1 La relazione di coniugio
Sia K un campo. Il gruppo delle matrici invertibili di Matn(K) si indica con GLn(K). (1.1) Definizione Date A, B ∈ Matn(K), diciamo che B `e coniugata ad A se esiste una matrice P ∈ GLn(K) tale che B = P−1AP .
La relazione di coniugio fra matrici `e di equivalenza. Le corrispondenti classi di equiv-alenza si dicono classi di coniugio. Scopo di questo capitolo `e individuare, in ogni classe di coniugio, una matrice atta a rappresentarla in modo canonico.
Il significato geometrico del coniugio fra matrici (che ´e un caso particolare di equivalenza) si ottiene dal Lemma 4.2 del Capitolo II, ponendo V = W , B = C, B0 = C0, Q = P . Precisamente:
(1.2) Lemma Siano A, B ∈ Matn(K). Fissata una base B di V , sia α : V → W l’ R-omomorfismo indotto da A rispetto a B. Allora B ´e coniugata ad A se e solo α ´e l’omomorfismo indotto da B rispetto ad un’altra base B0 di V .
2 K[x]-moduli
Consideriamo l’anello K[x] dei polinomi nella indeterminata x a coefficienti nel campo K. Poich´e K = Kx0 `e un sottoanello di K[x], ogni K[x]-modulo V `e, a maggior ragione, un K-modulo, ossia uno spazio vettoriale su K. Inoltre, se W ´e un K[x] modulo, ogni K[x]-omomorfismo da V a W `e una applicazione K-lineare.
In particolare, per il Lemma 3.5 del Capitolo I, la applicazione µx: V → V tale che v 7→ xv, ∀ v ∈ V
`
e un K[x]-omomorfismo.
(2.1) Lemma Siano V, W due K[x]-moduli. Una applicazione K-lineare ϕ : V → W `e un K[x]-omomorfismo se e solo se, per ogni v ∈ V , ϕ(xv) = xϕ(v)
Dimostrazione. La condizione `e necessaria per definizione di K[x]-omomorfismo. Vicev-ersa, supponiamo ϕ(xv) = xϕ(v), per ogni v ∈ V , e verifichiamo innanzitutto che ϕ(xiv) = xiϕ(v) per ogni i ≥ 0. Per i = 0, il polinomio x0 = 1Kx0 `e l’unit`a di K[x]: quindi l’uguaglianza segue per definizione di K[x]-modulo. Per i > 0, si ha:
ϕ(xiv) = ϕ x xi−1v = xϕ xi−1v = xxi−1ϕ(v) = xiϕ(v). Sia ora f (x) =Pn
0 kixi. Per la K-linearit`a di ϕ e quanto appena dimostrato: ϕ(f (x)v) = ϕ n X 0 ki xiv ! = n X 0 kiϕ xiv = n X 0 kixiϕ (v) = f (x)ϕ(v).
Fissata A ∈ Matn(K), per ogni polinomio f (x) = k0x0+ · · · + kmxm∈ K[x] poniamo f (A) := k0A0+ · · · + kmAm . (2.2) Esempio A = 0 2 1 0 , f (x) = −x0+ 7x2+ x3 : f (A) = − 1 0 0 1 + 7 2 0 0 2 + 0 4 2 0 = 13 4 2 13 . Si verifica facilmente che l’applicazione ϕA: K[x] → Matn(K) tale che
ϕA(f (x)) := f (A), ∀ f (x) ∈ K[x] `
e un omomorfismo di anelli. Chiaramente il gruppo additivo Kn`e un modulo sull’anello Matn(K), rispetto al prodotto di matrici. Per il Lemma 1.2 del Capitolo 1, Kn risulta K[x]-modulo rispetto al prodotto indotto da ϕA, ossia:
(2.3) f (x) x1 . . . xn := f (A) x1 . . . xn . In particolare, per f (x) = x, si ha (2.4) xv := Av, ∀ v ∈ Kn.
2. K[X]-MODULI 45
(2.5) Definizione Indichiamo con AKn il K[x]-modulo definito da (2.3).
