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I singoli archivi nelle loro specificità

FONDI ARCHIVISTIC

Custodi delle carte…

ASMSS* Stato Civile e Anagrafe, Censimenti

ASMSS Patrimoni e contabilità, Atti conservatori e liti ADSa* Esposta a parete in sala

AMV* Platea, n. 2

AMV Platea, n. 4

ASAV* Notaio Cennamo Pasquale di Avellino

ASAV Intendenza di P.U.

ASAV Catasto Provvisorio Stato di Sezione

ASAV Corporazioni Religiose

ASAV Atti Demaniali

ASBN* Notai, notaio De Pompeis Giuseppe di Benevento ASBN Notai, notaio Compare Nicola di Benevento ASBN Notai, notaio D’Auria Pietro Paolo di Benevento ASBN Notai, notaio Marano Pietro di Benevento ASBN Notai, notaio Fiorenza Girolamo di Benevento ASBN Notai, notaio Perillo Vincenzo di Benevento ASBN Notai, notaio Fiorenza Girolamo di Benevento

ASBN Notai, notaio D’Aversa Francesco Antonio di Benevento ASSa* (dall’ASNA*) Catasti Onciari

ASSa Catasti Onciari

ASSa Catasto Murattiano

ASSa Consiglio di Intendenza

ASSa Atti Demaniali

ASSa Tribunale Civile e Correzionale di Salerno, Perizie ASSa Direzione delle Contribuzioni Dirette-Rettifiche Fondiarie

ASSa Intendenza

*LEGENDA

ASMSS = Archivio Storico Comunale di Mercato San Severino ADSa = Archivio Diocesano di Salerno

AMV = Archivio della Biblioteca di Montevergine ASAV = Archivio di Stato di Avellino

ASBN = Archivio di Stato di Benevento ASSa = Archivio di Stato di Salerno ASNA = Archivio di Stato di Napoli

Riassunto

L’autore, molto scettico circa il valore scientifico e l’utilità didattico-divulgativa delle classiche didascalie, brevi e schematiche, alle singole carte di una mostra, ha preferito presentare una semplice schedatura archivistica dei singoli “pezzi” della nostra esposizione, a scopo documentario, accompagnandola con riflessioni sul significato generale della stessa, non senza alcuni riferimenti illustrativi di particolari carte, ritenute emblematiche di tale significato. Un “Non- Catalogo”, dunque, che comunque raccoglie 84 carte schedate e datate tra lo spirare del secolo XVII e fino a tutto l’Otto- cento, provenienti da ben 27 diversi fondi di 5 archivi campani (archivi di stato di Salerno, Avellino e Benevento; a. comunale di M.S. Severino e a. della biblioteca statale di Montevergine) e per ciò stesso eterogenee tra loro.

Nel commento di sintesi esistono, tuttavia, due fili conduttori unificanti: il primo risiede nell’approccio geografico adottato, attento a tratti di paesaggio rurale o urbano (e alle sottostanti benché invisibili strutture socio-economico-cultu- rali); il secondo è l’angolazione interpretativa scelta, assolutamente inedita, incarnata nel titolo della mostra. Essa è rivol- ta, da un lato, a valorizzare una cinquantina di tecnici-pittori-disegnatori, veri “carneadi di provincia”, i quali, se non sono inquadrati in un ente statale, lavorano al servizio di potentati ed enti feudali (laici o religiosi) e svolgono una sorta di “missione sociale”, dall’altro a presentare il territorio come posta in gioco di precisi interessi, nobilitato tuttavia da un racconto figurale-scritto, emozionante per “vignette”, simboli e simbolismi, attraverso un linguaggio più analogico che digitale.

Abstract

The author, very sceptic about scientific value and didactic-popular usefulness of short and schematic “classic” subtitles of exhibition’s pictures, has preferred to present a simple archive’s collection of single specimens, as a documentary testimony of our exhibition, with some thoughts about its general mean, above all in reference to a few distinctive and emblematic papers. A “Not Catalogue”, therefore, which however collects 84 papers, dated between the end of 1600 and the beginning of 1800, come from 27 documentary heritages of 5 Campania’s archives (state archives of Salerno, Avellino and Benevento; municipal archive of M.S. Severino; statal bookcase’s archive of Montevergine Abbey) and so very different between them.

However, in the synthesis comment exist two central “red” threads: the first is the geographical adopted approach, turned to rural or urban landscape (and under although invisibles social-economic-cultural structure too); the second is the choosed interpreting point of view, absolutely original, embodied in the exhibition’s title. This one intends, on the one hand, to increase the value of an about fifty engineers-painters-designers, true province’s “carneadi”, who, if don’t work for a state body, anyway they wait on local and feudal potentates and bodies (secular and religiouses), carring out a sort of “social mission”, on the other hand to present territory as ante of specify interests, but ennobled by a represented-written end moving story, through vignettes, symbols and symbolisms, by a more analogical than digital language.

