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cacci52, si pone invece quasi sempre come compenetrazione tra partito e organizzazione sindacale e talvolta come predominio di quest’ultima, nelle zone a prevalenza bracciantile, sull’organizzazione politica. A fon­ damento della parziale e distorta angolazione da cui si pone il Preti nella sua ricerca, è il consenso ideologico dell’autore a una politica socialde­ mocratica, che lo induce non solo a considerare superficialmente i dati concreti di una determinata situazione storica, ma a deformare la reale posizione politica dei dirigenti del movimento socialista, quale quella del Costa, presentato come evoluzionista e tradeunionista 53. Ciò nonostante non mancano nel Preti notazioni interessanti, quali le osservazioni sulla figura e sulla mentalità del bracciante. Molte sono inoltre le notizie for­ nite, anche se quasi mai ne e indicata la fonte documentaria.

Renato Zangheri nell’introduzione alla raccolta dei principali docu­ menti della Federterra54 indirizza la propria ricerca essenzialmente al momento costitutivo della Federterra e alla successiva elaborazione di una linea sindacale autonoma, con rivendicazioni specifiche e originali, quali l’azione per il collocamento e l’imponibile.

L ’analisi dello Zangheri è uno dei più validi tentativi di interpreta­ zione storiografica del movimento sindacale agricolo, considerato sia nelle sue caratteristiche intrinseche, sia nei suoi rapporti col partito socialista, sia nella sua interrelazione col più generale quadro della storia del paese. L’autore valuta il peso dei diversi fattori che conducono alla costituzione della Federterra: lo sviluppo delle lotte contadine, sovente vittoriose, a partire dai primi mesi del ’900, che è favorito dall’ampliarsi della sfera delle garanzie democratiche elementari e che dà nuovo vigore alle già esistenti leghe contadine; la propaganda, che assume toni mitici e evan­ gelici sul tema di un « avvenire di giustizia », e l’azione organizzativa che i socialisti intensificano nelle campagne; le condizioni oggettive delle strutture sociali ed economiche dell’Italia e in particolare della valle pa­ dana, dove « i vecchi insoluti problemi della terra » si intrecciano con « quelli posti dall’avanzante progresso produttivo » capitalistico e si for­ mano consistenti strati bracciantili largamente omogenei55. Nell esame della situazione dell’economia agricola lo Zangheri mette in rilievo, tra

52. G . Procacci, Geografia e struttura del movimento contadino nella Valle Padana nel suo periodo formativo (1901-1906), « Studi Storici », 1964, n. 1.

53. Per un’esatta valutazione storica della posizione e del ruolo svolto dal Co­ sta nei confronti della formazione del movimento contadino cfr. R. Zangheri, An­ drea Costa e le lotte contadine del suo tempo, « Movimento Operaio », 1955, n. 1.

54. R. Zangheri, Lotte agrarie in Italia cit. ; nell’introduzione 1 autore traccia a

grandi linee e coglie le caratteristiche fondamentali dei movimenti sindacali agricoli degli altri paesi europei, citando un’ampia bibliografia.

