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Forme di fferenziali negli spazi Euclidei XII.1. Forme di fferenziali in Rn

Indichiamo conΛq

Rnlo spazio vettoriale reale, di dimensionenq, delle forme q-multilineari alternate su Rn.

Definizione XII.1.1. Sia A un aperto di Rn. Le applicazioni η ∈ C(A,Λq

Rn) si dicono forme differenziali alternate, omogenee di grado q e con coefficienti di classeC in A. Useremo la notazione (12.1.1) Ωq(A) := C (A,Λq Rn) Indichiamo con dxila forma lineare su Rndefinita da:

(12.1.2) dxi(x)= xi, ∀x=t

(x1, ..., xn

) ∈ Rn. Le forme:

(12.1.3) dxi1∧... ∧ dxiq con 1 ≤ i1 < ... < iq≤ n costituiscono una base di Λq

Rn. Una forma η ∈ Ωq(A) si scrive in modo unico come:

X

1≤i1<...<iq≤nηi1...iqdxi1 ∧ · · · ∧ dxiq, con (12.1.4)

ηi1,...,iq(x)= η(x)(ei1, ..., eiq) ∈C

(A), (12.1.5)

ove abbiamo indicato con e1, ..., eni vettori della base canonica di Rn.

Definizione XII.1.2. L’algebra di Grassmann Ω(A) delle forme alternate di classe Csu A `e la somma diretta

(A)=Mn

q=0q(A), con il prodotto definito sulle forme omogenee da

η0 ∧η00 (x)(v1, . . . , vq) =X 1≤σ1<···<σq0≤q 1<σq0+1<···<σq σ∈Sq ε(σ)η0 (x)(vσ1, . . . , vσq000(x)(vσq0+1, . . . , vσq) ∀v1, . . . , vq ∈ Rn, η0 ∈Ωq0,(k)(A), η00 ∈Ωq00,(k)(A), q0+ q00= q. 187

XII.2. Pull-back Se f ∈C(A) `e una funzione reale di classeC

, definita sull’aperto A di Rn, il suo differenziale `e l’elemento di Ω1(A) definito da:

(12.2.1) d f(x)= n X i=1 ∂ f (x) ∂xi dxi.

Siano B un aperto di Rm, A un aperto di Rne φ=t1, ..., φn) ∈C(B, A). Definizione XII.2.1. Il pullback, o immagine inversa di una forma differenziale η ∈ Ωq(A), descritta da (12.1.4), `e la forma differenziale φη ∈ Ωq(B) definita da:

(12.2.2) φη = X

i1...iq

ηi1...iq(φ) dφi1 ∧... ∧ dφiq.

Si verifica immediatamente che il pull-back di forme gode delle propriet`a : Teorema XII.2.2. (1) φ: Ωq(A) → Ωq(B) `e un’applicazione R-lineare.

(2) Se η1 ∈Ωq1(A) ed η2∈Ωq2(A), allora η1∧η2 ∈Ωq1+q2(A) e φ

1∧η2)= (φη1) ∧ (φη2).

(3) Se ψ : D → B `e un’applicazione di classeCk+1, definita su un aperto D

di R`, allora

(φ ◦ ψ)= ψ

◦φ.

XII.3. Differenziale di una forma

Estendiamo la definizione del differenziale dal caso delle funzioni a quello delle forme differenziali ponendo, per una η ∈ Ωq,(k+1)(A) descritta dalla (12.1.4):

(12.3.1)

dη(x) =X

1≤i1<...<iq≤ni1...iq(x) ∧ dxi1 ∧... ∧ dxiq

=Xn i=1 X 1≤i1<...<iq≤n ∂ηi1...iq(x) ∂xi dxi∧ dxi1∧... ∧ dxiq. Il differenziale delle forme differenziali `e caratterizzato dal:

Teorema XII.3.1. Il differenziale `e l’unica applicazione R-lineare d: Ω(A) −→ Ω(A)

che goda delle seguenti propriet`a:

(1) Per ogni intero q ≥ 0, il differenziale definisce un’applicazione R-lineare :

(12.3.2) d: Ωq(A) → Ωq+1(A).

(2) d coincide con il differenziale definito sulle funzioni nel caso q = 0. (3) Vale la formula del differenziale del prodotto:

d(η1∧η2)= dη1∧η2+ (−1)q1η1∧ dη2 ∀η1∈Ωq1

k+1(A), ∀η2 ∈Ωq2 k+1(A)

XII.4. IL COMPLESSO DI DE RHAM 189

(4) d ◦ d : Ωq(A) → Ωq+2(A) `e l’applicazione nulla, cio`e

(12.3.3) d ◦ d = d2= 0.

