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La fortuna critica dei dipinti di El Greco, specialmente del entierro, prima della sua riscoperta tra il XIX e XX secolo, fu completamente negativa. El Greco ebbe una grande fama durante gli anni della sua attività artistica ma tramontò poco dopo gli anni del periodo manierista spagnolo. Ci furono diverse implicazioni e congetture riguardo alla sua eccentrica personalità ed al suo modo di dipingere dimostrato e criticato da diversi intellettuali come Francesco da Pisa assieme a grandi talenti letterati, Luis de Góngora e Hortensio Félix de Paravicino.

Analizzando i commenti di Fray José de Sigüenza su El Greco e di Vicente Carducho nel suo Diálogos de la Pintura, pubblicato nel 1633, possiamo concludere che non è mai stato completamente compreso. Infatti, Francisco Pacheco, scrittore che conosceva molto bene l’artista, nel suo libro Arte de la Pintura, dedicò un encomio in sua memoria con alcune riflessioni e valutazioni riguardo al suo “sgradevole” modo di dipingere, ed ai suoi colori eccessivamente originali realizzati in “piccole tele”.

Non dobbiamo meravigliarci dell’opinione di Jusepe Martínez se nei suoi Discursos practicables del nobilísimo arte de la pintura, scritto nel 1673, considerò El Greco enormemente stravagante: i suoi lavori erano così talmente strani e dissimili tra di loro che non sembrava fossero stati realizzati dall’artista stesso. Alla fine del 1693 José García Hidalgo descrisse con queste parole le tele di El Greco: “spregevoli, audaci e di natura severa”.23

Antonio Palomino, il “Vasari spagnolo”, seguì la stessa linea critico-interpretativa di García Hidalgo scrivendo esempi, aneddoti ed una lunga biografia del cretese, influenzando più tardi diversi artisti, ed inoltre la sua raccomandazione del Entierro del Conde de Orgaz è di speciale interesse non solo perché elogia i ritratti della parte funeraria ma anche perché si congeda dall’accordo attributo a El Greco riguardo alla sua stravaganza, caratteristica che lo distingueva dal suo maestro Tiziano. Nella

seconda parte del trattato di Palomino, del 1724, non ci furono variazioni riguardo alle classiche critiche di El Greco e conteneva biografie di artisti spagnoli, sconosciuti fuori dal loro paese di adozione.

Come si era già menzionato prima, la vera riscoperta di El Greco fu nell’ultimo decennio del Romanticismo: pittori europei esaltarono con entusiasmo la figura del cretese e dei i suoi ritratti stravaganti di cui richiamarono stupore e disdegno. Teorie e giudizi critici del tardo manierismo consideravano El entierro del Conde de Orgaz come il miglior lavoro di El Greco: questa considerazione si basava sulla straordinaria peculiarità dei ritratti della parte inferiore del dipinto mentre la parte superiore continuava a suscitare incomprensione e disapprovazione fino all’ultima decade del XIX secolo. Con l’avvento del movimento positivista ed il rinnovamento delle idee artistiche del Naturalismo e dell’Impressionismo cambiarono il tradizionale valore del cretese e del suo entierro, giocando, inoltre, un ruolo fondamentale: non riuscirono soltanto a comunicare il merito delle sue opere ma a facilitarne la comprensione, superando quello “smarrimento” provocato da artisti poco specializzati.

Lo sviluppo decisivo avvenne grazie all’influenza di artisti come Manet, Degas, Cézanne, i quali integrarono uno spirito di rinnovamento tra critici e storici di arte; così anche in Spagna Ignacio Zuloaga, Santiago Rusiñol assieme a Benito Pérez Galdos e a Emilia Pardo Bazán –scrittori della Generazione del ‘98- promossero un nuovo approccio a El Greco ma il più importante e straordinario libro pertinente all’artista fu pubblicato nel 1908 dal pittore Manuel Bartolomé Cossío. Il lavoro di Cossío fu straordinario sotto ogni punto di vista e venne esaminato dallo scrittore francese Maurice Barrès nonostante il suo Greco ou le secret de Tolède abbia una maggiore vocazione letteraria. I due libri raggiunsero il successo e misero fine alle deludenti critiche di El Greco presentandolo come uno dei più grandi geni dell’arte occidentale. Infatti grazie alle loro nuove attenzioni riguardo allo stile del cretese ed alla sua celebre parte superiore del dipinto, El Greco non viene più considerato come il precursore di Velázquez ma come il creatore di una unica, universale ed assoluta arte.

Recenti studi relativi all’artista comprendono El Greco and his School, di Wethey, pubblicato nel 1965, concomitante ad altre scoperte e documentazioni

critico-artistiche delle Vite del Vasari e del De Architectura di Vitruvio, nella edizione veneziana di Daniele Barbaro dove le seguenti annotazioni mettono in rilievo non solo le osservazioni di El Greco riguardo all’arte ma pongono l’accento sulle esibizioni di Madrid, Toledo e di Ohio del 1982.

Per quanto riguarda lo stato di conservazione del Entierro del Conde de Orgaz, è stato protetto per molti anni da furti e da azioni distruttive ed è ancora in buone condizioni. Cossío –verso la metà del XIX secolo- osservò che il dipinto era stato trascurato e lo fece restaurare grazie al supporto di Madrazo e Moreno. Più tardi Moreno precisò: “la limpida tonalità trattenuta da tutti i colori è ammirabile, e se complessivamente hanno una coloratura gialla, questo è dovuto alla vernice leggermente sfumata, forse usata in maniera meticolosa per ammorbidire i contrasti”.24 Raramente visitatori e testimoni hanno affermato che il dipinto era in povere condizioni sebbene ci fossero state diverse critiche riguardo alla cappella ed alle condizioni generali della chiesa di Santo Tomé.

Per concludere, è stato scoperto un prototipo o “replica” del entierro, conservato nel Prado dal 1902, dopo essere stato salvaguardato per un centinaio di anni nella Academia de San Fernando; fu trasportato lì nel 1774 dopo la confisca dei beni e la espulsione dei Gesuiti. Palomino aveva osservato:25

Nella dimora dei Gesuiti nella stessa città inoltre c’è un altro dipinto eseguito dalla sua mano e sullo stesso tema, ma senza Gloria sopra, di cui era stato composto da Dominico in risposta alla richiesta di questi fratelli come pegno della loro gratitudine per aver donato alla loro chiesa la terra del Conte di Orgaz…e in verità entrambi i dipinti sembrano composti da Tiziano.

Comunque, il quadro ora si trova nel Prado e non si nota alcuna somiglianza né con El Greco e neanche con Tiziano, come è stato constatato a partire dal 1920 nei cataloghi da collezione, ma è stato registrato come una “copia” di suo figlio Jorge Manuel.

24 Cit., di Moreno, in F. Calvo Serraler, El Greco: the burial of Count of Orgaz, p. 23. 25 Cit., di Palomino, in F. Calvo Serraler, El Greco: the burial of Count of Orgaz p. 24.

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