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1. Introduzione

A scorrere la copiosa bibliografia di Lavinia Mazzucchetti, costellata di articoli, saggi critici originalissimi e traduzioni pionieristiche delle opere più rappresentative della letteratura tedesca, titoli quali Elementi di

grammatica tedesca e Prime letture tedesche potranno forse apparire mar-

ginali, mere testimonianze dell’ ʻopera della germanista da giovaneʼ. Apparsi tra il 1916 e il 1933, con la pubblicazione a intermittenza degli

Elementi in due distinte edizioni per le Scuole classiche e commerciali

(1916 e 1917) e dei loro rispettivi libri di lettura (1920 e 1933)1, i manuali

per l’insegnamento del tedesco segnano in effetti un momento ben preciso nella parabola esistenziale di Mazzucchetti, un’esperienza intellettuale da ricondurre a quei fervidi anni giovanili in cui la promettente studiosa mi-

1I manuali scolastici di Mazzucchetti, pubblicati per i tipi dell’editore milanese tre- visini, sono in tutto quattro: Elementi di lingua tedesca per le Scuole classiche (1916), Elementi di lingua tedesca per le Scuole commerciali (1917), poi subito ristampato nel 1920), Prime letture tedesche per le Scuole classiche (1920) e Prime letture tedesche per le Scuole medie inferiori e commerciali (1933). Per la datazione, sovente non ripor- tata nei volumi pubblicati, ci si riferisce qui a quanto indicato dalla stessa Mazzucchetti in un documento manoscritto da lei intitolato Breve presentazione del lavoro svolto, forse la versione estesa di un curriculum, conservato nell’Archivio Mazzucchetti presso la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori (FAAM). ArchMazz, b. 3, fasc. 13, s. d. Nell’ambito della produzione scolastica di Mazzucchetti bisogna inoltre citare la ver- sione adattata per la scuola de I Nibelungi (1926), realizzata su proposta di Giorgio Ma- nacorda e pubblicata da Sansoni. A quanto si apprende da una lettera ai genitori del 1913, il lavoro prende le mosse da un incontro casuale avvenuto a Heidelberg con il prof. Ma- nacorda che – così scrive Mazzucchetti – «[…] mi ha persuaso con molti complimenti e soprattutto con argomenti pratici circa la carriera a rinunciare al mio progetto di ozio assoluto, o meglio di lavoro nelle scuole. […] Fatto sta che ho finito per accogliere l’in- vito suo di preparare nell’anno un’edizione critica di un’opera tedesca per una raccolta da lui diretta. Lavoro pedante e pesante, che però nei concorsi può giovare molto e che insomma mi riconduce allo studio». Lettera di Lavina Mazzucchetti (d’ora in poi L. M.) ai genitori del 31 agosto 1913. ArchMazz., b. 6, fasc. 21.

lanese andava cercando la propria identità professionale dividendosi tra il bisogno concreto di dedicarsi all’insegnamento scolastico, vissuto come una faticosissima e assai poco appassionante «Brotarbeit»2, e l’ambizione,

non priva di contraddizioni3, di potere un giorno ottenere una cattedra di

letteratura tedesca all’università.

Concepiti in seguito a una proposta di collaborazione del Professor Sigismondo Friedmann, suo amato maestro e mentore, i manuali sem- brano essere per Mazzucchetti, opere fatte più per necessità che per un autentico interesse intellettuale.

Dalle copiose lettere dell’epoca indirizzate soprattutto all’amica e con-

fidente Lucia Paparella4, emerge infatti come la grammatica per lei non

sia che un «increscioso lavoro»5, «la (mia) seccatura capitale»6, «un la-

voro forzato»7, così sgradito da costarle un immane sforzo di volontà,

buono, semmai, per essere menzionato «nei concorsi come titolo»8. «un

lavoro lungo e noioso, nella sua stupidità tra l’altro non facile»9– scrive

ancora Mazzucchetti – che la costringe ogni volta a fare i conti con la fru- strante consapevolezza di sottrarre tempo ed energie ai suoi amati studi letterari, e svolto per giunta in totale solitudine, dal momento che Fried-

mann «non ci ha messo mano per niente, se non con consigli vaghi»10.