Dimostrazione. Il differenziale definito dalla (12.3.1) soddisfa la (3) per le propriet`a del prodotto esterno e la regola di Leibnitz per la derivazione del prodotto di due funzioni. La (12.3.3) `e allora conseguenza della:

d2f =Xni, j=1∂x2if∂x(x)jdxi∧ dxj = 0,

valida per ogni funzione f ∈C2(A, R). Viceversa, se valgono le (1), (2), (3), (4) l’espressione del differenziale `e data necessariamente dalla (12.3.1). 

XII.4. Il complesso di de Rham

Per ogni aperto A di Rn, otteniamo un complesso di operatori differenziali: (12.4.1) 0 → Ω0k+n(A) d −−−−−→ Ω1 k+n−1(A) −−−−−→ · · · · · · →Ωh k+n−h(A) d −−−−−→ Ωh+1 k+n−h−1(A) d −−−−−→ Ωh+2 k+n−h−2(A) → · · · −−−−−→dn k(A) → 0

Definizione XII.4.1. Il complesso (12.4.1) si dice il complesso di de Rham1 sul-l’aperto A di Rn.

Poniamo:

Zq(A)= {η ∈ Ωq(A) | dη= 0} ( spazio delle q-forme chiuse), (12.4.2)

Bq

(A)= {dη | η ∈ Ωq−1(A)} ( spazio delle q-forme esatte), (12.4.3)

Hq(A)= Zq(A)/Bq(A) (q-esimo gruppo di coomologia di de Rham). (12.4.4)

Se α ∈ Zq(A), indicheremo con [α] la corrispondente classe di coomologia in Hq(A),

Se q < 0, oppure q > n, porremoZq(A)= 0, Bq(A)= 0, Hq(A)= 0. Dalla formula dei differenziali, otteniamo immediatamente il:

Teorema XII.4.2. Siano A un aperto di Rn, B un aperto di Rmeφ ∈ C(B, A). Il pullback commuta con i differenziali:

(12.4.5) φ

(dη)= dφη, ∀η ∈ Ω

(A) e definisce quindi, per ogni intero q, un omomorfismo

(12.4.6) [φ] : Hq(A) −→ Hq(B).

1Georges de Rham, Matematico (Roche, Losanna, 1903 - Losanna 1990). Dal 1932 prof. al-l’univ. di Losanna e successivamente di Parigi (1943) e Ginevra (1953). Le sue ricerche riguardano soprattutto problemi di natura differenziale e topologica sulle variet`a differenziabili. Nel 1931 dimo-str`o il famoso teorema che identifica i gruppi di coomologia ad invarianti topologici. I suoi risultati hanno aperto nuovi ed elevati settori di ricerca. Il suo lavoro `e stato particolarmente importante per lo sviluppo della teoria dei fasci.

Osservazione XII.4.3. Il Teorema XII.4.2 ci dice che la differenziazione `e un’o-perazione invariante rispetto ai cambiamenti di carte locali e ci permetter`a perci`o di definire le forme differenziali e il differenziale di forme sulle variet`a.

Dimostriamo alcuni risultati sui gruppi di coomologia del complesso di de Rham, da cui ricaveremo in particolare il Lemma di Poincar´e-Volterra sull’aci-clicit`a locale di (12.4.1).

Lemma XII.4.4. Sia A un aperto di Rn

, I un intervallo aperto di R e πA : A × I 3 (x, t) → x ∈ A

la proiezione canonica. Allora il pullback di forme induce un isomorfismo lineare (12.4.7) [πA] : Hq(A) −→ Hq(A × I).

In particolare

(12.4.8) Hn+1(A × I)= 0.

Dimostrazione. Fissiamo t0∈ I e consideriamo l’inclusione t0 : A 3 x −→ (x, t0) ∈ A × I. Poich´e πA◦ t0 = idA, abbiamo idHq(A)= [(πA◦ t0)]= [  t0◦π A]= [  t0] ◦ [πA] e quindi [πA] `e iniettiva.

Resta da dimostrare che [πA] `e anche surgettiva.

