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Le ―frodi carosello‖

Capitolo 2 – La frammentazione della ricchezza

3.4 L'evasione da riscossione e la dispersione dei patrimoni

3.4.1 Le ―frodi carosello‖

Un diverso problema dell‘evasione da riscossione è collegato alla fiscalità analitica e alle sue ―simmetrie‖, e si colloca nella fase iniziale dell‘autodeterminazione dei tributi, molto prima dell‘accertamento tributario o dei controlli. Si tratta di comportamenti che fanno leva sull‘attribuzione al cliente di un costo riconosciuto anche quando il fornitore, che addebita le imposte, non procede al relativo versamento: una prassi tipica dell‘IVA, in cui la detrazione dell‘imposta sugli acquisti, in capo al cliente, spetta a prescindere dal versamento dell‘imposta da parte del fornitore.

La prassi ha quindi elaborato anche ―fornitori fantasma‖ privi di apprezzabile struttura patrimoniale e che, dopo aver intascato l‘IVA dal cliente spariscono con essa senza lasciare tracce. È il sistema delle c.d. ―frodi carosello‖, una tipologia di frode strutturata in modo complesso,

Bollettino Tributario, 1993, e AA.VV. a cura di Tosi L., La nuova disciplina della

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che spesso coinvolge diversi Stati membri e società operanti a vari livelli221.

Le norme europee sull‘Iva stabiliscono che nelle cessioni intracomunitarie, il venditore emette la fattura ma senza applicare l‘imposta. Per quello che si ricava, infatti, dalla relazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento Europeo sull‘utilizzo degli accordi di cooperazione amministrativa nella lotta antifrode in materia di Iva, il regime transitorio d‘imposta sul valore aggiunto ―è stato concepito in modo tale che le forniture di beni all‘interno della Comunità tra soggetti d‘imposta siano esenti nello Stato membro d‘origine dei beni e siano invece soggette alla tassazione nello Stato membro di destinazione‖.

L‘acquirente, dunque deve integrare manualmente la fattura calcolando e applicando l‘imposta, e registrandone l‘importo sia a credito che a debito: dal suo punto di vista, dunque, l‘operazione rimane neutrale, ma il bene acquistato è stato comunque ―ivato‖ e quindi potrà

221 Cfr., per approfondimenti, R

APISARDA, I nuovi strumenti normativi approntati

dall’UE contro le frodi sull’Iva intracomunitaria, in ―il fisco‖ n. 36/2009, fascicolo n. 1,

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circolare senza particolari complicazioni nei successivi passaggi commerciali.

Ad esempio, in tema di autovetture spesso si ha che una società italiana (A) vende auto esenti da Iva ad un autosalone francese (B, cosiddetto missing trader), auto che non lasciano l‘Italia, anche se dai loro documenti risulta che sono state cedute all‘estero222

.

Risulta altresì dai documenti che tale società francese, che non ha ovviamente pagato l‘Iva, ha a sua volta rivenduto le auto, sempre esenti da Iva, ad una terza società italiana (C, c.d. broker), che si trova in una regione diversa da quella della prima società italiana venditrice (A), e poi, infine, risulta che quest‘ultima società italiana (C) chiede il rimborso dell‘Iva sugli acquisti effettuati presso la società francese (B) e l‘Erario ha una perdita derivante dall‘Iva pagata da C a B e mai riscossa (normalmente le missing trader hanno vita brevissima, e scompaiono dopo un vorticoso giro di operazioni simili).

Quasi sempre il soggetto interposto (B) risulta, manco a dirlo, privo di idonee strutture di impresa, però è sempre munito del numero di

222 La realtà giudiziaria ha spesso dimostrato che il titolare della prima società risulta

spesso essere, direttamente o per interposta persona, anche il legale rappresentante della società interposta in Francia; cfr. DE BENEDICTIS, Le frodi “carosello”: l’esperienza giurisprudenziale italiana più recente, in ―il fisco‖ n. 14 del 5 aprile 2010, pag. 1-2160.

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partita Iva nel proprio Paese comunitario, non presenta dichiarazioni e non versa le relative imposte, ma così operando consente la detrazione dell‘Iva al reale acquirente (A), che, in qualche caso, tale imposta non ha neppure pagato, dato che le ha acquistate dalla missing trader senza pagare tale imposta, ma solo il prezzo del bene, più un compenso per l‘emissione della fattura comprensiva dell‘Iva.

Il meccanismo dell‘inversione contabile rappresenta un differente sistema per arrivare al consumo finale senza la dialettica «tassazione/detrazione» sui passaggi intermedi IVA. Il reverse charge consiste, appunto, nella possibilità di non applicare l‘IVA al cliente che sia (auto)qualificato, di fronte ai propri fornitori, come imprenditore o professionista, non essendo cioè consumatore finale.

