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Genere e protezione internazionale

CAPITOLO IV: Donne rifugiate e richiedenti asilo: il fenomeno della tratta intercettato

4.5 Genere e protezione internazionale

Rispetto agli esiti delle richieste di asilo in Italia, nel corso del 2018 quelli negativi sono stati 64mila riguardando così i due terzi delle richieste, mentre nel triennio precedente concernevano solo il 58-60% delle domande. Per quanto riguarda le fasce d’età, fra i 18- 34enni e i 35-64enni si sono verificate le maggiori incidenze di non riconoscimenti nel 2018, mentre esse sono state inferiori tra i minorenni e tra gli anziani. Le donne hanno avuto molti più esiti positivi degli uomini, che si sono visti spesso respingere la propria domanda di asilo (Blangiardo et al., 2018). Se si guarda agli esiti del lavoro delle Commissioni territoriali di Bologna e di Forlì-Cesena nel 2017, l’asilo e la protezione sussidiaria sono stati concessi ad 1 caso su 10 (sono rispettivamente al 5,7% e al 4,3%), la protezione umanitaria riguarda poco meno di 1 caso su 3 (30,6%) ed il diniego quasi 6 casi su 10 (59,4%). Nell’arco di tempo considerato, si possono delineare tre tendenze principali: la quota di decisioni di asilo è rimasta sostanzialmente stabile, è diminuito il peso sia della protezione sussidiaria sia dei motivi umanitari e infine, è incrementato notevolmente il diniego (Regione Emilia Romagna 2017-2018).

Questo fenomeno trova riscontro anche nella specifica realtà metropolitana di Bologna, in cui i dinieghi riguardano principalmente i richiedenti asilo di sesso maschile:

Per gli uomini i dinieghi sono al 90% almeno nei nostri, è molto difficile ottenere una forma di protezione. Il fatto di essere donna nei contesti dai quali provengono la maggior parte dei richiedenti pone la donna sicuramente in una posizione di difficoltà maggiore rispetto all’uomo. Quindi spesso capita che gli uomini lascino il paese di origine, o per problematiche di tipo economico, anche se io non me la sento di parlare di vere e proprie problematiche di tipo economico in questo momento perché ci sono comunque dei contesti che non sono così tutelanti. Però sicuramente le donne sono in una posizione svantaggiata, subiscono molte più violenze, di diverso tipo, e quindi sicuramente c’è un’attenzione particolare in questo senso e quindi c’è un maggiore riconoscimento. Mentre con gli uomini ci sono dei tipi di riconoscimento soprattutto laddove vi siano delle violenze molto gravi, magari molti lasciano il paese per dispute, su questioni legate all’eredità, è molto difficile vengano riconosciute.

(Referente cas e siproimi)

Gli esiti dei lavori delle due Commissioni territoriali in Emilia-Romagna, disaggregati per genere e per cittadinanza degli auditi, confermano come vi sia una tendenza più positiva verso le donne richiedenti asilo sul territorio preso in considerazione, proprio per

questioni legate al genere, rispetto agli uomini richiedenti asilo. Nel corso del 2017, le domande di protezione pervenute alla Commissione territoriale di Bologna sono state 6.920 (5.683 uomini e 1.237 donne). Le domande esaminate sono state rispettivamente 3.784 e 2.460. Quelle pendenti a fine anno sono 9.094 e 1.840 – più di quante erano un anno prima. Nonostante l’aumento delle istanze esaminate, il numero di quelle pervenute è stato maggiore. Tra queste, sono state 57 le persone segnalate dalla Commissione di Bologna come potenziali vittime di tratta. Si tratta di 52 donne e 5 uomini, soprattutto per motivi connessi allo sfruttamento sessuale (52 casi) e 6 i minori segnalati83.

