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Capitolo 2. La malattia dei costi di Baumol

2.2 Riconsiderazioni alla teoria di Baumol

2.2.3 Frey Festival delle Arti Performative

Bruno Frey31 offre un’interessante analisi del fenomeno della malattia dei costi per ciò

che riguarda le performing arts: dal suo studio emerge, infatti, un dato che sembra far riconsiderare l’ipotesi di Baumol perlomeno per ciò che concerne i festival d’arte.

Il termine festival assume un significato piuttosto vago, poiché ci sono tanti diversi tipi di eventi che spaziano dalla musica jazz alla cinematografia, dalla religione al folklore, ma, ai fini dell’analisi, l’autore ha preso in considerazione solamente quelli ascrivibili alle Arti Performative in senso stretto. Sotto questa forma non convenzionale le performance dal vivo crescono e prosperano velocemente: l’autore afferma che in Europa quasi ogni città ha un suo festival. Le ragioni di questo boom sono da ricercarsi sia nella domanda che nell’offerta: le abitudini di consumo, complici le migliorate condizioni di vita e un aumento reale del reddito medio, si sono spostate in direzione di una maggior quota destinata alle spese per le vacanze e per la cultura; i festival hanno saputo rispondere alla mutazione delle preferenze localizzandosi spesso in località turistiche, o a volta addirittura costituendo una primaria fonte di attrazione per i turisti, e concentrandosi nei periodi di alta stagione. In questo modo permettono di coniugare due aspetti del tempo libero: le vacanze e l’intrattenimento culturale. I costi individuali per la partecipazione ai festival sono relativamente minori a quelli per le attività ad essi comparabili: mentre il costo- opportunità del tempo è aumentato a causa dell’aumento degli stipendi, il che rende relativamente più costoso partecipare a una rappresentazione teatrale, il costo, in termini di tempo, della partecipazione a un festival, è diminuito grazie all’aumento delle vacanze. Complice anche la diminuzione dei costi di viaggio, grazie alla nascita delle compagnie aeree low cost, è aumentato l’incentivo a combinare le vacanze con la cultura. Uno degli altri fattori che influenza la grande partecipazione ai festival consiste nei bassi costi di transizione per accedervi: uno dei grandi problemi dell’opera e dei concerti è che dopo aver reperito e acquistato il biglietto, che comunque non sempre è facile, ci si impegna per quella particolare sera con largo anticipo, senza la possibilità di spostare qualora

sopraggiunga un imprevisto o un altro impegno più urgente. I biglietti per la partecipazione ai festival, invece, solo solitamente più flessibili e possono essere talvolta acquistati anche in loco.

Dal lato dell’offerta ci sono due principali fattori che hanno permesso la rapida crescita dei festival d’arte: i costi più contenuti rispetto alle convenzionali performance e la non applicabilità di restrizioni imposte dai governi a questo tipo di manifestazione. Dal momento che l’analisi è stata condotta nel 1994, è ipotizzabile che nel frattempo la legislazione per ciò che riguarda i festival si sia evoluta e abbia provveduto a regolamentarli in maniera più dettagliata, pertanto, in questa sede, verrà analizzato solamente il primo fattore.

Molti festival, infatti, si basano principalmente sul lavoro dei volontari, che riduce notevolmente i costi. Gran parte dello staff che percepisce un compenso viene assunto per un breve tempo: una quota significativa degli impiegati assunti durante l’estate per questo genere di festival percepisce, durante il resto dell’anno, un altro reddito, che permette di abbassare i costi dei festival in termini di stipendio lordo (contributi previdenziali, ferie, ecc.) che, trattandosi di impeghi a breve termine, risultano molto contenuti (si pensi, ad esempio, al contratto di collaborazione occasionale). Pertanto i festival riescono ad assumere impiegati a costi relativamente bassi, garantendo un accordo favorevole per entrambe le parti: gli impiegati ricevono un reddito addizionale nei loro periodi di ferie dal principale lavoro e il festival può accaparrarsi artisti e lavoratori che altrimenti non potrebbero permettersi di assumere per lunghi periodi. Questo non significa che chi lavora in questo tipo di manifestazioni sia sottopagato, anzi, spesso è vero il contrario: i lavoratori hanno un discreto potere contrattuale, specialmente quando la loro presenza è legata all’immagine del festival (si parla principalmente di artisti in questo caso) perché, non rappresentando la fonte primaria di reddito, il compenso derivante dalla partecipazione può essere negoziato senza timore di non percepire alcun salario.

