1 Basi di sottomoduli
Chiaramente i sottomoduli del D-modulo regolare DD sono gli ideali dell’anello D. (1.1) Lemma Se D `e un dominio a ideali principali, i sottomoduli di DD sono liberi, di rango ≤ 1.
Dimostrazione. Sia I un sottomodulo di D. Poich`e I `e un ideale dell’anello D, i cui ideali sono principali, esiste d ∈ I tale che I = hdi. Se d = 0D, si ha che I = {0D} `e libero di rango 0. Altrimenti {d} `e una base di I: infatti I = Dd e xd = 0D implica x = 0D, poich`e D `e privo di divisori dello zero. Quindi I `e libero, di rango 1.
(1.2) Teorema Sia V un D-modulo libero di rango n. Se D `e un dominio a ideali principali, ogni sottomodulo W di V `e libero, di rango m ≤ n.
Dimostrazione. Ragioniamo per induzione su n.
Se n = 0, si ha V = {0V}. Ne segue W = {0V}, che `e quindi libero, di rango 0. Sia ora n > 0. In virt`u di (5.4) del Capitolo II, possiamo supporre V = Dn. Consideriamo l’n-esima proiezione π : Dn → D tale che:
x1 · · · xn 7→ xn.
Chiaramente Ker π `e l’insieme delle n-ple che hanno l’ultima componente nulla. Quindi: (1.3) Ker π ' Dn−1 .
Il sottomodulo π(W ) di D `e libero, di rango ≤ 1, per il Lemma precedente. Consideriamo la restrizione di π a W , ossia l’epimorfismo:
πW : W → π(W ).
Per il Teorema 5.12 del Capitolo 1, esiste un sottomodulo L∗ di W tale che L∗ ' π(W ) e W = Ker πW + L˙ ∗.
Ora Ker πW = Ker π ∩ W ≤ Ker π. Per 1.3, il modulo Ker π `e libero, di rango n − 1. Quindi, per l’ipotesi induttiva, Ker πW `e libero di rango m ≤ n − 1. D’altra parte L∗ ' π(W ) `e libero di rango ` ≤ 1. Pertanto W `e libero, di rango m + ` per il Teorema 6.3 del Capitolo I. Si conclude che m + ` ≤ (n − 1) + 1 = n.
(1.4) Corollario Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n su K. Ogni sottoinsieme indipendente B = {v1, · · · , vn} `e una base di V .
Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che ogni v ∈ V `e combinazione lineare di elementi di B. Se v ∈ B, questo `e chiaro. In caso contrario l’insieme S := {v1, · · · , vn, v} ha n + 1 elementi. Non pu`o quindi essere indipendente, altrimenti genererebbe un sottomodulo di rango n+1. Esistono quindi degli scalari non tutti nulli tali che k1v1+· · ·+knvn+kv = 0V. Se fosse k = 0K, avremmo k1v1+ · · · + knvn= 0V da cui anche k1 = · · · = kn= 0K, per l’indipendenza di B. Ne segue k 6= 0K da cui v = −k−1k1v1− · · · − k−1knvn.
Sia A ∈ Matm,n(D). Le colonne Ae1, · · · , Aen di A sono elementi di Dm. Analoga-mente le righe di A sono elementi del trasposto di Dn. Possiamo quindi considerare il sottomodulo di (DD)m, generato dalle colonne di A, e quello del trasposto di (DD)n, generato dalle righe di A. Questi moduli sono entrambi liberi, per il Teorema precedente. Abbastanza sorprendetemente hanno lo stesso rango. Infatti:
(1.5) Teorema Data A ∈ Matm,n(D), dove D `e un dominio a ideali principali, sia µA: Dn→ Dm il D-omomorfismo indotto da A rispetto alle basi canoniche, ossia: (1.6) x1 · · · xn 7→ A x1 · · · xn .
Il sottomodulo generato dalle colonne di A coincide con l’immagine µA(Dn) = Im µA, che ha lo stesso rango r di A, essendo r il numero delle componenti non nulle di una forma normale A0 di A. Il sottomodulo generato dalle righe di A, ha anch’esso rango r.
