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Il futuro dei Translation Studies

Capitolo 1: Recenti Teorie della Traduzione

1.6 Il futuro dei Translation Studies

Gli anni Novanta sono stati caratterizzati da un boom nel campo della teoria della traduzione. Una serie di eventi sia accademici che socio-politici a livello internazionale hanno posto le condizioni ideali per un “translation turn” in molti campi, quali linguistica, antropologia, psicologia, studi culturali, studi femministi, studi post-coloniali. In una società sempre più globalizzata, la traduzione inizia a ricoprire un ruolo fondamentale soprattutto per le lingue “minori”, meno parlate; pertanto nuovi studi sulla traduzione sono emersi in particolare in tali paesi più piccoli. In generale, si è registrata una tendenza ad ampliare il dialogo tra campi differenti della disciplina, attraverso la nascita di molte riviste specialistiche in vari paesi.

Il dialogo più significativo tra gli studiosi di traduzione è probabilmente quello che contrappone l'approccio linguistico all'approccio letterario. Nuovi sviluppi nei campi della sociolinguistica, pragmatica, psicolinguistica e teoria del discorso sono soggetto di attento esame da parte degli studiosi, alla ricerca di nuovi spunti e intuizioni. La sociolinguistica, ad esempio, si sta interessando sempre più alle questioni riguardanti registro e dialetto, analizzando la relazione del linguaggio con i ruoli sociali e l'impatto dello status e del potere sulla comunicazione. Tra gli oggetti di osservazione sono inclusi anche classe sociale, origine etnica, gender, età, situazione professionale. La pragmatica invece lavora sulla teoria dell'atto parlato, indagando sia l'informazione comunicata sia la rappresentazione di tale comunicazione. La psicolinguistica propone la cosiddetta “teoria minimax”, basata sul principio secondo cui il parlante usa il minimo sforzo per comunicare la massima quantità di informazioni e incoraggia i traduttori ad apportare cambiamenti per massimizzare l'interesse della comunicazione per il suo fruitore. La teoria del discorso analizza invece la struttura comunicativo-istituzionale in cui avviene la traduzione e la coscienza dei traduttori delle convenzioni disponibili per facilitare il loro lavoro. Studi recenti hanno inoltre considerato il discorso politico, accademico e industriale all'interno di cui il significato viene velato a fini socio-politici della cultura d'arrivo.52

Mary Snell-Hornby amplia la definizione di traduzione, che non è più un'attività che ha luogo tra due lingue, ma un'interazione tra due culture, in cui “cultura” si riferisce a tutti gli aspetti della vita umana socialmente condizionati.53

Tra le riviste di maggiore spessore nate in questo periodo, è bene ricordare Target, fondata nel 1989 da Lambert e Toury come piattaforma per discussioni teoriche/metodologiche e idee descrittive, che ha raccolto le pubblicazioni di studiosi europei, israeliani, canadesi, statunitensi.

Lambert e Robyns sostengono che la teoria non può essere un'attività isolata, ma è piuttosto

52 GENTZLER, Contemporary Translation Theories, cit., pp.186-190

un'attività intraculturale che si colloca in una varietà di sistemi. Secondo loro, tutti i testi tradotti contengono degli elementi discorsivi non tradotti e tale categoria di non-traduzione diventa dominante nel loro studio.54

Bassnett e Lefevere55 invece concentrano l'attenzione sul ruolo del potere nella società e sul ruolo che la traduzione gioca nella formazione culturale e identitaria. Pertanto le aree di ricerca future vanno collocate nello studio della storia per rivitalizzare il presente, lo studio della traduzione post- coloniale per rivalutare i modelli euro-centrici e lo studio di diversi tipi di criticismo, antologie e traduzioni per vedere come le immagini dei testi vengono create e funzionano all'interno di ogni data cultura. Bassnett inoltre mostra come gli studi culturali e quelli di traduzione abbiano una storia parallela e sostiene quindi che debbano unirsi nella ricerca. Un'apertura di tal genere all'interdisciplinarietà pone delle basi incoraggianti per lo sviluppo futuro soprattutto di studi sull'imperialismo e sul femminismo. Tra gli esempi di studiosi già attivi, si possono citare Samia Mehrez sul lavoro degli scrittori nord-africani, Vicente Rafael sulla situazione nelle Filippine, Cheyfitz sulla colonizzazione inglese nelle Americhe.

