certo di spirito di iniziativa.

È stato sottolineato come alla base della scarsità di rendite, colmata nel bresciano dall’intuizione del gelso, vi fosse una reale difficoltà nella creazione di un equilibrio tra agricoltura ed allevamento, data la peculiarità dei terreni, difficoltà superata solo grazie all’avvento della concimazione minerale.

In altre parole, non sembrava possibile, in molte zone della pianura, affidarsi a risorse endogene per migliorare la resa del terreno.

Ciononostante, è indubbio che, sia pure con ritardo, le grandi innovazioni della seconda metà del Settecento e della prima dell’Ottocento costituirono una spinta considerevole per la trasformazione del paesaggio di quest’area, come accadde in molte zone della penisola: si poteva in particolare contare sulla precocità dell’agricoltura del bresciano, da secoli avvezza a fare i conti con la presenza delle acque e a diversificare la propria produzione, eccellendo anche nelle pratiche di trasformazione.

In particolare, le cascine tipiche di questa zona con le loro dinamiche ad economia chiusa sono considerate a ragione esempi pionieristici di economia capitalista,

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fulcri di ragnatele relazionali complesse e ragioni principali della definizione di un paesaggio destinato a ruotare loro attorno.

La grande ventata di novità portata da Napoleone, con la disgregazione delle grandi proprietà e con l’incameramento dei beni ecclesiastici, forniva inoltre al territorio quella classe imprenditoriale e nuova che costituirà l’asse portante dell’economia e dello sviluppo di questa intera area geografica.

Ma, di contro, andava consolidandosi quell’etica produttiva a tutti i costi che non mancherà, in età contemporanea, di segnare indelebilmente e spesso gravemente il paesaggio e l’ambiente.

Nel corso del XIX secolo prende così avvio la prima rivoluzione industriale. Il denaro della borghesia, arricchitasi con le imprese agricole nella bassa pianura, si riversa nell’alta pianura, nelle nuove iniziative industriali.

Comincia così un processo nuovo, i cui effetti finali si vedono proprio oggi: l’economia industriale, ricca di impulsi, in continua crescita, a poco a poco prende il sopravvento su quella della bassa pianura, finendo per soverchiarla, imponendo le sue istanze all’intera organizzazione regionale.

L’alta pianura, nella prima metà del XX secolo, comincia a sottrarre popolazione alla bassa pianura, esercitando la sua attrazione sul ceto salariale.

Il fenomeno si esalta dopo la seconda guerra mondiale quando l’agricoltura si meccanizza e l’intero mondo rurale legato all’organizzazione passata si sfascia. Se il passaggio all’industria ha stravolto determinate dinamiche, poggiando nel contempo su specifiche formae mentis, l’apertura di nuovi mercati e l’ingresso nell’epoca della globalizzazione hanno definitivamente condizionato il modo stesso di pensare l’agricoltura, divenuta tassello di un mosaico complesso e parte di un sistema integrato fondato sulla comunicazione, sul trasporto delle merci, sulla competizione globale e su un sostanziale dominio di elites economiche transnazionali118.

Su questi argomenti si interrogano quanti intendono attribuire ad istituzioni e privati il difficile compito di recupero di un rapporto equilibrato con l’ambiente: i problemi sono dunque legati alla produzione, sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo; all’urbanistica e all’architettura, come momenti in grado di

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Il sistema rurale. Una sfida per la progettazione tra salvaguardia, sosteniblità, e governo delle

cogliere i segni proposti dal paesaggio stesso e dalla sua storia; alle scienze sociali, che hanno il compito di spostare l’asse dell’attenzione verso la qualità della vita, qualità che può essere convincente solo all’interno di una relazione armonica con ambiente e natura.

Da questo punto di vista, il paesaggio della bassa bresciana rappresenta una sorta di paradigma, perché fortemente antropizzato, scarsamente o per nulla compreso dal punto di vista strettamente naturalistico, colpito da una diffusa industrializzazione e alla ricerca sempre più attenta di un recupero delle proprie potenzialità.

Infine, un paesaggio che è costantemente passato in secondo piano rispetto alle esigenze della produzione, fosse questa agricola o industriale, ma che, paradossalmente, ha stretto un rapporto di rara intensità con i suoi abitanti.

5.2. Caratteri antropici distintivi

La breve storia anteriore all’ultimo periodo tratteggiata sin qui è utile per comprendere alcune fondamentali caratteristiche del paesaggio bresciano.

Anzitutto, le vicende politiche e socioeconomiche che si sono susseguite dall’anno Mille ci consegnano un equilibrio fondato sulla tensione trattenuta tra cittadini e distrettuali, con una grande importanza rivestita da questi ultimi.

Tale tensione riduce la possibilità di sviluppo di un centro urbano particolarmente forte, ma anche la presa che i grandi poteri possono vantare, nel corso dei secoli, sull’area: i bresciani, forse anche per la tradizione mezzadrile che li ha accompagnati continuamente, si dimostrano fedeli e autonomi, indefessi lavoratori ed orgogliosi della propria specificità, desiderosi di un potere centrale cui poter ricorrere e ostili ad un potere assoluto che non garantisca i medesimi vantaggi. È, questa, per alcuni una vera e propria forma mentis che si è perpetuata nel corso dei secoli, proseguendo anche dopo la prepotente industrializzazione e travasando il concetto di lealtà e di fedeltà nelle nuove figure degli imprenditori.

L’assenza di un grande centro urbano capace di esercitare pressione sulle campagne senza dover cedere alle pretese delle comunità agrarie più sviluppate permette, in secondo luogo, la creazione di un paesaggio fondato sulle dinamiche

dell’agricoltura: sono i campi a dare la forma al territorio, con le loro coltivazioni, i vasi irrigui, i borghi e, soprattutto, le varie tipologie di cascinali.

5.2.1. Le cascine