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La funzione primaria della certificazione e l’(in?)efficacia della procedura.

L’accordo di lavoro agile e il possibile ruolo della certificazione

2. La funzione primaria della certificazione e l’(in?)efficacia della procedura.

Prima di passare all'analisi dei possibili profili di utilità della certificazione in tema di lavoro agile, è forse opportuno riepilogare sinteticamente il quadro delle funzioni dell’istituto e interrogarsi sulla

efficacia o inefficacia, in termini generali, dello stesso159. La certificazione

dei contratti di lavoro rappresenta, infatti, fin dai suoi esordi, uno degli istituti più controversi del diritto del lavoro italiano, in primo luogo, proprio in ragione dell'affermarsi, in larga parte della dottrina, dell'idea della sostanziale scarsa utilità dello strumento nella realizzazione degli obiettivi perseguiti.

159 Le riflessioni contenute in questo par. e nel successivo sono frutto di una sintesi di alcune

delle conclusioni alle quali si è giunti nel saggio dal titolo I principali profili teorici e pratici

della certificazione dei contratti di lavoro di prossima pubblicazione nella rivista Diritti Lavori Mercati, n. 3/2017.

La seconda ragione di problematicità è legata, invece, alla frequente sovrapposizione di analisi tra la certificazione e il tema della derogabilità individuale assistita, tanto che le considerazioni espresse sulla seconda rischiano di mettere in ombra l'esame scrupoloso di ogni autonomo rilievo della prima.

Non vi è dubbio che, naturalmente, nella sua fase gestazionale, la

certificazione rappresentasse, nell'idea dei suoi promotori160, uno

strumento volto - anche - alla rivisitazione del rapporto tra le fonti regolative del diritto del lavoro, con l'apertura di spazi di agibilità più o meno marcati all'autonomia individuale, purché assistita. Scorrendo la l. n. 30/2003 e il successivo d.lgs n. 276/2003, però, appare chiaro che a trovare accoglimento sul piano legislativo sia stata, principalmente - le ipotesi di derogabilità individuale assistita sono tuttora molto limitate - una

procedura priva di necessarie implicazioni derogatorie161 e con funzione

primaria162 qualificatorio-deflattiva. Tale funzione, come è noto, è svolta

attraverso la possibilità offerta alle parti di ricorrere alla certificazione di tutti i contratti in cui siano dedotte direttamente o indirettamente prestazioni di lavoro ed è, in tutta evidenza, quella che qui ci riguarda da vicino.

Per quanto attiene, invece, la diffusione dell'istituto, i dati annuali relativi alle attività di tutte le commissioni attive tenuti presso il Ministero del lavoro, mostrano valori ancora abbastanza contenuti ma in costante e progressiva crescita. Dalle circa 14.000 istanze del periodo 2003-2007, si è passati alle circa 38.000 del periodo 2010-2015, di cui 12.878 nel solo 2015.

Con riguardo a questi dati, tuttavia, si può osservare che, a quanto consta scorrendo le sezioni dedicate ai casi giurisprudenziali nelle riviste di settore e le più rilevanti banche dati, sulle circa 52.000 istanze complessive, si è formata, nel corso dei quindici anni di vita dell'istituto, una giurisprudenza, almeno nota, limitatissima.

160 BIAGI, Ipotesi di lavoro per la predisposizione di uno Statuto dei lavori, in QDLRI, 1998, p.

346 ss. Ma si v. anche VALLEBONA, Norme inderogabili e certezza del diritto: prospettive per

la volontà assistita, DL, 1992, pp. 479 ss.

161 Così, PERONE, Certificazione e tecniche di qualificazione dei contratti di lavoro, in PERONE-

VALLEBONA, La certificazione dei contratti di lavoro, Giappichelli, 2004, p. 403 ss.; NOVELLA, L'

inderogabilità nel diritto del lavoro. Norme imperative e autonomia individuale, Giuffré, 2009,

p. 291-292. Per una diversa opinione, però, si veda GHERA, La certificazione dei contratti di

lavoro, in DE LUCA TAMAJO-RUSCIANO-ZOPPOLI (a cura di), Mercato del lavoro. Riforma e vincoli

di sistema. Dalla legge 14 febbraio 2003 n. 30 al decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, Esi, 2004, p. 284-285.

