5. LA RICERCA SOCIALE
5.2 I focus group
5.2.4 Focus Rieti – Raccolta ed elaborazione dati
Il secondo focus group è stato realizzato interamente con docenti dell’ITT Rosatelli di Rieti, un plesso del quale fanno parte un Liceo scienze applicate, un Istituto tecnico con indirizzo elettronico e un Istituto tecnico con in indirizzo biotecnologico. I docenti che hanno partecipato insegnano, o hanno insegnato in tempi recenti, in tutti e tre gli indirizzi. Questo è interessante perché consente di mettere a confronto esperienze didattiche di livelli potenzialmente molto diversi tra loro. I docenti sono stati contattati inviando una mail alla dirigente scolastica dell’istituto e chiedendo se fosse possibile realizzare un incontro con i docenti nella sua scuola. Quindi sono state inviate delle mail a ogni insegnante in cui si chiedeva loro se fossero interessati a partecipare al focus group. L’individuazione della scuola è stata piuttosto casuale, basata sulla disponibilità del dirigente e degli insegnanti. Il secondo focus group è stato realizzato in assenza di un osservatore ed è stato integralmente registrato. La scaletta, analoga a quella utilizzata nel primo focus, è stata seguita soltanto per una parte molto breve dell’intervista. Di fatto, il focus si è svolto in modo estremamente disordinato ed è stato praticamente impossibile mantenere il discorso focalizzato sulle questioni in analisi, nonostante i continui tentativi di rielaborare le domande e riportate la discussione sugli argomenti previsti. L’incontro si è, quasi immediatamente, trasformato in uno sfogo durante il quale gli insegnanti hanno principalmente manifestato il loro disagio rispetto all’inadeguatezza delle case editrici nel produrre libri e contenuti sufficientemente aggiornati e allo scarso livello di interesse e preparazione degli studenti. Non è stata utilizzata la presentazione in PowerPoint per mancanza di strumentazione tecnica apposita, ma in questo caso ai partecipanti è stato mostrato del materiale cartaceo (articoli di Aula di Scienze e Science Factory), per indagare le loro opinioni in merito a questi contenuti, ma anche per catalizzare la loro attenzione rispetto ai temi oggetto dell’intervista. Anche questo tentativo si è però rivelato vano, poiché i docenti hanno dedicato al materiale solo una rapida occhiata, per poi tornare a discutere dei temi evidentemente più sentiti rispetto a quelli dell’analisi. Probabilmente il focus avrebbe avuto un esito diverso se fosse stato un ricercatore più esperto a condurlo e si fosse realizzato in un contesto neutrale, magari in presenza di un terzo elemento (osservatore). D’altro canto, ritengo che la questione cruciale sia comunque emersa nonostante la cattiva gestione dell’intervista.100 Una parte consistente delle informazioni, infatti, può essere estrapolata non tanto da ciò che è stato effettivamente detto, ma dalla modalità di comunicazione utilizzata dai docenti e dal
continuo tentativo da parte loro di evadere le domande, anche dirette. A seguito di queste considerazioni, è stata adottata una modalità di analisi piuttosto diversa rispetto a quella del primo focus, che tenesse conto anche del fatto che in molte circostanze, si sono sovrapposti gli interventi tra i partecipanti. L’analisi delle occorrenze, quindi, è risultata una strategia nel complesso poco affidabile. L’analisi, nel complesso, è stata molto più influenzata da fattori soggettivi.
In una prima fase ho trascritto completamente il testo registrato durante il focus group, individuando i passaggi nei quali le informazioni sono state perse a causa della sovrapposizione delle voci. Quindi, commentando a margine del testo, ho individuato le questioni più rilevanti che sono emerse, eliminando tutte quelle parti del discorso che esulavano evidentemente dall’oggetto di analisi. Quindi, ho cercato di analizzare il comportamento dei partecipanti e inquadrarlo nel contesto degli argomenti di interesse. Già in questa fase, è risultato chiaro che questo gruppo di insegnanti aveva un’idea molto meno strutturata delle tematiche che gli sono state sottoposte. D’altro canto, questo ha offerto la possiblità di osservare alcune associazioni che sono sorte in modo spontaneo come conseguenza dell’utilizzo di specifici termini o di determinate questioni.
