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(1945-1969) *

1. La storia del sindacato in Italia, in quest’ultimo ventennio non solo non è stata fatta oggetto di adeguata attenzione da parte degli stu­ diosi del movimento operaio, ma, per lo più, è stata negletta.

Dopo un primo tentativo di sintesi che dedica però ampio spazio al movimento sindacale dopo la parentesi fascista operato dal Candeloro nel 1950 si dovranno attendere circa dieci anni prima d ’incontrare un’altra opera che affronti il tema con criteri e rigore scientifici. E gli anni ses­ santa, seppure un po’ più fecondi a questo proposito, non hanno ancora visto impegnato alcuno studioso in un lavoro di sicuro respiro storico su questo argomento.

La storia sindacale del nostro dopoguerra, che si estende ormai per un quarto di secolo, offrirebbe infatti la possibilità non più solamente di registrare fenomeni, ma di discriminare processi in corso e processi con­ clusi, di individuare nessi e interrelazioni, di cogliere quelle scelte che caratterizzano e condizionano oggi la vita del movimento sindacale.

Del sindacato in questo secondo dopoguerra si sono occupati in po­ chi, in specie giornalisti e militanti. E a proposito delle pubblicazioni di costoro, ci pare di poter ripetere quanto, parlando in generale dello stato degli studi di storia del movimento sindacale, scriveva nel 1950 il Candeloro: « Si tratta (infatti) in generale di lavori assai disuguali nello sviluppo dato alla trattazione delle varie parti, condotti spesso con fini evidentemente apologetici, scritti talora sulla base di ricordi personali,

* Le pagine che seguono sono frutto di un lavoro comune di elaborazione e di discussione: Dora Marucco ha curato la stesura delle prime due parti, Aldo Agosti della terza.

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oppure raffazzonati su notizie di seconda mano, quando non sono addi­ rittura semplici centoni di notizie, non sempre esatte, messe insieme sen­ za nesso e senza criterio scientifico » \

La rottura dell’unità sindacale ha giuocato per almeno un decennio il ruolo di protagonista negli studi e nelle interpretazioni delle vicende del sindacato dell’immediato dopoguerra. Certamente la scissione provocò un grande trauma e un notevole disorientamento, lasciò inoltre nelle varie centrali sindacali, che si vennero costituendo in seguito alla frattura, un vero e proprio complesso di colpa.

Possiamo dire che i primi tentativi di interpretare le vicende sinda­ cali degli anni successivi alla liberazione presero le mosse proprio dalla scissione; solo allora si sentì il bisogno di abbracciare con un unico sguar­ do i fatti, gli avvenimenti che avevano portato a quella conclusione.

Se dalla rottura dell’unità sindacale si vuole fare iniziare il processo di riflessione sul movimento, il bisogno di scriverne la storia, ad essa ancora bisogna riferirsi per trovare il tema ricorrente nella storiografia e nella pubblicistica sindacale del dopoguerra. Per un decennio almeno queste hanno inteso la storia del quinquennio successivo alla liberazione come storia della rottura dell’unità sindacale e hanno speso le proprie energie in uno sforzo di ricerca delle cause remote e di attribuzione delle responsabilità. Questa attenzione, così univocamente rivolta, ha certa­ mente nociuto all’intelligenza della storia del movimento sindacale, poi­ ché non solo il quinquennio successivo alla liberazione è stato interpre­ tato in questa unica chiave, ma anche il periodo successivo è parso non presentare al confronto nessun aspetto degno di altrettanto rilievo. Così molti fatti relativi alla vita del movimento sindacale, sia esempio per tutti gli altri il tentativo compiuto dalla CGIL mediante il Piano del La­ voro, di presentare un proprio progetto di ricostruzione economico-so- ciale per il paese, sono rimasti decisamente in ombra rispetto al primo problema.

Prima di passare a svolgere considerazioni più specifiche ci pare im­ portante rilevare ancora alcuni elementi comuni alla maggior parte delle storie del movimento sindacale. Quasi sempre l’attenzione degli autori è assorbita esclusivamente dalle vicende delle centrali sindacali. Protagoni­ sti sono i sindacati, considerati come organismi a sé, di cui si valuta il collegamento, il rapporto di azione-reazione con i partiti, con i loro grup- 1

1. Giorgio Candeloro, Il movimento sindacale in Italia, Roma, Ed. di cultura

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pi di pressione, con il governo, ma di cui viene trascurato il rapporto con la base e le masse dalla cui azione, se pure non ne siano sempre esclusivi collettori, non possono essere considerati scissi.