È opportuno, dunque, considerare separatamente i dati relativi alla diffusione da quelli concernenti l'efficacia delle certificazioni effettuate. Se non vi è dubbio, infatti, che la scarsa diffusione della procedura di certificazione incida in maniera sensibilmente negativa sul generale obiettivo di stemperare i livelli complessivi del contenzioso giudiziale che caratterizzano il nostro mercato del lavoro, allo stesso tempo le poche sentenze reperibili in materia lasciano legittimamente presumere che laddove vi si faccia ricorso la certificazione abbia la capacità d'incidere positivamente sulla litigiosità delle parti.

Ad avviso di chi scrive, poi, i giudizi negativi espressi con riguardo all'efficacia dell'istituto derivano anche dalla tendenza dei commentatori a concentrare eccessivamente l'attenzione sugli effetti legali derivanti dal provvedimento di certificazione e questa impostazione rende ardua la possibilità di cogliere appieno le potenzialità dell'istituto legate agli effetti intrinseci all'esperimento della procedura.

Come è noto, il provvedimento di certificazione produce conseguenze giuridiche sia tra le parti del contratto sia verso i terzi, ossia le autorità pubbliche e i loro organi ispettivi. L'art. 79, d.lgs. n. 276/2003, stabilisce che gli effetti legati all'accertamento - come, ad esempio, quelli derivanti dalla qualificazione – “permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili”.

Mentre l'estensione degli effetti anche verso i terzi determina una serie

di conseguenze tutt'altro che irrilevanti163, nei confronti delle parti, al

contrario, e in particolare del lavoratore, la conseguenza principale è rappresentata dall'obbligo di esperire un tentativo di conciliazione dinanzi all'organo certificante prima di proporre un eventuale giudizio che implichi la messa in discussione dell'accertamento contenuto nel provvedimento amministrativo. A parte il previo assolvimento di quest'onere, il lavoratore avrà la facoltà - e non potrebbe essere il contrario, in ossequio ai consolidati e condivisibili orientamenti della giurisprudenza costituzionale

in tema di indisponibilità del tipo contrattuale164 - di proporre ricorso per

difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione.

Così come avrà il diritto d'invocare uno dei vizi del consenso, ipotesi che dovrebbe essere del tutto residuale, laddove le commissioni abbiano

163 GHERA, La certificazione dei contratti, cit., p. 290

164 C. Cost., n. 115/1994, in ADL, 1995, p. 297 ss. e C. Cost., n. 30/1996, in NGL, 1996, p.

effettivamente svolto il loro ruolo di assistenza165. Il lavoratore avrà anche

la possibilità, inoltre, d'invocare in giudizio l'erronea qualificazione del rapporto da parte del certificatore.

A ciò bisogna aggiungere, infine, la possibile attivazione, per violazione del procedimento e per eccesso di potere, del contenzioso amministrativo. Pur senza trascurare l'eventuale apporto in tal senso del tentativo obbligatorio di conciliazione, è abbastanza evidente che il contributo alla deflazione del contenzioso offerto dagli effetti legali prodotti tra le parti, derivanti dall'adozione del provvedimento, sia alquanto limitato.

Quindi, se è vero che i livelli di litigiosità riscontrabili sui contratti certificati si sono rivelati finora tanto trascurabili, le ragioni non possono che essere ricercate tra gli effetti intrinseci all'esperimento della procedura delineata dal legislatore che, come sottolineato nella Relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 276/2003, rappresenta "un meccanismo finalizzato a dare alle parti ausilio nella più precisa definizione del testo contrattuale, potendo contare sul supporto fornito" dal soggetto terzo "in una logica di assistenza"166.

3. Il ruolo centrale dell'attività di supporto alle parti affidato alle

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