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F. Budillon

1

, M. Cesarano

2

, A. Conforti

1

, G. Di Martino

1

, G. Pappone

3

, N. Pelosi

1

1CNR-IAMC, Istituto per l’Ambiente Marino Costiero, sede di Napoli, Italia 2Università degli Studi del Molise, DiBT, Isernia, Italia

3Università “Parthenope”, DiSAm, Napoli, Italia

Un data set di sismica 2-D a varie risoluzioni, di modelli digitali del fondo mare (DEM) a 10 e 5 m, e di dati sedimentologici da carotaggi a gravità è stato esaminato per investigare le aree distali del Golfo di Salerno, dove si osservano diffusi fenomeni di instabilità gravitativa.

Il fianco meridionale della Valle di Salerno (Tirreno orientale) è caratterizzato, infatti, da numerosi cedimenti lungo superfici stratigrafiche delle coltri superficiali di sedimento, che hanno originato nicchie di frana multiple, tra 300 e 900 metri di profondità. Le nicchie, nel loro complesso, costituiscono un fronte erosivo, esposto a fondo mare, lungo 17 km e sub-parallelo alle isobate, e si sviluppano su di una superficie

ampia 160 km2, a monte e a valle di una struttura antiforme, orientata N50°-N70°. Questa struttura, rilevata

rispetto al fondale di circa 40 m, deforma i depositi di scarpata pleistocenici. La sua formazione, come anche di altre antiformi sepolte, viene qui messa in relazione con fenomeni di deformazione gravitativa profonda dei depositi di scarpata, lungo un piano di scollamento che attualmente giace tra 1.8 s e 1s di profondità (twtt) e che emerge a fondo mare in corrispondenza dell’headwall scarp alla profondità di circa 200 m nell’offshore del Cilento. La deformazione gravitativa profonda coinvolge uno spessore di sedimenti di alcune centinaia di metri e sembra essere coeva alle dislocazioni tettoniche recenti lungo il margine tirrenico della catena sud-appenninica. È, infatti, rilevabile un’estesa disconformità stratigrafica regionale, correlabile con il MIS6, che sigilla sia le strutture deformative della frana profonda che i piani di faglia.

È importante evidenziare che le strutture plicative, generatesi al piede della frana profonda, sono diventate a loro volta aree gravitativamente instabili su cui si sono innescati scorrimenti nella coltre di sedimento superficiale, ben rilevabili dal DEM.

La mappa dei residui batimetrici, realizzata nell’area tramite DEM acquisiti a distanza di sei anni, esclude che ci siano state riattivazioni recenti del sistema di frana superficiale. Purtuttavia, le evidenze stratigrafiche documentano che alcune nicchie, drappeggiate da depositi emipelagici negli ultimi 22 ky BP, sono state riattivate da cedimenti successivi in progressione verso mare.

Un sistema di frana così ampio e complesso, la sismicità dell’area, la riattivazione di alcuni piani di scollamento nell’ambito del sistema di frana superficiale e la presenza nella successione stratigrafica del tardo Pleistocene-Olocene di numerosi livelli vulcanoclastici sono elementi che concorrono alla pericolosità geologica di questo tratto di margine continentale e richiedono ulteriori indagini per definire i tempi e gli scenari di possibili riattivazioni future nonché un monitoraggio più efficace.

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Impatto delle variazioni climatiche sull’instabilità dei versanti napoletani:

ieri ed oggi

V. Buonomo

1

, A. De Rosa

2

, P. De Vita

2

, L. Esposito

2

, A. Mazzarella

2

, F. Ortolani

2

, S. Pagliuca

3

,

G. Petroccelli

2

, E. Toce

2

1CNR-IAMC, Istituto per l’Ambiente Marino Costiero, sede di Napoli, Italia

2Università “Federico II”, Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse, Napoli, Italia 3CNR-ISAFoM, Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo, Ercolano (NA), Italia

Studi innovativi e avanzati di geoarcheologia ambientale eseguiti dagli scriventi negli ultimi 20 anni presso l’Università di Napoli Federico II ed il CNR-ISPAIM, analizzando gli archivi naturali integrati, hanno evidenziato che la superficie del suolo della fascia costiera dell’Area Mediterranea negli ultimi 2000 anni è stata interessata da significative e cicliche modificazioni climatico-ambentali.

I dati acquisiti con ricerche multidisciplinari hanno consentito di evidenziare le relazioni esistenti tra cambiamento del clima ed equilibri geomorfologici della superficie del suolo anche negli ultimi 150 anni.

I primi risultati acquisiti con ricerche, ancora in via di sviluppo, sulle caratteristiche geotecniche ed idrauliche dei sedimenti superficiali che caratterizzano i versanti della Collina dei Camaldoli, incombente sulla città di Napoli, hanno fornito dati originali circa la loro “sensibilità” e predisposizione al dissesto in relazione a particolari eventi piovosi rilasciati da cumulonembi. Si è evidenziato, pure, il ruolo delle condizioni climatiche attuali e del conseguente regime piovoso nel favorire i processi fisici sui sedimenti che predispongono ai rapidi fenomeni pedogenetici che caratterizzano l’attuale periodo di cambiamento climatico.

L’incremento dello spessore del suolo sui versanti ripidi incombenti sull’area urbana di Napoli e l’incremento degli eventi piovosi estremi sta sensibilmente aggravando il rischio idrogeologico connesso a frane rapide tipo colate di fango e detriti.

Le stratigrafie geoarcheologiche studiate nell’area urbana evidenziano significativi fenomeni alluvionali attribuibili a ripetute colate di fango che hanno causato l’aggradazione della superficie del suolo di diversi metri durante gli ultimi 2500 anni.

In particolare si riconoscono tre intervalli durante i quali l’area urbana di Napoli è stata interessata da ripetuti dissesti catastrofici: il più antico ha determinato il ricoprimento dell’area urbana greca; il secondo ha sepolto gran parte della città romana e l’ultimo ha contribuito alla costruzione della morfologia costiera da Mergellina alla foce del Sebeto.

Alla luce dei risultati acquisiti sulle caratteristiche geotecniche ed idrauliche dei sedimenti e sul ruolo delle variazioni (qualitative e quantitative) delle precipitazioni piovose si ritiene che gli eventi alluvionali catastrofici del recente passato siano avvenuti durante periodi climatici caratterizzati da ripetuti eventi piovosi tipo cumulonembo. Nella previsione che le condizioni climatiche attuali evolvano verso condizioni simili a quelle che ciclicamente si sono verificate nella fascia costiera della Campania risulta evdente affrontare la prevenzione e la mitigazione del rischio da colate di fango e detriti a tutela dell’ambiente urbano e della sicurezza dei cittadini.

   

RIASSUNTI CONGRESSO AIQUA 2013

Napoli 19 | 21 giugno 2013  

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Statistica morfometrica di dati ecometrici multifascio come strumento per