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l’altro, il fenomeno della massiccia disoccupazione e sottoccupazione del proletariato bracciantile, che pone alla Federterra i problemi dei livelli di occupazione, del collocamento, della distribuzione del lavoro. Di qui la permanente e caratteristica azione sindacale del collocamento 56 e poi dell’imponibile, che supera i limiti puramente rivendicativi per costituire un intervento, sia pure ristretto, nell’organizzazione della produzione. Lo Zangheri si muove dunque anche sulla direttrice di una analisi della politica sindacale delle organizzazioni di classe e di una valutazione del potere contrattuale sindacale a livello del processo produttivo, direttrice spesso trascurata dagli storici del movimento operaio 57. L’autore esamina inoltre le linee della politica agraria del partito socialista 58 e, pur rile­ vando i suoi limiti (incomprensione dei problemi della mezzadria e della piccola proprietà, mancanza di un collegamento coi problemi generali del­ la società, indifferenza verso i problemi dei contadini del mezzogiorno) e l’erroneità della utopistica formula programmatica della socializzazione della terra, staccata dalla concretezza delle lotte contadine, le giustifica storicamente come necessità, nella fase primitiva del movimento, del so­ stegno della credenza nel mito dell’avvenire, e come esigenza di affermare rigidamente la distinzione da un programma genericamente democratico. Ciò che lo Zangheri intuisce ma non esprime con chiarezza è il vuoto, nel partito socialista, di programmi fondati sulla conoscenza delle realtà strut­ turali del paese e, nel caso specifico, la carenza di una politica agraria a lungo respiro. Non evidenzia quindi come i dirigenti del partito siano condizionati dalla linea politica della Federterra che è essenzialmente espressione di un solo, per quanto vasto, strato del proletariato, il brac­ ciantato, e di una particolare zona geografica e economica del paese, la valle padana. Lo Zangheri non vede le leghe che predominano nei con­ gressi della Federterra in questo periodo come organizzazioni di carat­ tere essenzialmente professionale, di rappresentanza dei soli interessi del bracciantato agricolo. Non chiarisce di conseguenza che la proclamata

56. L’azione per l ’esercizio del collocamento è già sperimentata nell’ultimo de­ cennio del secolo dalla Lega di S. Rocco di Quistello, cfr. Aronne Verona, Appunti per la storia della Lega di S. Rocco di Quistello, « Movimento Operaio », 1955,

n. 3-4.

57. Su questa stessa linea procede la ricerca di Idomeneo Barbadoro, Proble­ mi e caratteristiche storiche del movimento sindacale italiano, « Rivista Storica del

Socialismo », 1963, n. 19.

58. Cfr. a questo proposito Alberto Caracciolo, Pendenze e ideologie di tipo

« rurale » nel primo socialismo emiliano, in Le campagne emiliane nell’epoca moderna.

Saggi e testimonianze, Milano, Feltrinelli, 1957, e dello stesso autore, La questione agraria e il movimento socialista nelle campagne, in: Critica sociale, Milano, Feltri­

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« coscienza socialista, vale a dire coscienza politica di classe » di tali le­ ghe è sostanzialmente « coscienza sindacale e tradeunionistica » 59. Da ciò deriva la mancata valutazione dei rapporti fra leghe agricole e Camere del lavoro e la parziale accettazione del pregiudizio, allora diffuso, sulla « apoliticità » delle C.d.L. stesse.

La configurazione dei rapporti tra leghe contadine e C.d.L. è oggetto di attenta analisi da parte del Procacci nel suo saggio Geografia e strut­

ture del movimento contadino della Valle Padana ( 1901-1906). L im­

postazione di questo saggio è analoga a quella adottata dall autore nel suo precedente lavoro, La classe operaia italiana agli inizi del sec. X X , che e già stato qui esaminato. Il Procacci analizza la composizione sociale della classe agricola, illustrandone le caratteristiche a seconda delle varie zone della pianura padana, sulla base delle strutture economiche e dei dati oggettivi dello stesso paesaggio agrario. A seconda della prevalenza nelle varie provincie della figura del bracciante o di quella del mezzadro, del colono, del piccolo proprietario, il rapporto con la C.d.L. del capoluogo si articola tra il rifiuto, la diffidenza, la collaborazione e 1 adesione. Spes­ so, inoltre, la scarsa aderenza dei quadri cittadini ai problemi del movi­ mento contadino — e in particolare l’incapacita di proporre e dirigere una valida controffensiva nei confronti della pesante reazione padrona­ le — nonché l’inadeguatezza del partito socialista nell’elaborare una poli­ tica a vasto raggio per gli strati intermedi, determinano il prevalere nelle organizzazioni sindacali dell’influenza politica dei democratici e pur anco dei cattolici60.

Il tipo di impostazione della ricerca ed il discorso iniziato dal Pro­ cacci nei citati saggi dovrebbe essere esteso a tutto il territorio italiano per giungere ad una visione più articolata del movimento sindacale e dei suoi collegamenti con il movimento politico ed ampliato sino ad operare una saldatura con i più generali problemi politici sia del partito socialista — quale il discorso sul revisionismo e sulle nuove correnti rivoluziona­ rie 61 — sia del paese — quale l’individuazione degli esatti termini del rapporto tra riformismo e giolittismo 62.