Se però, trascurando il dato puramente biografico, si guarda ai libri di testo di Mazzucchetti da una prospettiva storico-critica, considerandoli

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2«Lavoro per guadagnarsi il pane». Da una lettera di L. M. a Waldemar Jollos del 1 febbraio 1929. ArchMaz, b. 2, fasc.10. Se non specificato altrimenti, le traduzioni dei testi originali tedeschi sono ad opera dell’autrice del saggio.

3L’interesse per l’insegnamento universitario nasce e si sviluppa in Mazzucchetti in un continuo alternarsi di entusiasmi e insofferenze. Per quanto, infatti, alla giovane ger- manista non manchi il coraggio di aspirare a qualcosa di più che al semplice insegnamento scolastico, nella consapevolezza «di essere molto superiore a molte oche e sgobbone» sue coetanee (cfr. ArchMazz, b. 5, fasc. 17, s.d.), sono molte le occasioni in cui indulge al va- gheggiamento di una vita muliebre, lontana dalle aule e dai consessi universitari. Per un approfondimento sugli anni giovanili di Mazzucchetti, rimando allo studio di Anna Anto- nello, Tra l’agro e il dolce. Note biografiche su Lavinia Mazzucchetti, in «Come il cavaliere sul lago di Costanza». Lavinia Mazzucchetti e la cultura tedesca in Italia, a cura di A. A., Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano 2015, pp. 7-28.

4Lucia Paparella, collega di studi e amica di Lavinia Mazzucchetti, poi insegnante e traduttrice, autrice, insieme ad Anna Pasetti, di una nota grammatica di lingua francese edita da Mondadori.

5Lettera di L. M. a Lucia Paparella non datata, ma risalente probabilmente alla pri- mavera del 1916. ArchMazz, b. 25, fasc. 109, s.d.

6Ibidem. 7Ibidem.

8Lettera di L. M. a Lucia Paparella dell’8 ottobre 1915. ArchMazz, b. 25, fasc.109. 9Ibidem.

nella più ampia compagine della produzione manualistica per l’insegna- mento della lingua tedesca in Italia, è possibile rilevare come tanto gli

Elementi quanto le Prime letture siano solo in apparenza ʻopere minoriʼ.

Di fatto, i manuali della dottoressa Lavinia Mazzucchetti ‒ così il suo nome appare riportato in copertina almeno fino agli anni trenta ‒ pronta- mente adottati in numerosi istituti italiani, ristampati in tempi record11, si

affermeranno presto come «testi dal conclamato valore didattico»12e, pub-

blicati e ripubblicati nel corso del tempo, resteranno per decenni un impre- scindibile punto di riferimento per intere generazioni di scolari e docenti.

Non solo. Ad una più dettagliata ricognizione, è inoltre da rilevare come nella scelta degli argomenti e nella modalità della loro presenta- zione, queste opere si caratterizzino per una sensibilità pedagogica non comune, che le rende per certi aspetti addirittura innovative rispetto alla produzione coeva.

Nell’intento di colmare lo scarto esistente tra valore biografico e valore intrinseco di questi testi e di indagare dunque quale sia stato il principio, che, seppure tra insofferenze e intemperanze, ha guidato Mazzucchetti nell’ ʻinsegnare il tedesco agli italianiʼ, le pagine che seguono si concen- treranno sull’analisi dei manuali, con particolare riguardo per lʼimpianto metodologico e strutturale, nonché per i criteri didattici messi in atto per la loro realizzazione.