Aggiornamento e approfondimento
Come nel caso del primo focus group, il primo tema sottoposto è stato quello dell’aggiornamento e dell’approfondimento. Il termine aggiornamento ricorre 15 volte nel focus group. Interessante che, almeno in una prima fase, è stato inteso esclusivamente come corsi organizzati dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (alla parola aggiornamento è stato associato sette volte il termine MIUR) e corsi online offerti dalle case editrici. I docenti si riferiscono, comunque, all’aggiornamento sulle tecniche didattiche e non a quello sui contenuti. Anche l’auto-aggiornamento viene spesso inteso in questa ottica.
Quando si è focalizzata l’attenzione sull’aggiornamento contenutistico (una precisazione che non è satata necessaria con gli insegnanti del primo gruppo) alcuni docenti hanno parlato della ricerca attraverso la rete e internet o il passaparola tra colleghi. In ogni caso non hanno fatto riferimento a siti o piattaforme specifiche, come era emerso nel corso del primo incontro. A questo proposito bisogna anche distinguere gli insegnanti di materie tecniche, come informatica e robotica, e quelli di scienze, matematica e fisica. Per gli insegnanti di materie tecniche, infatti, è richiesto un grande sforzo per mantenersi aggiornati su tutte le novità tecnologiche che sono esse stesse argomento di studio. Per questo, i canali preferenziali sono le aziende e le fiere. Le case
editrici, secondo i partecipanti, non sono mai abbastanza aggiornate. Questo, che era considerato un aspetto piuttosto scontato dal primo gruppo di docenti, è ragione di profonda insoddisfazione rispetto alle case editrici da parte di questo secondo. Gli insegnanti di scienze, matematica e fisica, invece, sembrano avere più facilità nel ricavare informazioni dalla rete anche se in modo piuttosto casuale, senza una o più strategie codificate o condivise o ricorrenti. Da qui si può dedurre che Aula di scienze e forse ancora di meno Science Magazine sono più adatte ai licei che non a scuole tecniche in cui, solitamente, si richiede un’aggiornamento più approfondito e specifico.
Nel complesso, comunque, l’attenzione di tutti i docenti sull’aggiornamento è risultata marginale rispetto a tutte le altre questioni che sono emerse (e non sono state riportate perché esulano dagli argomenti di questo lavoro). Questo è interessante, perché gli insegnanti non vi fanno riferimento nemmeno quando sostengono di richiamare continuamente elementi di realtà durante le loro lezioni. Questo lascia dedurre che i richiami alla quotidianità non evolvano nel tempo, ma che rimangano ancorati a quelle che sono le loro conoscenze ormai acquisite e sedimentate. Da un punto di vista di comunicazione della scienza, è rilevante indagare questo aspetto per capire se l’immagine della scienza che viene proposta agli studenti è legata a un mondo a loro inaccessibile e lontano dall’esperienza quotidiana, anche se vicina a quella dei loro docenti. Ulteriore conferma di questa settorializzazione potrebbe essere riconosciuta nel fatto, per esempio, che la docente di informatica e robotica non fosse a conoscenza di tutte le implicazioni sociali, etiche e morali che riguardano la diffusione di questa tecnologia. Sollecitata sull’argomento, ha affermato che si trattava, eventualmente, di questioni ad appannaggio dei docenti di filosofia e di lettere. Un’idea condivisa anche dal docente di fisica e matematica, con il quale la docente di robotica ha ironizzato sulla questione durante l’incontro. Questo suggerisce che potrebbe esistere una distanza sensibile tra ciò che gli insegnanti considerano interessante per lo studente, e quello che invece incuriosisce i ragazzi. Nel focus group di Rieti, infatti, gli insegnanti concordano sul fatto che nessuno studente riporta in classe domande sulle notizie lette o, in generale, ricevute nella propria quotidianità. Alcuni sostengono che ciò è dovuto al fatto che gli studenti non si informano, né tramite quotidiani o telegiornali, né attraverso altri canali di comunicazione. Altri ritengono che leggono “qualcosa”, ma comunque non sono abbastanza curiosi. La domanda dello studente e il relativo approfondimento, quindi, possono sorgere soltanto dopo che l’insegnante mostra in classe un video o un articolo (eventualità riportata soltanto da un docente, caso in cui si fa riferimento ad Aula di scienze e Treccani scuola).
