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Finalità, natura, contenuto e procedimento d’adozione del piano pluriennale economico sociale

3.1. La promozione delle attività economiche nel parco: il piano pluriennale economico e sociale

3.1.2. Finalità, natura, contenuto e procedimento d’adozione del piano pluriennale economico sociale

Al piano di sviluppo previsto dall’art. 14 della legge quadro è generalmente riconosciuta la finalità di realizzare il contemperamento tra gli interessi di cresciuta economica delle collettività locali e quelli generali di protezione della natura.

Tuttavia, tra gli autori che maggiormente si sono occupati di queste tematiche, vanno registrate diverse interpretazioni della natura del piano di sviluppo. Tali diverse letture ripropongono -anche in questa sede- la differente visione degli istituti della conservazione della natura a seconda che si adotti una chiave di lettura ecocentrica piuttosto che una antropocentrica.

Secondo alcuni, infatti, questa parte della legge quadro sarebbe caratterizzata da un forte intento di orientare l’iniziativa privata svolta all’interno del parco a scopi sociali e, comunque, collegati alle politiche di conservazione della natura. Ciò al fine di “evitare possibili pregiudizi agli equilibri ecologici fornendo nel contempo alle popolazioni residenti ragionevoli possibilità di crescita e sviluppo economico e sociale” secondo un modello di parco naturale proprio dei grandi parchi nazionali statunitensi.

Più recentemente altri, riconoscendo un carattere essenzialmente ‘evolutivo’ alla conservazione della natura in un contesto antropizzato (o comunque antropico) come quello che contraddistingue le aree protette italiane, vedono nel piano di sviluppo lo strumento attraverso cui coordinare le iniziative volte a trasformare i parchi naturali in ‘motori dello sviluppo sostenibile locale’.

Il piano pluriennale economico sociale per la promozione delle attività compatibili viene predisposto dalla Comunità del parco contestualmente all’elaborazione del piano per il parco la cui elaborazione spetta invece al Consiglio direttivo. L’organo dell’Ente parco che si fa promotore delle iniziative volte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività è, dunque, l’organo definito, dall’art. 10 della legge n. 394, come consultivo e propositivo del parco. Di esso fanno parte i rappresentanti delle popolazioni <<eventualmente residenti all’interno del parco e nei territori adiacenti>>.

Sullo schema di piano adottato dalla Comunità del parco si esprime con motivata valutazione il Consiglio direttivo; successivamente il piano è inviato alla regione -o alle regioni- interessate per l’approvazione definitiva.

Il piano ha durata quadriennale e può essere aggiornato annualmente con la stessa procedura della sua approvazione. Nell’ipotesi di contrasti tra gli organi del parco e la regione sul cui territorio insiste il parco, la questione è rimessa in prima battuta ad una conferenza presieduta dal Ministro dell'Ambiente e quindi, nel caso in cui il Ministro dell’Ambiente non riesca a risolvere i contrasti, al Consiglio dei Ministri.

A titolo esemplificativo l’art. 14, comma 3, dispone che il piano di sviluppo possa prevedere:

<<la concessione di sovvenzioni a privati ed enti locali;

la predisposizione di attrezzature, impianti di depurazione e per il risparmio energetico, servizi ed impianti di carattere turistico-naturalistico da gestire in proprio o da concedere in gestione a terzi sulla base di atti di concessione alla stregua di specifiche convenzioni;

l'agevolazione o la promozione, anche in forma cooperativa, di attività tradizionali artigianali, agro-silvo-pastorali, culturali, servizi sociali e biblioteche, restauro, anche di beni naturali;

e ogni altra iniziativa atta a favorire, nel rispetto delle esigenze di conservazione del parco, lo sviluppo del turismo e delle attività locali connesse>>.

Infine, è previsto che una quota parte di tali attività debba consistere in <<interventi diretti a favorire l'occupazione giovanile ed il volontariato, nonchè

l'accessibilità e la fruizione, in particolare per i portatori di handicap>>.