2. I libri di testo di Lavinia Mazzucchetti e la manualistica per l’insegnamento delle lingue straniere in Italia

tra otto e Novecento

Quando nel 1916 l’editore milanese trevisini dà per la prima volta alle stampe il volume Elementi di lingua tedesca per le Scuole classiche, la manualistica scolastica per l’insegnamento delle lingue straniere in Ita- lia è un genere ancora in via di definizione e vive un momento di parti- colare fioritura.

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11È la stessa Mazzucchetti a confermarlo quando, nel già citato documento Breve presentazione del lavoro svolto, riconosce finalmente il valore del proprio lavoro e scrive: «D’altra parte, frutto del lavoro nella scuola media e universitaria, furono i due testi scolastici, gli Elementi di lingua tedesca e le Prime Letture, i cui intenti sono esposti nelle brevi prefazioni. Il rapido esaurirsi di una prima forte edizione e il vedere gli ele- menti adottati in molte città, tra cui mi è di speciale compiacenza il Ginnasio di trieste, confermano quanto meno l’utilità del testo». ArchMazz, b. 3, fasc. 13.

12Giorgio Cabibbe, Lavinia Jollos Mazzucchetti e la sua testimonianza europea, in «Il Ponte», 6 (1966), p. 801.

Per quanto la produzione di grammatiche di lingua straniera per la scuola si affermi già in epoca postunitaria, in seguito al riordino del si- stema dell’Istruzione pubblica e alla conseguente introduzione delle lin- gue straniere nei nuovi ordini scolastici, essa va in effetti progressivamente intensificandosi nei primi decenni del Novecento, al continuo mutare delle disposizioni ministeriali che, nel ridefinire ogni volta l’assetto scolastico, ritoccano l’insegnamento delle lingue straniere tanto negli orari e nei programmi quanto nei criteri metodologici.

Dalla legge Casati del 1859 fino almeno alla Riforma Gentile del 1923, la questione ruota intorno a come conciliare un insegnamento, che in re- lazione alle esigenze formative dei nuovi istituti scolastici doveva inten- dere lo studio delle lingue estere «sotto l’aspetto dei loro risultamenti pratici» (R.D. 13.11.1859 n. 3725, titolo IV, Art. 276), con la più che mai viva tendenza didattico-pedagogica secondo la quale il fine dell’insegna- mento scolastico – lingue estere comprese – doveva essere prioritaria- mente educativo e formativo, e dunque concorrere più allo sviluppo intellettivo e personale dello scolaro che non alla trasmissione di specifi- che competenze.

Da qui il ʻdibattito sul metodoʼ che imperversa per decenni nelle aule della politica sviluppandosi essenzialmente sul confronto, l’inter- pretazione e l’eventuale adattamento di due criteri metodologici preci- pui, quello grammaticale-traduttivo, ereditato dall’insegnamento delle lingue classiche e volto a favorire la competenza scritta secondo un ap- proccio deduttivo e sintetico, ovvero dalla regola agli esempi, e il nuovo metodo diretto e analitico, di matrice tedesca, giunto in Italia solo a

fine ottocento13, e basato prevalentemente sullo sviluppo di competenze

orali, secondo un approccio didattico induttivo: dagli esempi alla re- gola.

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13Il riferimento è alla rivoluzione metodologica operata in Germania da Wilhelm Viëtor. Con la pubblicazione del libello Der Sprachunterricht muß umkehren! (1882), Viëtor, professore di linguistica e filologia presso l’università di Marburgo, prende ra- dicalmente le distanze dal metodo didattico classico, basato su un approccio grammati- cale-traduttivo, per elaborare invece un metodo che parta dalla fonetica per insegnare la lingua direttamente attraverso la lettura dei testi. Il metodo diretto arriva in Italia intorno al 1894 e trova il suo principale portavoce in Romeo Lovera, professore presso il Regio Istituto di Studi Commerciali di torino e autore di numerose grammatiche di lingua ro- mena, greca, francese e tedesca. Per approfondimenti su Viëtor e sul metodo diretto in Italia cfr. Valentina Russo, Le lingue estere. Storia, linguistica e ideologia nell’Italia fa- scista, Aracne, Roma 2013, pp.158-160 e Carla Pellandra, Le débat sur la méthode di- recte en Italie, in Pour et contre la méthode directe. Historique du mouvement de réforme de l’enseignement des langues de 1880 à 1914, sous la dir. de Coste Daniel – Christ Herbert, «Études de linguistique appliquée», 90 (1993), pp. 41-49.

