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Dalla consultazione del Bando di concorso per la progettazione di una nuova struttura per servizi, emesso nel 2009 e ormai già chiuso, abbiamo potuto prendere spunto per inserire all’interno dell’area gli elementi adatti a rispondere ad alcune delle necessità espresse dalla collettività e dal Comune. Il bando, pur conclusosi con un vin- citore nell’anno 2010, si è rivelato un fallimento, data la mancata realizzazione del progetto scelto, che prevedeva la valorizzazio- ne e la tutela del centro storico tramite interventi capaci di riatti- vare socialmente ed economicamente il quartiere del Carmine e, nel contempo, di garantire una armoniosa continuità con l’esistente. Il nostro intervento si distacca in parte dalle richieste relative alle le funzioni d’uso dei singoli elementi, ma viene incontro all’urgenza di armonia con l’esistente, di tutela e valorizzazione dello stes- so, rimarcata con forza nel bando e proprio dallo studio dell’e- sistente prende le mosse il nostro progetto. Dall’esplorazione del sottosuolo e dall’indagine storica, infatti, abbiamo preso consa- pevolezza dell’importanza di quest’area, sviluppatasi nel corso dei secoli in seguito alla stratificazione degli eventi e all’avvi- cendarsi di culture diverse, perciò il nostro progetto non può che

perseguire la ricerca di continuità e relazione con la storia tanto insigne del luogo e, per la stessa ragione, fondamentale impor- tanza viene data in esso alla storiografia e alla geografia lo- cali. La visita ai fiumi e alle rogge sotterranee fatta insieme ai giovani di “Brescia Underground “ci ha consentito di toccare con mano l’importanza delle realtà idrografiche della città di Brescia.

Punto focale nonché elemento di riferimento del progetto è stato il fiume Bova, che si estende dando origine alla via San Faustino. Il suo percorso originale, costeggiante via San Faustino, viene va- lorizzato eliminandone la copertura voltata e riaprendolo, così da

permettere all’acqua di scorrere alla luce del sole, come accadeva nel XVIII-XIX secolo, attraverso una copertura a grata. La scelta permette ai passanti di avere un contatto diretto con il movimento sotterraneo dell’acqua, fenomeno che si verifica in pochi altri luoghi della città, poiché per lo più rimane rinchiusa nei condotti sotterra- nei. Il nuovo canale, scavalcato da un ponte di accesso alla nuova area commerciale, sfocia in una darsena con forma trapezoidale determinata dall’allineamento con il fiume Bova e dalla linea retta dei lotti gotici disposti a nord-ovest. La darsena si sviluppa ad una profondità di 2,5 metri circa imposta dalla originale altezza del fondo delle rogge che attraversano la città. Chiusa sui tre lati da superfici verticali, al contrario, sul lato sud, abbandona la verticalità per dare origine ad una lieve pendenza erbosa che renda fruibile ai cittadini l’acqua del Bova, accentuandone così l’importanza di

questo elemento generatore della città medievale, intorno al quale si svilupparono le abitazioni e le botteghe. Il pendio crea, all’in- terno del quartiere del Carmine, una piccola area verde di arbusti autoctoni di piccole dimensioni, posizionati in modo da consentire la visione panoramica della Loggia dal bar previsto sul lato nord della darsena. Il bar, disposto a livello della superficie dell’acqua, è raggiungibile attraverso una rampa di accesso, che collega il li-

vello superiore, dedicato al settore commerciale, con la parte infe- riore, dedicata ai locali mondani e notturni. L’acqua, scorrendo con andamento nord-sud, sfocia nella darsena; grazie ad un sistema di chiuse, il suo livello viene continuamente controllato e, in caso di emergenza dovuta a piogge eccessive o di necessità di ricambio, può essere deviata nel condotto in cemento armato edificato negli anni ’40 dalla giunta fascista, con l’intento di lasciar spazio, al di sotto della loggia, alla costruzione, mai realizzata, della biblioteca.