1. BASI DI SOTTOMODULI 31
Dimostrazione. Per il Lemma 3.8 del Capitolo I, si ha:
Im µA = hµA(e1), · · · , µA(en)i = hAe1, · · · , Aeni .
Sia ora A0 = pseudodiag (d1, · · · , dr, 0, · · · ), dove di|di+1, una forma normale di A. Se A ha rango r = 0, si ha d1 = 0, A0= 0Matm,n(D). Ne segue A = 0Matm,n(D) e l’asserto `
e ovvio. Sia quindi r > 0, ossia dr 6= 0. Dette Q, P due matrici invertibili tali che A0 = Q−1AP , si ha che A0 `e la matrice di µA rispetto alle basi B0 = {P e1, · · · , P en} e C0= {Qe1, · · · , Qem} di (DD)n e (DD)m. Posto P ei = vi, Qei= wi otteniamo quindi:
Im µA= hµA(v1), · · · , µA(vn)i = hd1w1, · · · , drwri .
Pertanto Im µA `e generato dall’insieme C0 = {d1w1, · · · , drwr}. Si verifica facilmente che, essendo D privo di divisori dello zero, C0 `e indipendente ed `e quindi una base di Im µA. Si conclude che Im µA ha rango r.
Infine, il rango di At`e anch’esso r, per il Lemma 5.5 del Capitolo I. Applicando ad AT il risultato appena dimostrato per A, si ha che il sottomodulo generato dalle colonne di AT ha rango r. Poich`e le righe di A coincidono con le colonne di AT, si ha l’asserto.
(1.7) Corollario Sia AX = 0Kn un sistema lineare omogeneo, a coefficienti in un campo K, in m equazioni indipendenti e n ≥ m indeterminate. L’insieme W delle sue soluzioni `e un sottospazio di Kn avente dimensione n − m.
Dimostrazione. La matrice A dei coefficienti del sistema appartiene a Matm,n(K). Il rango di A `e m, dato che stiamo supponendo che le equazioni siano indipendenti. Per il Teorema precedente, l’immagine dell’applicazione lineare
µA: Kn→ Km
definita in (1.6) ha dimensione m. Notando che W = Ker µA si ha che W `e un sot-tospazio. Inoltre, tenendo presente il Teorema 5.12 del Capitolo 1, n = dim (Kn) = dim (Ker µA) + dim (Im µA), da cui dim W = n − m.
(1.8) Teorema Siano V un D-modulo libero di rango n e W un suo sottomodulo di rango t. Se D `e un dominio a ideali principali, esistono una base B = {v1, · · · , vn} di V e una sequenza d1, · · · , dt di elementi non nulli di D, ciascuno dei quali divide il successivo, tali che C = {d1v1, · · · , dtvt} `e una base di W .
Dimostrazione. Sia α : W → V l’inclusione w 7→ w. Per il Lemma 4.2 del Capitolo II, esistono una base C = {w1, · · · , wt} di W e una base B = {v1, · · · , vn} di V tali che la matrice di α rispetto C e B `e una forma normale
A0 = d1 0 · · · 0 0 d2 · · · 0 · · · · · · · · · · · · 0 0 · · · dt · · · · · · · · · · · · , d1|d2| · · · |dt.
Ne segue che wi = α(wi) = divi (1 ≤ i ≤ t) e si conclude che C = {d1v1, · · · , dtvt}.
2 Ideali annullatori
Sia M un D-modulo.
(2.1) Definizione Diciamo annullatore di un elemento m ∈ M , e lo indichiamo con Ann (m), l’insieme degli elementi d ∈ D tali che dm = 0M.
(2.2) Lemma Ann (m) `e un ideale di D. Dimostrazione. 1) 0D ∈ Ann (m) poich`e 0Dm = 0M. 2) x1, x2 ∈ Ann (m) ⇒ (x1+ x2) ∈ Ann (m). Infatti (x1+ x2)m = x1m + x2m = 0M − 0M = 0M. 3) d ∈ D, x ∈ Ann (m) ⇒ (dx) ∈ Ann (m). Infatti (dx)m = d(xm) = d0M = 0M.