Indichiamo con dx il differenziale in A e con d quello su A × I. Scriviamo un elemento α ∈ Ωq(A × I) nella forma

α = α0+ dt ∧ α00, con α0 ∈C (A × I,Λq Rn), α00 ∈C (A × I,Λq−1 Rn). Abbiamo allora dα = dxα + dt ∧ ∂α∂t =dxα0+ dt ∧ ∂α∂t0 − dxα00. Osserviamo che α ∈ πA(Ωq(A)) se e soltanto se

α00= 0, ∂α∂t =0 0. Se α ∈Zq(A × I), abbiamo dxα0 = 0, ∂α∂t =0 dxα00. Poniamo β(x, t) = Z t t0 α00 dt ∈C (A × I,Λq−1 Rn) ⊂ Ωq−1(A × I). Allora α−dβ = (α0+dt∧α00 ) − dxβ+dt∧∂β∂t= α0 − dxβ ∈ Zq(A × I) ∩C (A × I,Λq Rn).

XII.4. IL COMPLESSO DI DE RHAM 191

La forma γ= α0− dxβ `e coomologa ad α e soddisfa le equazioni dxγ = 0, ∂γ∂t =0.

In particolare, γ `e il pullback mediante πAdi un elemento diZq(A). La

dimostra-zione `e completa. 

Ogni elemento α ∈ Ωn+1(A × I)= Zn+1(A × I) `e divisibile per dt, risulta cio`e

α = dt ∧ α00, con α00 ∈C (A × I,Λn (A)). Allora β =Z t t0 α00 ∈C (A × I,Λn (A)) ⊂ Ωn(A × I) soddisfa l’equazione dβ = dt ∧∂β∂t =dt ∧α00 = α. Pi`u in generale abbiamo:

Proposizione XII.4.5. Siano A un aperto di Rne I1, . . . , Ik intervalli aperti di R. Allora

Hq(A × I1× · · · × Ik)= 0, ∀q > n.

Dimostrazione. Abbiamo infatti, per il Lemma XII.4.4, Hq(A × I1× · · · × Ik) ' Hq(A × I1× · · · × Ik−1) ' · · · ' Hq(A × I1) ' Hq(A)= {0}. 

Dalla Proposizione XII.4.5 si ottiene facilmente il

Teorema XII.4.6. Siano I1, . . . , Inintervalli aperti di R. Allora (12.4.9) Hq(I1× · · · × In)=        R se q= 0, {0} se q , 0.

In particolare, otteniamo il teorema di Poincar´e2e Volterra3sull’aciclicit`a lo-cale del complesso di de Rham.

2Jules Henri Poincar´e (Nancy, 29 aprile 1854 - Parigi, 17 luglio 1912) `e stato un matematico, un fisico teorico e un filosofo naturale francese. Poincar´e viene considerato un enciclopedico e in matematica l’ultimo universalista, dal momento che eccelse in tutti i campi della disciplina attivi ai suoi giorni.

Come matematico e fisico, diede molti contributi originali alla matematica pura, alla matema-tica applicata, alla fisica matemamatema-tica e alla meccanica celeste. A lui si deve la formulazione della congettura di Poincar´e, uno dei pi`u famosi problemi in matematica. Nelle sue ricerche sul problema dei tre corpi, Poincar´e fu la prima persona a scoprire un sistema caotico deterministico, ponendo in tal modo le basi della moderna teoria del caos. Viene inoltre considerato come uno dei fondatori della topologia.

Poincar´e introdusse il moderno principio di relativit`a e fu il primo a presentare le trasformazioni di Lorentz nella loro moderna forma simmetrica. Poincar´e complet`o le trasformazioni concernenti la velocit`a relativistica e le trascrisse in una lettera a Lorentz nel 1905. Ottenne cos`ı la perfetta invarianza delle equazioni di Maxwell, un passo importante nella formulazione della teoria della relativit`a ristretta. Il gruppo di Poincar´e usato in fisica e matematica deve a lui il suo nome.

3Vito Volterra (Ancona, 3 maggio 1860 - Roma, 11 ottobre 1940), matematico e fisico italia-no. Fu uno dei principali fondatori dell’analisi funzionale e della connessa teoria delle equazioni integrali. Il suo nome noto soprattutto per i suoi contributi alla biologia matematica.

Teorema XII.4.7 (Lemma di Poincar´e-Volterra). Sia η ∈ Ωq(A) (k ≥ 1) una forma differenziale definita su un aperto A di Rn, che soddisfa

(12.4.10) dη = 0

in un intorno aperto di un punto p di A. Se q= 0, allora f `e costante in un intorno di p in A. Se q> 0, possiamo trovare un intorno aperto U di p in A ed una forma differenziale u ∈ Ω(q−1)(U) tale che:

(12.4.11) du= η in U.

Dimostrazione del Teorema XII.4.7. La tesi segue dal Teorema XII.4.6, per-ch´e ogni punto p ∈ A ha in A un intorno aperto della forma I1 × · · · × In, con

I1, . . . , Inintervalli aperti in R. 