59. Cfr. G. Procacci, Geografia e struttura... cit., p. 60. . 60. Cfr. pure Mario Ronchi, Le origini del movimento cattolico nel Soresi- nese, (1901-1913), «Movimento O peraio», 1955, n. 3-4.

61. Nella storiografia non è stata ancora attuata una saldatura tra il discorso teorico sul revisionismo e i dati strutturali del movimento operaio e dell’economia italiana; cfr. E. Santarelli, La revisione del marxismo in Italia, Milano, Feltrinelli,

1964. ’

62. Cfr. FrancoDe Fe l ic e, L ’età giolittiana, « Studi Storici », 1969, n. 1, pp.

LE ORIGINI E LE PRIME VICENDE 29

Oltre a un approfondito esame della composizione sociale della classe contadina e delle strutture economiche delle campagne, Alessandro Ro­ veri, nella sua valida opera Socialismo e sindacalismo nel ferrarese (1870-

1915) 63 analizza l’incidenza nel movimento sindacale locale della propa­

ganda e dell’opera delle varie correnti politiche, dalla democratica radi­ cale alla socialista e alla cattolica, e le modificazioni che lo stesso movi­ mento sindacale provoca nell’ideologia e nei rapporti di potere delle cor­ renti politiche locali63 64. L’esame degli scioperi e delle rivendicazioni avan­ zate è approfondito e ne sono chiarite tutte le conseguenze; particolare attenzione è rivolta alla politica di controffensiva della classe agraria pa­ dronale, sia a livello locale (con la creazione ad esempio degli Uffici di lavoro per organizzare il crumiraggio) sia a livello parlamentare.

Gli orientamenti degli agrari in Emilia in rapporto alle lotte sindacali contadine sono definiti con chiarezza nelle loro linee principali nel sag­ gio di Maria Adelaide Salvaco, Riflessi parlamentari delle lotte agrarie

emiliane 65. Lo sviluppo della resistenza degli agrari, dopo la sua espres­

sione più massiccia e primitiva nel decennio reazionario di fine secolo con la repressione sanguinosa degli scioperi e la persecuzione delle coopera­ tive e delle leghe, è estremamente complesso e spazia dal mantenimento della mezzadria e dall’adozione su larga scala della compartecipazione al­ l’organizzazione del crumiraggio, all’opposizione al governo giolittiano e all’appoggio a Sonnino.

Nella storiografia dell’ultimo ventennio l’interesse è stato soprattutto rivolto all’epicentro del movimento sindacale contadino, la valle padana. Non mancano tuttavia alcuni pregevoli studi sulla configurazione del fe­ nomeno nell’Italia centrale e in Sicilia. Per l’Italia meridionale invece la carenza di ricerche specifiche è quasi totale.

Rigorosa e approfondita è la ricerca di Alberto Caracciolo, Il movi­

mento contadino nel Lazio. 1870-1922 66, nella quale viene messo in luce

come fino agli ultimi anni del secolo non esista alcun accenno di un mo­ vimento di resistenza di classe tra contadini. Sino al 1880 le agitazioni

63. Alessandro Roveri, Socialismo e sindacalismo nel ferrarese (1870-1915), Annuario dell’Istituto Storico Italiano per l’Età Moderna e Contemporanea, Roma,

1963-1964, voli. 15-16.

64. Sull’influenza nel movimento sindacale della corrente repubblicana per un’altra regione della pianura padana, la Romagna, si hanno utili indicazioni in

Luigi Lo t t i, I repubblicani in Romagna dal 1894 al 1915, Faenza, F.lli Lega, 1957.

65. Maria Adelaide Salvaco, Riflessi parlamentari delle lotte agrarie emilia­ ne, in: Le campagne emiliane nell’epoca moderna cit.

