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UNIVERSIT `A CATTOLICA DEL SACRO CUORE Facolt`a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali APPROFONDIMENTI DI ALGEBRA M. Chiara Tamburini Anno Accademico 2013/2014

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(1)

UNIVERSIT `A CATTOLICA DEL SACRO CUORE

Facolt`a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

APPROFONDIMENTI DI ALGEBRA

M. Chiara Tamburini

Anno Accademico 2013/2014

(2)
(3)

Indice

Prefazione iii

I Moduli su un anello 1

1 Definizione e prime propriet`a . . . . 1

2 Sottomoduli generati da un sottoinsieme . . . . 3

3 Moduli quoziente e omomorfismi . . . . 4

4 Somme dirette . . . . 8

5 Moduli liberi . . . . 10

6 Rango dei moduli liberi su anelli commutativi . . . . 13

7 Matrici . . . . 14

8 Esercizi . . . . 16

II Omomorfismi fra moduli liberi 19 1 Vettore coordinate . . . . 19

2 Matrice di un omomorfismo . . . . 19

3 Cambiamenti di base . . . . 22

4 Equivalenza fra matrici . . . . 23

5 Forme normali sui dominii a ideali principali . . . . 24

6 Esercizi . . . . 25

III Moduli finitamente generati su PID 29 1 Basi di sottomoduli . . . . 29

2 Ideali annullatori . . . . 32

3 Teorema di Struttura . . . . 34

4 Fattori invarianti e divisori elementari . . . . 37

5 Esercizi . . . . 40 i

(4)

IV Forme canoniche delle matrici 43

1 La relazione di coniugio . . . . 43

2 K[x]-moduli . . . . 43

3 Forme canoniche razionali . . . . 46

4 Il polinomio caratteristico . . . . 50

5 La forma canonica di Jordan . . . . 52

6 Esercizi . . . . 57

V La geometria dei gruppi classici 61 1 Forme bilineari e forme Hermitiane . . . . 61

2 Ortogonalit`a . . . . 64

3 Lemma di Witt . . . . 66

4 Spazi simplettici . . . . 67

5 Spazi ortogonali e spazi unitari . . . . 68

6 I gruppi classici . . . . 70

Elenco dei simboli 75

Indice analitico 76

Bibliografia 77

(5)

Prefazione

Il corso di Approfondimenti di Algebra, rivolto a studenti del terzo anno della triennale in matematica, consta di 20 ore di lezione e 20 di esercitazioni. Esso presuppone Algebra 1, Algebra 2 e Algebra lineare per i cui contenuti, in parte riassunti nel primo capitolo, rimando a [8].

La trattazione `e incentrata sul teorema di struttura dei moduli finitamente generati su un dominio a ideali principali. Si tratta di un risultato centrale in algebra, che unifica concetti apparentemente scollegati e che, come tale, ha parecchie applicazioni. Due di queste vengono sviluppate, e offrono ampio materiale per le esercitazioni: la struttura dei gruppi abeliani finitamente generati e le forme canoniche delle matrici.

I temi considerati e la loro impostazione derivano da un bellissimo libro di B.Hartley e T.O.Hawkes [4], ai quali va la mia affettuosa riconoscenza. Sono grata anche ai colleghi Marco Degiovanni e Clara Franchi per gli utili suggerimenti ed osservazioni.

Brescia, novembre 2005 M. C. Tamburini

iii

(6)
(7)

Capitolo I

Moduli su un anello

Sia R un anello con unit`a 1R6= 0R.

1 Definizione e prime propriet`a

(1.1) Definizione Un gruppo abeliano (M, +, 0M) `e un R-modulo sinistro se `e definito un prodotto (r, m) 7→ rm da R × M a M per cui valgono le seguenti propriet`a .

Per ogni r, r1, r2∈ R e per ogni m, m1, m2∈ M : 1) r(m1+ m2) = rm1+ rm2;

2) (r1+ r2)m = r1m + r2m;

3) r1(r2m) = (r1r2)m;

4) 1Rm = m.

Analogamente, M `e un R-modulo destro se `e definito un prodotto M × R → M per cui valgono le analoghe propriet`a . Qui considereremo sempre R-moduli sinistri, chiamandoli per brevit´a R-moduli.

Se R `e un corpo, un R-modulo si dice anche uno spazio vettoriale su R.

Chiaramente ogni R-modulo ´e un R0-modulo per ogni sottoanello R0 di R.