Résumé

L’auteur, très sceptique sur la valeur scientifique et sur l’utilité de la vulgarisation didactique que représentent les sous- titres, courts et schématiques, accolés aux cartes des expositions “classiques”, a préféré présenter de simples fiches d’archive sur chaque pièce, comme témoignage documentaire de notre exposition, tout en l’accompagnant aussi de réflexions au sujet de son sens et de sa valeur. Ceci n’a pas empêché l’illustration approfondie de certaines cartes qui caractérisent nos déductions. Nous avons voulu présenter en ce lieu un “ Non-catalogue”, qui rassemble 84 cartes, datées entre la fin du XVIIème siècle et la fin du XIXème siècle. L’ensemble des cartes a un caractère hétérogène du fait que celles-ci proviennent de 27 fonds documentaires de 5 archives de la Campanie (archives d’état de Salerne, d’Avellino et de Bénévent; archive municipal de M. S. Severino; archive de la bibliothèque nationale de l’abbaye de Montevergine).

Notre commentaire de synthèse présente deux fils conducteurs: le premier est l’approche géographique adoptée, attentive aux paysages ruraux ou urbains (et à leurs structures sociales, économiques et culturelles bien qu’elles soient invisibles); le deuxième est le point de vue interprétatif choisi, absolument original, qui est donnée par le titre de l’exposition. Une telle interprétation poursuit deux objectifs: le premier est celui de la mise en valeur de cinquante ingénieurs-peintres- concepteurs, véritables Carneades de province, qui sont au service des potentats locaux et des organismes féodaux (laïcs ou religieux) et développent une sorte de “mission sociale”; le second objectif est de démontrer comment le territoire, tout en étant un enjeu qui suscite des intérêts particuliers, apparaît ennobli par des représentations émouvantes, grâce aux vignettes et aux symboles, c’est-à-dire par un langage plus analogique que digital.

Fig. 1 - Francesco Saverio Malpica, Pianta di una porzione della città di Salerno racchiusa tra le strade Due Principati, Arcivescovado, Corso Garibaldi e Porta Nova, 1862, Archivio di Stato di Salerno.

Commento alla fig. 1

Questa pianta manoscritta di Salerno alla metà dell’Ottocento, quando non era stata ancora superata la soglia dei 25.000 abitanti, ha un particolare valore documentario, vuoi in generale – giacché è la prima planimetria della città, alla vigilia di grandi mutazioni, divenute stravolgenti a partire dal secondo dopoguerra – vuoi in particolare, perché della città è rappresentata una zona divenuta ormai centrale, che di solito restava fuori dai correnti interessi iconografico-celebrativi, focalizzati sulla marina e sul centro storico. Ci troviamo in un’area comprendente l’attuale Piazza XXIV Maggio (ex Piazza Malta), in cui sorgerà nell’immediato secondo dopoguerra l’edificio dell’Istituto Parificato di Magistero, nucleo originario della futura Università degli Studi di Salerno.

All’osservatore non sfuggirà che nella buona metà centro-orientale e centro-settentrionale del campo di rappresenta- zione (a nord e a sud di via Vernieri come ad ovest e a sud di via dei Due Principati fin quasi a ridosso del mare) permane ancora florida una discreta vegetazione, naturale e coltivata, che più precisamente coincide con l’«Orto agrario» (tra le attuali via Vernieri e via Principessa Sichelgaita), col cimitero (poi delocalizzato a Brignano) tra il quartiere Carmine e l’attuale direttrice via P. Volpe-via Nizza, e con la Villa comunale. Questa, dopo essere stata oggetto di molte attenzioni estetiche e funzionali da parte dell’architetto Domenicantonio Napoli (suo è il progetto, del 1823) e successivamente dell’appaltatore Michele Barba, finirà per scomparire di fatto, in quanto le sue aree dismesse furono occupate dai palazzi privati di fronte alla Posta Centrale lungo corso Garibaldi e per la risalita dei Principati; ma a piazza Malta il Municipio rispettò l’antica funzione comunitaria e al posto della Villa oggi c’è lo spazio libero e aperto per parcheggi (che sono diventati anche sotterranei) e per il traffico imponente che risucchia persone e oggetti dal mare ai monti. E, tuttavia, la sua esistenza resta ratificata nella memoria popolare, tanto che la più ufficiale e blasonata denominazione di «via dei Due Principati» è sostituita ancora oggi con «‘A scesa d’‘a Villa». Qualche piccolo casolare indica che l’agricoltura era forza trainante proprio a due passi dal Centro; dopo circa trent’anni il predetto lato destro dei Principati sarà – dal mare fino a piazza Malta – occupato dal mercato degli ortaggi.