66. Alberto Caracciolo, Il movimento contadino nel Lazio. 1870-1922, Ro­

ma, Rinascita, 1952; cfr. dello stesso autore, La lotta di classe nell’Agro romano, « Società », 1949, n. 4.

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contadine, alla cui testa è il clero locale, sono rivolte « della fame », con caratteristiche di opposizione allo stato unitario. Il movimento associa­ zionistico, del resto, incomincia a svilupparsi solo dopo l’80, sotto l’in­ fluenza di cattolici, di moderati e di repubblicani, nella forma del mero mutuo soccorso. I pochi e ristretti scioperi di braccianti e di pastori nel quinquennio della crisi sono « movimenti completamente isolati rispetto a qualunque forma di organizzazione, sia essa politica o mutualistica o di altro genere » 67.

Il Caracciolo illustra come sia determinante per la formazione del mo­ vimento di resistenza la legge abolitiva degli usi civici: i palesi abusi dei proprietari provocano per reazione nei contadini l’acquisizione, sia pure embrionale, della coscienza dei loro diritti e della loro situazione di clas­ se. La loro opposizione si manifesta concretamente con l’occupazione delle terre sottratte agli usi civici: da queste manifestazioni nascono spon­ taneamente le prime leghe sulle quali, in un secondo tempo, confluirà l’opera di propaganda e di organizzazione dei gruppi socialisti cittadini. In questi primi movimenti è l’origine delle occupazioni di massa della terra, contro gli abusi latifondistici, che negli anni seguenti agiteranno il centro e il sud dell’Italia 68.

Enzo Santarelli69, nell’esame delle lotte contadine nel marchigiano, affronta l’analisi delle strutture sociali e dei problemi dell’economia agri­ cola in rapporto allo sviluppo economico della regione. Pur fornendo al­ cune utili indicazioni per il periodo qui considerato, l’autore incentra il suo interesse sul periodo successivo e, in particolare, sul problema dei rapporti città-campagna.

Sulla direttrice dell’analisi delle strutture economiche e sociali, dello svilupparsi dei rapporti capitalistici nelle campagne e dell’individuazione del significato delle rivendicazioni avanzate nei primi scioperi della cate­ goria mezzadrile in Toscana — dove la mezzadria è la configurazione pre­ valente nell’ambiente agricolo — si muovono Ernesto Ragionieri e Gior­ gio M ori70. Né trascurano di mettere in luce la prevalente incidenza sul

67. Cfr. A. Caracciolo, Il movimento contadino nel Lazio cit., p. 38.

68. Cfr. A. Caracciolo, L ’occupazione delle terre in Italia, Roma, ed. Cultura

sociale, 1950; Pietro Laveglia, Lotte per la terra e primi tentativi di organizza­ zione contadina in provincia di Salerno, « Movimento Operaio », 1955, n. 3-4.

69. Cfr. E. Santarelli, Aspetti del movimento operaio nelle Marche cit. e Le Marche dall’unità al fascismo cit.

70. Cfr. Ernesto Ragionieri, La questione delle Leghe e i primi scioperi dei mezzadri in Toscana, « Movimento Operaio », 1955, n. 3-4; Giorgio Mori, La Val- delsa dal 1848 al 1900, Milano, Feltrinelli, 1957 e La mezzadria in Toscana alla fine del X I X secolo, « Movimento Operaio », 1955, n. 3-4.

LE ORIGINI E LE PRIME VICENDE 3 1 movimento contadino delle correnti repubblicane e anarchiche rispetto a quelle socialiste.