(1.2) Lemma Sia f : S → R un omomorfismo di anelli. Ogni R-modulo M risulta un S-modulo rispetto

sm := f (s)m, ∀s ∈ S, m ∈ M.

La dimostrazione ´e lasciata per esercizio.

(1.3) Esempio Il gruppo abeliano (R, +, 0R) `e un R-modulo sinistro rispetto al prodotto di anello (r1, r2) 7→ r1r2. Si chiama l’R-modulo regolare sinistro e si indica con RR.

1

(8)

(1.4) Esempio Sia Z l’anello degli interi. Ogni gruppo abeliano (M, +, 0M) `e uno Z-modulo sinistro rispetto al prodotto (z, m) 7→ zm, dove:

zm :=

m + · · · + m

| {z }

z volte

se z > 0 0M se z = 0

−(−zm) se z < 0.

Ricordiamo che R indica l’insieme degli elementi di R che hanno inverso moltiplicativo.

Dagli assiomi di modulo si deducono le seguenti utili regole di calcolo.

(1.5) Lemma Sia M un R-modulo. Per ogni r ∈ R, m ∈ M : 1) 0Rm = 0M;

2) r 0M = 0M;

3) (−r) m = r (−m) = −(rm);

4) se ν ∈ R e ν m = 0M, allora m = 0M. Dimostrazione.

1) 0Rm = (0R+ 0R) m = 0Rm + 0Rm.

Sommando al primo e all’ultimo termine − (0Rm) ∈ M si ha 0M = 0Rm.

2) r 0M = r (0M+ 0M) = r 0M + r 0M.

Sommando al primo e all’ultimo termine − (r 0M) ∈ M si ha 0M = r0M. 3) (−r)m + rm = (−r + r)m = 0Rm = 0M.

Quindi (−r) m `e l’opposto di rm.

r(−m) + rm = r(−m + m) = r0M = 0M. Quindi r(−m) `e lopposto di rm:

4) Moltiplicando per ν−1 si ha: ν−1(νm) = ν−10M, da cui ν−1ν m = 0M. Si conclude 1Rm = m = 0M.

(1.6) Definizione Un sottoinsieme N di un R-modulo M si dice un sottomodulo (o anche un sottospazio quando R `e un corpo) se soddisfa i seguenti assiomi:

1) 0M ∈ N ;

2) per ogni n1, n2 ∈ N , l’elemento (n1+ n2) appartiene a N ; 3) per ogni r ∈ R, n ∈ N , l’elemento (rn) appartiene a N .

Per ogni n ∈ N , anche −1Rn = −n ∈ N . Quindi un sottomodulo `e un sottogruppo N di (M, +, 0M) tale che RN ⊆ N . Indichiamo che N `e sottomodulo di M mediante N ≤ M .

(9)

2. SOTTOMODULI GENERATI DA UN SOTTOINSIEME 3

Notiamo che i sottomoduli del modulo regolare RR sono gli ideali sinistri dell’anello R.

In particolare, se R `e un corpo, gli unici sottomoduli diRR sono {0R} e R.

(1.7) Lemma Siano N1 e N2 due sottomoduli di un R-modulo M . Allora:

1) il massimo sottomodulo di M contenuto in entrambi `e N1∩ N2; 2) il minimo sottomodulo di M che li contiene entrambi `e

N1+ N2:= {n1+ n2 | n1∈ N1, n2∈ N2}.

Dimostrazione. Per definizione di sottomodulo 0M ∈ N1 e 0M ∈ N2. Quindi 0M ∈ N1∩ N2. Inoltre 0M = 0M + 0M ∈ N1+ N2.

1) Basta dimostrare che N1∩ N2 `e sottomodulo. Siano m1, m2, m ∈ N1∩ N2, r ∈ R.

Da m1, m2, m ∈ N1 segue (m1+ m2) ∈ N1 e rm ∈ N1 per definizione di sottomodulo.

Idem per N2. Si conclude che (m1+ m2) ∈ N1∩ N2, rm ∈ N1∩ N2. 2) Siano (n1+ n2) , (n1+ n2) ∈ N1+ N2, r ∈ R.

Da n1, n1 ∈ N1 e n2, n2∈ N2, segue:

(n1+ n2) + (n1+ n2) = (n1+ n1) + (n2+ n2) ∈ N1+ N2, r(n1+ n2) = (rn1) + (rn2) ∈ N1+ N2.

Abbiamo cos`ı verificato che N1+ N2 `e un sottomodulo.