(2.3) Definizione Chiamiamo annullatore di M , e lo indichiamo con Ann (M ), l’insieme degli elementi d ∈ D tali che dm = 0M per ogni m ∈ M .
Notando che Ann (M ) = T
m∈MAnn (m), si ha subito che `e un ideale di D, in quanto intersezione di ideali.
(2.4) Lemma Sia f : M → M0 un epimorfismo di D-moduli. Allora Ann (M ) ≤ Ann (M0).
2. IDEALI ANNULLATORI 33
Dimostrazione. Sia x ∈ Ann (M ). Per ogni m0 ∈ M0, detta m una sua preimmagine in M , si ha: xm0 = xf (m) = f (xm) = f (0M) = 0M0. Pertanto Ann (M ) ≤ Ann (M0). Infine, se f `e un isomorfismo, considerando l’isomorfismo f−1 : M0 → M otteniamo Ann (M0) ≤ Ann (M ) e concludiamo Ann (M0) = Ann (M ) .
(2.5) Definizione Un elemento m ∈ M si dice di torsione se Ann (m) 6= {0D}. (2.6) Lemma Per ogni n ≥ 0 l’unico elemento di torsione di (DD)n `e lo zero. Dimostrazione. Sia d d1 · · · dn = 0D · · · 0D
. Ne segue ddi = 0D per ogni i ≤ n. Pertanto d 6= 0 implica di = 0 per i ≤ n, essendo D privo di divisori dello zero.
(2.7) Lemma L’insieme T degli elementi di torsione di M `e un sottomodulo. Dimostrazione.
1) 0M ∈ T dato che Ann (0M) = D. 2) t1, t2 ∈ T ⇒ (t1+ t2) ∈ T .
Siano x1, x2 elementi non nulli di D tali che x1t1 = x2t2 = 0M. Si ha x1x2 6= 0D e x1x2(t1+ t2) = x2(x1t1) + x1(x2t2) = 0M. Quindi (t1+ t2) ∈ T .
3) d ∈ D, t ∈ T ⇒ (dt) ∈ T .
Sia x un elemento non nullo di D tale che xt = 0M. Ne segue x(dt) = (xd)t = (dx)t = d(xt) = d0M = 0M e si conclude che dt ∈ T .
(2.8) Definizione
• T `e detto il sottomodulo di torsione di M . • Se M = T si dice che M `e di torsione.
(2.9) Lemma Sia f : M → M0 un D-omomorfismo. Detto T il sottomodulo di torsione di M e T0 quello di M0, si ha f (T ) ≤ T0. In particolare D-moduli isomorfi hanno sottomoduli di torsione isomorfi.
Dimostrazione. Sia t ∈ T . Esiste 0 6= x ∈ D tale che xt = 0M. Ne segue xf (t) = f (xt) = f (0M) = 0M0. Pertanto f (t) ∈ T0. Abbiamo cos`ı dimostrato che f (T ) ≤ T0.
Ora, se f `e un isomorfismo, anche f−1 : M0 → M lo `e . Per quanto appena dimostrato f−1(T0) ≤ T . Applicando f si ha T0 ≤ f (T ). Si conclude che f (T ) = T0. Basta infine notare che la restrizione di f a T `e un isomorfismo da T a T0.
(2.10) Lemma M1 e M2 siano sottomoduli di M . T e L siano D-moduli. 1) se M = M1+ M2, allora Ann (M ) = Ann (M1) ∩ Ann (M2).
2) Se M = T ⊕ L dove T `e di torsione e L `e libero, allora il sottomodulo di torsione T0 di M `e isomorfo a T .
Dimostrazione.
1) Sia x ∈ Ann (M ). Poich`e x annulla tutti gli elementi di M , annulla anche quelli dei suoi sottoinsiemi M1 e M2. Quindi Ann (M ) ≤ Ann (M1) ∩ Ann (M2). Viceversa, sia y ∈ Ann (M1) ∩ Ann (M2). Ogni elemento m di M si scrive nella forma m = m1+ m2, per opportuni m1 ∈ M1, m2 ∈ M2. Ne segue ym = ym1+ ym2 = 0M + 0M = 0M. Concludiamo Ann (M1) ∩ Ann (M2) ≤ Ann (M ).