Molto importante è l’opera di Salvatore Francesco Romano, Storia

dei Fasci siciliani71, nella quale egli identifica alcuni momenti ispiratori

che sono di particolare interesse per lo studioso del movimento sindacale. Le funzioni di resistenza che i Fasci vengono ad assumere in Sicilia costi­ tuiscono, insieme alle lotte per la revisione dei patti agrari, l’elemento di collegamento tra i movimenti rivendicazionisti del nord e i primi veri fenomeni di agitazioni organizzate di classe che si abbiano nell’Italia me­ ridionale. Il Romano rileva però come « l’occasione storica » rappresen­ tata dai Fasci si trovò ad essere bloccata nei suoi sviluppi proprio per la sostanziale incomprensione che del fenomeno ebbero i gruppi socialisti del settentrione, che, ancorati ad una visione settaria, anche se forse sto­ ricamente giustificata, dei problemi del proletariato agrario meridionale, furono condotti a sottovalutare la profonda portata rivoluzionaria del movimento siciliano. L ’autore sottolinea inoltre il significato ideale dei Fasci che « si presentavano per la prima volta come una forza popolare organizzabile, e in certo modo già organizzata in forme moderne, accanto agli artigiani e agli operai » 71 72 73, sopravvalutandone forse, però, la portata storica concreta.

5. Prima dell’inizio del nuovo secolo, più che di movimento sinda­ cale si può parlare solo di un movimento sociale cattolico. Tale afferma­ zione è esplicita nei paragrafi che Gabriele De Rosa, nella sua Storia del

movimento cattolico in Italia 73 edita nel 1966, dedica all’esame dell’azio­

ne e del pensiero dei cattolici sui problemi sociali del paese. L’autore mette in luce il carattere esclusivamente assistenziale-caritativo del movi­ mento sociale cattolico (imperniato sulle società operaie di mutuo soc­ corso, sulle cooperative e sulle casse rurali) fino alla comparsa dell’Enci­ clica Rerum Novarum (1891).

71. Salvatore Francesco Romano, Storia dei Fasci siciliani, Bari, Laterza,

1959. Sui Fasci siciliani cfr. pure i saggi di Salvatore Francesco Romano, Mas­

sim o Ganci, Francesco Renda, Gino Cerrito, Salvatore Costanza, Ignazio

Nig relli, Luigi Co r t e s i, in « Movimento Operaio », 1954, n. 6; cfr. anche Rena­

to Ma r silio, I Fasci siciliani, Milano-Roma, Ed. Avanti! 1954, opera sintetica di

informazione ai fini di una efficace divulgazione di massa.

72. Cfr. F. S. Romano, op. cit., p. 546. Sul movimento contadino in Sicilia, cfr. inoltre Francesco Renda, Il movimento contadino nella società siciliana, Pa­

lermo, 1957.

73. GabrieleDe Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, Bari, Laterza,

3 2 MARIELLA NEJROTTI

Analogo rilievo faceva già il Candeloro nella sua opera II movimento

cattolico in Italia, apparsa nel 1953 74 75. Dopo la Rerum Novarum e la conseguente revisione delle posizioni corporativistiche di origine me­ dioevale e solidaristiche della Chiesa, si ammette, sia pure in presenza di una forte opposizione interna, l’opportunità e poi la necessità di costi­ tuire associazioni operaie con carattere di resistenza. Verso il 1895 ha inizio una limitata opera di organizzazione sindacale nell’ambiente ope­ raio e contadino, ma solo dopo l’inizio del secolo questo movimento prende una certa consistenza, e ciò soprattutto nelle campagne venete e lombarde. Le opere sul movimento sindacale cattolico per il periodo qui preso in considerazione si limitano quindi quasi esclusivamente all esame del pensiero cattolico italiano nel campo degli studi sociali.

Il volume di Maria Luisa Riva Sanseverino 75 II movimento sindacale

cristiano, edito nel 1950, trattato sulla storia del sindacalismo cristiano

nelle varie nazioni dell’Europa, fornisce una copiosa documentazione sui dibattiti e sulle posizioni programmatiche assunte dai cattolici nei loro congressi e una esegesi delle Encicliche cosiddette sociali. L ’opera della Sanseverino è essenzialmente un utile testo di consultazione: manca in­ fatti uno sforzo di valutazione critica e di elaborazione di giudizi in sede storica dell’ampio materiale che viene presentato.

