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Francesco Petrarca, in Il Marzocco, 20 agosto 1922.

13. G Mazzoni, Tutto Petrarca, in Il Marzocco,

novembre 1928.

… E quando l’Italia avrà finalmente compiuta l’edizione critica delle opere di Francesco Petrarca, che mai se ne farà?…

L’Italia, colta, con tutto il mondo civile, so che ne sarà con- tenta, e che volentieri ascolterà i divulgatori del frutto offerto da quei volumi. E so che, da per tutto, in ogni regione civile, saranno non pochi gli eruditi, i dotti, i colti davvero, che o studieranno o consulteranno o almeno scorreranno con una sana curiosità le pagine del grande umanista e del poeta mira- bile.

Dall’inizio dell’edizione critica, che si è avuto felicemente con l’Africa curata da Nicola Festa, due anni fa, si può si può con sincera fiducia arguire l’importanza della intiera impresa. Basta rammentare che l’Epistolario è tra le mani di Vittorio

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Rossi, e le postille ai classici sono tra le mani di Remigio Sabbadini, perché s’intendano il valore e il profitto che ne avremo: coi quali nomi, del Rossi e del Sabbadini, che ho messi innanzi, mi dispenso dall’enumerazione dei benemeriti occupati alle altre opere. Il Rossi e il Sabbadini stessi, col Rajna e il Segrè, col sottoscritto, compongono la R. Commissione, istituita nel luglio del 1904, per l’edizione nazionale delle Opere del Petrarca.

Ventiquattro anni son dunque oramai passati da quando ci accingemmo all’impresa, che era una doverosa onoranza, ricorrendo allora il centenario della nascita di Francesco, e che è, direi, non che necessaria, sacrosanta. Necessaria è per- ché da secoli gli studiosi ne hanno un desiderio, un bisogno, sempre più urgente; sacrosanta è perché il complesso delle scritture di lui si erge come un monumento solenne della romanità e dell’italianità della dottrina e dell’arte, imponendo la contemplazione sua a qualsiasi indagatore o ripensatore delle origini della civiltà moderna.

Ben venga, anche in un’edizione più propriamente critica di quelle che già se ne hanno (e molte sono eccellenti), il

Canzoniere. Ma chi ne chiede e ne gusta le rime, in quanto son

belle, può averle e assaporarsele a suo agio senza aspettare i volumi dell’edizione nazionale. Invece quasi tutto il resto, di quanto il Petrarca scrisse, o è difficile a procurarselo material- mente o è imperfettissimo, talvolta spropositato nel testo.

Non soltanto vi saranno vere e proprie novità; ma, quasi da per tutto, chi raffronterà le antiche stampe di Basilea, o anche le moderne edizioni di questa o di quella opera, vedrà final- mente chiaro dove era sicuro, e avrà la certezza che lo scritto- re volle pensare ad esprimersi nel modo che dal testo appa- rirà. Scusate se è poco!

Qui torno alle date 1904 e 1926: che son quelle del decreto che ordinò l’edizione, e della stampa pubblicata dell’Africa nella recensione critica (“docta, Juppiter, et laboriosa”) del Festa. Cominciamo a detrarre dai ventidue anni un buon quinquennio, anzi un quinquennio cattivo, della guerra mon- diale, in cui troppo poco poterono lavorare anche i meglio zelanti. Non fosse stato altro, e c’era ben altro!, i manoscritti e le stampe rare non era possibile che viaggiassero tra l’Italia e

le altre nazioni, come si ottiene talvolta, quasi sempre, che viaggino, liberalmente prestati; e neppure qui tra noi, in Italia, si avevano le comodità indispensabili a ricerche, a raffronti, a spogli. Resta, detratto il quinquennio, che diciassette anni sono, a dire la verità, un tempo assai lungo; ho a dire aperto?, troppo lungo.

Se avessi l’intenzione o il dovere di atteggiarmi ad avvocato difensore della nostra Commissione, potrei osservare che la materia petrarchesca è straordinariamente varia, ricca, disper- sa. Moltissimi, a diecine, a centinaia, i manoscritti, in bibliote- che pubbliche, in raccolte private, per quasi ogni parte del mondo dove furono o sono i Mecenati, i Fiske!