AKn´e caratterizzato, come K[x] modulo, dalla condizione µx = µA derivante da (2.4). (2.6) Teorema Sia V un K[x]-modulo, di dimensione n su K, e sia A ∈ Matn(K). Allora V ' AKn se e solo se A `e la matrice di µx: V → V rispetto una base B di V . Dimostrazione. A sia la matrice di µx rispetto B. Abbiamo allora:
AvB = (µx(v))B = (xv)B, ∀ v ∈ V.
L’applicazione η−1 : V → Kn tale che η−1(v) = vB `e un isomorfismo di K-moduli. Inoltre da:
η−1(xv) = (xv)B = AvB = x vB = x η−1(v)
segue che η−1 `e un isomorfismo di K[x]-moduli, per il Lemma 2.1. Quindi V 'AKn. Viceversa, supponiamo V ' AKn e sia γ : V → AKn un K[x]-isomorfismo. Poniamo B = {v1, . . . , vn} dove i vi sono le preimmagini dei vettori ei della base canonica di Kn. Da γ(vi) = ei, segue che γ(v) = vB, per ogni v ∈ V . Poich`e γ `e un K[x]-omomorfismo si ha γ(xv) = xγ(v), ossia (µx(v))B= AvB. Quindi A `e la matrice di µx rispetto a B.
(2.7) Corollario Siano A, B ∈ Matn(K). La matrice B `e coniugata ad A se e solo se
BKn ' AKn.
Dimostrazione. Consideriamo il K[x]-modulo V :=AKn. L’ applicazione lineare indotta da A rispetto alla base canonica B di Kn ´e µA= µx. Per il Lemma 1.2, la matrice B ´e coniugata ad A se e solo se µx ha matrice B rispetto una base B0 di Kn. Per il Teorema precedente, µx ha matrice B rispetto B0 se e solo se V 'BKn.
(2.8) Teorema Data A ∈ Matn(K), esiste una sequenza di polinomi monici non costanti d1(x), · · · , dt(x) di K[x], ciascuno dei quali divide il successivo, tali che:
(2.9) AKn ' K[x]
hd1(x)i ⊕ · · · ⊕ K[x] hdt(x)i. Dimostrazione.
Essendo K[x] un dominio a ideali principali, basta dimostrare cheAKn`e un K[x]-modulo finitamente generato, di torsione, e applicare il Teorema 3.2 del Capitolo III.
Kn `e generato da n elementi come modulo. Quindi `e finitamente generato come K-modulo e, a maggior ragione, come K[x]-K-modulo. Resta da vedere che, per ogni v ∈ Kn, esiste un polinomio non nullo f (x) ∈ K[x] tale che f (x)v = 0Kn. Ci`o `e evidente se Aiv = Ajv per qualche i 6= j, non negativi. Basta infatti porre f (x) = xi−xj. Altrimenti il sottoinsieme {v, Av, · · · , Anv} di Kn ha cardinalit`a n + 1 ed `e quindi dipendente. Detti k0, · · · , kn degli scalari non tutti nulli tali che k0v + k1Av + · · · knAnv = 0Kn, poniamo f (x) = k0+ k1x + · · · + knxn.
(2.10) Definizione La sequenza dei fattori invarianti del K[x]-modulo AKn si dice la sequenza degli invarianti di similarit`a di A. L’ultimo elemento della sequenza (i.e., il minimo comune multiplo dei suoi elementi) si dice il polinomio minimo di A.
(2.11) Lemma Il polinomio minimo di A ´e il generatore dell’ideale Ker ϕA.
Dimostrazione. Si ha f (A) = 0Matn(K) se e solo se f (A)v = 0Kn per ogni v ∈ Kn. Pertanto Ker ϕA coincide con l’annullatore di AKn. Per il Teorema 3.2 del Capitolo 3, tale annullatore ´e l’ideale generato dall’ ultimo dei fattori invarianti, ossia dal polinomio minimo di A.
Nelle notazioni di (2.9), la sequenza degli invarianti di similarit`a di A ´e d1(x), · · · , dt(x).
Il polinomio minimo di A ´e dt(x). Per il Lemma 2.11, per ogni f (x) ∈ K[x] si ha f (A) = 0Matn(K) se e solo se dt(x) divide f (x). In particolare
dt(A) = 0Matn(K).