2) L’applicazione f : T → M tale che t 7→ t 0L ` e un D-monomorfismo. Essendo T di torsione, per il Lemma 2.9 si ha f (T ) ≤ T0, dove:
f (T ) = t 0L | t ∈ T .
D’altra parte T0 ≤ f (T ). Infatti sia m =
t l
un elemento di T0, dove t ∈ T, l ∈ L. Esiste d 6= 0 tale che dm = 0M, ossia
dt dl = 0T 0L . In particolare dl = 0L. Ma L, essendo libero, `e privo di torsione per il Lemma 2.6: quindi l = 0L. Si conclude che f (T ) = T0. Chiaramente la restrizione di f a T `e un D-isomorfismo da T a T0.
3 Teorema di Struttura
Un D-modulo M si dice finitamente generato (f.g.), se `e generato da un sottoinsieme finito. In tal caso indichiamo con d(M ) il minimo numero di generatori di M . Nel seguito il D-modulo regolareDD verr`a indicato, per brevit`a , semplicemente con D. (3.1) Lemma Siano I un ideale di D e DI il modulo quoziente.
1) Ann DI = I;
3. TEOREMA DI STRUTTURA 35
Dimostrazione.
1) Sia x ∈ Ann DI. In particolare x(I + 1D) = I + x = I + 0D implica x ∈ I. Viceversa se i ∈ I, per ogni x ∈ D si ha ix ∈ I da cui i(I + x) = I + ix = I + 0D.
2) DI 6= 0 `e generato da I + 1D.
Come al solito, indichiamo con D∗ l’insieme degli elementi unitari di D, ossia degli elementi u ∈ D che hanno inverso u−1 in D.
(3.2) Teorema Sia M un D-modulo f.g., e sia d(M ) = n. Esiste una sequenza (3.3) d1, · · · , dn (sequenza dei fattori invarianti di M )
dove ogni di ∈ D, d1∈ D/ ∗ e di divide di+1 per i ≤ n − 1, tale che: (3.4) M ' D
hd1i ⊕ · · · ⊕ D
hdni (forma normale di M ). Sia t ≥ 0 tale che di 6= 0D per i ≤ t e dt+1= 0D. Allora, posto (3.5) T := {0} se t = 0, T := D
hd1i ⊕ · · · ⊕ D
hdti se t > 0,
T `e isomorfo al sottomodulo di torsione di M . Per t > 0, risulta Ann (T ) = hdti. Quindi M ' T ⊕ Dn−t
dove T `e di torsione e Dn−t `e libero, di rango n − t.
Dimostrazione. Se d(M )=0, si ha M = {0M} = D0. Possiamo quindi supporre n > 0. Sia {m1, · · · , mn} un insieme di generatori per M . L’applicazione
Φ : Dn→ M tale che x1 · · · xn 7→ n X i=1 ximi `
e un epimorfismo di D-moduli. Per il Teorema 3.12 del Capitolo I si ha Dn
Ker Φ ' M.
Sia t il rango di Ker Φ. Per il Teorema 1.8 di questo Capitolo esistono una base B = {v1, · · · , vn} di Dn e una sequenza d1, · · · , dt di elementi non nulli di D, ciascuno dei quali divide il successivo, tali che C = {d1v1, · · · , dtvt} `e una base di Ker Φ. A meno di un isomorfismo di Dn possiamo supporre che B = {v1, · · · , vn} sia la base canonica di
Dn, quindi Ker Φ = * d1 · · · 0D 0D · · · 0D , · · · , 0D · · · dt 0D · · · 0D + = x1d1 · · · xtdt 0D · · · 0D | xi∈ D .