Apro una parentesi, da che mi è capitato sotto la penna il nome onorato di Willard Fiske. Fu pur egli un amatore inde- fesso e munifico di quanto giovasse agli alti studi italiani; e, come ebbe una stupenda libreria dantesca, così n’ebbe una petrarchesca; per di più, il Rajna ed io amministriamo un fondo, sempre crescente, destinato a premiare un libro di argomento petrarchesco: il tema preposto ora alla gara è su le relazioni tra il Petrarca e la Toscana328. Ebbene, il Fiske donò a

un’Ithaca, che non è l’omerica ma l’americana, la più grande raccolta di opere di Dante e su Dante che, a prescindere dal tutt’insieme delle biblioteche nostre, sia nel mondo. Il

Catalogue of Dante Collection presented by W. Fiske, compila-

to da Th. Wesley Koch, fa stupore ne’ due suoi grossi e fitti volumi, editi ad Ithaca stessa e New York dal 1898 al 1900. Si vuole avere un’idea della diligenza del compilatore? Ho trova- to, là dentro, non solamente la registrazione di articoletti miei che avevo, se Dio vuole!, dimenticati; ma, inoltre, che l’estrat- to di uno studio da me dato alla Miscellanea Rossi-Teiss, nel 1897, è arricchito nientemeno che da un mio autografo: “Inserted is an autograph postalcard from the number”.

Dunque, torno a dirlo, una sovrabbondanza di materia e una sparpagliata diffusione, da rendere ardue e lunghe le stes- se ricerche preliminari. Per buona ventura, la fotografia rende oggi, con sempre maggiore agevolezza, possibili le produzioni fondamentali per identificare e collazionare i testi.

Dato che io avessi a difendere la nostra Commissione, non trascurerei di far notare ai giudici, subito dopo, le inevitabili

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tardanze che provengono dalle malattie e pur troppo dalle morti dei collaboratori: bisogna, a lavoro avviato, sostituirne qualcuno; e si può dire che allora il lavoro è quasi da ricomin- ciarlo, perché ben poco, in questa sorta di studii, è ciò che può utilmente tramandarsi da un lavoratore a un altro.

E concluderei: - Ma sapete, signori, che mai vuol dire pre- parare sul serio un’edizione critica? Non farebbe torto alla vostra coltura chi sospettasse che non ne possiate avere nep- pure un’idea lontana, se tanti, che dovrebbero averne cogni- zione piena, ne sentenziano e perfino motteggiano alla leggie- ra! Oculatezza, esperienza, diligenza, nell’esame dei testi su manoscritti e su stampe; sagacia nel raggrupparli; dottrina della materia e della lingua; cognizioni di vario ordine per capire e per correggere; e perfino, quanto alle opere letterarie, buono e fino il gusto, in relazione a quel dell’autore; tutto ciò occorre in chi, molte volte, non può attendere a tanta fatica se non dopo aver provveduto agli ufficii che la cattedra ed altri doveri gli gravino giornalmente addosso329. - E passerei, difen-

dendo, alla commozione degli affetti; press’a poco, così: - Signori, tutto ciò che vi ho delineato è gratuitamente imposto sì ai membri della Commissione sì ai singoli collaboratori. Quelli non ebbero e non avranno nessun altro compenso che la soddisfazione, grandissima, di aver diretta una così nobile impresa italiana; questi, i collaboratori, avranno, come il Festa, sì e no, il rimborso delle spese sostenute, e un minimo compenso da non potersi paragonare, neppure da lontano, a quanto riscuote una dattilografa a ore. -

Ma non sono destinato a seguire la professione paterna; e non ho, dinanzi a me, dei giudici. Anzi, mi metto dalla parte dei censori; e riconosco che insomma si sarebbe dovuto anda- re, non certamente meglio, ma più presto. Di che le scuse, per varie che siano, non valgono a togliere di mezzo il fatto: ad Arezzo s’inaugura il monumento al Petrarca e la Commissione non può pubblicare, in tale occasione, neppure un secondo volume delle Opere del Petrarca.