Resta da vedere che `e il minimo sottomodulo che contiene sia N1, sia N2. Per ogni n1 ∈ N1 si ha n1 = n1+ 0M ∈ N1+ N2. Quindi N1 ≤ N1+ N2. In modo analogo N2≤ N1+ N2. Concludiamo N1∪ N2 ⊆ N1+ N2. Infine sia X un sottomodulo di N che contiene N1∪ N2.

Per ogni n1+ n2 ∈ N1+ N2 si ha: n1 ∈ N1≤ X, n2 ∈ N2 ≤ X.

Pertanto (n1+ n2) ∈ X, ossia N1+ N2≤ X.

Pi`u in generale, valgono i seguenti fatti. Sia {Ni| i ∈ I} una famiglia non vuota di sottomoduli Ni di un R-modulo M . Si definisca P

i∈I Ni come l’insieme di tutte le somme finite ni1+ · · · + nim di elementi nij appartenenti ai sottomoduli della famiglia.

• l’intersezione insiemistica ∩i∈INi `e un sottomodulo di M ;

P

i∈I Ni `e il minimo sottomodulo di M che contiene ∪i∈INi.

2 Sottomoduli generati da un sottoinsieme

Dato un elemento m di un R-modulo M , definiamo

< m >:= {rm | r ∈ R} = Rm.

(10)

In virt`u del successivo Lemma, < m > `e il minimo sottomodulo di M a cui appartiene m. Si dice quindi che < m > `e il sottomodulo generato da m. Pi`u in generale, si ha:

(2.1) Lemma Dato un sottoinsieme S = {m1, . . . , mn} di un R-modulo M , sia < S >

l’insieme delle combinazioni lineari, a coefficienti in R, degli elementi di S, ossia:

< S >:=

( n X

1

rimi| ri∈ R )

= Rm1+ · · · + Rmn. 1) < S > `e un sottomodulo di M ;

2) S ⊆< S >;

3) per ogni sottomodulo N di M tale che S ⊆ N , si ha < S >≤ N . Dimostrazione.

1) 0M = 0Rm1+ · · · + 0Rmn∈< S >.

Per ogni (r1m1+ · · · + rnmn), (r1m1+ · · · + rnmn) ∈< S > e per ogni r ∈ R, si ha:

(r1m1+ · · · + rnmn) + (r1m1+ · · · + rnmn) = (r1+ r1) m1+ · · · + (rn+ rn) ∈< S >, r (r1m1+ · · · + rnmn) = (rr1)m1+ · · · + (rrn)mn∈< S >.

2) m1 = 1Rm1+ · · · + 0Rmn∈< S >. Cos`ı per gli altri elementi di S.

3) Da S ⊆ N , sottomodulo, segue r1m1+ · · · + rnmn∈ N per ogni r1, . . . , rn∈ R.

Pertanto < S > `e il minimo sottomodulo di M che contiene S. Ci`o giustifica la seguente:

(2.2) Definizione < S > si dice il sottomodulo di M generato da S.

Poich`e il minimo sottomodulo di M che contiene ∅ `e quello nullo, si pone < ∅ >:= {0M}.

Pi`u in generale, se S `e un qualunque insieme non vuoto, il sottomodulo < S > `e definito come l’insieme delle combinazioni lineari finite, a coefficienti in R, degli elementi di S.

(2.3) Definizione S `e un insieme di generatori per M , o genera M , se hSi = M .

3 Moduli quoziente e omomorfismi

Siano M un R-modulo e N un suo sottomodulo. In particolare N `e un sottogruppo del gruppo (M, +, 0M). Possiamo quindi considerare la relazione di congruenza modulo N , definita ponendo, per ogni m, m ∈ M :

m ≡ m (mod N ) ⇐⇒ (m − m) ∈ N.

Come visto nel Teorema 4.2 del Capitolo 2 di [9], la congruenza modulo N `e una relazione di equivalenza in M . Per ogni m ∈ M , la classe di equivalenza di m `e l’insieme

N + m := {n + m | n ∈ N }

(11)

3. MODULI QUOZIENTE E OMOMORFISMI 5

detto il laterale destro di N individuato da m. Ne segue che, per ogni m, m ∈ M :

(3.1) N + m = N + m (m − m) ∈ N.

Della relazione (3.1), per comodit`a del lettore, diamo anche una dimostrazione diretta.

