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Valutare chi fossero gli affettivi destinatari di questa copiosa produzione calcografica si rivela difficile e fonti e indizi vari non forniscono informazioni univoche sulle questione. La dedica redatta da Giuseppe Maria Mitelli nei Disegni et abbozzi è chiara riguardo a quelli che lui immagina essere i destinatari del lavoro:

Studioso Lettore. È proprietà naturale del bene l'esser communicabile, del buono il beneficare: Hà dell'inumano che non partecipa quel, che senza detrimento proprio può giovar altrui. Si fa ladro della publica utilità chi potendo non giova, ed è specie d'invidia

il riservar per se solo ciò, che diffuso può recar beneficio agli ingegni vaghi di Virtù, e bramosi di gloria. Alcuni dissegni fatiche di Agostino Mitelli mio Padre il qual restò Sepolto nella Spagna servendo la Maestà del Re Catttolico, restavano Sepolti appresso di me, s'io non risolveva di farne parte a più Virtuosi Scultori, Pittori; Orefici, et altri infiniti professori d'Arti, che sul dissegno si fondano.

Emerge infatti una commuovente consapevolezza del genio del padre Agostino e l'intento di divulgarne il lavoro per “publica utilità”, rendendo partecipi “professori d'Arti che sul dissegno si fondano” è quindi conseguente. Una pubblicazione dunque dichiaratamente rivolta agli addetti ai lavori nell'intento di fornire un utile esemplario, col medesimo scopo di quelli di anatomia della tradizione carraccesca. È significativa anche la scritta che compare sul disegno preparatorio per frontespizio di una serie incisa che attribuisco a Giacomo Antonio Mannini (paragrafo 2.3). Recita infatti: “Varie Idee di Suffitti, et altri ornamenti, utili a Pittori di figure”, dichiarando quindi di offrire un esemplare che fornisca soluzioni non ai pittori di quadratura, ma ai figuristi qualora si trovino alle prese con dettagli di architettura dipinta nei complessi decorativi ad affresco.

Questi due casi sono gli unici a me noti in cui vengano dichiarati i destinatari dell'opera, escludendo le dediche a personalità in vista che hanno una diversa funzione di captazio

benevolentiae. Anche i biografi di Agostino Mitelli coadiuvano l'ipotesi che questa sia una

produzione indirizzata soprattutto ai colleghi, in proposito è chiaro un passo di Malvasia che scrive:

Intagliò a beneficio de' Professori quarantotto pezzi di fregi o fogliami, cavati dalle colonne basse in tal guisa ornate dal Formigine […] Similmente a maggior beneficio di tutti, li ventiquattro pezzi di cartelle, d'armi di fogliami, volute, cartocci, modioni e simili di sua invenzione […] dopoi dodici scudetti bizzarrissimi e doppi, tutti così ben tocchi all'acqua forte, che brillano guizzano, saltellano, tralucono, paion d'oro, come mai si vede il più vezzoso modo di taliare o graffiare in quella guisa, così nissuno mai fece il maggior giovamento all'arti, servendosi di essi tutto il dì ogni frescante, ogni scultore, ogni intagliatore, essendo que' pezzi una miniera preziosa e inesausta di quanto in

questo genere può immaginarsi una ferace idea; che però si sono veduti ristampati; e pregatone instantemente il Sig. Gioseffo Maria suo figlio, non ha potuto negare di dare alle stampe altri pezzi dopo la morte del padre, molto utili a tutti li Professori210.

La lunga lista dei professionisti beneficiati dalla terza serie è affine a quella redatta nella dedica di Giuseppe Maria Mitelli. Sulla scia di Malvasia sono tutte le testimonianze successive, a cominciare da Luigi Crespi che scrive:

Intagliò pure a benefizio de' professori, e degli altri studiosi quarantotto pezzi di fregi, e fogliami, ricavati da' pilastri, ornati da Formigine [...].

Similmente all'acquaforte veggonsi da lui intagliati 24 pezzi di cartelli, armi, fogliami, volute, scartocci, e simili, che dedicò al conte Francesco Zambeccari suo amorevole: e dipoi 12 scudetti bizzarri, e dupliati, tutti così ben tocchi, che sono sempre stati, e sempre saranno di gran giovamento ai frescanti, scultori, stuccatori, intagliatori, e simili artisti, e però furono rintagliati a Parigi211.

Giovanni Battista Passeri, sempre a proposito di Agostino, ha un tono decisamente più moderato: “Intagliò in acqua forte alcune bizzarrie di targhe, e di cartelle capricciose, ed un libro di alcuni fregi, ed ornamenti di Architettura, che si vedono oggi giorno andar di volta in volta con qualche stima appesso li professori”212. E Bolognini Amorini (che spesso copia

interi brani da Giovanni Mitelli e Crespi) riprende la questione in maniera analoga: dopo aver ricordato la serie di traduzione dal Formigine aggiunge “E parimenti intagliò ventiquattro pezzi di fregi, di cartelli di fogliami […] e dodici scudetti così ben tocchi all'acqua forte, e graffiti sì leggiadramente, che vennero più volte incisi da altri come riconosciuti utili a tutti li frescanti, stuccatori ed intagliatori”213.

210 C.C. MALVASIA 1841, p. 361 211 L. CRESPI 1769, p. 56. 212 G.B. PASSERI 1772, p. 269.

Riguardo al lavoro degli altri incisori non ci sono tramandate notizie di questo tipo.