Figura 4.2. Esiti del lavoro delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale in Emilia-Romagna, al netto dei casi processati senza giungere [ancora] ad una decisione (per irricevibilità, sospensione, inconvocabilità), per Paese di cittadinanza e genere (N. e %) – 2017 Fonte: elaborazione dei dati forniti dalle Commissioni territoriali di Bologna e di Forlì-Cesena, 2018- 2019.

Dal momento che viene eliminata la protezione umanitaria dall’ordinamento, diciamo che soprattutto per questioni legate al genere, vi è una maggiore attenzione, quindi capita più spesso che venga riconosciuta la protezione internazionale, quindi lo status di rifugiato, anche se comunque i dinieghi sono la maggioranza, no non la maggioranza, diciamo che rispetto al passato ci sono molte più protezioni internazionali, e questo è un buon segnale, però comunque abbiamo anche tanti tanti dinieghi. La protezione che viene meno utilizzata è la protezione sussidiaria, ma perché è una protezione più generica, quindi che non si rifà alla situazione specifica della persona, e alla storia individuale, ma ad una situazione e ad un contesto di violenza più generica all’interno del paese. Poi si può fare anche una differenza in base ai vari

83 Regione Emilia Romagna. Servizio Politiche per l'integrazione sociale, il contrasto alla povertà e terzo

settore. Richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria in Emilia-Romagna (2017-2018) Quadro statistico sintetico. Scaricabile da:

contesti, è vero che la decisione è sulla storia individuale però sicuramente per una donna che viene dalla Nigeria, per una donna che viene dalla Costa d’Avorio, e per una della Somalia la maggior parte delle decisioni sono differenti.

(Referente legale cas e siproimi)

Negli anni in cui è cresciuto il numero delle donne nigeriane arrivate via mare è altresì

cresciuto il numero di donne tra questo gruppo nazionale che fanno domanda di asilo

(Serughetti, 2017). Secondo i dati Eurostat, nel 2015 su 18.145 domande presentate da

nigeriani, il 22% erano di donne, nel 2016 (tra gennaio e novembre) è cresciuto il numero

totale delle domande 24.005 e la componente femminile, che ne rappresenta il 28%.

Enrica Rigo (2016) analizzando la casistica relativa a 56 donne nigeriane che sono state

ascoltate dalle Commissioni Territoriali tra il 2015 e il 2016, dei 44 casi per cui è stata

emessa una decisione, solo 7 hanno ricevuto una forma di protezione in prima istanza, e

nella totalità dei casi si è trattato della protezione umanitaria. Se nella letteratura (Rigo,

2016; Serughetti, 2017) sembra esserci una riluttanza degli organi amministrativi e

giurisdizionali nel riconoscere atti di persecuzione e di violenza, tipicamente perpetrati

contro le donne, come fondamento della protezione offerta dallo status di rifugiato o dalla

protezione sussidiaria (Rigo, 2016), rispetto alla specifica violenza della tratta a scopo di

sfruttamento sessuale, sembra esserci un miglioramento sul territorio preso in

considerazione:

Rispetto alla situazione in Commissione a Bologna, allora la vittima di tratta ha diritto al riconoscimento della protezione in quanto appartenente al gruppo sociale delle donne vittime di tratta, la donna ma anche l’uomo perché il fenomeno può essere anche al maschile. Sicuramente c’è stato un miglioramento negli ultimi due anni, rispetto ai riconoscimenti che avvenivano prima, diciamo che prima, a meno che non ci fosse una denuncia degli sfruttatori, una storia dove emergevano molti molti elementi relativi allo sfruttamento, era molto difficile in prima istanza in Commissione.

Questa tendenza viene confermata anche dalla ricerca di Rigo E. (2016) precedentemente menzionata, se si passano in rassegna le decisioni del Tribunale di Roma sui ricorsi avverso i dinieghi della Commissione Territoriale (CT), emerge un orientamento diverso; nei 10 dei 12 casi giunti a decisione nel merito il Tribunale ha accolto il ricorso riconoscendo una forma di protezione.