Sia N + m = N + m. Da m = 0M+ m ∈ N + m, segue m ∈ N + m. Quindi m = n + m, per un opportuno n ∈ N . Si conclude (m − m) = n ∈ N . Viceversa, sia (m − m) ∈ N . Posto (m − m) = n si ha m = n + m. Ne segue che N + m ⊆ N + m. Infatti, per ogni n1 ∈ N , si ha n1+ m = n1 + (n + m) = (n1+ n) + m ∈ N + m. Analogamente, da m = (−n) + m segue N + m ⊆ N + m. Pertanto N + m = N + m.

(3.2) Teorema L’insieme MN dei laterali di N in M `e un R-modulo rispetto alle oper- azioni definite ponendo, per ogni m1, m2, m ∈ M e per ogni r ∈ R:

(N + m1) + (N + m2) := N + (m1+ m2), r(N + m) := N + rm.

Dimostrazione.

N `e un sottogruppo normale di (M, +, 0M), essendo tale gruppo abeliano. Pertanto, rispetto alla somma, MN `e un gruppo (abeliano) per il Teorema 5.7 del Capitolo 2 di [8]. Resta da vedere che `e un R-modulo. A tale scopo verifichiamo innanzitutto che il prodotto R ×MN MN `e ben definito. Ossia che, per ogni r ∈ R, m, m ∈ M ,

N + m = N + m =⇒ N + rm = N + rm.

Infatti da (m − m) ∈ N segue r(m − m) ∈ N , per definizione di sottomodulo. Ne segue (rm − rm) ∈ N , da cui N + rm = N + rm.

Infine, per ogni r, r1, r2∈ R e per ogni N + m, N + m1, N + m2 MN si ha:

1) r ((N + m1) + (N + m2)) = r (N + m1+ m2) = N + r(m1+ m2) = N + rm1+ rm2 = (N + rm1) + (N + rm2) = r(N + m1) + r(N + m2);

2) (r1+ r2)(N + m) = N + (r1+ r2)m = N + r1m + r2m = (N + r1m) + (N + r2m) = r1(N + m) + r2(N + m);

3) r1(r2(N + m)) = r1(N + r2m) = N + r1(r2m) = N + (r1r2)m = (r1r2)(N + m);

4) 1R(N + m) = N + 1Rm = N + m.

(3.3) Definizione Il modulo MN, descritto nel Teorema 3.2, `e detto il modulo quoziente di M rispetto a N .

(12)

Siano M e M0 degli R-moduli, con rispettivi prodotti

∗ : R × M → M, ◦ : R × M0 → M0. Si noti che, anche nel caso M = M0, pu´o essere ∗ 6= ◦.

(3.4) Definizione Un R-omomorfismo da M a M0 `e una applicazione Φ : M → M0 tale che, per ogni m1, m2, m ∈ M e per ogni r ∈ R:

1) Φ(m1+ m2) = Φ(m1) + Φ(m2), 2) Φ(r ∗ m) = r ◦ Φ(m).

Se non vi ´e ambiguit´a si omettono i simboli ∗ e ◦. Quando R `e un corpo, un R- omomorfismo si dice anche una applicazione lineare.

Un esempio importante di omomorfismo fra moduli `e fornito dal seguente:

(3.5) Lemma Sia M un R-modulo. Fissato r ∈ R, sia µr: M → M l’applicazione tale che m 7→ rm, per ogni m ∈ M . Se R `e commutativo la µr `e un R-omomorfismo.

Dimostrazione. Per ogni m1, m2, m ∈ M , e per ogni s ∈ R:

µr(m1+ m2) = r (m1+ m2) = rm1+ rm2 = µr(m1) + µr(m2).

µr(sm) = r(sm) = (rs)m = (sr)m = s(rm) = sµr(m).

I prodotti e, quando esistono, gli inversi di R-omomorfismi sono R-omomorfismi. Infatti:

(3.6) Lemma Siano Φ : M → M0 e Ψ : M0→ M00 degli R-omomorfismi.

1) L’applicazione prodotto ΨΦ : M → M00 `e un R-omomorfismo;

2) se Φ `e bijettiva, la sua inversa Φ−1 : M0→ M `e un R-omomorfismo.

Dimostrazione.

1) Per ogni m1, m2 ∈ M :

ΨΦ(m1+ m2) = Ψ (Φ(m1+ m2)) = Ψ (Φ(m1) + Φ(m2)) = ΨΦ(m1) + ΨΦ(m2).

Per ogni r ∈ R e ogni m ∈ M : ΨΦ(rm) = Ψ (Φ(rm)) = Ψ (rΦ(m)) = rΨ (Φ(m)).