Questa mancanza di curiosità degli studenti percepita dagli insegnanti, quindi, potrebbe essere interpretata come un’incapacità dei ragazzi di elaborare delle riflessioni sulla scienza che colleghino la scuola e le conoscenze acquisite al di fuori. A conferma di questa ipotesi, la frase di una delle docenti di scienze «hanno la necessità di soddisfare la curiosità in quel momento e non riescono a capire che poi quella curiosità può essere collegata a un’altra, inserita in un percorso, è tutto momentaneo».101 D’altro canto, nonostante gli insegnanti concordino sul fatto che gli studenti non facciano domande durante le lezioni e non leggano nessuna notizia, emerge che «gli studenti credono a tutto o non credono a nessuno».102 Una certa componente di interesse degli studenti che si manifesta in modo diverso da quello che i docenti si aspettano viene in parte confermato anche durante le interviste. Molti insegnanti, infatti, sottolineano la difficoltà che deriva dal riuscire a coinvolgere e interessare ragazzi che, rispetto alle generazioni precedenti, hanno molti meno interessi individuali. Emerge anche il fatto che il riuscire o meno a capire che cosa possa interessarli è praticamente imprevedibile.
Al di là della capacità più o meno spiccata dei docenti di sviluppare delle strategie didattiche efficaci nel coinvolgimento degli studenti, è piuttosto condivisa l’idea che interesse le abilità degli studenti siano peggiorate e stiano peggiorando rispetto alle generazioni precedenti. Problematica che assume proporzioni più significative in alcuni istituti tecnici o in scuole che, per varie ragioni, hanno utenze piuttosto complicate. Questo potrebbe essere una delle possibili concause che concorrono allo scarso interesse dei docenti per l’approfondimento e l’aggiornamento sulle proprie materie di insegnamenti. I docenti del secondo gruppo, e alcuni docenti intervistati successivamente, sostengono anche una spiccata difficoltà degli studenti ad assimilare un linguaggio tecnico-specifico, che impedisce loro di comprendere testi o prodotti comunicativi di una certa complessità scientifica. Tutto lo sforzo, si dice, deve quindi essere orientato nella direzione di insegnare loro le basi della scienza: «non riusciamo a fare più niente, cioè fisica non si può insegnare più. Non ci sono le basi, avoglia a parlare di flipped classroom, non esiste più niente».103 Ne risulta una perdita di motivazione da parte degli insegnanti rispetto alla possibilità di arricchire l’immaginario degli studenti di dettagli, informazioni e competenze. Da un lato, questa è una motivazione parziale, in quanto spiega perché i docenti non condividono approfondimenti e novità con gli studenti, ma non perché non ritengono rilevante aggiornare il proprio bagaglio culturale. Inoltre, i docenti di questo focus group
101 Allegato 2 p.6 di questa tesi. 102 Ivi, p.8.
sembrano ignorare che (come evidenziato nel focus precedente) approfondimenti e novità scientifiche possono anche entusiasmare e coinvogere emotivamente gli studenti, non solo fornire loro una serie di contenuti. In conclusione, aggiornamento e approfondimento sembrano aspetti che gli insegnanti considerano importanti da un punto di vista didattico, ma per i quali sembra mancare uno slancio di interesse personale e professionale. Si tratta di una parte del loro lavoro che, dal loro punto di vista dovrebbe essere organizzata, anche se spesso non lo è in modo adeguato, da parte del MIUR (per quanto riguarda le tecniche didattiche) e dalle case editrici (per quanto riguarda la parte più contenutistica).
Aula di scienze e Science Magazine, secondo i docenti uno dei problemi è che non è
conosciuta e sufficientemente pubblicizzata.
La notizia
In questo contesto si inserisce anche il tema della notizia scientifica. Nel focus group di Bologna il termine notizia è utilizzato nove volte, la maggior parte delle quali in riferimento alla sua fonte e sempre rispetto all’aggiornamento su temi scientifico-tecnologici. In quel caso, anche quando il termine è utilizzato in riferimento al comportamento degli studenti, richiama sempre un ruolo attivo del docente (i docenti rispondono alle domande degli studenti, fanno ricerche in classe per analizzare insieme le fonti ecc). Durante il focus di Rieti, invece, il termine è utilizzato dieci volte, di cui otto si riferiscono al modo in cui gli studenti si rapportano a esse, ma senza che il docente attui dei comportamenti attivi e specifici per modificare atteggiamenti errati degli studenti. In nessun caso, inoltre, i docenti di questo secondo gruppo fanno riferimento a piattaforme, siti o modalità di aggiornamento, attraverso le quali vengono a conoscenza di notizie o scoperte scientifiche. Si può quindi dedurre che:
• le notizie scientifiche non sono parte del bagaglio culturale di questo secondo gruppo di docenti che, di conseguenza, non le riportano in classe;
• gli studenti non sono supportati dai docenti nel rapportarsi alla realtà del mondo dell’informazione e della divulgazione scientifica. Questo nonostante emerga il problema delle fake news e dell’incapacità degli studenti di selezionare le informazioni. Rispetto a questa problematica, infatti, agli studenti sono forniti soltanto strumenti utili in condizioni specifiche e relative all’insegnamento di materie tecniche (non usare Wikipedia, ma consultare siti universitari o di altre scuole; usare Wikipedia in inglese e non in italiano). Risulta piuttosto conseguente immaginare che l’immagine della scienza che viene riportata in classe dai docenti non è al passo con le moderne scoperte, con l’evolversi dell’organizzazione delle
strutture di ricerca e con la comprensione dell’impatto che le nuove scoperte hanno sulla società.