In molti casi, inoltre, gli organizzatori dei festival possono sfruttare le strutture già esistenti, come i teatri, che nel periodo estivo, in cui si concentrano la maggior parte di queste manifestazioni, rimangono inutilizzati e sono quindi disponibili per essere affittati a un prezzo minore di quello a cui vengono concessi durante il resto dell’anno.

L’autore evidenzia come i fattori chiave, che permettono ai festival di essere più profittevoli e quindi di soffrire meno della malattia dei costi di Baumol, o di non soffrirne affatto, siano riconducibili a differenze dal punto di vista istituzionale, che hanno reso il

tasso di crescita del costo del lavoro inferiore a quello che devono affrontare le imprese “tradizionali” del settore delle perfoming arts, ovvero la loro estraneità al settore pubblico e la poca influenza esercitata dai sindacati e dalle restrizioni su questo tipo di manifestazioni.

Gli altri fattori, precedentemente analizzati, contribuiscono semplicemente a mantenere il livello dei costi più bassi, che però condivide lo stesso tasso di crescita del settore di appartenenza: il costo della manodopera cresce di pari passo con quello delle restanti organizzazioni di Arti Performative, solo che, nel caso specifico dei festival, rappresenta una componente minore dei costi a causa del largo impiego di volontari nella realizzazione della manifestazione.

Sebbene possa sembrare, quindi, che i festival d’arte rappresentino un superamento della malattia dei costi di Baumol nel settore delle performing arts, all’avviso di chi scrive è importante puntualizzare che più che di superamento, si può parlare di aggiramento, poiché si fa fronte all’aumento del costo del lavoro con una sostituzione del lavoro salariato con quello volontario, che sicuramente non rappresenta una soluzione al problema sollevato da Baumol.

2.3 Conclusioni

A questo punto si può affermare che la teoria di Bowen e Baumol, seppur aggiustata e perfezionata nel corso degli anni da parte degli stessi autori e di altri studiosi che hanno cercato di trovare una soluzione, sembra risultare tuttora valida e non abbia ancora trovato una soluzione definitiva. Certamente l’avvento delle nuove tecnologie ha aperto nuove frontiere anche per il settore delle Arti Performative, come lo stesso autore ipotizzava nella sua rivisitazione del modello, che possono in qualche modo rimediare, quantomeno in parte, alla differente produttività dei due settori.

I dati relativi alla situazione attuale delle performing arts in Italia, presentati in apertura della tesi, sembrano, comunque, confermare le ipotesi dell’autore; la situazione che si presenta per ciò che riguarda il settore non è affatto rosea: se, da una parte, ci sono dei dati che fanno ben sperare per ciò che riguarda la crescita e l’aumento del giro di affari del settore, dall’altro permane una forte dipendenza dai finanziamenti e dai sussidi pubblici e/o privati, che continuano a essere indispensabili per una grande quota di imprese che operano nel settore. Come ammesso anche dallo stesso Baumol, i

finanziamenti pubblici possono essere giustificabili, qualora si considerino le esternalità positive delle arti sulla collettività, tuttavia aggiungono un ulteriore elemento di incertezza alla già precaria situazione delle organizzazioni di performing arts, poiché non trattandosi di un settore che risponde a bisogni di primaria necessità, come potrebbero invece essere quello dell’educazione e della sanità, è uno dei primi a subire ridimensionamenti in caso di situazioni di crisi. Appare pertanto auspicabile trovare una maniera per rendere sostenibili queste organizzazioni, senza che la loro sopravvivenza dipenda dai finanziamenti pubblici.

Un metodo che potrebbe rivelarsi efficace per far fronte, almeno in parte, a questa insostenibilità delle organizzazioni di performing arts, è quello della configurazione di un modello di business. È, infatti, innegabile che nello scenario economico attuale, caratterizzato da continue innovazioni tecnologiche che rimescolano le carte in tavola di continuo, sia necessario un modo per far fronte a questo clima di costante incertezza e cambiamento. Non bisogna incorrere, però, nell’errore di pensare che il business model sia uno strumento utile solamente alle imprese che hanno come fine ultimo quello di generare profitti, perché, come vedremo in seguito, il modello di business si aggancia, tra gli altri, a concetti di creazione di valore e di sostenibilità che possono essere applicabili a qualsiasi tipo di organizzazione che persegua un obiettivo, indipendentemente dal fatto che esso venga espresso in termini di profitto.