Poich`e moduli isomorfi hanno lo stesso annullatore, matrici coniugate hanno lo stesso polinomio minimo.
3 Forme canoniche razionali
(3.1) Definizione Sia d(x) = k0+ k1x + k2x2· · · + ks−1xs−1+ xs∈ K[x]. La matrice
(3.2) Cd(x) := 0 0 · · · −k0 1 0 · · · −k1 0 1 · · · −k2 · · · · · · · · · · · · 0 · · · 1 −ks−1 ∈ Mats(K)
3. FORME CANONICHE RAZIONALI 47
`
e detta la matrice companion del polinomio d(x).
(3.3) Esempio d(x) = 3 − 6x + 2x3+ x4, Cd(x) := 0 0 0 −3 1 0 0 6 0 1 0 0 0 0 1 −2 .
(3.4) Teorema Fissato d(x) monico, di grado s, consideriamo il K[x]-modulo V = K[x]
hd(x)i.
1) B :=hd(x)i + x0, hd(x)i + x, · · · , hd(x)i + xs−1 `e una base di V su K; 2) la matrice di µx rispetto a B `e la matrice companion Cd(x) del polinomio d(x). Dimostrazione. Poniamo I = hd(x)i.
1) B genera V come K-modulo. Infatti, dato I + f (x) ∈ V , si ha: f (x) = q(x)d(x) + r0+ r1x + · · · + rs−1xs−1 da cui I + f (x) = I + r0x0+ r1x + · · · + rs−1xs−1 =
(3.5) r0 I + x0 + r1(I + x) + · · · + rs−1 I + xs−1 .
Vediamo che B `e indipendente. Una combinazione lineare del tipo (3.5) `e uguale al laterale I + 0K[x] solo se il polinomio r(x) = r0x0 + · · · + rs−1xs−1 appartiene a I. Poich`e gli elementi non nulli di I hanno grado ≥ s, deve essere r(x) = 0K[x], ossia r0 = r1= · · · = rs−1= 0K.
2) Se 0 ≤ i ≤ s − 2 si ha
µx(I + xi) = x(I + xi) = I + xi+1. Se i = s − 1 si ha µx I + xs−1 =
I + xs= I − d(x) + xs= −k0 I + x0 − k1(I + x) + · · · − ks−1 I + xs−1 .
(3.6) Corollario Consideriamo il K[x]-modulo V := K[x]
hd1(x)i ⊕ · · · ⊕ K[x] hdt(x)i.
Esiste una base B di V tale che la matrice di µx : V → V rispetto a B `e : (3.7) C = Cd1(x) . . . Cdt(x) .
Dimostrazione. Per t = 1, l’enunciato `e vero per il punto 2) del Teorema 3.4. Se t > 1, indicando con π la proiezione sulle prime t − 1 componenti, abbiamo:
Ker πt∼ K[x] hd1(x)i ⊕ · · · ⊕ K[x] hdt−1(x)i, Ker π ∼ K[x] hdt(x)i. Per induzione, esiste una base B1 di Ker πttale che la µx ha matrice
Cd1(x) . . . Cdt−1(x) .
Per il Teorema 3.4 esiste una base B2 di Ker π rispetto alla quale la µx ha matrice Cdt(x). Essendo V = Ker πt+ Ker π, si conclude che B = B˙ 1∪ B2 `e una base di V e che la µx ha matrice C rispetto a B. (si veda il Teorema 2.7 del Capitolo II).
(3.8) Definizione Una forma canonica razionale `e una matrice diagonale a blocchi
(3.9) C = Cd1(x) . . . Cdt(x) = blockdiag Cd1(x), · · · , Cdt(x) dove di(x) divide di+1(x) per i ≤ t − 1.
(3.10) Teorema Ogni matrice A ∈ Matn(K) `e coniugata ad una e una sola forma canonica razionale.
