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Le funzioni del Garante nell’attività normativa, nonché i rapporti con la pubblica

Capitolo III: il dato personale alla luce del nuovo Regolamento U.E 679/2016, dalla

3.4. Il Garante della protezione dei dati personali, dall’evoluzione alle sue

3.4.3. Le funzioni del Garante nell’attività normativa, nonché i rapporti con la pubblica

Già si è evidenziato come il Garante per la protezione dei dati personali risulti, in molti aspetti, differente rispetto alle altre autorità amministrative indipendenti, in relazione soprattutto al carattere trasversale dei suoi compiti in materia di protezione dei dati personali.

Tuttavia, nell’attuare un miglior esercizio delle proprie funzioni, il Garante ha istaurato un legame duraturo con le varie istituzioni pubbliche e con gli organi coinvolti nell’attività normativa, attraverso l’esercizio di due principali funzioni, ossia la funzione consultiva e propositiva, indirizzata però a Parlamento e Governo, e infine, per quanto riguarda invece le pubbliche amministrazioni, vengono individuati tutta una serie di variegati interventi sotto il profilo oggettivo, in relazione ai numerosi settori di competenza.

Per quanto riguarda tali funzioni, il Garante interagisce con gli organi deputati alla funzione legislativa nonché con le pubbliche amministrazioni, qualora, nell’esercizio dei poteri previsti a tali soggetti, si inserisce la materia del trattamento dei dati personali.

Successivamente, a fine di dialogo, il Garante può utilizzare delle segnalazioni su interventi normativi, nonché predisporre, direttamente al Parlamento, una relazione annuale, fino all’utilizzo di pareri resi in ambito di consultazione per l’adozione di specifici atti normativi e amministrativi.

Il Garante poi può segnalare al Parlamento e al Governo quali strumenti legislativi o regolamentari devono essere adottati nei settori che risultino essere più sensibili al tema della protezione dei dati, in relazione al ruolo istituzionale che l’autorità ricopre, potendo

quindi evidenziare le parti che necessitano di un’attenzione specifica, suggerendo l’adozione di interventi più adeguati.

La possibilità di segnalazione è stata, nel corso del tempo, limitata solo nei confronti del Governo, fino ad essere poi estesa anche al Parlamento.

Il Regolamento, invece ha esteso ancor di più tale potere, ricomprendendo in un unicum i pareri rilasciati “di propria iniziativa”, ossia le segnalazioni, e i pareri conferiti su richiesta, ampliando poi i soggetti che possono richiedere l’attivazione di tale funzione consultiva, ricomprendendo anche “altri organismi e istituzioni e al pubblico”.

L’attività di parere rilasciato di propria iniziativa è stata esercitata attivamente nel corso delle varie legislature, rafforzando sempre di più la tutela dei dati personali e garantendo l’omogeneità delle disposizioni sul tutto il territorio nazionale95.

Fra le attività di funzione consultive, l’attività richiesta su istanza del Presidente del Consiglio dei Ministri e ciascun ministro rappresenta lo strumento di maggior rilevanza, soprattutto in riferimento alla predisposizione di disposizioni normative e atti amministrativi che rilevano sulla materia.

L’utilizzo di tale attività risulta essere particolarmente utile in fase di elaborazione delle disposizioni, in quanto è possibile evitare la nascita di possibili conflitti con la normativa vigente, armonizzando le disposizioni in materia di protezione dei dati personali.

L’osservanza di tale disposizione, costituisce quasi l’applicazione del principio privacy by

design, oggetto di esame in un separato paragrafo, all’interno dell’intero processo

normativo, evitando quindi da un lato che lo Stato sia oggetto di una procedura d’infrazione per violazione delle disposizioni previste dal Regolamento e dall’altro la mancata consultazione costituisce una palese violazione di legge, suscettibile di contestazione in sede giudiziale.

La collaborazione così individuata fra Garante, Parlamento e Governo è il risultato di un processo che ha preso piede quasi immediatamente dall’insediamento dell’autorità stessa nonostante le limitazioni previste dalla legge di recepimento della direttiva comunitaria n. 46/1996.

95 Fra tutte le segnalazioni presenti occorre menzionarne alcune, come ad esempio gli interventi legislativi

regionali in materia di trasparenza amministrativa, in materia di anonimato materno, utilizzo della videosorveglianza ecc.

infatti, se da un lato non si prevedeva la possibilità di utilizzo di tal funzione consultiva per le fonti di rango primario, si iniziò a riconoscere l’importanza di una sinergia su tali tematiche, coinvolgendo quindi il Garante anche su tali fonti, intensificando poi la richiesta di parere consultivo anche ai decreti legge e decreti legislativi.

La prassi di collaborazione così instaurata è stata poi, in sede di Regolamento, ufficialmente riconosciuta, imponendo, come già accennato, agli Stati membri l’obbligo di consultazione dell’autorità di controllo “durante l’elaborazione di un atto legislativo che deve essere adottato dai parlamenti nazionali o di misura regolamentare basata su detto atto”96, richiedendo poi che tale attività di consulenza possa essere fornita al parlamento

nazionale, al governo e ad altri organismi e istituzioni, ricomprendendo quindi un’ampia schiera di soggetti, in merito non solo a misure o atti amministrativi, ma anche legislativi.

Come ultima forma di collaborazione, il Garante pone in essere una relazione annuale di fronte al Parlamento e al Governo e tale atto risulta essere la misura di maggior visibilità per la reciproca collaborazione che intercorre fra autorità e i principali organi costituzionali, poiché non solo costituisce uno strumento di giudizio e descrizione dello stato dell’arte della disciplina, ma anche si promuovono importanti stimoli di intervento da parte del potere esecutivo e legislativo.

Al di fuori di tal misure fortemente procedimentalizzate, il Garante ha allacciato poi importanti relazioni informali con la pubblica amministrazione, attraverso l’utilizzo di tavoli di lavoro e fornendo una pronta assistenza in fase di stesura di atti sottoposti a parere consultivo.

Il Garante successivamente svolge, in determinati settori, un ruolo collegato alla sua competenza prettamente specialistica, attraverso le funzioni di vigilanza previste dall’art. 154 del Codice della Privacy.

Tali funzioni hanno un carattere piuttosto generale, infatti si va ad esempio dal controllo sul registro pubblico delle opposizioni, utilizzato dai soggetti al fine di non ricevere più messaggi promozionali, fino al controllo della banca dati nazionale del DNA, presente all’interno del Ministero degli Interni più precisamente nel Dipartimento di Pubblica Sicurezza.

Un ruolo molto delicato risulta essere svolto durante l’attività di vigilanza del trattamento dei dati svolto direttamente in capo ai Servizi Segreti, ovvero sui dati coperti da segreto di Stato.

In questo caso il Garante possiede poteri di intervento e di controllo, all’interno del trattamento, per poter tutelare gli interessi e la sfera personale del soggetto, i cui dati risultano essere coinvolti.

Ulteriore competenza di carattere rilevante risulta essere l’erogazione di pareri, qualora le pubbliche amministrazioni neghino l’accesso civico a dati e documenti in loro possesso, in relazione di quanto stabilito il decreto legislativo n. 33/2017, modificato dal decreto legislativo n. 97/2016, prevedendo la possibilità, in capo all’interessato, in caso di diniego di accesso, di poter presentare un’istanza di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, ovvero difensore civico per atti regionali e locali, il quale però potrà agire solo dopo l’acquisizione del parere da parte del Garante stesso.