Si verifica facilmente che l’applicazione f : Dn → D hd1i ⊕ · · · ⊕ D hdti ⊕ D n−t tale che x1 · · · xt xt+1 · · · xn 7→ hd1i + x1 · · · hdti + xt xt+1 · · · xn `
e un epimorfismo di moduli e che Ker f = Ker Φ. Si conclude M ' D n Ker Φ = Dn Ker f ' D hd1i ⊕ · · · ⊕ D hdti ⊕ D n−t. Supponiamo, per assurdo, hd1i = D. L’addendo D
hd1i = DD sarebbe nullo. Pertanto M sarebbe isomorfo a hdD
2i⊕· · ·⊕ D
hdti⊕Dn−te avremmo la contraddizione d(M ) ≤ n−1. Da Ann (hdD
ii) = hdii si ha Ann (T ) = hd1i ∩ · · · ∩ hdti = hdti. Quindi T `e di torsione. Per il Lemma 2.10, con M1 = T e M2 = Dn−t si conclude che T `e isomorfo al sottomodulo di torsione di M .
Se K `e un campo, ogni K-modulo V `e libero: tale risultato, nel caso V finitamente generato, segue anche dal precedente Teorema. Vale infatti:
(3.6) Corollario Sia V uno spazio vettoriale su K e sia d(V ) = n. Allora V ' Kn. Dimostrazione. Si ha necessariamente d1 = 0K, altrimenti d1 sarebbe unitario.
(3.7) Corollario Sia M un gruppo abeliano finitamente generato, con d(M ) = n: • M ' Zn, oppure
• M ' Zd1 ⊕ · · · Zdt ⊕ Zn−t, t ≤ n,
4. FATTORI INVARIANTI E DIVISORI ELEMENTARI 37
Dimostrazione. Si considera M come Z-modulo, e si applica il Teorema 3.2 di questo Capitolo. Basta poi osservare che, per ogni intero positivo d, risulta Z
hdi = Zd.
In altre parole ogni gruppo abeliano finitamente generato `e somma diretta di n gruppi ciclici, essendo n il minimo numero di elementi che lo generano. Inoltre gli eventuali addendi finiti possono essere ordinati in modo che l’ordine di ciascuno divida quello del successivo.
4 Fattori invarianti e divisori elementari
Una propriet`a importante dei moduli finitamente generati, di torsione, `e quella di poter essere ”cancellati” in un isomorfismo fra somme dirette. Vale infatti:
(4.1) Teorema Siano M1, M2, T e T0 dei D-moduli. Si supponga che sia T ' T0, con T finitamente generato, di torsione. Allora:
M1⊕ T ' M2⊕ T0 ⇒ M1 ' M2. Una dimostrazione si trova in [4].
(4.2) Corollario Sia M un D-modulo f.g. La sua forma normale (3.4), `e unica. Dimostrazione. Supponiamo che M abbia due forme normali, necessariamente isomorfe: (4.3) D hd1i⊕ · · · ⊕ D hdti ⊕ · · · ⊕ D hdni ' D hc1i ⊕ · · · ⊕ D hchi ⊕ · · · ⊕ D hcki dove di, ci∈ D, d1, c1∈ D/ ∗, di|di+1(i ≤ n − 1), ci|ci+1 (i ≤ k − 1).
I sottomoduli di torsione T e T0 delle due forme normali sono isomorfi per il Lemma 2.9. Caso 1 T = {0}, ossia d1 = · · · = dn= 0D. Ne segue T0 = {0}, da cui c1= · · · = = ck = 0D. Infine Dn' Dk implica n = k.
Caso 2 Possiamo supporre: (4.4) T = D hd1i ⊕ · · · ⊕ D hdti, T 0 = D hc1i ⊕ · · · ⊕ D hchi. Poich´e moduli isomorfi hanno lo stesso annullatore:
hdti = Ann (T ) = Ann (T0) = hchi. Semplificando hdD
ti = hcD
hi in (4.4) e applicando l’induzione si ha: t − 1 = h − 1, hdii = hcii, i = 1, · · · , t − 1.
In particolare t = h. Infine, semplificando T ' T0 in (4.3) si ha: Dn−t ' Dk−t.
si conclude n − t = k − t, da cui n = k.