Che in effetti queste stampe, in particolare quelle incise da Agostino, siano state oggetto di studio è emerso chiaramente dal numero di copie di qualità diversa presenti presso varie istituzioni, come ho cercato di precisare di volta in volta. Pochi sono tuttavia i casi di reimpiego letterale che sono riuscita ad identificare, e si è sempre trattato di frontespizi (si vedano le schede 3.1.1.7 e 3.1.1.8, per Agostino, e 3.3.3.1, per Domenico Santi), mai di opere ad affresco o di altra natura. Credo tuttavia che questi esemplari siano stati utili anche agli artigiani, appare evidente dalle due panche di villa Rossi di Medelana, al Moglio di Sasso Marconi. Nello schienale, infatti, una cartouche molto vicina a quelle della prima serie di Agostino Mitelli accoglie una veduta di prospettiva affine a quelle date alle stampe da Giacomo Antonio Mannini.

Importante per considerare la effettiva diffusione delle stampe è la tiratura, al riguardo Giovanni riporta alcune informazioni avute da Giuseppe Longhi, che suonano forse esagerate:

Un rame intagliato ordinariamente in acqua forte, se ne potrà cavare copie in stampa et nel tirarli che vengono bene sufficientemente da mille e cinquecento, qual poi frutto si può di novo far ritoccare con il bulino, ò crero ripassarli sopra i contorni il medesimo ago di ferro, ò puntina, basta haver in questo i segreti. f. da un rame in bolino se ne cava il doppio piu di copie che dà questo fatto à acqua forte perche, il taglio in questo viene piu Profondo il doppio di quel in acqua forte .f. anco si pole cavare copie quatro Milla dà un rame fatto in acqua forte, senza ritocatura, Ma però sijano tirati con diligenza, et buoni instrumenti .f. cosi confirmò Gioseppe Longhi intagliatore214.

Questa testimonianza è di grande interesse perché indizio dell'ampia tiratura che dovettero avere alcune serie, che si può presumere per quelle di Agostino (che almeno in tre casi su quattro hanno riedizioni), anche se non è detto che numeri così alti siano stati raggiunti per esempio da Buffagnotti.

Un'altra circostanza che va a mio avviso considerata è lo stato delle incisioni che sono arrivate fino a noi. In particolare le raccolte della Palatina di Parma e della Pinacoteca di Bologna sono significative a questo proposito perché mostrano un certo sforzo da parte dei collezionisti di ritagliare e assemblare, talora senza logica alcuna, le incisioni nelle pagine degli album. Il loro lavoro che fa imprecare lo studioso che tenti uno studio filologico, ma fornisce però un'altra importante evidenza: queste opere erano appunto collezionate con amorevole cura e quindi non solo consumate da eventuali artigiani. Si tratta di un collezionismo per alcuni aspetti diverso da quello che interessa i disegni: non interessa la paternità delle stampe e la loro fruizione attiene più che altro al puro piacere collezionistico, piuttosto che al tentativo di carpire il pensiero di un artista, come dimostrano le più numerose copie da disegni e le scritte antiche dei vecchi proprietari che appuntano sui loro fogli attribuzioni spesso altisonanti.

Che le proprie suites fossero concepite dagli stessi incisori anche in vista di un probabile collezionismo trova conferma non solo nella tiratura ampia di cui dà testimonianza Giovanni (dubito che nella prima metà del secolo a Bologna ci fossero 1500 artigiani interessati ad aggiornarsi sulle invenzioni mitelliane), ma anche nella stessa eleganza e finitezza di molte di queste imprese. Agostino non dà infatti alle stampe “fragmenti” o diverse cartouches assemblate su uno stesso foglio come fa nei disegni, ma incide “scudetti così ben tocchi”, serie di una eleganza e squisitezza di taglio che prestavano sicuramente ad essere collezionate oltre che studiate. Dopo di lui il figlio dichiara di essere mosso da altro intento, e a giudicare il carattere effettivo di “disegni et abbozzi” si può ritenere che si tratti di una dichiarazione onesta. Dubbi maggiori anima Santi che riprende entrambe le impostazioni, le tre serie di Campi Ornati sono infatti molto eleganti e si prestano certamente ad essere collezionate, ma allo stesso tempo i “fragmenti” o i “modiglioni”, sulla scia di quanto proposto da Giuseppe Maria, forniscono modelli adatti ad essere applicati e modificati con facilità dagli artigiani. Le suites a me note date alle stampe da Mannini (e non quella rimasta progetto al V&A), Vaccari e Chiarini sono più difficili da valutare da questo punto di vista, ma credo che si tratti di opere concepite senza necessaria funzione di exemplum. Buffagnotti pone problemi più complessi: si è visto come la sua produzione miniaturizzata e compendiaria fornisca soluzioni diverse, ma mi è difficile immaginare un'applicabilità

pratica dei suoi soffitti Bignami da parte di artisti e artigiani, anche se lavora a fianco di Bibiena e Santi che incidono e fanno incidere col preciso scopo di tramandare il loro lavoro, sia per rivendicarne la paternità (credo sia in una certa misura anche il caso di Santi), che per fornire modelli agli studenti.

Capitolo 4

I disegni di ornato e quadratura del secondo Seicento Bolognese.