Tale meccanismo evita le «frodi carosello», ma rende necessario, per il Fisco, controllare l‘effettiva natura di imprenditori o professionisti da parte di coloro che si siano qualificati come tali ai rispettivi fornitori, al fine di evitare l‘addebito del tributo e soddisfare bisogni privati senza applicazione dell‘IVA.

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È pacifico in dottrina223 che il fornitore non possa trasformarsi nella longa manus del Fisco, andando ad indagare l‘identità del cliente o la validità del numero di partita IVA fornito, né la reale destinazione economica dei beni che il suo cliente asserisce essere inerenti all‘impresa. Non è insomma possibile addossare al fornitore una serie estenuante di obblighi di controllo e verifica sulla qualifica del cliente, sulla natura dell‘attività da questo svolta, sulle finalità dell‘acquisto, e così via. Al fornitore, al contrario, si può chiedere solo di rilasciare fattura in base a quello che gli comunica, in genere verbalmente, il soggetto che materialmente si occupa di effettuare l‘acquisto224

.

Inoltre, anche a voler ammettere che il fornitore sia in grado di appurare la qualifica di soggetto IVA da parte del proprio cliente, ciò non risolve comunque il problema dell‘inerenza dell‘acquisto all‘attività del compratore: non si può chiedere al fornitore di sindacare l‘inerenza dell‘operazione in relazione alle caratteristiche del cliente, addebitando

223

Cfr.LUPI -PALUMBO, Frodi carosello, regime del margine e interventi della

manovra finanziaria, in Dialoghi dir. trib. n. 12/2006, pag. 1631 ss.; cfr. anche SOANA – LUPI, Profili penali dell’evasione da riscossione nell’IVA, ovvero delle c.d. “frodi carosello”, ivi n. 6/2005, pag. 815 ss.

224 Ad esempio è del tutto normale che la segretaria o il collaboratore affermino

di agire per la società datrice di lavoro, ed il fornitore con la massima buona fede rilasci fatture intestate ai soggetti di cui si affermano incaricati i suoi immediati interlocutori.

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l‘IVA se quest‘ultimo non è stato sufficientemente convincente, oppure non applicandola in caso contrario.

Nei fatti, una volta che il sistema tributario abbia dichiarato escluse dall‘imposta le operazioni tra soggetti IVA, il cedente si limiterebbe a non addebitare il tributo a tutti coloro che «autodichiarassero» la loro partita IVA, a prescindere da qualsiasi accertamento sull‘attività da costoro svolta: da questo nascerebbero numerose distorsioni, con la necessità di controlli estremamente frammentati, e su valori unitari modestissimi225.

Qualcosa del genere può del resto accadere anche per le imposte sui redditi, a partire dalle vendite ad una società interposta, che poi viene fatta fallire, senza pagare il tributo dovuto, magari regolarmente dichiarato. Sull‘IVA e sulle ritenute alla fonte sono stati inserite, a questo proposito, vere e proprie fattispecie di reato, ancora però escluse per il mancato versamento di imposte su redditi propri.

L‘evasione da riscossione, in definitiva, è un esempio classico delle correlazioni che, in una fiscalità analitica, collegano contribuenti

225 Così E. Covino in E. C

OVINO,GIORGI,LUPI,CENTORE, Inversione contabile:

panacea contro le frodi carosello o bomba a orologeria?, in Dialoghi tributari, 2008, 3 , p.

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diversi, come abbiamo cercato di evidenziare al capitolo 1. La contrastabilità di questi comportamenti deve tenere conto che, in genere, il cliente non è tenuto a fare da ―sorvegliante fiscale‖ per adempimenti a carico del proprio fornitore. Questo soprattutto quando l‘imposta dovuta è commisurata a un numero indeterminato di variabili, indipendenti rispetto alla singola operazioni economica.

Se l‘imposta fosse determinata e versata isolatamente sarebbe anche comprensibile (come accadeva per l‘abrogata INVIM) imporre all‘acquirente un privilegio speciale a fronte delle imposte dovute dal fornitore. In quel caso però, trattandosi di un tributo dovuto sulla specifica operazione, il cliente poteva sincerarsi del versamento dell‘imposta da parte del fornitore.

Quando invece, come nell‘IVA e nelle imposte sui redditi, il versamento del tributo è influenzato teoricamente da una molteplicità di variabili, il fornitore potrebbe rispondere che nessuna imposta è stata versata perché c‘erano altri costi e altre detrazioni IVA. Anche qui, pertanto, come nella maggior parte delle forme di evasione che si collocano fuori dalle segnalazioni dei ―grandi enti‖ erogatori, le indagini

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e le valutazioni degli uffici costituiscono - al di là di qualsiasi meccanicismo del diritto tributario - il vero argine contro l‘evasione226.

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Capitolo 4 – Prospettive metodologiche nel controllo