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LA MMP-9, detta anche gelatinasi B, è una zinco peptidasi che viene sintetizzata come zimogeno e possiede nella forma nativa una sequenza N-terminale che dirige la proteina all’interno del reticolo endoplasmatico. Questa forma primordiale è un pro-

peptide formato da 80-90 residui amminoacidici contenenti un'unica cisteina (Cys) che attraverso il gruppo solfidrilico coordina lo zinco nel sito attivo e mantiene l’enzima nella forma inattiva. Questa zona è definita come dominio catalitico in quanto conserva una regione di legame con lo zinco e l’attivazione delle MMP-9 è mediata dal sistema plasminogeno attivatore/plasmina. Il gruppo emopexinico è collegato al sito catalitico attraverso una zona linker responsabile di numerose interazioni con i substrati ma anche del legame con i TIMPs,36 come il TIMP-3 coinvolto nel controllo dell’attività della

MMP-9. La sua espressione è invece controllata da citochine, fattori di crescita, interferoni e interleuchine. La MMP-9 viene attivata in vitro da svariati enzimi proteolitici mentre in vivo la sua attivazione è correlata a una cascata di eventi che coinvolgono anche altre MMPs, come la MMP-14, MMP-2, MMP-3 e il sistema della plasmina.

La più importante funzione biologica di questa metalloproteinasi è la degradazione di proteine dell’ECM come la decorina, l’elastina, la laminina, la gelatina e il collagene di tipo IV, V, XI, XVI. Fisiologicamente la MMP-9 come le altre MMPs è convolta nello sviluppo embrionale e neuronale ma anche nell’angiogenesi e nell’ovulazione. Una sovraespressione della MMP-9 è stata individuata a livello dell’epitelio di tessuti tumorali nelle ovaie37 e nelle metastasi di linfonodi nel carcinoma

ovarico. Altri studi hanno individuato una iperespressione in patologie polmonari,38

mentre una up-regulation della MMP-9 è stata riscontrata nella sclerosi multipla,39 nelle

patologie cardiovascolari40 e nelle malattie coronariche.41

1.3.11. MMP-9 e MMP-12 in Chronic Obstructive Pulmonary Disease (COPD)

La pneumopatia ostruttiva cronica (COPD) è caratterizzata da una limitata capacità respiratoria spesso non reversibile. Essa è causata da una combinazione di piccoli disturbi respiratori come ostruzione dei bronchioli o distruzione del parenchima polmonare (enfisema) risultanti da un’abnorme risposta infiammatoria causata da particelle nocive o gas come ad esempio il fumo di sigaretta. La patologia può essere prevenuta anche se una volta manifestatasi diventa progressiva e irreversibile. Ad oggi soltanto lo smettere di fumare ha mostrato un’alterazione nel naturale corso della COPD con parziale recupero delle normali funzioni respiratorie.

La MMP-9 (gelatinasi B) e la MMP-12 (macrofagi metalloelastasi) giocano un ruolo importante in questo processo patologico dove si riscontra che la MMP-12 gioca un ruolo importante nella distruzione del tessuto polmonare mentre l’aumento

dell’attività della MMP-9 nel parenchima polmonare di pazienti con enfisema e la sua iperespressione risulta molto più elevata se i pazienti sono fumatori.38

Entrambe le MMPs possono essere considerate dei potenziali target per lo sviluppo di inibitori selettivi da usare in terapia nel trattamento sia della COPD che di altre malattie infiammatorie. Ne è un esempio uno recente studio che evidenzia come il composto AS1117931 (Figura 29), un inibitore selettivo della MMP-12, sia capace di prevenire l’infiammazione indotta da esposizione al fumo di sigaretta nel topo.

Figura 29

Nonostante i numerosi dati di letteratura sulla sintesi di potenziali inibitori delle MMPs, fino ad oggi solo poche molecole hanno raggiunto lo sviluppo clinico e nessuna è ancora entrata in commercio. Una spiegazione plausibile deriva dal fatto che molti inibitori delle MMPs a largo spettro, testati su tumori o osteoartrite, hanno evidenziato effetti collaterali consistenti quali dolore e rigidità articolare noti come “sindrome muscolo scheletrica” (MSS) e sebbene reversibili, dopo la sospensione della cura, hanno gravemente ostacolato i trials clinici.42

1.4.