Dimostrazione. Detta d1(x), · · · , dt(x) la sequenza dei fattori invarianti di AKn, con-sideriamo la forma canonica razionale C definita da (3.9). Per il Corollario 3.6 esiste una base di AKn rispetto alla quale µx ha matrice C. Dal Teorema 2.6 segue AKn∼C Kn e dal Corollario 2.7 segue A coniugata a C. Infine, se A fosse coniugata ad un’ altra forma canonica razionale B = blockdiag Cc1(x), · · · , Cch(x) si avrebbe CKn 'B Kn, ossia: K[x] hd1(x)i ⊕ · · · ⊕ K[x] hdt(x)i ' K[x] hc1(x)i ⊕ · · · ⊕ K[x] hch(x)i.
3. FORME CANONICHE RAZIONALI 49
Per il Corollario 4.2 del Capitolo III, deve essere t = h, di(x) = ci(x) per ogni i ≤ t. Concludiamo che C = B.
(3.11) Definizione Se A ha sequenza di invarianti di similarit`a d1(x), · · · , dt(x), la matrice C = blockdiag Cd1(x), · · · , Cdt(x) si dice la forma canonica razionale di A. Possiamo cos`ı riassumere le considerazioni precedenti.
Due matrici A, B ∈ Matn(K) sono coniugate se e solo se: • hanno la stessa forma canonica razionale o, equivalentemente, • hanno gli stessi invarianti di similarit`a.
(3.12) Esempio
Le forme canoniche razionali di Mat2(K) sono dei tipi: a) t = 2, d1(x) = d2(x) = x − k, k 0 0 k b) t = 1, d1(x) = x2+ k1x + k0, 0 −k0 1 −k1 .
(3.13) Esempio Le forme canoniche razionali di Mat3(K) sono dei tipi: a) t = 3, d1(x) = d2(x) = d3(x) = x − k, k 0 0 0 k 0 0 0 k b) t = 2, d1(x) = x − k, d2(x) = (x − h)(x − k), k 0 0 0 0 −kh 0 1 k + h . b) t = 1, d1(x) = x3+ k2x2+ k1x + k0, 0 0 −k0 1 0 −k1 0 1 −k2 .
4 Il polinomio caratteristico
Se A ∈ Matn(K), gli elementi di (xI − A) appartengono all’anello K[x], ossia (xI − A) ∈ Matn(K[x]).
(4.1) Definizione Il determinante della matrice xI − A si dice il polinomio caratter-istico di A.
(4.2) Lemma Matrici coniugate hanno lo stesso polinomio caratteristico. Dimostrazione. Se A = P−1BP , si ha:
xI − A = xI − P−1BP = P−1xIP − P−1BP = P−1(xI − B)P. Ne segue det(xI − A) = (det(P ))−1det(xI − B)det(P ) = det(xI − B).
(4.3) Teorema C = blockdiag Cd1(x), · · · , Cdt(x) ha polinomio caratteristico Qt 1di(x). Dimostrazione. Cominciamo a dimostrare che il polinomio caratteristico di una matrice companion Cd(x) `e d(x), ragionando per induzione sul grado s di d(x).
Se s = 1 si ha d(x) = k0+ x, Cd(x)= (−k0), det(x − Cd(x)) = x + k0 = d(x).
Se s > 1, detto e(x) := k1+ k2x + · · · + xs−1 il quoziente della divisione di d(x) per x, si ha: Cd(x)= 0 0 . . . −k0 1 . . . Ce(x) 0 , xI − Cd(x)= x 0 . . . k0 −1 . . . xI − Ce(x) 0 .
Sviluppando il determinante di xI − Cd(x) secondo la prima riga, e applicando l’ipotesi induttiva, si ha: det xI − Cd(x) = xe(x) + (−1)s+1(−1)s−1k0 = d(x).
La tesi si ottiene applicando il precedente risultato ai singoli blocchi di C. Infatti: det(xI − C) = t Y i=1 det(xI − Cdi(x)) = t Y i=1 di(x).
(4.4) Corollario Il polinomio caratteristico di una matrice `e il prodotto dei suoi in-varianti di similarit`a.
4. IL POLINOMIO CARATTERISTICO 51
Dimostrazione. Siano d1(x), · · · , dt(x) gli invarianti di similarit`a di A. Essendo A coni-ugata a C = blockdiag Cd1(x), · · · , Cdt(x), si conclude che il polinomio caratteristico di A `e uguale a quello di C, ossiaQt
1di(x).