In questa compagine, in cui il legislatore di turno non esita a farsi in- terprete delle teorie glottodidattiche di maggiore attualità14, il riflesso

sull’editoria è immediato: le case editrici, dalla più autorevole alla più piccola stamperia di provincia, comprendono in fretta che la produzione di manuali per l’insegnamento delle lingue straniere può essere un affare alquanto remunerativo e, pronte a rivedere i propri piani editoriali, si but- tano a capofitto nella produzione di manuali di lingue straniere per la scuola, facendo a gara nel promuovere grammatiche sempre nuove, dal metodo, naturalmente, attualissimo e più che mai efficace15.

E se, ancora a fine ottocento, persiste in molti editori la tendenza ad affi- darsi allo studioso o intellettuale straniero in grado di elaborare una gramma- tica completa ed esaustiva, già a partire dai primi del Novecento si fa sempre più marcata la necessità di rivolgersi a studiosi nostrani, per lo più docenti della scuola e talvolta universitari che, oltre a conoscere scientificamente la lingua straniera di riferimento e a farsi interpreti dei metodi più moderni, siano costantemente aggiornati sulle continue ridefinizioni degli insegnamenti e addentro ai meccanismi del complesso sistema scolastico italiano.

Dal punto di vista metodologico si assiste, almeno sulla carta, alle pro- poste più disparate, volte a rispondere fedelmente alle indicazioni del Mi- nistero e ad adattare i testi ai contenuti specifici previsti per l’insegnamento delle lingue nei diversi ordini e gradi scolastici. Alla prova dei fatti, però, la maggior parte dei testi viene costruita secondo un’impostazione metodolo- gica tradizionale, di impianto normativo, basata su un approccio didattico principalmente grammaticale-traduttivo e ciò sia per la ragione, essenzial- mente ideologica, che porta a far prevalere l’intento pedagogico-formativo su quello più propriamente pratico (ancor prima che bravi linguisti la scuola italiana deve formare gli italiani!) sia per l’effettiva impreparazione del corpo docente, per buona parte ancora refrattario a farsi portavoce del nuovo metodo diretto e analitico.

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14Si passa dal metodo «pratico e analiticamente graduale», basato sul continuo con- fronto con l’italiano della legge Casati (1859), al metodo filologico-comparativo, an- ch’esso fondato sul costante confronto con l’italiano per favorire «lo sviluppo della riflessione sulle diverse forme grammaticali» (programmi Coppino, 1885) al metodo intuitivo, pratico e diretto proposto da Bianchi nella sua Circolare del 1905 e poi ripreso e sviluppato da Baccelli nella famosa Circolare del 1919, in cui il ministro assume po- sizioni che per molti versi anticipano l’approccio didattico comunicativo. Per approfon- dimenti sul rapporto tra legislazione e insegnamento delle lingue straniere confronta Carla Pellandra, Le radici del nostro mestiere. Storia e storie degli insegnamenti lingui- stici, in «Quaderni del CIRSIL», 3 (2004), <www.lingue.unibo/cirsil>, e Paolo B. Bal- boni, Storia dell’educazione linguistica in Italia. Dalla legge Casati alla riforma Gelmini, utEt, torino 2009.

15Cfr. Bruna Ranzani, L’editoria italiana per l’insegnamento delle lingue straniere, in «Quaderni del CIRSIL», 6 (2007), <www.lingue.unibo/cirsil>, pp. 1-97, qui pp. 31 s.