Inibitori di MMPs contenenti unità saccaridiche

Da diversi anni la sintesi di inibitori di MMPs si è indirizzata verso composti di natura arilsolfonica aventi un gruppo idrossammico o carbossilico terminale in grado di chelare lo ione zinco catalitico. In generale tutti gli inibitori delle MMPs sono costituiti da un gruppo chelante, coordinante lo ione zinco (ZBG, Zinc Binding Group) e da porzioni idrofobiche P1, P1ꞌ, P2ꞌ in grado di interagire con i siti di riconoscimento dell’enzima S1, S1ꞌ, S2ꞌ. La tasca idrofobica S1ꞌ (tasca di selettività) è determinante per la selettività degli inibitori nei confronti di questa classe di enzimi in quanto presenta il minor grado di omologia tra i vari tipi di MMPs. Analizzando, infatti, la struttura delle

varie MMPs possiamo individuare, all’interno della proteina, una tasca S1ꞌ che assume la forma di un canale allungato, nel caso delle MMP-8 e MMP-9, e slargato nel caso delle MMP-12. Per questo motivo queste tre MMPs insieme a MMP-2 e MMP-3 sono anche dette “Enzimi a tasca profonda”. In questa subunità si riscontra un’elevata affinità per strutture lipofile e planari come ad esempio quella bifenilsolfonica.

Gli inibitori a struttura arilsolfonica o arilsolfonammidica ad oggi conosciuti hanno mostrato una buonissima attività nei confronti delle MMPs con un’affinità dell’ordine nanomolare. Purtroppo questi composti, presentando una scarsa solubilità in acqua, potrebbero avere una scarsa biodisponibilità orale e ciò rende necessario un buon bilanciamento tra carattere lipofilo e idrofilo della molecola per mantenere un elevato livello di farmaco nel plasma. In generale, è considerata una strategia efficiente legare ad un buon ligando, avente il gruppo idrofobico in P1ꞌ, un gruppo polare per migliorarne l’idrofilia ed aumentare l’affinità di legame tra target e proteina. L’analisi strutturale del complesso che si forma tra inibitore e proteina rappresenta un utile strumento per individuare le modifiche strutturali attuabili mediante l’inserimento di idonei gruppi funzionali.

Inoltre un’alta lipofilia dell’inibitore ne aumenta anche il legame con le proteine plasmatiche come albumina e serina umana (HSA)42 influenzandone negativamente la biodisponibilità. Ne consegue che per ottenere un’elevata efficacia terapeutica siano necessarie elevate dosi di inibitore con un aumento degli effetti collaterali dovuti alla scarsa selettività nel discriminare le varie zinco peptidasi. Inibitori con una buona solubilità in acqua potrebbero evitare questi problemi e potrebbero essere utilizzati nella somministrazione topica, come ad esempio a livello polmonare per inalazione diretta.

In questo contesto vari gruppi di ricerca, compresi due gruppi appartenenti al Dipartimento di Farmacia (Prof. Rossello e Prof. Catelani) si stanno occupando della progettazione nonché della sintesi di inibitori di MMPs che implichino la coniugazione di porzioni saccaridiche a inibitori arilsolfonammidici delle MMPs.

Una ricerca in letteratura ha evidenziato che il gruppo della Prof. Nativi (Università di Firenze)43 ha cercato di migliorare la solubilità e l’efficacia dell’inibitore

NNGH (Figura 30) coniugandolo con gruppi fortemente idrofili rappresentati da catene polioliche (13 o 14) o glucidiche (15).

Figura 30

Dai dati riportati dagli Autori si evince un aumento di solubilità in acqua senza particolari modifiche dell’efficacia e dell’affinità dell’inibitore al sito di binding. Recentemente lo stesso gruppo ha orientato la propria ricerca verso l’identificazione di un’appropriata coppia recettore-ligando che migliori l’esposizione dell’inibitore verso le cellule tumorali che presentano una sovraespressione di MMPs con lo scopo di incrementarne l’efficacia a scapito degli effetti collaterali. In particolare hanno focalizzato l’attenzione verso le cellule tumorali che presentino una maggiore espressione di lectine come le galactine che hanno un’intrinseca affinità con unità β- galattosidiche e risultano target di MMPs. In particolare l’oligoconiugazione della lectina è conosciuta come causa di angiogenesi nel cancro al seno e nelle metastasi e risulta quindi importante l’affinità della galectina-3 per il lattosio nelle forme tumorali associate alla galectina. Da queste considerazione gli Autori hanno sintetizzato il dimero 16 (Figura 31) contenente un’unità di lattosio, considerato un composto promettente perché combina le proprietà inibenti delle MMPs con la capacità della porzione β-galattosidica ad interagire con la galectina 3 bloccandone l’attività.

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