2) Per ogni m01, m02 ∈ M0, dette m1, m2 le rispettive preimmagini in M si ha:

m01+ m02= Φ(m1) + Φ(m2) = Φ(m1+ m2). Ne segue:

Φ−1(m01+ m02) = m1+ m2 = Φ−1(m01) + Φ−1(m02).

Per ogni r ∈ R e ogni m0∈ M0, detta m la sua preimmagine in M , si ha:

rm0 = rΦ(m) = Φ(rm). Ne segue: Φ−1(rm0) = rm = rΦ−1(m0).

(3.7) Definizione Sia Φ : M → M0 un R-omomorfismo. Poniamo:

(13)

3. MODULI QUOZIENTE E OMOMORFISMI 7

• Im Φ := {Φ(m) | m ∈ M };

• Ker Φ := {m ∈ M | Φ(m) = 0M0}.

(3.8) Lemma Sia Φ : M → M0 un R-omomorfismo. Per ogni sottomodulo N di M e per ogni sottomodulo N0 di M0 valgono i seguenti fatti:

1) l’immagine Φ(N ) := {Φ(n) | n ∈ N } `e un sottomodulo di M0; 2) se N = hn1, . . . , nki, allora Φ(N ) = hΦ(n1), . . . , Φ(nk)i;

3) la preimmagine Φ−1(N0) := {m ∈ M | Φ(m) ∈ N0} `e un sottomodulo di M . In particolare:

• M sottomodulo di M implica Im Φ := Φ(M ) sottomodulo di M0;

• {0M0} sottomodulo di M0 implica Ker Φ := Φ−1{0M0} sottomodulo di M . Dimostrazione.

Φ `e un omomorfismo di gruppi additivi, per l’assioma 1) della Definizione 3.4. Quindi, per il Lemma 7.6 del Capitolo II di [9] si ha Φ(0M) = 0M0. Cos`ı , da 0M ∈ N segue 0M0 ∈ Φ(N ) e da 0M0 ∈ N0 segue 0M ∈ Φ−1(N0). Inoltre, per lo stesso Lemma, Φ(−m) = −Φ(m), per ogni m ∈ M .

1) Per ogni Φ(n1), Φ(n2), Φ(n), dove n1, n2, n ∈ N , e per ogni r ∈ R si ha:

Φ(n1) − Φ(n2) = Φ(n1− n2) ∈ Φ(N ), dato che (n1− n2) ∈ N , in quanto sottomodulo, rΦ(n) = Φ(rn) ∈ Φ(N ) dato che rn ∈ N in quanto sottomodulo.

2) Per ogni Φ(n) ∈ Φ(N ), dove n ∈ N , si ha n =Pk i=1rini per opportuni coefficienti ri ∈ R. Pertanto: Φ(n) = Φ

Pk

i=1rini

=Pk

i=1riΦ (ni).

3) Siano m1, m2, m ∈ Φ−1(N0), r ∈ R. Da Φ(m1), Φ(m2), Φ(m) ∈ N0 segue:

Φ(m1− m2) = Φ(m1) − Φ(m2) ∈ N0, da cui (m1− m2) ∈ Φ−1(N0), Φ(rm) = rΦ(m) ∈ N0 da cui rm ∈ Φ−1(N0).

(3.9) Definizione Sia Φ : M → M0 un R-omomorfismo.

• Φ `e un monomorfismo se `e una applicazione iniettiva (⇔ Ker Φ = {0M});

• Φ `e un epimorfismo se `e una applicazione suriettiva, ossia se Im Φ = M0;

• Φ `e un isomorfismo se `e monomorfismo e epimorfismo.

(3.10) Definizione Come sopra, siano M e M0 due R-moduli. Diciamo che:

• M0 `e immagine epimorfa di M se esiste un R-epimorfismo da M a M0;

• M0 `e isomorfo a M , in simboli M ' M0, se esiste un R-isomorfismo da M a M0.

(14)

La relazione di isomorfismo fra moduli `e riflessiva, simmetrica e transitiva. Dal punto di vista dell’algebra astratta, moduli isomorfi sono identificati.

Illustriamo ora la stretta connessione fra moduli quoziente e omomorfismi.

(3.11) Lemma Siano M un R-modulo, N un suo sottomodulo e MN il modulo quoziente.

L’applicazione π : M → MN tale che m 7→ N + m `e un R-epimorfismo e Ker π = N . Dimostrazione.

Per ogni m1, m2, m ∈ M , r ∈ R si ha:

π (m1+ m2) = N + m1+ m2 = (N + m1) + (N + m2) = π (m1) + π (m2), π(rm) = N + (rm) = r (N + m) = rπ(m).

