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Fotocatodi a semiconduttore

Capitolo 2 Sorgenti elettroniche: Teoria e Stato dell’Arte

2.2 Effetto Schottky

2.4.3 Fotocatodi a semiconduttore

La difficoltà di utilizzare radiazione ottica nell’intervallo UV, le alte potenze ottiche richieste per far fronte a bassi valori di QE offerti dai metalli, hanno spinto verso la ricerca di materiali per fotocatodi che presentino non solo una QE maggiore di ordini di grandezza rispetto al caso dei metalli, ma allo stesso tempo, uno spostamento della soglia di fotoemissione verso il visibile. Le potenzialità offerte dai semiconduttori permettono di realizzare fotocatodi con alto coefficiente di assorbimento nel visibile, alto rate di generazione modulabile con lo spessore dello strato assorbente, alte densità di corrente fotoemessa (attualmente la carica netta per impulso è maggiore dei fotocatodi metallici) [2], a fronte di alcune limitazioni quali il tempo di risposta più lento e l’alta reattività chimica.

Secondo il Three Step Model discusso in precedenza, fotocatodi ad alte prestazioni devono i) massimizzare l’assorbimento nell’intervallo di lunghezze

d’onda della radiazione considerato; ii) minimizzare le perdite energetiche durante il trasporto verso la superficie di emissione; iii) avere un’affinità elettronica più piccola possibile. La grande varietà di semiconduttori, la possibilità di modificare il drogaggio e l’ingegnerizzazione delle bande, permettono di selezionare opportunamente la lunghezza d’onda dove è massimo l’assorbimento ottico. Eterostrutture dedicate consentono di avere fotosensibilità anche nel vicino infrarosso con QE superiori a 0,1 (Fig. 2.11). L’alta QE propria dei semiconduttori, oltre alla esigua riflettività alla radiazione, è direttamente legata al meccanismo di trasporto dei fotoelettroni generati all’interno dello strato assorbente.

Figura 2.11: QE per tipici fotocatodi a semiconduttore. Rispetto ai metalli, la QE è

diversi ordini di grandezza superiore e il massimo si ottiene nel VIS e NIR [36].

Se per i metalli, il principale meccanismo di perdita energetica è dovuto allo scattering elettrone-elettrone, che esaurisce la maggior parte dei fotoelettroni generati prima che questi raggiungano la superficie, determinando, una profondità di fuga di poche decine di nanometri al di sotto della superficie (motivo

2.4 Fotoemissione 30

determinante per l’utilizzo come fotocatodi opachi), per i semiconduttori lo scattering elettrone-fonone è il meccanismo predominante di perdita energetica per i fotoelettroni che diffondono all’interno del materiale verso la superficie; la maggior parte dei fotoelettroni arrivano in superficie con energia sufficiente al superamento della barriera per l’emissione.

Tuttavia il tempo di risposta dei fotocatodi a semiconduttore è dell’ordine dei picosecondi (mentre è dell’ordine dei femtosecondi per i metalli) ed è nella progettazione del dispositivo trovare il compromesso adatto fra alto rate di generazione (maggiore spessore di materiale assorbente) e velocità di risposta (minore spessore). L’enorme sviluppo dei fotocatodi a semiconduttore, iniziato 50 anni fa [37], si fonda sulla possibilità di agire direttamente sulla riduzione della barriera che gli elettroni vedono per lasciare la superficie. In condizioni normali, l’affinità elettronica dei semiconduttori è positiva (PEA, Positive Electron Affinity), determinando il limite maggiore alla fotoemissione. Depositando opportuni spessori di materiali a bassa funzione lavoro (principalmente metalli alcalini e loro ossidi), si riduce sensibilmente l’affinità elettronica χ del dispositivo, realizzando fotocatodi a bassa affinità (LEA, Low Electron Affinity) e, nel caso di semiconduttori drogati p, l’incurvamento delle bande verso il basso produce un livello del vuoto effettivamente al di sotto del minimo della banda di conduzione, originando un’affinità elettronica negativa (NEA, Negative Electron Affinity) (Fig. 2.12).

In questo modo partecipano all’emissione anche i fotoelettroni aventi energie prossime al minimo della banda di conduzione (incrementando la QE), che nel caso dei PEA sarebbero stati riflessi dalla superficie nel semiconduttore [38]. Considerando dell’ordine di qualche micrometro sia la lunghezza di diffusione sia la profondità di fuga, lo spessore tipico di materiali per realizzare fotocatodi NEA va da pochi strati atomici al centinaio di nanometri. La deposizione di tali materiali

avviene su substrati trasparenti alla radiazione ottica incidente in modo da realizzare fotocatodi in trasmissione.