(4.5) Teorema (di Hamilton Cayley). Ogni matrice annulla il proprio polinomio caratteristico.
Dimostrazione. Sia A ∈ Matn(K). Nelle notazioni del precedente Corollario si ha det(xI − A) = Qt
i=1di(x), dove dt(x) `e il polinomio minimo di A. Ne segue dt(A) = 0Matn(K) per il Lemma 2.11. A maggior ragioneQt
i=1di(A) = 0Matn(K).
Per il calcolo degli invarianti di similarit`a di una matrice, pu`o essere utile il seguente: (4.6) Teorema Gli invarianti di similarit`a di A ∈ Matn(K) sono i fattori invarianti non unitari di (xI − A) in Matn(K[x]).
Dimostrazione. Osserviamo preliminarmente che, se d(x) `e un polinomio monico di grado s, la forma normale di xIs− Cd(x) in Mats(K[x]) `e
(4.7) Is−1 0 0 d(x)
! .
Infatti xIs− Cd(x) `e equivalente alla matrice Is−1 0 x x2 . . . xs−1 1 ! 0 Is−1 1 0 ! xIs− Cd(x) := T.
Poich`e T `e triangolare superiore, con −1, −1, . . . , −1, d(x) sulla diagonale principale, si verifica facilmente che T `e equivalente a 4.7.
Supponiamo ora che A abbia forma canonica razionale C = blockdiag Cd1(x), · · · , Cdt(x). Da C = P−1AP segue xI − C = P−1(xI − A)P . Quindi xI − A e xI − C sono equiv-alenti in Matn(K[x]), e hanno cos`ı gli stessi fattori invarianti. Da quanto osservato nella prima parte della dimostrazione si deduce che d1(x), . . . , dt(x) sono i fattori invarianti non unitari di xI − C.
5 La forma canonica di Jordan
In questo paragrafo supporremo K algebricamente chiuso.
(5.1) Lemma Sia A ∈ Matn(K) e sia V = Kn. Per ogni λ ∈ K, L’insieme Vλ := {v ∈ V | Av = λv}
`
e un sottospazio di V .
Dimostrazione. A0V = 0V = λ0V, quindi 0V ∈ Vλ. Per ogni v1, v2, v ∈ Vλ e per ogni µ ∈ K si ha: A(v1+ v2) = Av1+ Av2 = λv1+ λv2 = λ(v1+ v2), A(µv) = µ(Av) = µ(λv) = λ(µv).
Si conclude che v1+ v2 ∈ Vλ e che µv ∈ Vλ.
(5.2) Definizione Nelle notazioni del precedente Lemma, se Vλ 6= {0V} si dice che λ `e un autovalore di A e che Vλ `e il relativo autospazio.
I valori λ per i quali Vλ 6= {0V} sono in numero finito. Infatti:
(5.3) Lemma Gli autovalori di A sono le radici del polinomio caratteristico di A. Dimostrazione. Per ogni λ ∈ K, il sistema lineare omogeneo
(A − λI) x1 . . . xn = 0K . . . 0K
ha soluzioni non nulle se e solo se det(A − λI) = 0K, se e solo se λ `e radice del polinomio det(A − xI) = (−1)ndet(xI − A) .
(5.4) Definizione Per ogni λ ∈ K e per ogni intero s ≥ 0 definiamo induttivamente il blocco di Jordan J (s, λ) ponendo: J (0, λ) := ∅ e, per s > 0:
(5.5) J (s, λ) := λ 0 · · · 0 1 0 · · · J (s − 1, λ) 0 .
5. LA FORMA CANONICA DI JORDAN 53 Cos`ı, ad esempio: J (1, λ) = (λ), J (2, λ) = λ 0 1 λ , J (3, λ) = λ 0 0 1 λ 0 0 1 λ .
(5.6) Lemma Il blocco di Jordan J (s, λ) ha λ come unico autovalore. Il corrispondente autospazio in Ks `e hesi e ha quindi dimensione 1.
Dimostrazione. Un calcolo diretto.
(5.7) Lemma Esiste una base di V := h(x−λ)K[x]si rispetto alla quale la µx : V → V ha matrice il blocco di Jordan J (s, λ). Ne segue che J (s, λ) `e coniugata alla matrice companion C(x−λ)s del polinomio (x − λ)s.