Di particolare rilevanza è la ricerca degli studiosi brasiliani, i fratelli de Campos sugli altri, che sviluppano un approccio alla traduzione post-moderno e non-eurocentrico, definito “cannibalismo”. Tale cannibalismo, spiegano, non è da intendersi nel senso occidentale del termine come un atto di barbarie, ma come un atto simbolico di rispetto, di assorbimento delle virtù del corpo attraverso una trasfusione di sangue. La traduzione è dunque un atto di rafforzamento, nutrimento e affermazione, che non considera solamente segni linguistici o significati semantici, ma tutto il segno nella sua corporalità, includendo suoni ed elementi visuali.56

Gender studies

Di impatto altrettanto significativo è il filone dei gender studies. Sherry Simon, nel suo Gender in

Translation: Cultural Identity and the Politics of Transmission (1996)57, critica gli studi sulla traduzione in quanto usano spesso il termine cultura come se si riferisse ad una realtà aproblematica. Simon si approccia invece all'analisi della traduzione da un punto di vista di genere, vedendo delle analogie tra lo status della traduzione, spesso considerata subordinata e inferiore al testo originale, e quello delle donne, spesso represse nella società e nella letteratura. La teoria della traduzione femminista dunque cerca di “identify and critique the tangle of concepts which relegates

54 GENTZLER, Contemporary Translation Theories, cit., pp.193-194

55 Susan BASSNETT e André LEFEVERE, (a cura di), Translation, History and Culture, London and New York: Pinter,

1990

56 GENTZLER, Contemporary Translation Theories, cit., p.196

57 Sherry SIMON, Gender in Translation: Cultural Identity and the Politics of Transmission, London and New York,

both women and translation to the bottom of the social and literary ladder”58. Simon porta ad esempio le traduttrici femministe canadesi del Québec che cercano di enfatizzare la loro identità e posizione ideologica nel progetto di traduzione, citando ad esempio Susanne de Lotbinière- Harwood, la quale spiega in modo chiaro come la sua pratica di traduzione sia un'attività politica che mira a far parlare il linguaggio a favore delle donne. Secondo Nicole Brossard, la traduzione deve servire come metafora di una scrittura che liberi, trasformi e moltiplichi, ed è vista come un'attività primaria e fondamentale per articolare la posizione femminista in Québec, che contribuisca ad aumentare la coscienza di sé.

Susanne de Lotbinière-Harwood continua sostenendo che la voce del traduttore deve emergere in modo altamente creativo e introduce il nuovo termine di réécriture au féminine (riscrittura al femminile), a indicare una traduzione che vada oltre i limiti delle opposizioni binarie.

Per le donne del Québec la traduzione è un terreno per allargare gli spazi semantici muti condivisi con coloro le cui voci sono state messe a tacere dalla lingua dominante e le condizioni culturali di una data società. La situazione del Quebec, nazione senza stato e in lotta per dar voce alla propria condizione, “intrappolato” tra l'inglese e il francese,è secondo alcuni studiosi, emblema della condizione postmoderna e contemporanea.59

Uno stretto rapporto tra teoria femminista e teoria post-coloniale è evidente; le studiose sono per la maggior parte donne che cercano di fare chiarezza sulle relazioni di potere asimmetriche e su come la traduzione possa superare le barriere interculturali. I loro studi hanno dunque portato un'estensione dei confini della teoria della traduzione e aperto la via ad una nuova internazionalizzazione.

Traduzione audiovisiva

Sviluppi drastici si verificano nel campo della traduzione audiovisiva, in particolare per quanto riguarda il sottotitolaggio. Il primo che cerca di identificare le caratteristiche fondamentali di questo tipo di traduzione, sostenendo che il film stabilisce un tipo di comunicazione costituita da molteplici canali e codici, è Dirk Delabastita nel suo articolo “Translation and mass-communication: film and TV translation as evidence of cultural dynamics” (1989)60. Tra i tipi di codici da lui definiti troviamo quello verbale (con caratteristiche stilistiche e dialettali), letterario e teatrale (trama, dialoghi appropriati al genere), prossemico e cinetico (vari comportamenti non verbali), cinematico (tecniche e generi). La caratteristica fondamentale del film rispetto al teatro è la sua “perfetta

58 SIMON, Gender in Translation..., cit., p.1

59 MUNDAY, Introducing Translation Studies, cit., pp.129-130

60 Dirk DELABASTITA, “Translation and mass-communication: Film and TV translation as evidence of cultural

riproducibilità in termini pratici”, in quanto sostanzialmente inalterato in tutte le sue versioni nelle varie lingue, mentre il suo limite nel processo di traduzione filmica è la coesistenza del canale sonoro e quello visivo, che riduce le possibilità del traduttore. Tuttavia egli non si ferma alla divisione semplicistica tra verbale e non-verbale, ma arriva a classificare cinque tipi di realizzazioni operative (ripetizione, aggiunta, riduzione, trasmutazione e sostituzione) per fornire un gran numero di procedure possibili di traduzione. Da notare, inoltre, è che Delabastita lavora in una struttura descrittiva e normativa, che racchiude sia i fenomeni linguistici sia l'ambiente storico e socio- culturale. In seguito, Gambier sviluppa ulteriormente lo studio tentando di identificare diverse tipi di attività e il modo in cui esse provocano una riconcentualizzazione delle vecchie categorie traduttologiche. Tra esse possiamo elencare:

