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1.5.1) FRANCESCO SAVERIO IN ASIA

L’avventura dei missionari gesuiti in Asia iniziò nell’aprile del 1541. Dal porto di Lisbona partì Francesco Saverio, un frate spagnolo, inviato dal sovrano Giovanni III del Portogallo, per fondare le prime comunità cristiane nelle colonie portoghesi in Oriente. Francesco Saverio fu sicuramente uno dei personaggi più importanti della Compagnia di Gesù. Egli aveva contribuito alla nascita dell’ordine religioso dei Gesuiti con Ignazio di Loyola e si occupò per quasi tutta la sua vita delle spedizioni nel continente asiatico. Fin dall’inizio la Compagnia di Gesù, aveva preso in considerazione di esplorare i territori più remoti dell’Asia. Le Indie vennero viste come una proposta alternativa a Gerusalemme e alla Terra Santa, in quanto in quel periodo i Turchi bloccavano la via ai pellegrini. Nella spedizione intrapresa da Francesco Saverio è possibile notare come la Compagnia di Gesù abbia avesse attuato una precisa strategia per evangelizzare le popolazioni orientali. Le stesse modalità vennero proposte in

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E. Leed, Per mare e per terra: viaggi, missioni, spedizioni alla scoperta del mondo, Bologna, Il Mulino, 1996, pp. 99 – 102

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Europa con l’intento di riconquistare i territori strappati dai luterani. Secondo l’idea dell’ordine religioso era dunque fondamentale muoversi dall’alto verso il basso, cercando di convertite alla fede cattolica, prima i sovrani, le loro famiglie e i governanti. È importante sottolineare le modalità con le quali i gesuiti hanno proposto un metodo diverso di evangelizzazione, rispetto agli altri ordini religiosi. Secondo la loro dottrina era importante lavorare alla pari e non imporsi alle culture diverse credendo di essere superiori. La strategia di influenzare persone dotate di un grande potere politico e religioso, venne utilizzata in gran parte dell’Oriente e mostrò risultati diversi tra loro.

Francesco Saverio22 venne inviato in India come messo pontificio, con lo scopo dunque di rafforzare la religione cristiana nelle colonie. Anche se viaggiava come fosse un povero mendicante o uno schiavo, ricopriva un ruolo di potere nel mondo religioso. Secondo alcune testimonianze risalenti a quel periodo, egli istruì i sacerdoti della città di Goa, sottoponendoli agli insegnamenti di Ignazio di Loyola. Successivamente indirizzò il suo credo ai casados, classe dominante dal sangue misto, in quanto governavano gli affari dell’intera zona dell’India portoghese. Circa dieci anni più tardi Francesco Saverio e altri gesuiti facevano a pezzi le statue religiose dell’India meridionale. Andavano di villaggio in villaggio, imponendo la fede cristiana ai popoli indigeni. Nella pratica missionaria rendere cristiani gli abitanti di India e Giappone era come attuare una sorta di riforma. In quei paesi i gesuiti manifestarono tendenze umanistiche e riformistiche, adottando alcune delle strategie adoperate in Europa nei paesi della Controriforma. I gesuiti agirono in questo modo in quanto erano consapevoli di un cambiamento culturale che stava avvenendo.

È ovvio e noto che la Compagnia di Gesù, non fu il primo ordine religioso ad occuparsi delle missioni cattoliche in Oriente. In precedenza vi furono i francescani, rappresentati dalla figura di Giovanni da Montecorvino, che

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iniziarono la loro missione in India e in Cina nel 1275, viaggiando attraverso la terra dei tartari e la Russia meridionale, raggiungendo successivamente la Persia, l’India e la Cina, dove Giovanni morì nel 1305. A partire dalla metà del XIII secolo l’ordine dei domenicani era attivo ad est del fiume Volga. All’inizio del XV secolo tuttavia, le missioni in Oriente si erano esaurite, per questo motivo diversi religiosi partirono per l’America.

I gesuiti erano efficienti poiché agivano in territori già esplorati da francescani, domenicani e confraternite di laici ricchi. Non furono il solo nuovo ordine che i cattolici costruirono, ma nacquero i cappuccini, gli agostiniani e i carmelitani. I gesuiti, non soltanto ebbero successo, ma furono formati proprio per divenire degli agenti di trasformazione culturale. Essi furono intraprendenti a proposito del loro modo di operare e con la loro corrispondenza ci hanno lasciato un gran numero di testimonianze scritte. Una delle ragioni del successo del loro ordine è sicuramente la loro organizzazione, il modo in cui concepivano la fratellanza e la mettevano in pratica.