Anche nel caso specifico della manualistica destinata all’insegnamento del tedesco, in quegli anni la lingua straniera più diffusa nella scuola ita- liana dopo il francese16, non si notano segnali di particolare innovazione

grammaticografica. Fatta eccezione per alcuni testi emblematici, quali per esempio la celeberrima grammatica tedesca intuitiva di Romeo Lo- vera17, la gran parte delle proposte resta di fatto basata sul metodo gram-

maticale tradizionale, ogni volta reinterpretato in modo ʻecletticoʼ dal singolo autore nell’intento di trovare il giusto mezzo fra grammatiche me- todiche di vecchio stile e i libri puramente pratici ed empirici, teoria e prassi, fine pratico e fondamento pedagogico18.

Sulla scia di questa diffusa tendenza rivolta alla ripresa e al riadatta- mento della tradizione, anche Mazzucchetti traccia la propria linea meto- dologica, proponendola, da par sua, in maniera affatto personale.

3. Gli Elementi di lingua tedesca: per un’ʻesterioreʼ novità di metodo

Cerchiamo ora di ricostruirla, questa linea, a partire dalla dichiarazione di intenti che l’autrice espone nella Prefazione alla prima edizione degli

Elementi:

Questo mio nuovo testo […] offre esteriormente novità di metodo e non promette l’apprendimento rapidissimo e senza fatica della difficile lingua tedesca. Partendo dalla convinzione e dalla constatazione che solo con una succinta, ma solida preparazione grammaticale lo studio di questa lingua possa raggiungere il suo fine pratico e possa d’altra parte – al pari di quello del greco e del latino – cooperare allo sviluppo intellettuale degli scolari, ho voluto dare un guida semplice e razionale, evitando le confusioni dei metodi empirici e le minuzie di una grammatica completa19.

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16Il prestigio della lingua tedesca in Italia, che negli anni che andiamo considerando viene riconosciuta a tutti gli effetti come lingua della scienza e della tecnica, è dovuto probabilmente anche a fattori politici molto concreti: dal 1882 l’Italia si unisce a Ger- mania e Austria nella triplice Alleanza in funzione antifrancese.

17Romeo Lovera, Corso di lingua tedesca a base intuitiva, Segati, Milano 1900. 18Della produzione manualistica e grammaticografica di lingua tedesca per il periodo di riferimento si sa ben poco; a tutt’oggi mancano infatti repertori e studi specificamente dedicati all’argomento. Le osservazioni qui riportate si basano dunque sullo spoglio dei testi condotto in alcune biblioteche italiane e sulla consultazione della preziosa e recente pubblicazione intitolata A scuola di tedesco. Censimento sistematico della manualistica per l’insegnamento e l’apprendimento del tedesco nelle biblioteche trentine (1511-1924), a cura di Manuela Rizzoli – Paola Maria Filippi, Provincia Autonoma di trento, Soprin- tendenza per i Beni Culturali, trento 2016.

19Lavinia Mazzucchetti, Prefazione, in Ead., Elementi di lingua tedesca per le Scuole classiche, in collaborazione con il prof. dott. Sigismondo Friedmann, trevisini, Milano 1916, p. I.

Con il piglio «coraggioso e polemico»20che contraddistinguerà la sua

scrittura in tanti saggi e articoli successivi, Mazzucchetti presenta da su- bito e senza troppi preamboli l’effettiva novità di metodo del suo lavoro, ma lo fa ʻper sottrazioneʼ, assumendo una posizione, diremmo, voluta- mente anacronistica rispetto al panorama della manualistica coeva.