Infatti, se la natura del sindacato è correttamente intesa, il lavoro dello storico del movimento sindacale dovrebbe concentrarsi nell’analiz- zare i caratteri delle lotte operaie nella situazione concreta in cui sor­ gono, e nel vedere in che rapporto il sindacato — cioè l’organizzazione storica che la classe operaia si è data per soddisfare il momento econo- mico-rivendicativo della sua lotta — si pone con esse: se le promuove esaltandole, se si limita a recepirne alcuni elementi, ignorandone o emar­ ginandone altri, se ne distorce addirittura gli scopi. Ciò comporta, evi­ dentemente, non già un esame particolareggiato dell’atteggiamento sin­ dacale, in ogni singola situazione di conflitto, ma un esame delle linee generali della politica sindacale in cui le organizzazioni cercano di inca­ nalare le lotte.

Con questo non si vuole sottovalutare l’importanza del rapporto sin­ dacati-forze politiche specialmente in una situazione come quella italia­ na dove esiste la realtà di un sindacalismo fortemente politicizzato, bensì mettere in guardia dalla pretesa di voler tutto spiegare con i rapporti di dipendenza delle centrali sindacali da questo o quel partito e soprattutto sottolineare come, anziché essere la chiave esplicativa delle vicende sin­ dacali, il nesso sindacato-forze politiche rimanga pur sempre soltanto una cornice entro cui queste si muovono 2.

Di questa storia del movimento sindacale che riesce così bene a di­ stinguersi dalla storia del movimento operaio diffidiamo piuttosto, sia perché è storia di strutture giuridicamente intese, che si costruisce su una realtà forzatamente mutilata e distorta, sia perché, anziché mettere a fuo­ co i nessi, il tessuto dei rapporti sindacali, ci presenta delle entità e, avendo riguardo solo a queste, è portata a sforzare il significato dei rap­ porti di vertice tra sindacati, partiti, potere politico ed economico.

Insomma, è una storia priva di sfondo e di relazioni, una storia astratta che offre ben pochi motivi di comprensione dei fenomeni, scarse occasioni per una interpretazione che ricerchi delle ragioni non sempre riducibili alla meccanica dei rapporti di vertice. Se la storia del movi­ mento sindacale non è storia di istituti questa che ci troviamo ad esami­ nare offre pochi motivi di credibilità.

2. Queste considerazioni che svolgiamo in generale avendo di mira i limiti di quasi tutta la produzione storiografica sul movimento sindacale, ci paiono attagliarsi in modo particolare al lavoro dell’Horowitz, su cui ci intratterremo in seguito. Cfr.

Daniel L. Horow itz, Storia del movimento sindacale in Italia, Bologna, Il Mu­

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A riprova di quanto si sta dicendo basterebbero un paio di osserva­ zioni: in questi lavori di sintesi il mondo contadino è, eccetto qualche rara eccezione, assente 3. Forse che il mondo contadino di questo secondo dopoguerra non ha una sua storia che interessa e interferisce con quella del movimento operaio di questo stesso periodo? Il fatto si è invece che il mondo contadino, che presenta, assai più del mondo operaio, come caratteristica determinante quella del sottoproletariato, sfugge all’orga­ nizzazione e quello che rientra nell’apparato organizzativo sindacale è assai poco rappresentativo delle masse agrarie, vuoi per il suo identifi­ carsi spesso con un ceto, vuoi per l’essere sostanzialmente un serbatoio elettorale.

Ora una storia sindacale che concepisca il sindacato isolato dalle mas­ se lavoratrici può ben trascurare un fenomeno che registra la propria presenza molto più sul secondo che sul primo piano.

L’altro grande assente in queste storie sindacali è il mondo padro­ nale: ciò non vuol dire che in esse non si faccia mai alcun cenno dei sindacati padronali, bensì che ritenere esaurita la storia sindacale nella dialettica delle reciproche organizzazioni, significa avere una visione al­ trettanto schematica quanto irreale della situazione.