I gesuiti risultavano essere flessibili e si adattarono alle situazioni straniere. Francesco Saverio23, fu addestrato secondo l’idea di pensare con la chiesa e non contro di essa. L’idea del gesuita era quella di costruire una chiesa per educare i preti nativi, punire coloro che criticavano i cristiani, dare un lavoro ai convertiti e assicurarsi che ebrei e musulmani non influenzassero le popolazioni a livello religioso. Francesco Saverio successivamente si spostò in altri villaggi dell’India continuando la sua spedizione religiosa, egli, infatti, insistette su un punto che caratterizzò l’operato della Compagnia di Gesù. Secondo Saverio il missionario non doveva stabilirsi in un’unica zona, ma doveva essere sempre in viaggio per trasmettere il messaggio di dio a nuovi popoli.

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L. Michelli, L’Oriente: Storie di viaggiatori italiani/prefazione di Fernand Braudel, Milano, Electra, 1985, pp. 126 – 128

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I più aperti alla nuova religione erano sicuramente i “senza casta”, ossia gli intoccabili che con la conversione speravano di fuggire dalla loro condizione sociale. Comunque sia Francesco Saverio rimase abbastanza deluso dalla sua missione in India, in quanto considerava la popolazione intellettualmente incapace e decisamente barbara. Decise dunque di rivolgere la propria attenzione verso un nuovo paese: il Giappone. La spedizione nell’isola dell’estremo oriente venne affrontata da Francesco Saverio con molta curiosità, in quanto il Giappone era un’isola vicina alla Cina, dove non vi erano né musulmani né ebrei, ma solo un popolo avido di sapere con una ricca cultura e tradizione alle spalle. La prima missione di Saverio in Giappone ebbe inizio nel 1549, ma non riuscì a convertire molte persone al cristianesimo. Nonostante ciò, egli considerò questa spedizione un grande successo. La mancata conversione di massa da parte di questi popoli servì da lezione per Saverio e per i futuri missionari gesuiti che avrebbero intrapreso nuove campagne di cristianizzazione in Cina e in Giappone. Vennero, infatti, attuate nuove strategie di adattamento alle società che venivano prescelte come obiettivi per la conversione. La prima cosa che imparò Francesco Saverio in Asia, fu che era fondamentale l’apprendimento della lingua locale, scritta e orale. Se non si era a conoscenza del linguaggio era impossibile comunicare il messaggio e convertire la popolazione locale.

Secondo alcune testimonianze, Francesco Saverio non era portato per lo studio delle lingue non europee e viene ricordato da un convertito giapponese, come un uomo piacevole e vivace che non conosceva la lingua locale, ma predicava con l’aiuto di un interprete. Il gruppo di gesuiti tramite un giapponese riuscirono a tradurre i testi fondamentali della religione cristiana, tra i quali il Credo e la Bibbia, ma vi furono degli errori di traduzione molto imbarazzanti, in quanto era difficile spiegare l’entità di Dio. Anche in India i religiosi avevano trovato difficoltà simili. Purtroppo le traduzioni del giapponese Anjiro, recitate da Francesco Saverio con un pessimo accento, divennero oggetto di scherno e derisione. Normalmente i gesuiti usavano raggiungere la popolazione attraverso

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la conversione di coloro che governavano, ma questa tecnica in Giappone non funzionò, a causa della frammentazione del paese in diversi stati feudali indipendenti, che riconoscevano una sovranità astratta al di sopra dell’imperatore. La frammentazione politica e geografica del Giappone indusse dunque Francesco Saverio a spostare l’attenzione sulla Cina, dove una popolazione enorme ubbidiva ad un solo sovrano. Lo stato cinese avrebbe dunque permesso la conversione di milioni di persone, se solo una spedizione fosse stata in grado di raggiungere la corte dell’imperatore e convertirlo al cristianesimo. Saverio organizzò una spedizione per la Cina nel 1551, ma morì alle porte di Canton nel 1552. Coloro che seguirono l’impresa di Francesco Saverio, avevano ben assimilato gli insegnamenti da lui appresi e ritornarono nell’estremo Oriente con una spedizione del 1583, guidata da padre Alejandro Valignano, un gesuita estremamente colto che vivendo in Asia per ben 23 anni cominciò ad analizzare le differenze culturali tra l’Oriente e l’Occidente. Padre Valignano affermò la differenza fra il Giappone e il continente europeo. Notò la loro diversità in fatto di cultura, usi e costumi. Mangiano e vestono in modo completamente diverso dagli europei e inoltre sottolinea come i rituali, le loro cerimonie, il loro linguaggio, la medicina, l’educazione familiare e ogni altra loro abitudine siano estremamente diverse da quelli europei e difficilmente comprensibili. Ma ciò che non riescì a comprendere padre Valignano era come la popolazione pur essendo così diversa da loro, fosse comunque civile.

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