Si definisce fluorescenza la luminescenza sviluppata da una sostanza in seguito ad assorbimento di radiazioni elettromagnetiche; la luminescenza è un processo attraverso il quale un atomo o una molecola emette una radiazione luminosa nel corso di una transizione da un livello elettronico maggiore ad uno minore. Atomi o molecole colpiti da energia radiante possono passare dal livello energetico dello stato fondamentale a un livello energetico eccitato; se, nel ritorno allo stato fondamentale, l’energia così acquisita si disperde per collisioni con altri atomi o molecole, si ha soltanto il fenomeno dell’assorbimento delle radiazioni luminose, senza nessun altro effetto apprezzabile. Se invece l’energia acquisita viene in parte riemessa come radiazione luminosa si ha il fenomeno della fluorescenza, ovvero il ritorno di un elettrone dallo stato eccitato allo stato fondamentale si accompagna all’emissione di un fotone.
Alla transizione fluorescente si accompagnano sempre delle transizioni senza radiazioni con conseguente perdita di energia, l’energia del fotone emesso è quindi sempre minore di quella del fotone assorbito e di conseguenza la lunghezza d’onda della luce fluorescente è sempre maggiore della lunghezza d’onda della luce eccitante. Le sostanze in grado di emettere fluorescenza vengono dette fluorofori.
L’emissione di fotoni in seguito ad assorbimento di radiazioni luminose può avvenire in un tempo più o meno breve: quando l’intervallo di tempo tra l’eccitazione e l’emissione è dell’ordine di 10-9
-10-3 secondi il fenomeno è detto fluorescenza, se invece l’intervallo tra eccitazione ed emissione è maggiore di 10-3 secondi il fenomeno si definisce fosforescenza.
Nella fluorescenza si distinguono una luce eccitante e una fluorescente: per ogni sostanza fluorescente vi è sempre una caratteristica radiazione capace di eccitare gli atomi o le molecole, e una caratteristica radiazione emessa nel ritorno allo stato fondamentale.
Analizzando le radiazioni fluorescenti è possibile ottenere lo spettro di eccitazione, ovvero lo spettro di assorbimento della sostanza; lo spettro di fluorescenza o di
37 In biochimica i fluorofori più importanti sono generalmente molecole contenenti gruppi con doppi legami coniugati o con una struttura rigida (anello aromatico): l’elettrone eccitato può delocalizzarsi in modo esteso e si ottiene un tempo di vita dello stato eccitato sufficientemente lungo da poter dar luogo all’emissione di un fotone.
I fluorofori di interesse biologico possono essere classificati in intriseci, presenti in alcune proteine, che emettono in maniera naturale ed estrinseci, ossia quelli aggiunti al campione come sonde fluorescenti. I gruppi fluorofori intrinseci presenti all’interno delle proteine sono gli amminoacidi aromatici tirosina, fenilalanina e triptofano [52]. Tuttavia, non tutte le proteine contengono amminoacidi aromatici nella loro sequenza amminoacidica, di conseguenza le proteine non sono tutte fluorescenti e per vederle con rivelatori molto sensibili, come quello a fluorescenza, è necessario marcarle con sonde fluorescenti.
1.4.1 Sonde fluorescenti e marcatura di molecole biologiche
La marcatura è una delle tecniche bio-analitiche più utilizzate e negli ultimi anni si è avuto un notevole sviluppo delle tecniche basate sulla fluorescenza sia grazie ai progressi nella strumentazione sia per l’aumento del numero e della disponibilità di sonde fluorescenti utili per marcare le proteine in varie posizioni della sequenza amminoacidica [52]
Le sonde fluorescenti sono molecole di natura organica che possono formare legami covalenti o non covalenti con la molecola da analizzare, si ottiene così un complesso in grado di emettere fluorescenza a diverse lunghezze d’onda in relazione al tipo di marcatore utilizzato [54].
I marcatori fluorescenti possono essere suddivisi in due tipologie, piccole molecole
38 Fluorofori λ max eccitazione/emissione
Fluoresceina 490/512 Texas ReD 589/615 Rodamina B 568/583 Cianina Cy3 550/570 CianinaCy5 649/670 DAPI 358/461 Proteine fluorescenti GFP 395,475/505 EGFP 488/507 ECFP 434,452/476,505 YFP 514/527 DsRed 558/583 mCherry 587/610
Tabella 3: Lunghezze d’onda di eccitazione ed emissione di alcuni fluorofori [55].