In qualche modo la nostra rappresentazione viene incontro ai desiderata del «Regolamento» borbonico del 15 maggio 1858, laddove si perorava la necessità di delineare una pianta generale dell’attuale fabbricato di Salerno sulla quale il Consiglio avrebbe dovuto basare le principali rettifiche, gli essenziali «raddrizzamenti ed ampliazioni per eseguire man mano e secondo le occorrenze le demolizioni, le nuove costruzioni, gli allargamenti e i raddrizzamenti che occorrono onde tutta la città successivamente e senza incertezza venisse ridotta alla più regolare e miglior forma che possa desiderarsi». I primi effetti di questa progettazione è dato già osservare, ad appena cinque anni di distanza, nella Planimetria, a scala 1:10000 (datata 1867), redatta dagli ingegneri Alfonso di Gilio e Carlo Pannaini, ma lo spazio urbano cambierà di molto nei decenni successivi: nuove strade provinciali, un progetto per una condotta d’acqua, opere complementari per un porto alquanto indifeso dal mare, difesa del litorale, ampliamento della città, nuove arterie urbane, il teatro Verdi, la ferrovia, la strada litoranea, i giardini pubblici, una grande caserma nei pressi della stazione, condotte d’acqua, luce, gas e fognature furono le opere più importanti e significative realizzate in quel periodo ad opera soprattutto del sindaco Matteo Lucani. A tali trasformazioni il nostro Malpica contribuì incisivamente, come ideatore e direttore dei lavori: si vedano soprattutto i progetti per la Via Fieravecchia e per il “rettifilo” da Portanova alla Stazione ferroviaria, che incontravano l’opposizione dei grandi proprietari cittadini ma davano occupazione alla povera gente.

Seguirono, fra il 1900 e il 1940, il pastificio e il cementificio (fonte di disturbo ecologico e di intralcio per lo scorrimen- to dei veicoli fino a pochi anni fa), le maggiori realizzazioni civiche e sportive (comune, tribunale, stadio) e la colmata di via Roma e Lungomare Trieste, arterie che esaltarono – con le strade di raccordo ad esse perpendicolari – lo schema relativamente regolare delle strade principali della città, già presente ad ovest nella impostazione centuriata romana, da cui la nota assunzione a “triangolo scaleno” del suo perimetro complessivo, riscontrabile per la sua parte centrale anche in questa carta, salvo l’assenza dell’angolo ad est, in corrispondenza della stazione.

Considerata la ancora più rapida e incisiva espansione topografica, avvenuta per noti motivi nel secondo dopoguerra, con tutti gli altrettanto noti problemi economici e paesaggistico-ecologici, persino la preconizzata geometria urbana del primo periodo postunitario ne ha sofferto sotto i colpi di una dissennata speculazione edilizia: il che fa rimpiangere ama- ramente lo stato di fatto ottocentesco testimoniato dalla presente carta, disegnata da Francesco Saverio Malpica in linee assai precise e con tonalità rosa-verdine teneramente delicate e romantiche…

Fig. 2 - Giovanni Rosalba, Pianta topografica de’ terreni irrigabili dal fiume Picentino nella Piana di Salerno e Montecorvino, 1834, Archivio di Stato di Salerno.

Commento alla fig. 2

Come già da me rilevato nell’illustrazione d’insieme della mostra, questa carta fa da “appoggio” al regolamento ammi- nistrativo finalizzato alla equa ripartizione tra gli utenti delle acque del fiume Picentino, sostenuto da una relazione molto corposa e interessante del Rosalba (Memoria legale-idraulica sulle acque del fiume Picentino compilata dall’Architetto Giovanni Rosalba per servire come progetto al Regolamento Amministrativo commessogli dal Signor Intendente del Prin- cipato Citeriore, nella circostanza di doversi le medesime ripartire equabilmente in tempo d’irrigazione per la piana di Salerno e Montecorvino, Salerno, Tipografia dell’Intendenza, 1834). Un compito assai arduo e importante, perché si trattava di mettere d’accordo gli interessi pubblici e privati, evitare gli abusi dei potentati e nello stesso tempo fare in modo che non si verificassero impaludamenti. La palude e la malaria, infatti, erano di casa nella piana del Sele, specie alla sinistra del fiume, ma per quanto riguarda il basso Picentino era stata eliminata da poco, dopo il decennio napoleonico, specie alle porte di Salerno, dove esistevano le famose risaie (che ne costituivano la deprecata causa prima, ma che erano ormai scomparse – soppiantate da ortofrutticoltura intensiva – al tempo in cui scrive il Rosalba).