Manca comunque sempre o quasi la capacità di cogliere dinamica- mente la storia sindacale: nessuna attenzione è accordata al mutarsi delle strategie di lotta, degli obbiettivi, della logica conflittuale in concomi­ tanza con le trasformazioni economiche, strutturali, tecniche del processo produttivo.

La storia del movimento sindacale di quest’ultimo ventennio ha im­ pegnato sindacalisti e storici sia di parte marxista che di parte cattolica. E i lavori che sono risultati risentono tutti di preoccupazioni di parte.

3. Potrà certo sembrare strano che nel corso di questa nostra rassegna di studi sul sindacato nell’ultimo ventennio non siano stati presi in esame i lavori dedicati specificamente al movimento sindacale contadino.

Ed infatti il problema si è posto agli autori di questa parte.

Ma la considerazione della natura specifica del tema, della fisionomia dei lavori fino ad oggi pubblicati, a carattere per lo più locale, ha consigliato per ora di so­ prassedere ad un tentativo di inserire nella presente trattazione u n ’analisi degli studi esistenti, rimandando ad una rassegna specifica dei lavori sul movimento sindacale contadino, che si intende preparare al più presto.

Per ora vengono prese in considerazione quelle opere che affrontano l’organiz­ zazione sindacale agraria nel quadro del più generale problema dei rapporti tra mo­ vimento sindacale e vita politica, tra sindacato e partiti, senza esaminare la questione con un riguardo tutto particolare alla peculiarità del movimento contadino in que­ sto secondo dopoguerra, presupposto indispensabile invece per una corretta e per­ spicua analisi dell’organizzazione sindacale delle masse agrarie.

GLI ULTIM I ANNI 8 7 Si tratta quasi sempre di opere guidate da intenti giustificazionisti e da obiettivi apertamente polemici. L’esame ci fornirà l’opportunità di met­ tere in rilievo i vizi di un’impostazione così scopertamente orientata.

Ci è parso tuttavia opportuno prendere in esame quanto si è pro­ dotto nel corso di questi anni senza discriminare aprioristicamente fra le opere uscite, opere ovviamente di taglio e di respiro diversi ma che, pur tuttavia, si propongono, almeno in parte, di ripercorrere le fasi del mo­ vimento sindacale e di fornire una chiave interpretativa dei fatti salienti. Molte cose sono rimaste fuori da questa rassegna, cose che avremmo vo­ luto considerare come le pubblicazioni uscite sotto l’egida degli stessi sin­ dacati, soprattutto per difficoltà di reperimento. Alcuni organismi che, a buon diritto, rientrerebbero appieno nell’area di competenza del sinda­ cato, nonostante la loro dichiarata natura di organismi collaterali (quali ad esempio de ACLI), sono stati considerati solo per quel tanto per cui sono stati chiamati in causa dalle opere più generali. Così sono rimasti fuori dalla nostra considerazione gli atti congressuali, le pubblicazioni di fonti, la memorialistica, la pubblicistica sindacale, cosa che è stata fatta a malincuore, poiché nel corso della ricerca è emersa la necessità di una rassegna, per quanto meramente compilativa, delle fonti, di cui spesso si ignora l’esistenza e la reperibilità. Ma questo lavoro, per quanto utilis­ simo, specie per una produzione recente che, non passando attraverso i normali canali di diffusione, rischia di sfuggire all’attenzione, avrebbe comportato una ricerca molto ampia e capillare e richiesto l’applicazione di un diverso metodo.

La produzione critica sui sindacati non pare aver sentito in modo particolare le ripercussioni delle vicende sindacali di questi anni. Non ci sembra di poter registrare, in concomitanza con momenti di particolare intensità di vita sindacale, un incremento della riflessione sulla storia de­ gli organismi sindacali.

A parte il « boom » dei primi anni 50, seguito immediatamente al travaglio che aveva portato alla scissione, potremmo individuare solo qualche altro momento in cui la letteratura sindacale pare esprimere in qualche modo la situazione che il movimento attraversa.