Chiaramente la sequenza (3.3) dei fattori invarianti di M determina la sua forma normale (3.4). Viceversa la forma normale di M determina (a meno di fattori unitari) la sequenza dei suoi fattori invarianti.
Ogni dominio a ideali principali D `e fattoriale (si veda il Teorema 6.4.5 di [8]). Per comodit`a del lettore riportiamo il Teorema Cinese del Resto (Teorema 7.6.4 di [8]). (4.5) Teorema (Cinese del resto). Siano a, b ∈ D tali che M.C.D.(a, b) = 1. Allora, per ogni b1, b2 ∈ D, il sistema di congruenze lineari
(4.6)
x ≡ b1 (mod a) x ≡ b2 (mod b) ha soluzioni in D.
Dimostrazione. Esistono y, z ∈ D tali che ay + bz = 1. Moltiplicando per b1 e per b2: ayb1+ bzb1= b1
ayb2+ bzb2= b2 . Ne segue
bzb1≡ b1 (mod a) ayb2 ≡ b2 (mod b) . Si conclude che c = bzb1+ ayb2 `e soluzione del sistema (4.6).
(4.7) Teorema Dato d ∈ D, con d 6= 0D, d 6∈ D∗, sia d = pm1
1 . . . pmk
k la sua fattoriz-zazione in irriducibili pi ∈ D, dove pi 6= pj, per i 6= j. Allora:
(4.8) D hdi ' D hpm1 1 i ⊕ · · · ⊕ D hpmk k i (decomposizione primaria). pm1 1 , · · · , pmk
k si dicono i divisori elementari di hdiD . Dimostrazione. Se k ≥ 2, poniamo a = pm1
1 , b = pm2
2 . . . pmk
k . Sia ha d = ab con M.C.D.(a, b) = 1. Si vede facilmente che l’applicazione
f : D → D hai ⊕
D
hbi tale che x 7→
hai + x hbi + x
4. FATTORI INVARIANTI E DIVISORI ELEMENTARI 39
`
e un D-omomorfismo. Inoltre f `e suriettiva. Sia infatti
hai + b1 hbi + b2
un generico ele-mento del codominio. Per il Teorema Cinese del resto esiste c ∈ D tale che
c ≡ b1 (mod a) c ≡ b2 (mod b) ossia f (c) = hai + c hbi + c = hai + b1 hbi + b2 . Infine Ker f = hai ∩ hbi = hdi. Si conclude che
D hdi ' D hai ⊕ D hbi = D hpm1 1 i ⊕ D hpm2 2 . . . pmk k i e l’asserto segue per induzione su k.
(4.9) Definizione Sia T = hdD
1i ⊕ · · · ⊕ D hdti.
La somma delle decomposizioni primarie degli addendi hdD
ii, i ≤ t, si dice la decompo-sizione primaria di T . L’unione dei loro divisori elementari, considerati con le rispettive molteplicit`a, si dicono i divisori elementari di T .
(4.10) Esempio Sia T = h6iZ ⊕ h12iZ ⊕h120iZ . La decomposizione primaria di T `e Z h2i ⊕ Z h3i⊕ Z h4i ⊕ Z h3i⊕ Z h8i ⊕ Z h3i⊕ Z h5i. I divisori elementari sono 2, 3, 4, 3, 8, 3, 5.
due D-moduli non nulli, finitamente generati e di torsione, sono isomorfi se e solo se hanno gli stessi divisori elementari.
Riassumendo quanto visto:
• Due D-moduli non nulli, finitamente generati, sono isomorfi se e solo se hanno la stessa forma normale o, equivalentemente, la stessa sequenza di fattori invarianti (a meno di elementi unitari).
• Due D-moduli non nulli, finitamente generati, di torsione sono isomorfi se e solo se hanno la stessa decomposizione primaria (a meno di permutazioni degli addendi) o, equivalentemente, gli stessi divisori elementari (a meno di elementi unitari), contati con le relative molteplicit`a .