Infatti, a differenza della maggior parte degli autori di grammatiche a lei contemporanei, pronti a garantire l’apprendimento facile e veloce della lingua e a farsi portavoce di questo o quel metodo supportandone la validità

con il rimando alle opere più autorevoli assunte come modello21, Mazzuc-

chetti dichiara in maniera lapidaria che l’opera «non promette l’apprendi- mento senza fatica della difficile lingua tedesca»22. Anzi, nel fare tesoro

dell’unico insegnamento per lei davvero importante, quello del Friedmann23

– che già vent’anni prima, nella Prefazione alla sua autorevole grammatica della lingua tedesca, si era espresso con scetticismo riguardo all’applica- zione rigorosa dei nuovi metodi empirici e pratici nelle scuole italiane – sceglie di non aderire ad alcuna scuola o metodo prendendo espressamente le distanze tanto dalle «minuzie di una grammatica completa» quanto dai «metodi empirici» che pure ‒ così risulta sempre dal prezioso carteggio con Paparella ‒ aveva almeno considerato e vagliato in fase di stesura24.

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20Luigi Rognoni, Introduzione a Lavinia Mazzuchetti, Cronache e saggi a cura di Eva Rognoni – Luigi Rognoni, il Saggiatore, Milano 1966, p. XVIII.

21Le Prefazioni alle grammatiche e ai manuali in questo periodo sono caratterizzate da espressioni così colorite, da formulazioni tanto iperboliche da meritare uno studio a sé. Qui ci limitiamo naturalmente a riassumerne gli intenti.

22Il corsivo è di chi scrive.

23Il maestro che, come già accennato, non seguì l’allieva nella realizzazione delle grammatiche e che, tra l’altro, cadde prematuramente al fronte nel 1917, resta per Maz- zucchetti un punto di riferimento imprescindibile, colui «che con quasi furiosa intensità, in pochi mesi» riuscì a farle «almeno presagire gli ardui tesori e i misteri del mirabile idioma germanico». Cfr. Luigi Rognoni, Introduzione, cit., p. XV. È inoltre assai probabile che anche a Friedmann e alla sua eredità intellettuale, Mazzucchetti debba l’atteggiamento critico nei confronti dei metodi pratici ed empirici per l’insegnamento della lingua tedesca nella scuola italiana. Ecco, infatti, quanto scrive Friedmann nella Prefazione alla sua no- tevolissima Grammatica della lingua tedesca: «Sono ben lontano dal condannare i metodi nuovi, puramente pratici e intuitivi, ma parlando del solo tedesco, dubito che possano es- sere rigorosamente applicati nelle nostre scuole, […] dubito altresì che con essi si possa giungere ad una perfetta cognizione dell’organismo della lingua». Sigismondo Friedmann, Grammatica della lingua tedesca, Loescher, torino 1894, p. III.

24«So che vi sono dei Deutsche Lesebücher für ausländische Handelsschulen (di zambrini Milano) del prof. Filippo Ravizza, ma non li conosco direttamente. Antologie apposite non ne conosco. Ne chiederò. un metodo facile e abbastanza buono per le scuole commerciali è quello del Lovera (Milano, ed. Segati) in due voll. Anche il Levi (Ed. Paravia) mi par meglio del Sauer-Ferrari, più usato, ed ha lettere commerciali alla fine». Lettera di L. M. a Lucia Paparella dell’8 ottobre 1915. ArchMazz, b. 25, fasc.109.

Nella constatazione e convinzione – alimentata certo anche dall’espe- rienza diretta sul campo – che l’unico assunto metodologico valido per un efficace insegnamento della difficile lingua tedesca sia «una solida base grammaticale», Mazzucchetti offre dunque non una grammatica me- todica e completa, ma una grammatica intesa come «guida semplice e ra- zionale» in grado di rispondere al «suo fine pratico» e di cooperare altresì, al pari di quanto avviene nell’insegnamento del greco e del latino (!), al più generale «sviluppo intellettuale degli scolari».

ora è chiaro che il modello proposto non può certo dirsi innovativo e, almeno negli intenti, sembra in effetti ancora ispirarsi a quei metodi ra- zionali messi in atto in molte grammatiche pratiche ed elementari che già a fine ottocento ‒ si pensi per esempio alla famosa grammatica elemen- tare della lingua tedesca di Emil otto ‒ proponevano in Italia «uno studio progressivo e graduato del tedesco, basato sullo sviluppo intellettuale

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