Ogni laterale N + m ha come preimmagini gli elementi di N + m (fra cui m).

Ker π = {m ∈ M | N + m = N + 0M} = {m | m − 0M ∈ N } = N .

Quindi ogni modulo quoziente di M `e immagine epimorfa di M . Viceversa ogni immagine epimorfa di M `e isomorfa a un suo modulo quoziente, in virt`u del seguente:

(3.12) Teorema Sia Φ : M → M0 un R-omomorfismo. Allora l’applicazione:

(3.13) Φ : M

Ker Φ → Im Φ tale che Ker Φ + m 7→ Φ(m)

`

e un R-isomorfismo. In particolare Ker ΦM ' Im Φ.

Dimostrazione.

Φ `e ben definita. Infatti, con ovvie notazioni:

Ker Φ + m = Ker Φ + m =⇒ (m − m) ∈ Ker Φ =⇒ Φ(m − m) = 0 =⇒ Φ(m) = Φ(m).

Poich`e valgono anche le implicazioni inverse, Φ `e iniettiva. Chiaramente `e suriettiva.

Infine `e un R-omomorfismo:

Φ ((Ker Φ + m1) + (Ker Φ + m2)) = Φ (Ker Φ + m1+ m2) = Φ (m1+ m2) = Φ (m1) + Φ (m2) = Φ (Ker Φ + m1) + Φ (Ker Φ + m2),

Φ (r(Ker Φ + m)) = Φ (Ker Φ + rm) = Φ(rm) = rΦ(m) = rΦ (Ker Φ + m).

4 Somme dirette

(4.1) Definizione Dati un R-modulo M e due sottomoduli M1 e M2, diciamo che M

`

e somma diretta interna di M1 e M2, e scriviamo M = M1+M˙ 2, se:

(15)

4. SOMME DIRETTE 9

1) M = M1+ M2; 2) M1∩ M2= {0M}.

(4.2) Lemma M = M1+M˙ 2 se e solo se ogni m ∈ M si scrive in modo unico nella forma m = m1+ m2 con m1 ∈ M1, m2∈ M2.

Dimostrazione. Sia M = M1+M˙ 2. Per l’assioma 1) ogni m si scrive nella forma richiesta.

Quanto all’unicit`a , sia m1+ m2= m01+ m02 con m1, m01 ∈ M1, m2, m02∈ M2. Ne segue m1 − m01 = m02 − m2 ∈ M1 ∩ M2. Per l’assioma 2) m1 − m01 = 0M, da cui m1 = m01, m2 = m02.

Viceversa. Se ogni m ∈ M si scrive nella forma indicata si ha M = M1+ M2. Infine sia i ∈ M1∩ M2. Da 0M = 0M + 0M = i + (−i) segue i = 0M, per l’ unicit`a della scrittura di 0M nella forma indicata.

Siano ora M1 e M2 due R-moduli. Il lettore verifichi, per esercizio, che

(4.3) M1⊕ M2 :=

 m1

m2



| m1 ∈ M1, m2 ∈ M2



`

e un R-modulo rispetto alle seguenti operazioni:

(4.4)

 m1 m2

 +

 m1 m2

 :=

 m1+ m1 m2+ m2

 , r

 m1 m2

 :=

 rm1 rm2

 , dove m1, m1 ∈ M1, m2, m2 ∈ M2, r ∈ R.

(4.5) Definizione Il modulo M1⊕ M2 si dice la somma diretta esterna di M1 e M2. Si noti che gli elementi di M1⊕ M2 sono quelli del prodotto cartesiano M1× M2 e che le operazioni sono definite componente per componente. Il lettore verifichi che le proiezioni

π1: M1⊕ M2 → M1, π2: M1⊕ M2 → M2 definite rispettivamente mediante:

 m1 m2



7→ m1 ,

 m1 m2

 7→ m2 sono R-epimorfismi. Verifichi inoltre che

Ker π2 =

 m1

0M2



| m1∈ M1



, Ker π1=

 0M1

m2



| m2 ∈ M2

 . Ne deduca:

M1⊕ M2 = Ker π2 + Ker π˙ 1, Ker π2 ' M1, Ker π1 ' M2.

(16)

Dati n > 2 moduli M1, · · · , Mn su R, la loro somma diretta esterna M1 ⊕ · · · ⊕ Mn `e definita induttivamente come il modulo (M1⊕ · · · ⊕ Mn−1) ⊕ Mn.