XII.5. Coomologia di de Rham a supporti compatti

Sia A un aperto di Rn. Se B `e un aperto di A, possiamo definire la restrizione rABη ∈ Ωq(B) di una forma η ∈ Ω(A) come il pullback di η rispetto all’inclusione B,→ A.

Definizione XII.5.1. Il supporto di una forma differenziale η ∈ Ω(A) `e il comple-mentare del pi`u grande aperto di A su cui la restrizione di η sia nulla.

Indichiamo con Ωq0(A) il sottospazio delle q-forme differenziali alternate, con coefficienti di classe C, che hanno supporto compatto in A.

Poich´e

(12.5.1) supp dη ⊂ supp η, ∀η ∈ Ω(A),

il differenziale di una forma a supporto compatto ha ancora supporto compat-to. Otteniamo perci`o un sottocomplesso del complesso (12.4.1) restringendoci ai sottospazi Ωq0(A) delle forme con supporto compatto in A.

(12.5.2) 0 −−−−−→ Ω0 0(A) −−−−−→d1 0(A) −−−−−→d2 0(A) −−−−−→ · · · · · · −−−−−→ Ωh 0(A) −−−−−→dh+1 0 (A) −−−−−→dh+2 0 (A) −−−−−→ · · · −−−−−→ Ωn−1 0 (A) −−−−−→dn 0(A) −−−−−→ 0 Definizione XII.5.2. Poniamo:

Zq

0(A)= {α ∈ Ωq

0(A) | dα= 0}, (spazio delle q-forme chiuse a supporto compatto), Bq

0(A)= {dα | α ∈ Ωq−1

0 (A)}, (spazio delle q-forme esatte a supporto compatto), Hq0(A)= Zq

0(A)/Bq

0(A), (q-esimo gruppo di coomologia di de Rham a supporti compatti). Osserviamo che H00(A)= 0 se A `e un aperto di Rncon n > 0, perch´eZ0

0(A) = 0, in quanto i suoi elementi sono funzioni localmente costanti con supporto compatto in A.

XII.5. COOMOLOGIA DI DE RHAM A SUPPORTI COMPATTI 193

Sia A un qualsiasi aperto di Rn, I un intervallo aperto di R e πA : A × I 3 (x, t) → x ∈ A la proiezione su A. Se η ∈ Ωq0(A × I), scriviamo

(12.5.3) η= η0+dt∧η00, con η0 ∈C 0 (A× I,Λq Rn), η00∈C 0 (A× I,Λq−1 Rn). e definiamo (12.5.4) πA∗(η)=Z I η00dt.

Definizione XII.5.3. La forma πA∗(η) ∈ Ωq−10 (A) si dice ottenuta da η ∈ Ωq0(A × I) mediante integrazione sulla fibra.

Lemma XII.5.4. Siano A un aperto di Rned I un intervallo aperto di R. L’inte-grazione sulla fibra anticommuta con i differenziali:

(12.5.5) dxA∗(η)= −πA∗(dη), ∀η ∈ Ω0(A × I). Dimostrazione. Con η definita dalla (12.5.3), abbiamo

dη = dxη0+ dt ∧ ∂η∂t0 − dxη00. Quindi πA∗(dη)= Z I ∂η0 ∂t − dxη00 dt= − Z I dxη00 dt= −dx Z I η00 dt= −dxπA∗(η) perch´eRI(∂η0/∂t)dt = 0 per il teorema fondamentale del calcolo integrale. 

In particolare, per ogni intero non negativo q l’integrazione sulla fibra definisce un omomorfismo

(12.5.6) [πA∗] : Hq+1

0 (A × I) −→ H0q(A). Vale il

Lemma XII.5.5. Siano A un qualsiasi aperto di Rned I un intervallo aperto di R. Allora per ogni intero non negativo q, la(12.5.6) `e un isomorfismo.

Utilizzeremo, nella dimostrazione, il seguente

Lemma XII.5.6. Sia I un intervallo aperto di R e t0= inf I. Se f (t)dt ∈ Ω1 0(I), la

(12.5.7) u(t)=

Z t t0

f(τ)dτ

`e l’unica soluzione dell’equazione du= f (t)dt che si annulli in un intorno destro di t0. La u ha supporto compatto se, e soltanto se,

(12.5.8)

Z

I

f(t)dt= 0.