5 Esercizi
(5.1) Esercizio Si dimostri che gli unici ideali di un campo K sono {0K} e K. (5.2) Esercizio Si dimostri che K[x] `e un dominio a ideali principali.
(5.3) Esercizio Nell’anello Z, si dimostri che
h3i = hzi ⇔ z = ±3.
(5.4) Esercizio Nell’anello Q[x], si dimostri che
hx2− 1i = hf (x)i ⇔ f (x) = q(x2− 1), 0 6= q ∈ Q.
(5.5) Esercizio Sia M = un D-modulo. Si dimostri che: 1) se N `e immagine epimorfa di M allora d(N ) ≤ d(M ); 2) se M = M1+ M2 allora d(M ) ≤ d(M1) + d(M2). (5.6) Esercizio Siano d1, d2 ∈ D. Si dimostri che
hd1i ≥ hd2i ⇔ d1|d2.
(5.7) Esercizio Si calcolino gli annullatori dei seguenti Z-moduli: Z, Z h2i, Z h5i, Z h2i⊕ Z h5i, Z h6i⊕ Z h9i.
(5.8) Esercizio Sia M = M1+ M2. Si dimostri che Ann (M ) = Ann (M1) ∩ Ann (M2). (5.9) Esercizio Si dimostri che l’applicazione f : Z → Z2⊕ Z5 tale che z 7→ [z]2
[z]5 ! `
e un epimorfismo di Z-moduli. Per ciascun elemento del codominio, si indichi una preimmagine in Z. Si determini Ker f .
(5.10) Esercizio Si dica se l’applicazione f : Z → Z2⊕ Z4 tale che z 7→ [z]2
[z]4 !
`
5. ESERCIZI 41
(5.11) Esercizio Si dimostri che l’applicazione f : Q[x] → hxQ[x]2+2i ⊕ Q[x]
hx3+1i tale che f (x) 7→ x2+ 2 + f (x) x3+ 1 + f (x) `
e un epimorfismo di Q[x]-moduli. Si indichi una preimmagine di x2+ 2 + x + 4
hx + 1i + x2
in Q[x]. Si determini Ker f .
(5.12) Esercizio Si dica se l’applicazione f : Q[x] → Q[x]
hx2−1i ⊕ Q[x]
hx−1i tale che f (x) 7→ x2− 1 + f (x) hx − 1i + f (x) `
e un epimorfismo di Q[x]-moduli e se `e suriettiva.
(5.13) Esercizio Per i seguenti Q[x]-moduli si dia un insieme di generatori minimale come Q[x]-modulo e un insieme di generatori minimale come Q-modulo:
M = Q[x]
hx + 4i , N =
Q[x] hx3+ 2x − 1i. Si dimostri che M e N , come Q[x]-moduli, non hanno base.
(5.14) Esercizio Sia I l’deale di K[x] generato dal polinomio d(x), di grado n > 0. Si provi che ad ogni laterale di I appartiene un unico polinomio r(x) di grado ≤ n − 1. (5.15) Esercizio Si determini una base del Q-modulo:
Q[x] hx + 4i ⊕
Q[x] hx3+ 2x − 1i.
(5.16) Esercizio Si determinino l’ordine, i divisori elementari, la decomposizione pri-maria, la forma normale, i fattori invarianti, l’annullatore, il minimo numero di gener-atori dei seguenti gruppi abeliani:
Z20⊕ Z120⊕ Z50, Z9⊕ Z3⊕ Z3⊕ Z27.
(5.17) Esercizio Si determinino i gruppi abeliani non isomorfi di ordine 54. (5.18) Esercizio Si determini la decomposizione primaria del C[x]-modulo:
V = C[x] hx4+ 16i.
Si calcoli una base di V come C-modulo.
(5.19) Esercizio Si determinino i divisori elementari, la decomposizione primaria, la forma normale, i fattori invarianti, l’annullatore, il minimo numero di generatori del seguente C[x]-modulo:
V = C[x] hx4− 16i⊕
C[x] hx4+ 4x2i. Si calcoli una base di V come C-modulo.
Capitolo IV