4.3. Qualificazione delle attività socio-culturali dei parch
4.4.1. L’ipotesi della creazione, tra parco, enti locali e privati di una fondazione di partecipazione per la realizzazione e la gestione unificata
delle attività socio-culturali e di promozione del territorio nel quale è inserito il parco naturale
presenti sul territorio nel quale si inserisce il parco naturale.
Infatti, al pari delle iniziative volte alla sviluppo economico analizzate nel capitolo precedete, anche quelle socio-culturali non sono prerogativa del parco naturale, ma sono sovrapponibili a funzioni tradizionalmente esercitate dagli enti territoriali, da loro enti strumentali (per esempio, dagli enti di promozione turistica), da associazioni (per esempio, dalle pro-loco) e da privati.
Se, dunque, si assume come obbiettivi: la partecipazione dei singoli e delle comunità locali alle attività del parco, l’integrazione delle iniziative socio-culturali del parco con quelle degli enti territoriali, il raggiungimento di una maggior livello di efficacia di tali iniziative e una loro maggiore economicità; ebbene allora appare necessario il superamento della gestione diretta (o del mero affidamento a terzi) del complesso delle attività in parola.
Andrebbe, invece, privilegiato un modello che:
consentisse la realizzazione e la gestione di tali attività non solo in forma associata, ma unitaria tra ente parco, enti territoriali coinvolti, associazioni, e privati;
assicurasse maggiore efficienza complessiva alla struttura del parco in quanto in grado di non distogliere risorse umane alle attività di carattere conservativo;
avesse la capacità di attrarre risorse finanziarie diverse dai trasferimenti (ad esempio mediante iniziative di autofinanziamento, capacità di intercettare finanziamenti europei, accogliere donazioni di privati o di imprese);
fosse caratterizzato da snellezza dei processi decisionali e di spesa; godesse di vantaggi, agevolazioni e sgarvi fiscali.
Se nelle realtà di piccole o piccolissime dimensioni appare bastevole a rispondere a tali esigenze un coordinamento delle iniziative mediante opportuni strumenti di natura pubblicistica (quali convezioni, accordi o protocolli d’intesa), in quelle più grandi o strutturate parrebbe -invece- utile la creazione di un autonomo soggetto a cui affidare, esternalizzandolo, il complesso delle iniziative socio-culturali del parco e di quelle consimili svolte degli enti territoriali.
Escluso, per la sua tendenziale incompatibilità con l’esercizio di attività non-economiche, il ricorso alla forma della società di capitali e, fermo restando la possibilità di utilizzare altri schemi gestionali di derivazione civilistica per loro natura privi di scopo di lucro (quali l’associazione, o il consorzio), un’ipotesi particolarmente suggestiva appare quella del ricorso al modello della fondazione nella sua ‘variante’ della fondazione di partecipazione.
La fondazione di partecipazione può, infatti, essere definita come “una fondazione aperta alla partecipazione di più soggetti, pubblici o privati, allo scopo di ottenere l’incremento del fondo patrimoniale e, quindi, il sostentamento dei propri fini istituzionali durante la vita dell’ente, assicurando la partecipazione alla relativa gestione da parte dei fondatori e dei soggetti che -a vario titolo- conferiscono capitali allo stesso”.
La fondazione di partecipazione si sostanzia, dunque, nell’inserimento nella causa tipica della fondazione (ovvero la destinazione di un patrimonio alla soddisfazione della volontà del fondatore) di alcuni elementi tipici dell’associazione. In particolare, per possibilità per diversi soggetti fondatori di associarsi per la gestione del patrimonio e per la creazione di organo assembleare, c.d. assemblea di partecipazione, volto a rappresentare altri soggetti che assumono la qualifica di ‘aderenti’ o ‘sostenitori’.
Nell’ipotesi in esame, dunque, potrebbero assumere la qualifica di fondatori sia l’ente parco e gli enti pubblici territoriali interessati dall’area protetta (comuni, provincia e regione) sia soggetti privati, imprese nonché istituti finanziari. Ad essi spetterebbe il compito di dotare la fondazione dei mezzi necessari al raggiungimento dei suoi scopi e di garantirne, attraverso la nomina della maggioranza dei componenti dell’organo di direzione, il corretto impiego.
Con riguardo, invece, all’assemblea essa partecipa agli scopi della fondazione mediante contribuiti erogati dai membri aderenti. Tali contributi possono avere natura diversa e consistere in versamenti di somme di danaro una tantum o periodiche, effettuazione di donazione di beni, ovvero svolgimento di prestazioni di lavoro volontario. L’assemblea partecipa, altresì, alla formazione delle scelte della fondazione mediante la nomina di uno o più membri dell’organo direttivo.
Infine, posto che la fondazione è un ente privo di scopo di luco, a seconda delle caratteristiche ad essa impresse dallo statuto, potrà assumere la qualifica di O.N.LU.S. (d.lgs. 460/97), organizzazione di volontariato (legge n. 266/1991), associazione di promozione sociale (legge n. 383/2000), ovvero di impresa di utilità sociale (legge n. 118/2005) con la conseguenza di potersi giovare della disciplina tributaria agevolata prevista dall’ordinamento per tali soggetti.
Alla luce delle caratteristiche finora esposte, dunque, la fondazione di partecipazione pare configurarsi come uno strumento impiegabile per la realizzazione e la gestione unificata tra ente di gestione del parco e enti territoriali delle attività riconducibili alle finalità di <<salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali>> (art. 1, comma 1, lett. b) del
territorio nel quale è inserita l’area naturale protetta.
Essa, infatti, potrebbe venire destinata a svolgere direttamente attività strettamente funzionali alle necessità del parco e degli altri enti fondatori, similmente a quanto accade nelle società in house providing.
Con riguardo all’utilizzo della fondazione come modalità organizzativa per la gestione privatistica di servizi da parte degli enti pubblici, va segnalata la corretta preoccupazione -più parti sollevata- circa la loro effettiva operatività. Infatti, l’insufficiente patrimonializzazione di tali soggetti, oltre al loro permanere sotto il controllo decisionale del momento politico-amministrativo, si traduce nella frequente incapacità di operare realmente per scopo per cui sono istituite.
Tuttavia, rispetto ad altri modelli, nel caso dei parchi naturali la fondazione, nella sua variante ‘di partecipazione’, sembra preferibile in quanto in grado di assicurare il coinvolgimento diretto nelle attività del parco dei cittadini e delle istituzioni disposte spendersi, anche finanziariamente, per il raggiungimento delle finalità del parco.
In questo senso la fondazione si configurerebbe come strumento utile a superare il gap di partecipazione che ancora oggi viene lamentato rispetto ai parchi naturali divenendo, nel contempo, espressione fattiva del principio di pluralismo e di sussidiarietà orizzontale.