La(12.5.8) `e condizione necessaria e sufficiente affinch´e l’equazione u0 = f

Osservazione XII.5.7. Per il Lemma XII.5.5 l’applicazione Z1 0(I)= Ω1 0(I) 3 f (t)dt −→ Z I f(t)dt ∈ R

`e un funzionale lineare non nullo il cui nucleo `eB1

0(I). `E perci`o H10(I) ' R.

Dimostrazione del Lemma XII.5.5. Fissiamo una qualsiasi funzione χ(t) ∈ C0(I), con

Z

I

χ(t)dt = 1,

e definiamo, per ogni intero non negativo q, l’applicazione (12.5.9) χ]: Ωq0(A) 3 α → χ(t) · dt ∧ πAα ∈ Ωq+1

0 (A × R). Abbiamo

(12.5.10) πA∗]α) = α, d(χ]α) = χ](dα), ∀α ∈ Ωq 0(A). Quindi χ]definisce per passaggio al quoziente un omomorfismo

]] : H0q(A) −→ Hq+1 0 (A × I). Per (12.5.10) abbiamo

idHq

0(A)= [(πA∗ ◦χ])]= [πA∗] ◦ [χ]],

Da cui segue subito immediatamente che la [πA∗] `e surgettiva. Resta da dimostrarne l’iniettivit`a. Sia q ≥ 1 ed η = η0+ dt ∧ η00 ∈ Zq 0(A × R), con η0 ∈ C 0 (A × I,Λq Rn), η00 ∈C 0 (A × I,Λq−1 Rn). `E dxη0 = 0, ∂η∂t =0 dxη00.

Osserviamo, in particolare, che, se η00 = 0, allora η = 0. Infatti in questo caso η0, essendo indipendente da t ed a supporto compatto, `e nulla.

Supponiamo vi sia una forma α ∈ Ωq−20 (A) tale che

dα = πA∗η =Z I η00dt. Sia β = η − χ](dα)= η − d(χ]α). ` E [β]= [η] e, per la (12.5.10), πA∗β = 0. Questo significa che, per

β = β0+ dt ∧ β00, con β0 ∈C 0 (A × I,Λq Rn), β00∈C 0 (A × I,Λq−1 Rn), risulta Z I β00 dt= 0.

XII.6. IL GRADO DI UN’APPLICAZIONE PROPRIA DI RnIN S ´E 195 Perci`o, se t0 = inf I, γ(x, t) =Z t t0 β00 (x, s)ds

definisce una forma inC

0 (A × I,Λq−1 Rn) ⊂ Ωq−10 (A × I) ed abbiamo dγ = dxγ + dt ∧∂γ∂t =dxγ + dt ∧ β00. Allora ζ = β − dγ ∈ C 0 (A × I,Λq Rn) ∩Zq 0(A × I)

perci`o, per quanto osservato in precedenza, ζ = 0 e quindi β = dγ. `E dunque

[η]= [β] = 0. La dimostrazione `e completa. 

Otteniamo quindi

Proposizione XII.5.8. Sia A un aperto di Rne siano I1, . . . , Ikintervalli aperti di R. Allora, per ogni intero q ≥ 0,

(12.5.11) Hq+k

0 (A × I1× · · · × Ik) ' H0q(A).

Dalla Proposizione XII.5.8 e dall’Osservazione XII.5.7 otteniamo il Teorema XII.5.9. Siano I1, . . . , Inintervalli aperti di R. Allora

(12.5.12) H0q(I1× · · · × In)=        R se q= n, 0 se q , n. Seα ∈ Ωn 0(I1× · · · × In), allora α ∈Bn

0(I1× · · · × In) se, e soltanto se, (12.5.13)

Z

I1×···×In α = 0.

XII.6. Il grado di un’applicazione propria di Rnin s´e

Siano A, B aperti di Rned f : A → B un’applicazione propria4di classeC. Poich´e f `e propria, il pullback di una forma a supporto compatto in A ha supporto compatto in B ed otteniamo quindi un’applicazione

f: Ωq0(B) → Ωq0(A)

che commuta con in differenziale e definisce perci`o, per passaggio al quoziente, un’applicazione

(12.6.1) [ f] : H0q(B) → H0q(A).

Identifichiamo il gruppo di coomologia H0n(Rn) con R mediante il quoziente dell’applicazione (12.6.2) Zn 0(Rn) 3 α → Z Rn α ∈ R.

4Un’applicazione continua φ : X → Y tra due spazi topologici X, Y si dice propria se l’im-magine inversa φ−1(K) di ogni compatto K di Y `e un compatto di X. Ci`o equivale al fatto che f sia continua, chiusa e che φ−1(y) sia compatto in X per ogni punto y di Y.