La pubblicazione ad esempio nel 1962 degli Atti del Congresso In­ ternazionale di studio sul progresso tecnologico e la società italiana4 non rappresenta solo un fatto molto rilevante nell’ambito degli studi sul mo­ vimento sindacale italiano, ma va posto a seguito del moto di ripresa del

4. Lavoratori e sindacati di fronte alle trasformazioni del processo produttivo,

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sindacato, dopo il superamento della stasi degli anni ’50, che la repres­ sione padronale da un lato e l’estrema difficoltà per i sindacati dall’altro di trovare una propria rinnovata fisionomia e collocazione nella vita del paese, una volta sfasciatisi gli schemi quarantotteschi, avevano deter­ minato.

Non è privo di significato il fatto che in questa occasione gli inter­ venti dedicati al sindacato abbiano tutti quanti affrontato il problema ideologico, uno degli aspetti fino a quel momento più trascurati dalla ri­ flessione sul movimento sindacale 5.

Ora se il centro d ’interesse era allora costituito dalla revisione degli obiettivi dell’azione sindacale in relazione al progresso tecnico e del ruo­ lo giuocato dal sindacato nel sistema economico-politico, oggi l ’analisi della componente ideologica rappresenta il motivo per una riflessione glo­ bale sulla natura e sulla concezione del sindacato che le varie centrali hanno maturato nel corso di un ventennio circa di attività e di lotte.

Ad esprimere questo indirizzo di studi sul sindacato c’è da un lato l’iniziativa dell’editore Palazzi di pubblicare una collana, di cui sono usci­ ti finora due volumi, dedicata all’attività delle correnti ideologiche nel mondo sindacale, dall’altra lo studio condotto da tre collaboratori della FIM-CISL milanese sulla CGIL in quest’ultimo ventennio6.

Ma l ’iniziativa odierna ci offre lo spunto per una ulteriore conside­ razione, quella cioè di come l ’interesse per il sindacato si sia risvegliato in concomitanza con l’assurgere di questo al' ruolo di protagonista della storia politica dei nostri giorni sia per le lotte in cui è impegnato sia per lo sforzo di ricostruzione dell’unità sindacale che sta sostenendo.

Concludendo su questo punto ci pare nel complesso di poter parlare di una produzione che, senza risentire in particolare di sollecitazioni sia

5. Qualcosa a questo proposito era stato fatto in precedenti occasioni, ad esem­ pio con il volume I sindacati in Italia in sette saggi di Giu s e p p e Di Vitto rio, Giu­

lio Pastore, Italo Vig lia n esi, Giu l io Ra p e l l i, Fernando Santi, Enrico Parri, Giovanni Canini, Bari, Laterza, 1955, che si proponeva però un obiettivo più cir­ coscritto, un bilancio cioè delle concezioni e delle prospettive dei vari sindacati al termine del processo di disgregazione del sindacato unitario.

6. Aldo Forbice - Paolo Favero, I socialisti e il sindacato, Milano, Palazzi,

1969 e Giancarlo Ga l l i, I cattolici e il sindacato, Milano, Palazzi, 1969. Gian

Prim o Cella, Bruno Manghi, Roberto Pa s in i, La concezione sindacale della CGIL: un sindacato per la classe, s. 1., ACLI, Collana Ricerche, n. 9, 1969. A pro­

posito di quest’ultimo saggio, che, come avremo modo di dire più ampiamente in seguito, rappresenta uno dei tentativi più riusciti di storia di un sindacato, ci preme rilevare quanto essenziale e indispensabile ad esso sia stata la pubblicazione di fonti documentarie che si è registrata nel corso di quest’anno.

È infatti del 1969 la ristampa completa de I congressi della CGIL, Roma, Editrice Sindacale Italiana, 7 voli, e la pubblicazione de La CGIL dal V I al V II

GLI ULTIM I ANNI 8 9 politiche che sindacali, procede secondo un proprio ritmo di riflessioni e di approfondimenti, riproponendo di volta in volta, senza particolare ori­ ginalità, l’interpretazione dei momenti salienti della vita del movimento sindacale, accogliendo come nodi problematici quelli già consolidati dalla tradizione.

Ci sembra quindi che seguire passo passo l’uscita di questi lavori non sia solamente usare pedissequamente del criterio cronologico, ma rispet­ tare una logica che sarebbe arbitrario voler stravolgere, immettendo altre motivazioni dall’esterno.