– sottotitolaggio interlinguistico: in varie forme per il cinema o il video (DVD);

– sottotitolaggio bilingue: in paesi bilingui in cui i sottotitoli sono forniti simultaneamente in due lingue;

– sottotitolaggio intralinguistico: per i non-udenti;

– doppiaggio: include sincronizzazione delle labbra e il cambiamento della traccia della voce; – voice-over: voce che copre la voce originale, usata soprattutto in documentari e interviste; – sopratitolaggio: sottotitoli proiettati nella parte superiore del palco o sugli schienali delle

sedie di un teatro (soprattutto nel caso dell'opera lirica);

– descrizione audio: commento intralinguistico sull'azione in corso, per non-vedenti.

In particolare, le differenze tra traduzione scritta e sottotitolaggio interlinguistico implicano dei limiti di spazio e tempo (di solito un massimo di due righe di testo ciascuna di circa 37 lettere per un massimo di sei secondi per caption) che portano ad una inevitabile riduzione nel numero di parole sullo schermo. Colui che sottotitola, inoltre, deve attenersi anche all'aspetto dell'immagine, che è inalterabile, rispettando tagli della camera e trovando il giusto bilanciamento tra la durata dei sottotitoli e il ritmo del dialogo.

In generale, si può notare da parte degli studiosi un'attenzione verso la natura linguistica e prescrittiva del sottotitolaggio, che tentano di proporre delle linee guida per il processo di traduzione (Díaz Cintas e Remael o Ivarsson e Carroll, per citarne alcuni). Nonostante tali regole possano risultare utili a livello pratico per il traduttore, è altrettanto necessario integrare il sottotitolaggio in una struttura teorica più ampia, prendendo in considerazione gli agenti umani coinvolti nel processo, il ruolo catalitico del pubblico e l'importanza di differenziare i vari generi filmici. Frederic Chaume (2004) fa un ulteriore passo in avanti, proponendo una combinazione di translation studies e film studies nel tentativo di produrre un modello “integrato” di analisi di regole

e norme designate a beneficio dell'analisi di codici identificativi del linguaggio cinematografico. Dei dieci codici da lui proposti, quattro sono inerenti al canale acustico (codice linguistico, paralinguistico, musicale e degli effetti speciali, dell'arrangiamento del suono) e sei inerenti al canale visuale (codice iconografico, fotografico, organizzativo, di mobilità, grafico, sintattico). Essi si rivelano utili in quanto attirano l'attenzione sull'aspetto non-linguistico e visuale, ma poco spazio è dato alla spiegazione pratica della loro attuazione sullo schermo. 61

Infine, due forme nascenti di traduzione da considerare in questo ambito sono i fansubs e i videogames. La pratica del fansubbing si riferisce al sottotitolaggio amatoriale e la distribuzione gratuita di film o serie televisive online. Iniziata con la traduzione di manga e anime giapponesi, tale pratica è sempre più diffusa grazie al facile accesso a software per il sottotitolaggio; a livello di analisi teorica su tale fenomeno, tuttavia, si è ancora agli albori della ricerca. La traduzione dei videogames, invece, viene definita come un mix di traduzione audiovisiva e di localizzazione di sofware. La caratteristica fondamentale richiesta al traduttore è la creatività e originalità, per garantire che il gioco sia coinvolgente. Tale creatività include il rinominare elementi e personaggi, l'uso di neologismi e a volte la scelta di dialetti che si discostino appositamente dalla lingua standard. Mangiron e O'Hagan utilizzano per i videogame il termine “transcreation” per enfatizzare la natura creativa e trasformativa del processo di traduzione, sostenendo che:

the skopos of game localisation is to produce a target version that keeps the “look and feel” of the original, yet passing itself off as the original (Mangiron e O'Hagan, 2006:20).62

In conclusione è possibile affermare quindi che i confini degli studi della traduzione, da un'analisi linguistica e testuale, si sono considerevolmente ampliati verso un'intera rete di segni complessi che costituiscono la cultura e che nessuno studioso può avere la presunzione di capire nella sua totalità. Tuttavia ci si sta avviando verso una nuova fase di ricerca che costringe gli studiosi a combinare teorie e risorse da una varietà di discipline e che porterà a nuove molteplici idee.

61 MUNDAY, Introducing Translation Studies, cit., pp.183-188

62 Carmen MANGIRON e Minako O'HAGAN, “Game Localisation: unleashing imagination with 'restricted' translation”, in

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