Punti di contatto: i video
Nonostante la distanza tra i due gruppi di insegnanti nelle modalità di insegnamento e di partecipazione al focus group, alcuni aspetti sono comuni a entrambi. Tra questi l’importanza del video come strumento di comunicazione per gli studenti, nonostante sia molto più sofferto, nel secondo gruppo, il fatto che gli studenti raramente aprono i contenuti multimediali che gli insegnanti gli inviano o caricano sulle piattaforme predisposte, come il registro elettronico.
Punti di contatto: la rete
Anche sulla rete esistono degli elementi comuni: in entrambi i gruppi si solleva la questione della scarsa affidabilità delle connessioni nelle scuole, che limitano la possibilità di utilizzo in classe di internet e delle risorse digitali. Il problema emerge con più insistenza nelle scuola di Rieti, dove si somma al fatto che molti studenti arrivano da centri urbani di piccole dimensioni, in alcuni casi anche danneggiati dal terremoto che ha colpito il centro Italia tra il 2016 e il 2017.
Punti di contatto: il cartaceo
In entrambi i focus group emerge la questione del testo cartaceo, come oggetto materiale e centrale per l’apprendimento. Anche per quanto riguarda questo argomento, comunque, esiste una forte differenza di visioni. La maggior parte dei docenti, comunque, sembra considerare il libro cartaceo una necessità, in quanto consente allo studente di avere un oggetto solido e tangibile, sul quale studiare. Alcuni insegnanti, invece, vorrebbero avere la possibilità di adottare un e-book senza dover necessariamente adottare il libro in formato cartaceo. La questione, però, è più legata alla spesa che non a necessità didattiche. Il problema dell’aggiornamento torna prepotentemente in questo contesto: il libro è praticamente l’unico strumento a disposizione di studenti e insegnanti e, secondo alcuni docenti, dovrebbe supplire a tutte le necessità dell’insegnamento, incluso offrire spunti ed essere sempre aggiornati sulle ultime ricerche e scoperte.
Da un lato questo è in contrasto con il fatto che il testo, in relazione ai tempi tecnici e legali di produzione, diffusione e utilizzo, non può essere aggiornato quotidianamente. D’altro canto, è interessate valutare la centralità e l’importanza che il testo mantiene nella formazione scientifica degli studenti e degli insegnanti (vedi intervista alla dott.ssa Mugnai al Capitolo 1). Aula di scienze o Scienze Magazine, potrebbero diventare strumenti didattici di maggior valore se direttamente associati al libro di testo. Come emerso dal
focus group di Bologna, quindi, costruire un percorso che parta dal libro e che includa le risorse più aggiornate, potrebbe essere una chiave per aumentare l’organicità dei contenuti e presentarli in modo immediato senza che debbano essere cercati dagli studenti e pubblicizzati dalle case editrici. Questo consentirebbe, forse, di superare anche quello scoglio iniziale che impedisce ai docenti di cercare e scegliere gli approfonfimenti in modo autonomo.
Aula di scienze e Science Magazine
Ai fini di questo lavoro di tesi, si ritiene importante sottolineare che in questo secondo focus group, soltanto un’insegnante era a conoscenza di Aula di scienze, mentre nessuno aveva mai sentito parlare di Science Magazine. L’unica docente, che riceve la newsletter di Aula di scienze, però, la usa come strumento didattico, inviando o caricando alcuni articoli sulla piattaforma di condivisione della scuola. Anche in questo caso, come già emerso per i video, non si ha un riscontro positivo sulla fruizione che gli studenti fanno di questi materiali messi a disposizione dagli insegnanti. Con l’eccezione di questa docente, nessuno sembrava particolarmente interessato ai testi, alle schede di approfondimento e di esercizio che sono state mostrate loro come esempio dell’offerta.