Dimostrazione. V ha dimensione s = deg ((x − λ)s).
Posto I := h(x − λ)si, si verifica facilmente che il sottoinsieme
B0 :=I + (x − λ)0, I + (x − λ)1, · · · , I + (x − λ)s−1 `
e indipendente, quindi una base di V per il Corollario 1.4 del Capitolo III. Per ogni i ≥ 0 si ha l’identit`a:
x(x − λ)i= λ(x − λ)i− λ(x − λ)i+ x(x − λ)i= λ(x − λ)i+ (x − λ)i+1. Ne segue che, per i ≤ s − 2:
µx I + (x − λ)i = I + x(x − λ)i = λ I + (x − λ)i
+ I + (x − λ)i+1,
µx I + (x − λ)s−1 = I + x(x − λ)s−1= I + λ(x − λ)s−1= λ I + (x − λ)s−1. Ne segue che la matrice di µx, rispetto a B0, `e J (s, λ).
D’altra parte sappiamo che la matrice di µx, rispetto alla base B =I + x0, I + x, . . . , I + xs−1 , `
e la matrice C(x−λ)s. Si conclude che J (s, λ) `e coniugata a C(x−λ)s.
(5.8) Corollario
1) Sia d(x) = (x − λ1)s1. . . (x − λm)sm dove λi 6= λj per i 6= j. La matrice companion Cd(x) `e coniugata alla matrice:
(5.9) Jd(x) := J (s1, λ1) · · · J (sm, λm) .
2) Ogni forma canonica razionale C = Cd1(x) · · · Cdt(x) `e coniugata a J = Jd1(x) · · · Jdt(x) (forma di Jordan di C). Dimostrazione.
1) Detto s il grado di d(x), per il punto 2) del Teorema 3.4 si ha:
Cd(x)Ks' K[x] hd(x)i. Dal Teorema 4.7 del Capitolo III segue:
K[x] hd(x)i ' K[x] h(x − λ1)s1i ⊕ · · · ⊕ K[x] h(x − λm)smi := V.
Tenendo presente il Teorema 2.7 del Capitolo II si ha allora, per induzione su m, che esiste una base di V rispetto alla quale la µx: V → V ha matrice Jd(x). Si conclude che Jd(x) e Cd(x) sono coniugate.
2) Per il punto 1), per ogni i ≤ t, posto ni = deg(di(x)) esiste Pi ∈ GLni(K) tale che Pi−1Cdi(x)Pi = Jdi(x).
La matrice diagonale a blocchi P := blockdiag (P1, · · · , Pt) `e tale che P−1CP = J .
(5.10) Definizione Nelle notazioni del precedente Corollario: 1) J `e una forma canonica di Jordan di C;
2) dette λ1, . . . , λm le radici distinte di dt(x), e posto:
di(x) = (x − λ1)si1 . . . (x − λm)sim, 1 ≤ i ≤ t i fattori di grado positivo fra
(x − λ1)s11, · · · , (x − λm)s1m , · · · , (x − λ1)st1, · · · , (x − λm)stm
sono i divisori elementari di C.
(5.11) Esempio La matrice A ∈ Mat8(K) abbia invarianti di similarit`a d1(x) = (x−4), d2(x) = (x − 3)(x − 4)2, d3(x) = (x − 3)(x − 4)3. Allora i divisori elementari di A sono:
5. LA FORMA CANONICA DI JORDAN 55
Possiamo cos`ı riassumere le considerazioni precedenti.
Se K `e algebricamente chiuso, due matrici di Matn(K) sono coniugate se e solo se: • sono coniugate a una stessa forma canonica di Jordan o, equivalentemente, • hanno gli stessi divisori elementari (contati con le loro molteplicit`a) .
(5.12) Lemma Sia B = blockdiag (B1, · · · , Bm) ∈ Matn(K). Allora B `e coniugata ad ogni matrice B0 ottenuta da B effettuando una qualunque permutazione π sui suoi blocchi dello stesso ordine.