Considerando il caso particolare in cui ogni Mi=RR, si ha:

(4.6) Definizione (RR)0 := {0} e, per n > 1:

(RR)1:=RR, (RR)2 :=RR ⊕RR, . . . , (RR)n:=RR ⊕ · · · ⊕RR

| {z }

n volte

.

In virt`u di (4.3) di (4.4), per ogni n > 1 il modulo (RR)n ha come elementi i vettori colonna a n componenti in R e le operazioni di modulo risultano le seguenti:

(4.7)

x1

. . . xn

+

y1

. . . yn

=

x1+ y1

. . . xn+ yn

, r

x1

. . . xn

=

rx1

. . . rxn

.

5 Moduli liberi

(5.1) Definizione Un sottoinsieme S di un R-modulo M si dice indipendente se S = ∅ oppure se, posto S = {m1, . . . , mn}, si ha che:

n

X

i=1

rimi= 0M (con ri ∈ R) ri = 0R, 1 ≤ i ≤ n.

In caso contrario si dice che S `e dipendente.

Ad esempio {0M} `e dipendente: infatti 1R0M = 0M.

(5.2) Lemma Sia S indipendente. Ogni suo sottoinsieme T `e indipendente.

In particolare 0M 6∈ S.

Dimostrazione.

Se T = ∅ oppure T = S l’asserto `e vero. Supponiamo quindi T = {m1, . . . , mk}, S = {m1, . . . , mn}, 1 ≤ k < n. Se, per assurdo, T fosse dipendente, esisterebbero dei coefficienti non tutti nulli r1, . . . , rk∈ R tali chePk

i=1rimi = 0M. Posto rk+1= 0R, . . . , rn= 0R, ne seguirebbe Pn

i=1rimi= 0M, in contrasto con l’ indipendenza di S.

(5.3) Lemma Sia S = {v1, . . . , vn} un sottoinsieme di un R-modulo M . L’applicazione η : (RR)n→ M tale che:

(5.4)

x1

· · · xn

7→

n

X

i=1

xivi

(17)

5. MODULI LIBERI 11

`

e un R-omomorfismo. Inoltre

• η `e suriettiva se e solo se S genera M come R-modulo (Definizione 2.3 );

• η `e iniettiva se e solo se S `e indipendente.

Dimostrazione. Verifichiamo che η `e un R-omomorfismo.

x1

· · · xn

+

y1

· · · yn

=

x1+ y1

· · · xn+ yn

7→

n

X

i=1

(xi+ yi)vi=

n

X

i=1

xivi+

n

X

i=1

yivi

r

x1

· · · xn

=

rx1

· · · rxn

7→

n

X

i=1

(rxi)vi = r

n

X

i=1

xivi. Il resto `e ovvio.

(5.5) Definizione Un sottoinsieme B di un R-modulo M `e una base di M se genera M come R-modulo e se `e indipendente.

(5.6) Osservazione Chiaramente un sottoinsieme {v1, · · · , vn} di un R-modulo M `e una base se e solo se l’applicazione η : (RR)n→ M , definita da (5.4), `e bijettiva.

Equivalentemente {v1, · · · , vn} `e una base di M se ogni m ∈ M si scrive in modo unico nella forma x1v1+ · · · + xnvn con xi ∈ R.

Un’altra caratterizzazione delle basi `e data dal seguente:

(5.7) Lemma Sia B = {v1, · · · , vn} una base di un R-modulo M . Per ogni R-modulo N e ogni applicazione (di insiemi!) ϕ : B → N , esiste un unico R-omomorfismo

Φ : M → N che estende ϕ.

Dimostrazione. Φ `e l’estensione, per linearit`a , di ϕ a M . Ossia:

Φ (x1v1+ · · · + xnvn) := x1ϕ(v1) + · · · + xnϕ(vn).

(5.8) Definizione Un R-modulo L si dice libero se ha una base.

Per ogni n ≥ 0 il modulo (RR)n `e libero. Infatti:

R0= {0R} ha come base l’insieme ∅.

R1=RR ha come base il singoletto {1R}.

Per n ≥ 2, `e immediato verificare che (RR)n ha come base l’insieme:

(5.9)

e1 :=

1R

. . . 0R

, . . . , en:=

0R

. . . 1R

(base canonica).

(18)

Se L `e un R-modulo libero con base {v1, · · · , vn}, l’applicazione η : (RR)n→ L, definita da (5.4), `e un R-isomorfismo. Quindi:

(RR)n' L.