Con riguardo alle dotazioni finanziarie necessarie alla realizzazione del piano di sviluppo va segnato come l’art. 7 della legge n. 394 disponga espressamente che, per gli interventi in esso previsti (promossi da enti pubblici o anche da privati) ai comuni e alle province il cui territorio è ricompresso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco nazionale o naturale regionale, sia attribuita la priorità nella concessione dei finanziamenti comunitari, statali e regionali.

A fronte della rilevanza dei compiti assegnati al piano di sviluppo non si può non rilevare il carattere generico e, in un certo senso, programmatico delle norme che ne specificano i contenuti. In particolare pare che il legislatore del 1991 abbia concentrato nello stesso strumento funzioni che sono, invece, di tipo diverso. Da un lato, infatti, si istituiscono speciali forme di sostegno pubblico ad iniziative economiche dei privati per il fatto che esse sono svolte all’interno del territorio del parco; dall’altro si prevede che l’Ente di gestione possa farsi carico di iniziative pubbliche volte a fini di tipo ‘assistenziale’ o di ‘redistribuzione’ che tradizionalmente sono svolte dai Comuni.

Tale duplicazione di funzioni, però, può essere superata ove si consideri che spesso i parchi naturali sono istituiti su zone marginali del territorio in cui sono presenti enti locali di piccole o piccolissime dimensioni spesso impossibilitati a sviluppare singolarmente adeguate iniziative di promozione economica del territorio. Ebbene tali piccoli enti, ove argutamente coinvolti, possono trovare nell’ente di gestione del parco una importante risorsa -sia in termini finanziari, sia in termini di competenze umane- a cui altrimenti sarebbe loro molto più difficile accedere.

L’osservazione appena svolta pare valida in particolare con riguardo ai parchi naturali regionali: gli enti locali su cui insiste l’area protetta, infatti, sono i ‘soci’ dei consorzi o delle unioni di funzioni che gestiscono il parco. L’ente di gestione del parco può, quindi, divenire un utile strumento attraverso cui piccoli enti locali possono realizzare e coordinare politiche di sviluppo eco-compatibile dei territori e delle popolazioni conferendo loro un respiro più ampio rispetto a quello del singolo territorio comunale anche attraverso il coinvolgimento di privati e di altre istituzioni pubbliche.

La legge n. 394 per realizzare il coinvolgimento dei privati e delle istituzioni pubbliche nazionali e locali nella realizzazione degli obiettivi di sviluppo eco-compatibile del parco, prevede l’approvazione di specifici accordi di programma. Il secondo comma dell’art. 14 dispone, infatti, che il piano di sviluppo individui <<i soggetti chiamati alla realizzazione degli interventi previsti eventualmente anche attraverso accordi di

programma>>.

Il ruolo strategico degli strumenti di cooperazione amministrativa oltre che di concertazione delle scelte nell’attuazione delle politiche di sviluppo dei territori sui quali insistono le aree naturali protette è sottolineato dagli artt. 1, comma 5 ultimo periodo e dall’1bis della legge n. 394 aggiunti dall’art. 2, comma 22, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, recante ‘Nuovi interventi in campo ambientale’.

Il primo prevede che, accanto alle intese già previste dal d.P.R. n. 616 del 1977, per la tutela e la gestione delle aree naturali protette nazionali e regionali <<lo Stato, le regioni e gli enti locali e altri soggetti pubblici e privati e le Comunità del parco possono altresì promuovere i patti territoriali di cui all'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662>>.

Il secondo prevede, invece, che -con riguardo ai programmi nazionali e alle politiche di sistema- il Ministero dell’Ambiente possa promuovere accordi di programma di ampio respiro (che possono coinvolgere anche i Ministri per le politiche agricole, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del lavoro e della previdenza sociale e per i beni culturali e ambientali, le Regioni e altri soggetti pubblici e privati) relativi ad azioni economiche sostenibili aventi ad oggetto attività agro silvo-pastorali tradizionali, agriturismo e turismo ambientale.

3.1.2. Gli strumenti per il sostegno alle attività economiche private svolte

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