Figura 2.12: Schema di un semiconduttore p-type che presenta una NEA. L’energia

necessaria per l’emissione è drasticamente ridotta, spostando verso il visibile la radiazione necessaria per la fotoemissione e incrementando la QE.

La maggior parte dei fotocatodi PEA è costituita da materiali alkali e multi- alkali [39] [40], basati su antimonio, tellurio sodio, potassio e cesio. I NEA sono costituiti prevalentemente da semiconduttori III-V (GaAs e GaN) ricoperti con pochi nanometri di ossido di cesio. L’incremento notevole della QE si traduce, tuttavia, in un tempo di vita del fotocatodo estremamente ridotto (dopo non più di 50 ore la QE si è ridotta di un ordine di grandezza) a causa dell’alta reattività chimica propria dei materiali alcalini, che richiedono, per il loro utilizzo, setup più sofisticati e condizioni di UHV più spinte, con pressioni dell’ordine di 10-11 Torr.

Tecniche di passivazione della superficie e riattivazione in situ del materiale attivo degradato [44] [45] [46] [47], riescono a prolungare la vita media dei fotocatodi,

2.4 Fotoemissione 32

rendendo, tuttavia, inapplicabile un loro utilizzo con caratteristiche operative inalterate. Di recente si stanno sviluppando prototipi di fotocatodi basati su materiali quaternari a base di indio per massimizzare l’assorbimento a lunghezze d’onda superiori al micrometro [48].

Tipologia Materiale λ (nm) E (eV) χeff (eV) QE

PEA: mono-alkali Cs2Te 264 4,70 0,5 0,1 Cs3Sb 432 2,87 0,45 0,15 K3Sb 400 3,10 1,6 0,07 Na3Sb 330 3,76 1,6 0,02 Li3Sb 295 4,20 / 10-4 PEA: multi-alkali Na2KSb 330 3,76 1 0,1 (Cs)Na3KSb 390 3,18 0,55 0,2 K2CsSb 543 2,28 1,1 0,1 K2CsSb(O) 543 2,28 1,1 0,1 NEA GaAs(Cs,F) 860 1,44 < 0,1 0,1 GaN(Cs) 260 4,77 < 0,1 0,1 GaAs0,55P0,45(Cs,F) 532 2,33 < 0,1 0,1 Tabella 2.3: proprietà di alcuni fotocatodi a semiconduttore [41] [1] [42] [39] [43].

L’utilizzo di fotocatodi a semiconduttore in esperimenti di fisica per alte energie risiede soprattutto nella possibilità di poter generare correnti elettroniche polarizzate in spin. L’unicità di tale caratteristica ha condotto negli ultimi venti anni alla realizzazione di fotocatodi, basati principalmente su eterostrutture in GaAs, in grado di raggiungere livelli di polarizzazione superiori al 90% [49] [50] [51] [52]. Rimuovendo la degenerazione tra buche leggere (lh, light holes) e buche

pesanti (hh, heavy holes), mediante una deformazione del reticolo cristallino, si favoriscono delle transizioni fra i livelli energetici che teoricamente producono polarizzazione pari al 100% di spin up (o down) per luce incidente polarizzata circolarmente destra (o sinistra) (Fig. 2.13). La deformazione del reticolo avviene tramite crescite controllate di spessori opportuni di superreticoli di GaAs e leghe di GaAsP (Fig. 2.14). Un strato di pochi nanometri di ossido di cesio depositato sull’eterostruttura attua la riduzione dell’affinità elettronica per massimizzare l’emissione a lunghezze d’onda nel VIS e NIR.

L’esclusività di poter avere una sorgente di elettroni polarizzati richiede, al pari dei fotocatodi PEA e NEA, un setup sofisticato per garantire estreme condizioni di vuoto, onde evitare l’avvelenamento del dispositivo e la rapida degradazione di prestazioni, un’accurata e dispendiosa attivazione del dispositivo, prestazioni ridotte in termini di carica prodotta e tempo di risposta. La difficoltà tecnologica nella crescita del superreticolo, la metodologia di impacchettamento per il trasporto in aria e il relativo montaggio, lo rendono esclusivo a poche facility e non accessibile al mercato convenzionale dei classici fotocatodi.

Figura 2.13: Schema delle regole di selezione per reticolo unstrained (a) e

strained (b) in cui è stata rimossa la degenerazione fra lh e hh, producendo una

2.5 Emissione per effetto di campo

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