L’opera di Francesco Magri, Dal movimento sindacale cristiano al sin­

dacalismo cattolico, tratta in modo riassuntivo e superficiale il periodo

iniziale del movimento sindacale cattolico 76. I giudizi espressi dall au­ tore risultano distorti dalla pesante presenza delle sue convinzioni ideo­ logiche, che condiziona di molto la validità storica della sua opera. Egli tende a sottovalutare l’importanza dei programmi e dell’azione di orga­ nizzazione dell’ala democratica-cristiana, come chiaramente emerge dal

74. G. Candeloro, Il movimento cattolico in Italia, Roma, Rinascita, 1953.

75. Maria Lu isa Riva Sanseverino, Il movimento sindacale cristiano, Roma,

Ed. Zuffi, 1950. Per ulteriori notizie sul pensiero sociale dei cattolici cfr. Angelo

Gambasin, Il movimento sociale nell’Opera dei congressi, Roma, Università Grego­

riana, 1958. In quest’opera l’interpretazione storica è in parte condizionata dalla pre­ senza dell’ideologia cattolica dell’autore e il discorso portato avanti è scarsamente critico se non, talvolta, apologetico. Il Gambasin fornisce numerosi e interessanti dati statistici sulle leghe, sulle cooperative e sulle casse rurali cattoliche. Sempre del Gambasin si veda anche la sezione dedicata all’Italia nell’opera Centocinquanta anni

di movimento operaio cattolico nell’Europa centro-occidentale, a cura di S. H. Scholl,

O. Praem, Padova, Gregoriana, 1962.

76. Francesco Magri, Dal movimento sindacale cristiano al sindacalismo de­ mocratico, Milano, La Fiaccola, 1957. Dello stesso autore cfr. ha democrazia cristia­ na in Italia (1897-1949), Milano, La Fiaccola, 1957. Estremamente scarna e schema­

tica è l’opera di Antonio Toldo, Il sindacalismo in Italia, Milano, Ed. centro studi

sociali, 1953, nell’esame del periodo qui considerato l’autore si limita a u n ’enuncia­ zione di date e avvenimenti.

LE ORIGINI E LE PRIME VICENDE 3 3 giudizio di « scarsa rilevanza » sul congresso di Torino del 1895, in cui sono invece concretamente poste le basi degli organismi sindacali cat­ tolici.

Un’approfondita valutazione storica del pensiero sociale dei cattolici, è invece compiuta da Giuseppe Are nel volume I cattolici e la questione

sociale in Italia (1894-1904) 77, antologia di scritti scelti di alcune emi­

nenti figure del movimento: Toniolo, Murri, Meda, Sturzo. Nell’introdu­ zione l’autore illustra il processo di definizione delle funzioni del catto­ licesimo nella società capitalistica e di elaborazione di un modello di or­ ganizzazione delle classi lavoratrici che risponda ai nuovi bisogni delle masse senza contraddire l’ideologia della Chiesa. L ’autore accenna pure all’interrelazione fra questa elaborazione e le istanze di organizzazione economica provenienti dal mondo operaio e contadino cattolico.

Il Candeloro, sia nel volume citato precedentemente, sia nell’Azione

Cattolica in Italia77 78, analizza i contenuti dei programmi e la rilevanza del­ l ’azione del movimento sindacale cattolico. La pregiudiziale che i catto­ lici nell’orientarsi verso l’organizzazione sindacale siano mossi esclusiva- mente dalla necessità di combattere la forza di attrazione che le C.d.L. e il partito socialista esercitavano sui lavoratori, gli impedisce però di va­ lutare gli apporti della base contadina e operaia all’elaborazione di questi programmi organizzativi. Ciononostante ci pare che il Candeloro valuti nei giusti termini le finalità del movimento prima sociale e poi sindacale in questo periodo, quando afferma che essi « miravano a stabilizzare i rapporti sociali esistenti, frenando da un lato lo sviluppo tumultuoso e spietato del capitalismo, ed arrestando dall’altro l’avanzata del movimen­ to operaio » 79.

77. Giu s e p p e Are, I cattolici e la questione sociale in Italia (1894-1904), Mi­

lano, Feltrinelli, 1963. Un’antologia di scritti scelti di note e meno note, se non di­ menticate, figure del movimento democratico cristiano è pure l’opera di Lorenzo

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