Il Tribunale è molto diverso, il Tribunale riconosce addirittura il rischio per la donna di essere ritrattata in caso di rientro, quindi non il rischio specifico perché mi sottraggo agli sfruttatori, ma il rischio di essere reinserita in un circuito identico per mancanza di altre possibilità ovviamente. Mentre in prima istanza c’è stato un miglioramento perché laddove vi siano degli indicatori di tratta si attivano gli enti “Oltre la strada” per svolgere dei colloqui e anche in assenza di una denuncia, dove la persona faccia un buon percorso con gli enti, si dà molta rilevanza al percorso che viene fatto con l’ente oltre la strada. Infatti, in questo caso c’è una maggiore predisposizione a credere alle storie delle vittime di tratta e rispetto al passato i criteri si sono un pochino più allargati e ci sono maggiori riconoscimenti di protezione internazionale per tratta di esseri umani, quindi anche laddove alcuni casi che magari in passato sarebbero stati diniegati. C’è stato un miglioramento da questo punto di vista; può essere un’arma a doppio taglio perché il presupposto per il riconoscimento è che io sia in pericolo qui ma anche in caso di rientro, noi sappiamo anche che come fenomeno è spesso presente, se vi è il sospetto che si stia parlando di tratta in maniera strumentale, e che si è ancora coinvolti nella rete di sfruttamento, questa non vi è riconosciuta, anche se la normativa parla chiaro, in teoria dovrebbe essere riconosciuta comunque anche se la persona non si identifica come vittima. Quindi il Tribunale la riconosce ugualmente, con le commissioni è più difficile ma c’è stato un miglioramento, questo va assolutamente detto.

(Referente legale cas e siproimi)

Nonostante dunque il diverso orientamento del Tribunale, la tratta a scopo di sfruttamento sessuale, stenta a essere posta a fondamento delle decisioni di riconoscimento della protezione internazionale. Risulta paradigmatica in Rigo (2016) la motivazione dell’ordinanza del 16/05/2016, la quale dà conto di come, durante il processo, sia emerso che “l’istante, proveniente dall’Edo State, risulta essere stata indotta a lasciare il paese di origine in quanto caduta nelle maglie del raket [sic] di sfruttamento della prostituzione”. Prosegue poi affermando: “rilevato pertanto il pericolo in cui l’istante incorrerebbe in

caso di un suo rimpatrio forzoso in Nigeria dove continuerebbe a essere in balia del racket che l’ha costretta alla prostituzione, rende la stessa meritevole della protezione umanitaria” (Rigo, 2016, p. 89).

Bisogna comunque considerare il vissuto individuale della persona che, qualora si trovi ancora assoggettata ad un’organizzazione criminale, si sente spesso riluttante nel raccontare la propria, preferendo a volte tacere la propria condizione e utilizzare storie ripetitive che danno loro scarse possibilità di ottenere la protezione (Cittaitalia, Gruppo Abele, On the Road, 2014).

Non lo fanno tutte il referral, non si sa effettivamente se non lo sono o se non lo dicono, li dipende dalla donna, dal tipo di rapporto che ha con l’operatrice, quanto si sente sicura nel parlare di questo piuttosto che non si senta sicura. Noi abbiamo una ragazza che l’ha detto alle operatrici però quando va in Commissione non lo racconta, perché ha paura.

(Operatrice presso due ex sprar e due cas)

Rispetto alle decisioni sulla protezione internazionale, le vittime della violenza politica e di genere sembrano appartenere a ruoli costruiti mutuamente esclusivi. Per le vittime della violenza politica la richiesta di protezione rispecchia l’adesione a quei valori democratici di cui il rifugiato si fa portatore, per le vittime di genere il consenso riconosciuto è quello ad un programma di riabilitazione e protezione. La crisi delle politiche migratorie e di asilo europee mostra dei confini caratterizzati sempre più da una dimensione di genere, poiché strutturati intorno a gerarchie di genere che il diritto fa proprie, contribuendo a cristallizzarle e perpetuarle (Rigo, 2016).