Se f `e un’applicazione propria differenziabile di Rn in s´e, la [ f] definisce un’ap-plicazione lineare di R in s´e, quindi della forma t → c · t con c ∈ R.

Definizione XII.6.1. Si dice grado di un’applicazione propria differenziabile di Rn

in s´e, e si indica con deg( f ), il numero per cui risulta (12.6.3) [ f][α]= (deg( f )) · [α], ∀[α] ∈ Hn

0(Rn). Definizione XII.6.2. Sia f ∈ C

(Rn, Rn) un’applicazione propria di classeC. Se y ∈ Rn`e un valore regolare di f , definiamo il grado di f in y come l’intero

(12.6.4) degyf =X

x∈ f−1(y)sign(det d f (x)). Vale il

Teorema XII.6.3. Sia f : Rn → Rn un’applicazione differenziabile propria ed y ∈ Rnun valore regolare di f . Allora

degyf = deg( f ) ∈ Z, ∀y ∈ Rn

\ CV( f ), (12.6.5) Z Rn fα = deg( f ) Z Rn α, ∀α ∈ Ωn 0(Rn). (12.6.6)

Dimostrazione. `E sufficiente dimostrare che, dato un qualsiasi valore regolare y0 ∈ Rn\ CV( f ), risulta (12.6.7) Z Rn fα = (degy0f) · Z Rn α, ∀α ∈ Ωn 0(Rn).

L’insieme f−1(y0) `e finito, perch´e `e compatto e consiste di punti isolati. Sia f−1(y0)= {x1, . . . , xk}. Per il teorema dell’applicazione inversa, possiamo trovare un intorno aperto connesso V di Y tale che f−1(V) sia unione disgiunta di aperti U1, . . . , Uk, con xj ∈ Ujper j= 1, . . . , k e la restrizione di f ad Ujsia un diffeomorfismo di Uj

su V. Fissiamo una forma α0∈Ωn

0(V), con Z Rn α0=Z V α0= 1. Se α ∈ Ωn0(Rn), la forma β = α − Z Rn α · α0 soddisfa Z Rn β = 0,

quindi, per il Teorema XII.5.9, `e β = du per qualche u ∈ Ωn−1

0 (Rn). Abbiamo quindi Z Rn fα = Z Rn β + Z Rn α · Z Rn fα0 = Z Rn d fu+ Z Rn α · Z Rn fα0 = Z Rn α · Z Rn fα0.

XII.6. IL GRADO DI UN’APPLICAZIONE PROPRIA DI RnIN S ´E 197

Baster`a quindi dimostrare che Z Rn fα0= degy0f. Abbiamo Z Rn fα0 =Xk j=1 Z Uj fα0 =Xkj=1sign(det d f (xj)) Z Rn α0= degy0f,

per le formule di cambiamento di variabile degli integrali multipli.  Esempio XII.6.4. Per ogni intero positivo n l’applicazione fn : R 3 t → tn ∈ R `e propria. Osserviamo che 1 `e un valore regolare di fn, che viene assunto nel solo punto 1 se n `e dispari, nei punti ±1 se 1 `e pari. Poich´e dtd fn(t)= ntn−1, il grado di

fn `e 1 se n `e dispari, 0 se n `e pari.

Pi`u in generale, si pu`o verificare che una f ∈C

(R, R) `e propria se e soltanto se limt→±∞f(t) = ±∞. Il grado di f `e 0 se f ha segno costante al di fuori di un intervallo limitato, 1 se t f (t) `e positiva e −1 se t f (t) `e negativa fuori da un intervallo limitato.

Esempio XII.6.5. Per ogni intero positivo n, l’applicazione fn : R2' C 3 z → zn∈ C ' R2

`e propria ed 1 `e un suo valore regolare, immagine delle n radici n-esime dell’unit`a. Si verifica facilmente che lo Jacobiano di fnha determinante positivo in tutti i punti z , 0 e quindi il grado di fn(z)= zn`e n.

Per il Teorema grande di Picard, una funzioni intera f ∈ O(C) `e propria se e soltanto se `e un polinomio di grado positivo. Se f ∈ C[z], il grado dell’applicazione z → f(z) da esso definita `e uguale al suo grado come polinomio. Infatti i valori regolari w di f sono quelli per cui l’equazione f (z) = w ha un numero di radici distinte uguale al grado di f e in ciascuna di esse il determinante dello Jacobiano della corrispondente applicazione in R2 `e positivo.