Dimostrazione. Sia β : Kn → Kn l’applicazione v 7→ Bv, ossia l’applicazione lineare indotta da B rispetto alla base canonica ordinata B := {e1, · · · , en}. Si vede facilmente che esiste una permutazione ρ degli ei, dipendente da π, tale che la matrice di β rispetto alla base B0= {eρ(1), · · · , eρ(n)} `e B0. Si conclude che B e B0 sono coniugate.
(5.13) Definizione Una matrice A ∈ Matn(K) si dice diagonalizzabile se `e coniugata a una matrice diagonale.
(5.14) Lemma Sia D ∈ Matn(K) una matrice diagonale, e siano λ1, · · · , λm gli elementi distinti della diagonale principale di D. Il polinomio minimo di D `e
(x − λ1) . . . (x − λm).
Dimostrazione. D `e una forma canonica di Jordan, i cui divisori elementari sono
x − λ1, · · · , x − λm.
Poich`e il polinomio minimo di D `e il m.c.m. dei suoi divisori elementari, si conclude l’asserto.
Seguono i criteri di diagonalizzazione forniti dal seguente:
(5.15) Teorema Sia K algebricamente chiuso e sia A ∈ M atn(K). Le seguenti con-dizioni sono equivalenti:
1) A `e diagonalizzabile;
2) il polinomio minimo di A non ha radici multiple; 3) ogni forma canonica di Jordan J di A `e diagonale; 4) Kn ha una base costituita da autovettori di A.
Dimostrazione. Siano d1(x), . . . ,dt(x) gli invarianti di similarit`a di A, ordinati in modo che ciascuno divida il successivo. In particolare dt(x) `e il polinomio minimo di A. 1) ⇒ 2). Ricordando che matrici coniugate hanno lo stesso polinomio minimo, se A `e coniugata a una matrice diagonale D, allora dt(x) `e anche il polinomio minimo di D. Per il Lemma precedente
dt(x) = (x − λ1) · · · (x − λm) con λi6= λj per i 6= j. Quindi dt(x) non ha radici multiple.
2) ⇒ 3) Se dt(x) non ha radici multiple, `e prodotto di fattori lineari a due a due distinti. E lo stesso fatto vale per tutti i di(x), in quanto dividono dt(x). Ne segue che tutti i divisori elementari di J hanno grado 1 o, equivalentemente, che tutti i blocchi di J hanno ordine 1. Si conclude che J `e diagonale.
3) ⇒ 4) Se J `e diagonale, i vettori della base canonica B = {e1, · · · , en} sono autovettori per J . Sia P una matrice invertibile tale che P−1AP = J . Allora B0 = {P e1, · · · , P en} `
e una base di Kn. Inoltre la relazione:
AP ei= P J ei= P λiei= λiei
dice che i P ei sono autovettori di A.
4) ⇒ 1) Sia B = {v1, · · · , vn} una base di autovettori di A e sia P la matrice le cui colonne sono i vettori v1, · · · , vn. Ne segue vi = P ei, P−1vi = ei da cui:
P−1AP ei = P−1Avi = P−1λivi = λiP−1vi= λiei . Si conclude che la matrice P−1AP `e diagonale.
Dato f (x) ∈ K[x] indichiamo con f0(x) il derivato formale di f (x) e poniamo d(x) = M.C.D.(f (x), f0(x)).
(5.16) Lemma f (x) ha una radice multipla se e solo se d(x) ha grado > 0.
Dimostrazione. Sia α una radice di f (x) di molteplicit`a ≥ 2. Per definizione di molteplicit`a si ha f (x) = (x − α)2q(x). Ne segue f0(x) = 2(x − α)q(x) + (x − α)2q0(x). Pertanto (x − α) divide f0(x) e quindi anche d(x). Viceversa, supponiamo che d(x) abbia grado > 0 e sia (x − α) un suo fattore. Da f (x) = (x − α)g(x) segue f0(x) =
6. ESERCIZI 57
g(x)+(x−α)g0(x). Poich`e x−α divide f0(x), esso divide anche g(x) = f0(x)−(x−α)g0(x). Si conclude che (x − α)2 divide f (x).