Ne segue, ad esempio, che Z2 non `e libero come Z-modulo. Infatti |Z2| = 2. D’altra parte,

(ZZ)0

= 1 e, per n > 0, (ZZ)n `e infinito. Tuttavia Z2 `e libero come Z2-modulo.

Un isomorfismo fra R-moduli porta basi in basi. Infatti:

(5.10) Lemma Dati due R-moduli L, L0, sia Φ : L → L0 un R-isomorfismo.

Se B = {v1, . . . , vn} `e una base di L, allora B0 = {Φ (v1) , . . . , Φ (vn)} `e una base di L0. In particolare se L `e libero, anche L0 `e libero.

Dimostrazione. Da hBi = L segue hB0i = L0 per il punto 2) del Lemma 3.8. Quanto alla indipendenza di B0, sia Pn

i=1xiΦ (vi) = 0L0. Segue Φ (Pn

i=1xivi) = 0L0 da cui Pn

i=1xivi∈ Ker(Φ) = {0L}. Si conclude xi= 0R per i ≤ n, essendo B indipendente.

Una somma diretta di moduli liberi `e un modulolibero. Infatti:

(5.11) Lemma Sia L = L1+L˙ 2. Se B1 `e una base di L1 e B2 `e una base di L2, allora B1∩ B2= ∅ e B = B1∪ B2 `e una base di L.

Dimostrazione.

B1∩ B2⊆ L1∩ L2 = {0L}. Poich`e 0L6∈ B1 per il Lemma 5.2, si ha B1∩ B2 = ∅.

Ogni ` ∈ L si scrive in modo unico nella forma ` = `1 + `2, con `1 ∈ L1, `2 ∈ L2. Per i = 1, 2, l’addendo `i si scrive in modo unico come combinazione lineare di elementi di Bi. Si conclude che ` si scrive in modo unico come combinazione lineare di elementi di B, che `e pertanto una base di L.

(5.12) Teorema Sia f : M → L un epimorfismo di R-moduli. Se L `e libero, esiste un sottomodulo L di M tale che: M = Kerf ˙+L con L' L.

In particolare, se Kerf `e libero, anche M `e libero.

Dimostrazione.

Sia B = {v1, . . . , vn} una base di L e siano m1, . . . , mn elementi di M tali che f (mi) = vi, 1 ≤ i ≤ n.

Consideriamo il sottomodulo L= hm1, . . . , mni, generato dagli mi.

(19)

6. RANGO DEI MODULI LIBERI SU ANELLI COMMUTATIVI 13

Mostriamo innanzitutto che M = Ker f + L. Per ogni m ∈ M , si ha

f (m) =

n

X

1

xivi =

n

X

1

xif (mi) = f

n

X

1

ximi

! .

Ne segue (m −Pn

1ximi) ∈ Ker f e, dall’identit`a m = (m −

n

X

1

ximi) +

n

X

1

ximi

si deduce m ∈ Ker f + L.

Mostriamo ora che L∩ Ker f = {0M}. Infatti Pn

1yimi∈ Ker f implica 0L= f

n

X

1

yimi

!

=

n

X

1

yif (mi) =

n

X

1

yivi

da cui y1 = · · · = yn= 0R, per l’indipendenza di B. Infine la restrizione fLdi f a L`e un isomorfismo da L a L. Infatti `e suriettiva perch`e B ⊆ f (L) implica L = hBi ≤ f (L), ed `e iniettiva perch`e Ker fL = Ker f ∩ L = {0M}.

6 Rango dei moduli liberi su anelli commutativi

(6.1) Teorema Sia R un anello commutativo e sia n ≥ 0.

1) Il modulo (RR)n non `e generato da alcun sottoinsieme di cardinalit`a m < n;

2) tutte le basi (finite) di un R-modulo libero L hanno la stessa cardinalit`a . Dimostrazione.

1) Per n ≤ 1 l’asserto `e chiaro. Sia quindi n ≥ 2. Supponiamo per assurdo che S = {v1, · · · , vm} sia un insieme di m < n generatori per (RR)n. Esprimiamo ogni vettore ei della base canonica (5.9) nella forma ei = Pm

j=1ajivj per opportuni coefficienti aji (non necessariamente unici).

Si ottiene la contraddizione desiderata considerando il seguenti prodotto di matrici:

v1 . . . vm 0n . . . 0n 

a11 · · · a1n

· · · · · · · · · am1 · · · amn

0 · · · 0

· · · · · · · · · 0 · · · 0

=

Pm

j=1aj1vj . . . Pm

j=1ajmvj . . . Pm

j=1ajnvj 

= e1 . . . em . . . en 

= I.

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