Esempio XII.6.6. Calcoliamo il grado dell’applicazione f : C 3 z → z3− ¯z ∈ C. Si verifica facilmente che f `e propria e che 0 `e un valore regolare di f . Abbiamo

f−1(0)= {0, ±1, ±i}.

Il differenziale di f `e d f = 3z2dz − d¯z. Abbiamo, in forma matriciale d f(0)= 10 −10 ! , d f(±1)= 2 00 4 ! , d f(±i)= −20 −40 ! .

Il grado `e quindi (−1)+ 1 + 1 + 1 + 1 = 3. Osserviamo che d f (z) ha determinante positivo se z `e sufficientemente grande. Come conseguenza, esiste una costante c> 0 tale che f−1(w) contenga esattamente tre elementi se |w| > c.

XII.7. Orientazione e sottovariet`a di Rn.

Sia M una variet`a differenziabile di classe Ck, con k ≥ 1. Un atlante A di classeCk si dice orientato se i determinanti degli jacobiani delle sue funzioni di transizione sono positivi. Diremo che due atlanti orientatiA1edA2sono compati-bili se la loro unione `e ancora un atlante orientato. Una variet`a differenziabile che ammetta un atlante orientato si dice orientabile. La relazione di compatibilit`a `e allora una relazione di equivalenza tra gli atlanti orientati su M che ne definiscono la struttura differenziabile. Se M `e connessa e orientabile, ci sono esattamente due classi di equivalenza di atlanti orientati su M. La scelta di una delle due classi `e una orientazione della variet`a M. Nel caso di una variet`a non connessa, un’orien-tazione di M sar`a la scelta di una particolare orienun’orien-tazione su ciascuna delle sue componenti connesse.

Osservazione XII.7.1. Non tutte le variet`a sono orientabili. Ad esempio gli spazi proiettivi reali RPnsono orientabili se n `e dispari, ma non se n `e pari.

Consideriamo ora in particolare l’orientabilit`a di sottovariet`a di Rn. Ricor-diamo che una sottovariet`a localmente chiusa di Rn, di classe Ck (k ≥ 1) e di dimensione m, `e un sottoinsieme S di Rntale che, per ogni punto p ∈ S , si possano trovare un intorno aperto U di p in Rned n − m funzioni di classeCk

fi: U → R, i= m + 1, ..., n tali che (12.7.1)          S ∩ U= {x ∈ U| fi(x)= 0 i = m + 1, ..., n} d fm+1(x) ∧ ... ∧ d fn(x) , 0, ∀x ∈ U. Una carta locale su S `e una parametrizzazione

(12.7.2) Rm⊃ Baperto−−−−−−r → S ⊂ Rn

di classeCk, cio`e un’applicazione differenziabile di classe Ck, definita su un aperto Bdi Rm, a valori in Rn, non singolare, cio`e con Jacobiano di rango massimo m in ogni punto di B, e la cui immagine r(B) sia contenuta in S . L’esistenza di un atlante ottenuto mediante parametrizzazioni `e assicurata dal teorema delle funzioni implicite.

La scelta delle funzioni fm+1, . . . , fndetermina un’orientazione su S ∩ U : una parametrizzazione (12.7.2) con r(B) ⊂ S ∩ U sar`a una carta ammissibile se

det ∇ fm+1(r), ..., ∇ fn(r), ∂r

∂y1, ..., ∂r ∂ym

! > 0.

Torniamo al caso generale. Sia M una variet`a di classe Ck con k ≥ 1 e sia D un aperto di M. `E allora possibile definire un’applicazione continua f : M → R che assuma valori negativi su D e positivi su M \ ¯D. Infatti M `e uno spazio topologico regolare e a base numerabile e dunque metrizzabile. Se d `e una distanza

XII.8. INTEGRAZIONE SULLE SOTTOVARIET `A E FORMULE DI STOKES 199

che definisce la topologia di M, e bD `e la frontiera di D, baster`a porre

f(x)=        −d(x, bD) se x ∈ ¯D d(x, bD) se x ∈ M − D.

Diciamo che D `e regolare di classeCk se `e possibile scegliere una tale funzione f in modo che sia di classe Ck in un intorno U di bD in M e non abbia punti critici su bD; diciamo allora che la f definisce D. Se M `e orientata, possiamo definire sulla frontiera di un suo aperto D di classe Ck una struttura di variet`a orientata di dimensione n − 1. Se f `e una funzione che definisce D, costruiamo un atlante orientato su bD nel modo seguente: ogni punto p di bD ammette un intorno coordinato (U, φ), compatibile con l’orientazione di M, della forma

φ = ( f, φ2, ..., φn

). Considereremo allora la

(bD ∩ U, (φ2, ..., φn))

come una carta dell’atlante che definisce l’orientazione di bD. La frontiera di D, pensata come variet`a orientata nel modo che abbiamo precisato, si indica con ∂D e si dice il bordo o la frontiera orientata di D.

