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Una politica di tipo ‘redistributivo’: l’indennizzo per i vincoli alla attività agro-silvo-pastorale

3.1. La promozione delle attività economiche nel parco: il piano pluriennale economico e sociale

3.1.3. Una politica di tipo ‘redistributivo’: l’indennizzo per i vincoli alla attività agro-silvo-pastorale

Il tema dell’indennizzo dei vincoli a parco assume nel nostro Paese un rilevo del tutto particolare. Infatti, a differenza di quanto accade in altri paesi, i parchi (nazionali e regionali) sono costituiti in gran parte su territori di proprietà privata ovvero di proprietà di soggetti pubblici diversi dall’ente parco. Inoltre “si tratta per lo più di territori caratterizzati da consistenti insediamenti umani, con la conseguenza che il territorio stesso tende ad essere tutto utilizzato dalle popolazioni che vi risiedono” soprattutto per finalità agro-silvo-pastorali.

La considerazione dei fondi rustici come beni di interesse generale per l’importanza del loro ruolo nella conservazione ambientale è un dato che, pur non rappresentando una novità nel quadro giuridico dei regimi della proprietà, ancora oggi suscita dibattito in relazione all’indennizzabilità (o meno) dei vincoli che hanno l’effetto di incidere sulla vocazione produttiva dei terreni agricoli.

A livello generale la dottrina ha ritenuto che l’intervento pubblico in materia ambientale realizzato sotto la forma di imposizione di limitazioni al godimento della proprietà e all’esercizio dell’iniziativa economica, non può condurre ad un completo svuotamento del suo contenuto senza essere qualificato come vincolo espropriativo.

Secondo alcuni, tale principio vale, a maggior ragione, per i vincoli imposti a seguito dell’istituzione di un’area naturale protetta. Ciò in quanto tali vincoli non sono posti sulla base dell’appartenenza a ‘categorie omogenee’ di beni nei cui confronti si esplica il potere conformativo della p.a., ma piuttosto secondo un criterio di prevalenza secondo cui “i beni ricadenti all’interno di una data area possono essere costretti o a subire riduzioni non eccessive del potere di godimento sul bene senza alcun compenso, ovvero a pretendere la corresponsione di un indennizzo a seguito di una misura di tipo espropriativo”.

Secondo un’altra ricostruzione, invece, i vincoli naturalistici (tra cui sono fatti rientrare anche quelli dei parchi) “non sono indennizzabili ai sensi dell’art. 42, comma 3, della costituzione, giacché gli stessi vengono imposti ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, in esito al riscontro di determinate condizioni fisiche e qualità intrinseche dei beni considerati e, pertanto … l’impostazione di questi vincoli, per ciò che riguarda il regime della proprietà privata, non dovrebbe realizzare alcuna sperequazione o disparità di trattamento bisognevole di compensazione”.

Ciò posto va riscontrato come il legislatore del 1991 abbia, comunque, previsto l’indennizzo in due ipotesi di vincoli derivati dalla creazione di parchi naturali.

L’art. 15, comma 2, distingue infatti tra vincoli ‘generali’ e ‘temporanei e parziali’ prevedendone l’indennizzabilità in base a differenti criteri:

a) per i <<vincoli generali>> (che sono quelli derivanti dal piano del parco alle attività agro-silvo-pastorali) l’indennizzo viene stabilito sulla base di principi equitativi; b) per i <<vincoli temporanei e parziali>> (che sono quelli relativi ad attività <<già

ritenute compatibili>> negli strumenti di pianificazione e gestione delle aree protette) si prevedono <<compensi e indennizzi calcolati tenendo conto degli svantaggi e dei vantaggi derivanti dall’attività del parco>>

La differenza tra le due ipotesi non è di immediata evidenza, soprattutto per il fatto che le attività sub a) e b) posso coincidere. Pertanto il senso di tale differenziazione va ricercata nel tipo di limitazione posta alle attività dei privati dalla disciplina conservativa del parco.

illimitata e per i quali non è possibile la determinazione quantitativa del danno arrecato dal vincolo il che, peraltro, pare giustificare il ricorso all’equità nella commisurazione dell’indennizzo. Nella seconda ipotesi, invece, i vincoli hanno effetto solo parziale sull’attività, rendendo più agevole una valutazione della situazione che tenga conto, da una parte dei danni derivanti dalla sottoposizione della proprietà fondiaria ai vincoli del parco e, dall’altra, dei vantaggi economici scaturenti dall’inclusione del bene all’interno del perimetro del parco.

Alla luce di quanto esposto, è possibile rilevare alcune peculiarità degli indennizzi previsti della legge n. 394 che conferiscono loro un carattere del tutto particolare:

non sono previsti per tutte le attività economiche, ma unicamente per alcune di esse legate allo sfruttamento della proprietà fondiaria. Tali attività, non solo non sono espressamente vietate nel parco per effetto dei divieti generali contenuti nell’art. 11(quelle sub a), ma sono anche espressamente previste come compatibili con le finalità del parco (quelle sub b);

non sono obbligatori, ma è data la possibilità all’Ente parco di corrisponderli in relazione alle proprie disponibilità finanziarie;

prescindono totalmente della titolarità dei diritti domenicali relativi a tali aree; sono commisurati sulla base di un contemperamento economico per la cessazione o la diminuzione del godimento di determinati beni da parte del titolare. Tali beni, infatti, sono allo stesso tempo naturalisticamente rilevanti e produttivi di reddito. Pare, dunque, pienamente condivisibile l’opinione di chi rileva come le caratteristiche degli indennizzi previsti dall’art. 15, comma 2, escludano la natura espropriativa dei c.d. vincoli a parco configurando piuttosto tali dazioni come ristoro per la sospensione, totale o parziale, di attività redditizie che, antecedentemente all’imposizione del vincolo erano svolte -o comunque svolgibili- all’interno di determinate aree.

D’altra parte una diversa interpretazione parrebbe condurre inevitabilmente a ritenere la disposizione incostituzionale per la disparità di trattamento verso le altre attività economiche che, pur non compatibili con le finalità del parco (ma nemmeno vietate) non vedrebbero tutelata nemmeno l’aspettativa di un indennità in relazione agli svantaggi subiti dalla presenza del parco.

In conclusione sembra dunque possibile affermare che, anche dalla disciplina degli indennizzi previsti dalla legge n. 394, trova conferma la sostanziale differenza tra i ‘vincoli a parco’ e i vincoli espropriativi.

I primi non sono indennizzabili in quanto derivano dall’esercizio del potere conformativo riconosciuto dalla legge alla p.a., e cioè non modificano gli assetti proprietari ma impongono ai proprietari dei beni limitazioni di vario genere in funzione degli interessi generali alla cui tutela è finalizzata l’istituzione del parco naturale. I secondi sono indennizzabili e si riscontrano ove sull’effetto conformativo prevalga quello privativo di ogni utilità e valore per il proprietario.

Il criterio distintivo è, dunque, fornito dalla destinazione in concreto assegnata al bene: il passaggio dalla proprietà alla non proprietà si riscontra solo ove esista (o meno) per il privato la possibilità di effettivo utilizzo del bene, seppure per usi positivamente determinati o determinabili.

La stessa legge n. 394, peraltro, espressamente prevede che -ove necessario- gli enti di gestione facciano uso del potere espropriativo. L’art. 15, comma 1, dispone infatti che <<l’ente parco… può prendere in locazione immobili compresi nel parco o acquisirli, anche mediante espropriazione>>.

3.2. Strumenti di promozione del parco nelle leggi delle regioni

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