Senza entrare nei dettagli tecnici della «Memoria legale idraulica», si può dire che nella prima parte dell’opera l’Auto- re dimostra una perfetta conoscenza geografica del bacino del fiume e della storia territoriale (ricorda che il letto è incas- sato e le acque difficili da derivare; ricorda la storia del riso e gli abusi passati; nota la vocazione cerealicola di tutta la zona bassa), non senza riportare circolari relative all’amministrazione delle acque, cui tutti si devono attenere.

Dopo aver preso atto della situazione e aver descritto il territorio fisico e umano, Egli procede alla «Misura delle acque, estensione di terreno che potrebbe rimanere innaffiato; quantità che sin dal momento andrebbe soggetta a Regolamento Amministrativo» (è il titolo del secondo paragrafo, fra le pp. 8-13). Nel fare queste operazioni, dimostra di conoscere i principi della scienza idraulica e formule matematiche utili a misurare la portata del fiume in vari punti, di avere conoscen- ze bibliografiche aggiornate, da cui prende quello che è utile: infatti, in base alla sua conoscenza delle caratteristiche locali, modifica gli schemi matematici di calcolo «dell’idraulico italiano Tadini» (p. 10).

Uno dei paragrafi più interessanti dal punto di vista geografico (governo delle acque e del territorio tout court) è il terzo, intitolato «Canali di derivazione attualmente in uso sulle due sponde: modificazioni per renderli a più vasto e regolato oggetto relativi. Partizione di tutta la regione irrigabile in altrettante contrade quanti sono i canali principali». Qui il relatore dimostra conoscenza del territorio, citando fra l’altro le principali sorgenti (p. 16), regolando il suo intervento in base al sistema di coltivazione biennale del granone (p. 22) e procedendo a una regionalizzazione del territorio in cinque contrade: di Siglia e delle abolite risaje, sulla sponda dritta; di Sardone, di S. Giorgio e de’ Cannameli, sulla sponda sinistra (p. 23). É un assetto del territorio che ha resistito fino alla seconda guerra mondiale, prima che l’aggressiva politica urbanistica del dopoguerra ne sconvolgesse i connotati.

Anche il paragrafo quarto interessa moltissimo sotto il profilo geografico, perché da esso si può ricavare il paesaggio agrario beneficiato dall’irrigazione, la toponomastica dell’epoca, i nomi dei proprietari e l’estensione delle loro particelle, con i tipi di coltivazione prevalenti: campestre e arbosto, ossia cereali (grano e granone) e viti maritate ad alberi vivi, che nel primo Ottocento erano una grande ricchezza. Comprendiamo qualcosa anche sui ritmi stagionali che regolavano la vita dei contadini e dei proprietari dei fondi: «La stagione delle irrigazioni comincia nella piana di Salerno e di Montecorvino alla metà di Maggio...e termina ai 15 dì Settembre», ci informa il Rosalba a p. 39.

Doti di pianificatore a sfondo sociale il Rosalba mostra infine di possedere anche nel paragrafo quinto («Precauzioni da prendersi onde impedire le stagnazioni e le infezioni d’aria che ne sarebbero la conseguenza»). Le pagine successive sono dedicate al calcolo dell’equa ripartizione delle acque tra i proprietari e ai compensi che «possono competere a taluni proprietari» in soli 4 casi (p. 48). La relazione, che fa riferimento a una carta di dettaglio costruita dallo stesso Rosalba (quella appundo qui riprodotta), termina con un lucido riassunto di quanto dettagliatamente esposto nei paragrafi prece- denti, al fine di facilitare la stesura del regolamento amministrativo che gli è stato chiesto.

Fig. 3 A - Bartolomeo Cocca, Casale delli Squillani alle Gorrete, Archivio della Biblioteca Statale di Montevergine, Fondo Notai, Platea n. 4.

Fig. 3 B - Bartolomeo Cocca, Verzara seu la Mensa, Rocca Basciarana alle Lenze, Archivio della Biblioteca Statale di Montevergine, Fondo Notai, Platea n. 4.

(Cfr. scheda n. 48 dell’Appendice della Mostra, qui a p. 241)

Fig. 4 - Sebastiano Guerruccio, Pianta del Territorio “l’Isca di Stratola”, Platea Venerabilis Conventus Sancti Francisci, Ordinis Minorum Conventualium Terre Montelle, Archivio di Stato di Avellino.

Fig. 5 - Giovanni De Vita, Pianta di un territorio, 1681, Archivio di Stato di Benevento.

Fig. 6 - Bartolomeo Cocca, Pianta di un territorio (Contrada detta alli Serroni), s.d. [ma 1691], Archivio di Stato di Benevento.

Fig. 7 - Romualdo di Monaco, Piante di terreni, s.d. [ma 1808], Archivio di Stato di Benevento.