Questa nozione `e molto importante per la teoria dell’integrazione delle forme differenziali.

XII.8. Integrazione sulle sottovariet`a e formule di Stokes

In questo paragrafo, dati un aperto A di Rne due interi non negativi h, q, indi-cheremo con Ωq,(h)(A) lo spazioCh(A,Λq

Rn) delle forme differenziali alternate di grado q, con coefficienti differenziabili di classe Chin A.

Sia A un dominio di Rn. Una n-forma continua η ∈ Ωn,(0)(A) ha l’espressione η = η1,...,ndx1∧... ∧ dxn,

ove η1,...,n `e una funzione reale, continua in A. Se D `e un sottoinsieme misurabile di A ed η1,...,n `e integrabile su D, possiamo definire

Z

D

η =Z

D

η1...ndx.

Siano B un aperto di Rq, A un aperto di Rn ed r ∈ C1(B, A) un’inclusione differenziabile. La r(B) `e una sottovariet`a parametrica di A ⊂ Rn di dimensione q. Se η ∈ Ωq,(0)(A), il suo pull-back rη `e una q-forma continua su B. Se D `e un dominio misurabile di B, e supp(rη) ∩ ¯D un compatto contenuto in B, possiamo integrare su D la forma rη, e porre:

Z r(D) η = Z D rη.

La formula di cambiamento di variabili negli integrali multipli ci dice che un cam-biamento di parametrizzazione di r(D) che non ne cambi l’orientazione, ottenuto

cio`e mediante un diffeomorfismo z: B → B0 tra aperti B0, B ⊂ Rq con det ∂zi ∂yj ! 1≤i, j≤q > 0 non cambia il valore dell’integrale :

Z z(D) (r ◦ z−1)η = Z D rη.

Possiamo quindi integrare una q-forma su sottoinsiemi compatti di sottovariet`a orientate di dimensione q, usando l’additivit`a dell’integrale e riducendoci, per partizione dell’unit`a, a considerare soltanto il caso di variet`a parametriche (carte locali).

Riconsideriamo ora il concetto di bordo di un dominio di Rn. Supponiamo che Dsia un aperto relativamente compatto di Rn. Sia d la distanza euclidea in Rn e consideriamo la funzione continua f : Rn→ R negativa in D e positiva su Rn− ¯D:

f(x)=        −d(x, bD) se x ∈ ¯D d(x, bD) se x ∈ Rn− D.

Allora bD `e di classeCk con k ≥ 1 in un punto p ∈ bD se soltato se la funzione f cos`ı definita `e di classeCk

in un intorno di p e ∇ f (p) , 0 .

Se bD `e di classe Ck in un punto p, per il teorema delle funzioni implicite potremo trovare un intorno U di p in Rntale che bD ∩ U sia una sottovariet`a chiusa di classeCk e di dimensione n − 1 dell’aperto U. L’orientazione di ∂D `e definita dalle rappresentazioni parametriche

r : V ⊂ Rn−1→ U con r(V)= bD ∩ U0⊂ U che soddisfano la condizione:

det ∇ f (r), ∂r

∂y1, ..., ∂r ∂yn−1

! > 0.

Se la frontiera di un un aperto relativamente compatto D `e differenziabile in tut-ti i puntut-ti, indichiamo con ∂D la sua frontut-tiera come sottovariet`a differenziabile orientata di dimensione n − 1, con l’orientazione definita nel modo precisato sopra. Teorema XII.8.1 (Formula di Green). Sia D un aperto relativamente compatto con frontiera differenziabile e sia η ∈ Ωn−1,(1)(A) una forma differenziale definita in un intorno aperto A di ¯D. Allora

(12.8.1)

Z

∂Dη =Z

D

dη.

Dimostrazione. Sia A un intorno aperto di ¯Ded {Ui} un ricoprimento aperto di A. Fissiamo una partizione dell’unit`a {χi} di classeC, subordinata ad {Ui}. Se η ∈ Ωn−1

1 (A), per l’additivit`a dell’integrale e del differenziale, `e sufficiente dimostrare la (12.8.1) per ciascuna delle forme ηi = χi·η.

Baster`a quindi dimostrare che, per ogni punto x0 ∈ A, esiste un intorno aperto Ux0 di x0in A tale che la (12.8.1) sia verificata se η ha supporto contenuto in Ux0.