2. Ci si può rammaricare che il saggio del Candeloro 7 sia uscito tan­ to presto e che quindi la trattazione delle vicende del movimento sinda­ cale in questo secondo dopoguerra si arresti al 1950, poiché con questo volume ci troviamo di fronte ad uno dei pochi tentativi di fornire un in­ terpretazione in sede scientifica delle fasi più importanti per lo sviluppo successivo del movimento sindacale. Il lavoro si impone all’attenzione per una serie di motivi: da un lato perché, contrariamente a quanto av­ viene di solito, la trattazione abbraccia in un unico sguardo le vicende del movimento sindacale sia operaio che contadino, dall’altro, e qui sta uno dei suoi maggiori pregi, perché, proponendosi di fare storia di strut­ ture, non cede alla facile tentazione di fare storia di istituzioni, ma e sempre attento al nesso che collega le istituzioni al movimento, al rap­ porto dinamico e non meccanico che lega le forze con gli organismi che le rappresentano (non sarebbe stato privo d ’interesse poter verificare questa problematica in tempi a noi più vicini, quando è emersa anche la possibilità di un rapporto dialettico), dall’altro ancora per una certa ori­ ginalità nell’interpretare alcuni momenti chiave della vita dei sindacati nel secondo dopoguerra.

Il Candeloro non ha alcuna difficoltà ad indicare il vizio d origine della CGIL, che ne condizionerà poi lo sviluppo successivo, nel suo costi­ tuirsi per iniziativa delle correnti che avevano aderito al patto di Roma, anziché per iniziativa dal basso, poiché il metro in base al quale egli mi­ sura la capacità dell’organizzazione sindacale è quello del suo rapporto con il movimento e non tanto quello della sua incidenza diretta sul po­ tere politico. Sarà questa posizione a fargli tenere un atteggiamento piut­ tosto indulgente, che ha dei punti di affinità, come vedremo, con quello assunto dal Lussu in proposito, nei confronti dell’iniziativa democristiana del 1945 a favore dei coltivatori diretti. Se pure non sfugge al Candeloro quanto in essa avesse parte l’intenzione di prevenire una mossa

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nista o socialista e il fatto che l ’organizzazione nasceva estranea e ostile alla CGIL, egli tuttavia preferisce inquadrarla in quel novero di inizia­ tive volte a riunire i lavoratori della terra, come la costituzione della Confederterra, che però, pur riconoscendo molto peso ai coloni e ai braccianti, trascurava invece il campo dei coltivatori diretti.

Molto ampia è l ’analisi che l ’autore fa della rottura dell’unità sinda­ cale. E qui non solo i prodromi della crisi sono ricercati molto lontano, ma 1 interpretazione dei motivi della scissione non ci propone, come ve­ dremo essere consuetudine delle storie successive, la semplicistica e ad­ dirittura un po’ ovvia conseguenza della fine dell’unità politica, operatasi con il crollo del tripartito.

Si potrebbe dire che il Candeloro distingue due fasi che caratteriz­ zano il periodo che sboccherà nella scissione sindacale: un primo mo­ mento in cui perdura ancora l ’unità ma si manifestano tendenze centri­ fughe da parte dei sindacalisti democristiani, e un secondo momento in cui si opererà da parte del potere politico una grossa manovra repressiva nei confronti del movimento operaio e di cui la rottura sindacale sarà un aspetto.

La prima fase, che si apre con il rifiuto dei sindacalisti democristiani nel luglio 1946 di chiedere nuovi aumenti salariali, trova il suo momento culminante nella discussione e nella votazione dell’articolo 9 dello Sta­ tuto 8. Ciò che oppone qui i sindacalisti democristiani è, secondo il Can­ deloro, una diversa concezione del sindacato, del suo ruolo e della sua funzione « Era — scrive — la vecchia concezione dell’attività sindacale come attività puramente rivendicativa, che rinasceva con lo scopo

evi-8. L’articolo 9 dello statuto confederale che venne discusso al congresso della CGIL a Napoli nel 1945 e poi votato nel 1947 al congresso di Firenze, senza l ’ade­

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