Il Rossi, nel convegno che il 25 e il 26 corrente terremo noi petrarchisti in Arezzo, spiegherà a qual punto ne siamo per ciascuna parte dell’edizione. Confido che apparirà allora, agli stranieri e agl’italiani, come, se un solo virgulto è fiorito, altri

stanno per isbucare dal suolo, e fioriranno anch’essi assai pre- sto. Dalla ragione medesima e dall’ordinamento dell’impresa deriva che, dopo la metodica esplorazione e rielaborazione, si ottengano l’uno dopo l’altro gli effetti conclusivi. Avremo così, con una relativa sollecitudine, il De viris illustribus, il De

remediis utriusque fortunae, il De vita solitaria, il De contemptu mundi, i libri Rerum memorandarum, ecc.; titoli che ho segnati

per far chiaramente vedere la mole degli scritti e le cure che richiedono. Avremo, finalmente!, l’Epistolario, e le postille, come ho indicato sopra; e avremo poi le poesie latine e le rime tutte, anche le estravaganti, e i Trionfi. Insomma… chi vivrà, vedrà. Per conto mio vorrei almeno ammirare i volumi più prossimi a uscire in luce, e deliziarmene.

La figura del Petrarca, se non è quella del primo uomo moderno (frase fatta, di cui mi piacerebbe che si guarisse), è quella, per molti aspetti attraentissima, di un uomo vero e di un uomo singolare. In quanto egli è vero (e nelle sue splendi- de facoltà, e ne’ suoi difetti, si palesò tutto quanto) offre un documento umano di primo ordine, sia storicamente parlan- do, sia psicologicamente. In quanto è un uomo singolare, di cui l’arte sovrana esprimeva le aspirazioni, i crucci, gli amori, e la forte dottrina porgeva insegnamenti alti e fecondi con effetti universali, invita e tiene sopra le sue carte industri, con varie ragioni d’importanza umanistica.

La storia, la geografia, la cognizione della letteratura latina, l’etica del Rinascimento contemperata di ottimi elementi filo- sofici e cristiani, gli doverono molto. Fu veramente un mae- stro, un propagatore, un banditore. Si può asserire che per due secoli tenne scuola. Ma l’erudito era insieme un poeta; e quale!

Ha del preromantico, costui; ha del patriotta romano e ita- lico; ha del mondano e dell’ascetico. Ed è, dove è proprio lui, un poeta sommo. Ed è, dove è meno lui, un modello che fece moda fino alla sazietà, in Italia, in Francia, in Germania, in Inghilterra. Tanto trascritto, fin da quando egli era vivo, e tanto poi ristampato, e troppo male trascritto e ristampato, e forse, anche perciò, inedito! Non mi stanco mai di suggerire ai giovani, quando, per farsi più presto i così detti titoli pei concorsi, desiderano un qualche tema dove sia dell’inedito;

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non mi stanco mai di suggerire loro, che, se vogliono trovare dell’inedito, leggano le opere, per esempio, di Francesco Petrarca e di Niccolò Machiavelli330.

Ripetiamolo: quando l’Italia avrà finalmente compiuta l’edi- zione critica delle opere di Francesco Petrarca, il mondo civile ne sarà lieto, e riconoscente a lei. Qualche anno fa, prima che si disegnasse l’edizione nazionale, l’amico Girolamo Vitelli mi propose di mettermi insieme con lui, ed io intendevo sotto la guida sua, a preparare per le stampe l’edizione dell’Epistolario petrarchesco. La cosa non ebbe seguito. Se mai, per tale edi- zione, le spese sarebbero state compensate e la pubblicazione sarebbe avvenuta da una Casa editrice tedesca. Quanto è bene che invece l’edizione, sì dell’Epistolario, sì delle altre opere di quel nostro grande, esca in Italia e per volontà del Governo d’Italia!