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R Forster, Centenari umanistici, in Il Mattino, 23-

Domenica, 17 gennaio 1904.

10. R Forster, Centenari umanistici, in Il Mattino, 23-

24 gennaio 1904.

È prossimo il centenario della nascita di Francesco Petrarca

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e in Arezzo al poeta del più grande romanzo d’amore che sia mai vissuto entro i giardini chiusi dai cancelli delle rime e dalle siepi delle strofe vogliono innalzare un monumento. In proposito io sono dell’opinione espressa da Guido Mazzoni:

se ne poteva, certo, fare a meno; quasi quasi direi che se ne doveva; è difficile trovare oggi fra gli artisti che vincono i con-

corsi quello che sappia scolpire nel marmo o gittare nel bron- zo un’effigie armonicamente e musicalmente degna di chi fu così alto Musico e Poeta nell’ampiezza sinfonica della Canzone e nella struttura aurea del Sonetto. Una brutta statua al primo trovadore, al primo umanista e adorator d’ogni bel- lezza della nostra lirica non può che aver il senso d’un insulto o d’un dileggio. Per fortuna che intorno alla consueta pietrifi- cazione, questa volta, una più nobile gara si è accesa. Pio Rajna, il Monaci, il Crescini, il Novati e il Mazzoni nelle lor scuole universitarie e nei giornali e nelle riviste hanno già ben cominciato a definire la solennità grandiosa del centenario petrarchesco; e chiedono e vogliono l’edizione critica comple- ta delle opere del cantore, del filosofo e dell’erudito; e la esi- gono dai più profondi studiosi d’Italia e dell’Estero, senza tenere in gran conto le miserabili venticinque mila lire che un disegno di legge dello Stato, qual elemosina troppo parca e grama per sì varia e vasta impresa, proporrà al Parlamento. Quale sarà la somma e l’importanza degli studi singoli che produrranno in questa occasione il Rajna, il Crescini, il Novati, il Mazzoni, il Monaci, e altri in Italia e in Francia, sopra tutti, Pietro de Nolhac non è ancor lecito profetare: né fino a qual grado di attuazione sarà condotta la magnanima idea dell’edizione critica delle Opere di Francesco Petrarca: è certo però che il centenario non dileguerà senza un proficuo fervor di studi, senza pubblicazioni notevoli e senza una nobi- le elevazione intellettuale degli spiriti meno impuri dell’itala gente verso il sommo Maestro Cantore.

Un’altra gran festa commemorativa dell’umanesimo italiano non è remota: il quinto centenario di Leon Battista Alberti, che a Napoli per concessione già data con intelligente pron- tezza dal sindaco, marchese Ferdinando Del Carretto, verrà celebrato con ogni dignità di dottrina e arte.

Operoso promotore del proposito di non lasciar passare

senza onoranza il centenario di Leon Battista Alberti è stato l’architetto Bernich: in Napoli questa commemorazione assu- merà un significato speciale per la sua connessione con uno dei più maestosi monumenti dell’arte meridionale. Infatti la lunga assiduità dedicata dal Bernich ad esaminare le opere let- terarie e architettoniche dell’Alberti lo ha tratto, a traverso indagini acute e minuziose, ricche di paralleli e di riscontri eruditi, a credere il versatile umanista autore e ideatore dell’Arco di Alfonso di Aragona.

Le ricerche del Bernich sono molteplici, ma si concentrano in ispecie nei raffronti fra la chiesa di S. Francesco in Rimini e l’Arco trionfale di Napoli, fra il tempio malatestiano e la gran mole di Castelnuovo, e nella identificazione di un medaglione scolpito nel fregio dello stilobate interno dell’Arco d’Alfonso e il ritratto dell’Alberti della medaglia del Pasti. Alle conclu- sioni che acquistano particolar importanza e che saranno la materia di un dibattito interessante, il Bernich è arrivato dopo anni e anni d’indagini, raccolte nell’opuscolo L’architettura di

Leon Battista Alberti e le chiese pugliesi (1904), nell’articolo

pubblicato nell’ottobre del 1902 nel Fanfulla a proposito del soffitto di S. Maria Maggiore di Roma, nella memoria Sulla

rinascenza della pittura in Italia (1896), in un numero di Arte e Storia, in un articolo sulla Rassegna d’arte di Milano (maggio,

1902), nella Napoli Nobilissima e nel Mattino (n. 4 e 6 gen- naio, 1903). Decretò e fece poi confermare da altri molte rivendicazioni albertiane. La maggiore sarebbe, in ogni modo, questa dell’Arco d’Alfonso d’Aragona, così ingegnosamente formulata in parecchi scritti dall’egregio architetto. Resta da tutto ciò provato che gli spetta ogni merito di priorità dello studio dell’Arco nel suo ideatore e nei suoi esecutori e nelle affinità col tempio malatestiano e con le teorie esposte da Leon Battista Alberti, in ispecie, in De re aedificatoria. Da tutto ciò scaturisce che intorno all’Arco famoso, che fra breve sarà liberato del rafforzamento, che fu eseguito su progetto del valente direttore dell’Ufficio Regionale di Napoli, signor Adolfo Avena, e che apparirà presto a tutti in magnifico aspet- to, e che intorno a Leon Battista Alberti si è fatto qualche cosa in più di uno sterile cianciare o un vacuo frastuono di rim- bombante, fraseante eloquenza da centenario. Ha fatto quindi

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bene il Bernich a voler promuovere, con l’appoggio del mini- stero, col consenso di tutti gl’istituti d’arte in commemorazio- ne del grande teorico e architetto del Rinascimento, di colui che nell’arte e nella vita fece valere la facoltà dell’eudemonia, del bene e del beato vivere, del possesso di se medesimo, e che fu uno dei più integri personificatori di quella varia e mul- tiforme umanità del Rinascimento di cui Leonardo fu l’esem- plare più perfetto nella sua immensa idealità e realtà di Musico, cioè di accentratore universale ed armonico d’ogni arte e d’ogni scienza.