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G Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli, Milano 2010, pp 42-43.

Nel documento Eredità (pagine 70-73)

e altra-riforma

1. G Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli, Milano 2010, pp 42-43.

La parola magica: meritocrazia

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nismi che producono effetti perversi sia sulle strutture sia sulle persone.

Meritocrazia, subalternità, precariato

Apparentemente il principio ispirato al merito dovrebbe ri- chiamare un senso di giustizia e di equità. Di fatto invece la meritocrazia viene utilizzata come il grimaldello per riporta- re il controllo saldamente nelle mani di chi ha gestito il po- tere nell’università fino a oggi. Siamo in una fase in cui viene tolto spazio a chi opera nella ricerca e nella didattica, per dare maggior potere a chi assume il ruolo di gestore mana- geriale. In questo senso gli interessi economici prevarranno nelle scelte didattiche e scientifiche e, non a caso, il Consiglio di amministrazione sarà l’organo di direzione più elevato (e avrà almeno due o tre membri esterni, prevedibilmente privi di competenze scientifiche).

Chi svolgerà attività didattica e scientifica dovrà obbedire a criteri produttivi sotto stretto controllo aziendalistico. In una strategia scientifico-accademica sostanzialmente fondata sulle convenienze economiche, la meritocrazia assume quin- di soprattutto il compito di garantire il controllo sui ruoli dei ricercatori e degli associati, che si vuole diventino subalterni rispetto agli ordinari. Il primo passo è stato quello di preca- rizzare il ruolo dei ricercatori e di aggiungerlo alla pletora di figure precarie esistenti.

La meritocrazia diventerà uno strumento nelle mani di pochi che avranno un grande potere discrezionale; inoltre un’estesa diffusione del precariato consentirà basse retribu- zioni senza alcun vincolo continuativo, con notevoli rispar- mi per l’istituzione sui contributi e sulle garanzie sociali. In altre parole siamo allo smantellamento dell’istituzione. Le commissioni concorsuali formate solamente da ordinari (sono stati estromessi i professori associati e i ricercatori) garantiranno il pieno controllo dell’avanzamento di carrie- ra. I vecchi e collaudati sistemi concorsuali assumeranno un carattere maggiormente ideologico/affaristico.

In questo modo si ottiene il superamento del meccani- smo di cooptazione ancora sostanzialmente in vita: l’obiettivo della legge Gelmini è di imporre la funzionalità aziendalisti- ca a fini di lucro del sistema. Al posto dei baroni, a gestire l’azienda saranno i manager/baroni. L’assetto dirigenziale verrà ristretto in poche mani con una riduzione quantitativa

Senti che bel rumore

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dei docenti. Il prossimo raggiungimento dei limiti di età da parte di un gran numero di docenti giocherà a favore di una significativa riduzione numerica del personale grazie ai provvedimenti che riducono a meno del 50% il turn over del personale (per gli ordinari al 20%). Anche la cosiddetta “rottamazione” dei ricercatori a tempo indeterminato è sta- ta favorita utilizzando il meccanismo della falsa autonomia, che consente di avere in cassa le quote corrispondenti alle retribuzioni di chi cessa dal servizio.

Il ministro dichiara che il potere dei “baroni” viene ridi- mensionato dalla legge: ma in questa legge fatta da baroni per i baroni non c’è nulla di quello che dice la Gelmini. Au- menta il potere degli ordinari e si riduce quello dei ricerca- tori e degli associati, e tutto ciò peggiora conseguentemente la condizione dei precari e degli studenti. È infatti noto a tutti che, seppur non tutti gli ordinari possono essere definiti baroni, è certo che tutti i baroni sono ordinari.

La meritocrazia vista da studenti, precari, ricercatori, associati, insegnanti della scuola

È quasi impossibile riferire in merito alla ricchezza e alla vi- vacità di cui il movimento di opposizione alla legge Gelmini ha dato prova durante tutto il corso dell’iter parlamentare. Gli incontri e le possibilità di confronto a livello ministeriale sono stati sostanzialmente inesistenti. In compenso le idee e le opinioni sono state pubblicate su documenti, numeri spe- ciali, articoli, libri. Soprattutto esiste una vastissima documen- tazione in rete. Voglio qui riportare alcune delle opinioni reperite sui siti web che possono essere rappresentative dei punti di vista espressi dalle diverse componenti del mondo universitario e della scuola.

Studenti. Ha ragione Mariastella Gelmini a celebrare l’appro-

vazione della sua riforma dell’università come “la fine del Sessantotto”. Con questa espressione però la ministro non intende quello che ogni buon conservatore associa al cosid- detto Sessantotto: antiautoritarismo, antimilitarismo, libera- zione sessuale, rottura della morale borghese, equilibrio nel conflitto tra capitale e lavoro. No, per Mariastella Gelmini il Sessantotto rappresenta innanzitutto un aborrito “egualita- rismo”, da combattere con le armi dello sfuggente concetto di “meritocrazia” che la nuova legge si propone di incarnare.

La parola magica: meritocrazia

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La riforma di oggi è “la fine del Sessantotto” in quanto fine di quel fattore cardine di coe sione e perequazione sociale rappresentato dall’università di massa che Berlusconi e Tre- monti, attraverso Gelmini, si erano ripromessi di eliminare. […] Alla logica del “merito” teorizzato da Gelmini e suppor- tato dal taglio del 90% delle borse di studio per gli studenti, che comporta lo stigma del “demerito”, va contrapposta la logica del sostegno a chi ne ha bisogno come unica possibi- lità di progresso della società. […] Chi ne sarà naturalmente colpito saranno quegli studenti vittime del “demerito indot- to” dalle loro condizioni sociali e che si interrogano quoti- dianamente se vale la pena continuare a studiare rispetto ai sacrifici che ciò comporta2.

Precari. Le politiche accademiche dell’ultimo quindicennio,

le prassi consolidate a livello centrale e locale e tutti gli in- terventi legislativi, compreso l’ultimo, hanno inteso fondare il funzionamento delle università sul ricorso al lavoro privo di prospettive e diritti di decine di migliaia di lavoratori pre- cari, soggetti a ogni forma di arbitrio sia nella definizione delle forme contrattuali che nelle prospettive di accesso alle posizioni stabili delle università, soggette a logiche di tipo cooptativo indipendenti da qualsiasi forma di valorizzazione del talento e dei risultati. Le nuove norme appena approvate non modificano in alcun modo questo stato di cose, ma an- zi amplificheranno ulteriormente i margini di arbitrio nelle procedure di reclutamento3.

Ricercatori. Occorre soffermarsi sulla nuova parola chiave di

questi ultimi anni: la meritocrazia, un termine dalla forte valenza ideologica e privo di significato se avulso dal dibattito scientifico internazionale sulla difficile definizione del me- rito scientifico. È indiscutibile che un sistema che dà spazio a chi è “meritevole” – bravo nella ricerca, bravo nella didat- tica, bravo nella divulgazione – è un sistema virtuoso. Tutta- via, limitarsi ad auspicare la “meritocrazia” senza mettere le persone e le strutture da valutare in termini di merito nelle condizioni di svolgere efficacemente la loro funzione è sem-

2. Fonte: G. Carotenuto, Atenei in rivolta (www.gennarocarotenuto.it).

3. Fonte: Piattaforma di richieste del Coordinamento precari università (cpu)

Nel documento Eredità (pagine 70-73)