6 Esercizi
(6.1) Esercizio Si determini una base B di V = Q[x]
hx3+4i come Q-modulo e si scriva la matrice, rispetto a B, della applicazione lineare:
µf (x): V → V tale che v 7→ f (x)v
per i seguenti polinomi: f (x) = x, f (x) = x2, f (x) = x3 + 2x + 4. Di ciascuna delle matrici ottenute si scriva la forma canonica razionale.
(6.2) Esercizio Si determini una base B di V = Q[x]
hx2+ 4i⊕ Q[x] hx − 3i
come Q-modulo e si scriva la matrice, rispetto a B, della applicazione lineare: µf (x): V → V tale che v 7→ f (x)v
per i seguenti polinomi: f (x) = x, f (x) = −3x + 2, f (x) = x2− 6x. Di ciascuna delle matrici ottenute si scriva la forma canonica razionale.
(6.3) Esercizio Si determinino la forma canonica razionale C, i divisori elementari, la forma canonica di Jordan J , autovalori e autospazi di J di una matrice A avente invarianti di similarit`a :
d1(x) = x + 5, d2(x) = x + 5, d3(x) = x(x + 5)2.
(6.4) Esercizio Sia d(x) = a(x)b(x), con M.C.D.(a(x), b(x)) = 1. Si dimostri che la matrice companion Cd(x) `e coniugata a
Ca(x) 0 0 Cb(x)
.
(6.5) Esercizio Posto i := e2π4 ∈ C, si determinino la forma canonica di Jordan J , autovalori e autospazi di J , invarianti di similarit`a , forma canonica razionale C e autospazi di C di una matrice A avente divisori elementari:
(6.6) Esercizio Posto ω := e2π3 ∈ C, si determinino la forma canonica di Jordan J , autovalori e autospazi di J , invarianti di similarit`a , forma canonica razionale C, autospazi di C di una matrice A avente divisori elementari:
x, x2, (x + ω)2, (x + ω)2. (6.7) Esercizio Date A = 0 0 −2√2 1 0 −6 0 1 −3√2 , B = −√2 0 0 1 −√2 0 0 1 −√2 si trovi P tale che P−1AP = B.
(6.8) Esercizio Sia A una delle seguenti matrici: −1 0 0 2 −3 1 4 −4 1 , 0 0 0 1 0 0 0 0 1 , 5 −1 1 −2 4 −1 −16 12 −5
Si determini la forma canonica razionale C di A. Detta α l’applicazione lineare indotta da A rispetto alla base canonica, si trovi una base di Q3 rispetto alla quale α abbia matrice C.
(6.9) Esercizio Si determini la forma canonica razionale di 1 2 −1 0 3 1 −26 0 0 , 4 2 2 1 4 2 −2 −3 −1 , 0 2 −6 0 2 0 1 −1 5
(6.10) Esercizio Si calcolino autovalori, autospazi e forma canonica razionale di cias-cuna delle seguenti matrici:
2 0 0 0 1 2 0 0 0 0 2 4 0 0 0 2 , −1 0 0 0 1 2 0 0 0 1 1 0 0 0 1 4 , −1 0 0 0 1 −1 0 0 3 1 −1 0 2 1 1 −1
(6.11) Esercizio Sia v un autovettore di A relativo a λ. Si dimostri che P−1v `e un autovettore di P−1AP relativo a λ.
(6.12) Esercizio Sia v un autovettore di A relativo a λ. Dimostrare che: i) v `e autovettore di Am relativo a λm per ogni m ≥ 0;
6. ESERCIZI 59
ii) v `e autovettore di f (A) relativo a f (λm) per ogni f (x) ∈ K[x].
(6.13) Esercizio Siano f (x) ∈ K[x] e A, B ∈ Matn(K). Dimostrare che: i) Se A `e coniugata a B, allora f (A) `e coniugata a f (B);
ii) se A `e diagonalizzabile, anche f (A) `e diagonalizzabile.
(6.14) Esercizio Sia A ∈ Matn(C) tale che A20= I. A `e diagonalizzabile?
(6.15) Esercizio In Mat2(C) si scrivano tutte le possibili forme di Jordan J, a due a due non coniugate, tali che J3= I.
(6.16) Esercizio In Mat5(C) si scrivano tutte le possibili forme di Jordan J, a due a due non coniugate, tali che J4= I e det J = 1.
Capitolo V