1.4.2 Fluoresceina e fluoresceina isotiocianato
La fluoresceina, uno dei marcatori più utilizzati in ambito biochimico, è un fluoroforo policiclico con λ ex 490 nm e λ em 512; viene sintetizzata tramite la reazione di Friedel-
Crafts a partire dall’anidride ftalica e dall’ 1,3 diidrossibenzene (resorcinolo) in presenza di un catalizzatore, come il cloruro di zinco o l’acido metansolfonico (Figura 11) [54].
La fluoresceina ha un’assorbanza molare elevata (92,300 cm-1
/M a 500.2 nm in etanolo) [55] e presenta una buona solubilità in acqua (50 mg/L) [56]; inoltre le proteine legate alla fluoresceina tendono a non precipitare, permettendo di ottenere un alto livello di purezza.
La fluoresceina si lega alle proteine formando legami con i gruppi amminici o tiolici della catena laterale di residui di cisteina o lisina. La fluoresceina succinimmidica e quella maleica sono alcuni dei derivati della fluoresceina disponibili in commercio. Tuttavia il marcatore più sfruttato per marcare le proteine è la fluoresceina isotiocianato (FITC) (Figura 12) [54].
La FITC rappresenta uno dei fluorocromi più stabili, più economici, più facilmente coniugabili ed inoltre, presenta un basso peso molecolare, con conseguente basso rischio di impedimento sterico; presenta però problemi relativi alla stabilità dell’emissione fluorescente in presenza di variazioni del pH. Lo spettro di assorbimento
39 è massimo intorno a 496 nm e l’emissione è nel verde con massimo a 518 nm [57],[58]. La FITC è sensibile alla luce ed è solubile in acetone (1 mg/mL), in dimetilsolfossido anidro (DMSO) (5 mg/mL) e in etanolo (20 mg/mL). In acqua è scarsamente solubile (0,1 mg/mL) e decompone [57].
La FITC esiste in due forme isomere (Figura 13): l’isomero I presenta il gruppo tiocianato legato al carbonio 4 dell’anello benzenico, mentre nell’isomero due il gruppo è legato al carbonio 5; i due isomeri generano spettri indistinguibili, sia in termini di lunghezza d’onda che d’intensità. L’isomero I risulta più facile da ottenere in forma pura ed è quindi più economico, inoltre rispetto all’isomero II genera complessi più stabili, per cui l’isomero I è quello comunemente utilizzato per la marcatura. L’utilizzo della miscela dei due isomeri risulta perfettamente adatta per vari tipi di analisi, ma ad esempio per analisi cromatografiche (HPLC) ed elettroforetiche è consigliato l’utilizzo di un solo isomero [59]. Dunque, in questo lavoro di tesi, l’isomero I della fluoresceina isotiocianato è stato scelto come sonda fluorescente per la marcatura delle proteine della saliva.
Figura 11: Sintesi fluoresceina [54].
40 La FITC stabilisce un legame covalente fra il radicale tiocianato e il gruppo amminico primario che unisce stabilmente il fluorocromo alla struttura proteica (Figura 14). La FITC si utilizza principalmente come marcatore di ormoni peptidici e fattori di crescita per poter identificare i recettori a livello delle cellule bersaglio, oppure per marcare anticorpi nella tecniche di immunoistochimica [60]. Per ottenere una marcatura ottimale risulta fondamentale rispettare le condizioni richieste dal protocollo: ad esempio per la reazione di coniugazione è importante che il tampone in cui si trova la proteina non contenga gruppi amminici primari (es. Tris, glicina) che potrebbero competere per la reazione di coniugazione con la proteina. Inoltre, affinchè i gruppi amminici interni reagiscano nella forma non protonata, avendo questi un valore di pKa di circa 10.5, è opportuno che la reazione avvenga ad un pH basico [61].
Figura 13: Isomeri della fluoresceina isotiocianato [61].
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