Nella parte più propriamente commerciale esterna dedicata al mercato, ospitante gli stand all’aperto, abbiamo inserito un piccolo canale, non connesso con la restante darsena, che, inserendosi tra le colonne centrali della tettoia, segue l’andamento rettilineo del profilo nord-sud dei casolari storici, permettendo così ai commer- cianti di aver uno scarico per la pulizia dell’area. L’inclinazione del- la pavimentazione delimitante l’area destinata a mercato facilita il compito di pulizia dei commercianti o dei netturbini che trovano una pendenza favorevole indirizzata verso il canale di scolo. L’uso di una pavimentazione inclinata, detta liston, nasce dalla ripresa delle storiche piazze lombardo-venete caratterizzate da superfici rialzate rispetto al piano del manto stradale. L’acqua viene così

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56. Render: vista dal manto erboso verso il bar a livello d’acqua 57. Render: vista dell’area coperta destinata a funzione mercato

impiegata nel nostro progetto come elemento unificatore, che crea e delimita altri elementi di notevole importanza. All’interno della piazza, infatti, sorgeva un piccolo mercato cittadino, caratteriz- zato da una iniziale conformazione classica (stand mobili disposti direttamente sullo spiazzo libero della piazza); nel 1997, dopo innumerevoli proposte progettuali, venne trasformato in uno spazio riparato dagli agenti atmosferici grazie all’inserimento di una pen- silina in metallo, poi rimossa in seguito a problematiche legate a spaccio e microcriminalità. In questo modo, il nostro progetto tende ad emergere da una lettura multipla del sito piuttosto che da una sua personale matrice. Richiamare i segni di precedenti interventi, immaginare tracce di una storia ancora da scoprire o da inven- tare rende affascinante questa ipotesi di progetto per un duplice motivo: lucidità nella percezione dei segni della storia; lucidità nel gioco intuitivo dell’espandersi di un’idea nel momento stesso in cui si confronta con le idee che hanno segnato un luogo. Si tratta, in bre- ve, di lavorare al progetto, utilizzando il tema del luogo e del suo contesto come spinta principale del ragionamento architettonico.

Da queste riflessioni ci è risultata chiara la necessità di riporta- re in vita l’idea di una copertura che creasse uno spazio adatto ad ospitare le strutture dell’attività di mercato, così importante e radicata all’interno di questa piazza. La volontà di perseguire la ricerca di relazioni con il sito ha quindi portato alla progettazio- ne di una copertura a doppia falda, che, partendo dalla testa- ta dell’edificio posto a nord e poggiandosi ad essa, ne segue il suo andamento, dando vita ad un’asimmetria delle falde stesse. La copertura, imposta dalla quota del tetto dell’edificio esistente, si staglia all’interno della piazza e si impone per le sue grandi dimensioni. L’impatto della grande superficie così formatasi viene mitigato utilizzando, come materiale da copertura, la stessa tipo- logia di rame presente nel tetto della Loggia. La lega garantisce

58. Sezione in corrispondenza del bar notturno a livello della nuova darsena

una grande resistenza agli agenti atmosferici e alla corrosione; il rame, grazie alla facilità di lavorazione, alla flessibilità e alla lun- ga durata bene si presta all’utilizzo come materiale di rivestimento ed è disponibile in una varietà di superfici, ampia sia dal punto di vista cromatico (in questo caso tendente al grigio-azzurro) sia del design dell’elemento. La struttura della tettoia è composta da travi maggiori e travetti, che creano un reticolo sul quale si innestano le lastre di copertura. Soluzione di pregio è stata adottata per lo scolo delle acque piovane: il bordo della copertura viene risvol- tato, creando una inclinazione opposta rispetto al suo andamen- to, che accumula l’acqua piovana in caduta; l’acqua, scorrendo in questo “canale”, viene convogliata verso le bocche di assorbimento poste in continuità con i pilastri in acciaio. Tali pilastri, rivestiti con lo stesso strato di acciaio forato utilizzato per le facciate degli edifici con funzione commerciale, nascondono i canali e danno l’impressio- ne di trovarsi in presenza di un elemento meramente strutturale. Il peso della tettoia viene scaricato al suolo attraverso una struttura a travi reticolari - archi in acciaio, che poggiano su pilastri in la- terizio. I caratteristici archi in acciaio vengono ripresi dalle antiche strutture industriali e ferroviarie nonché dagli antichi mercati rionali

presenti all’interno del contesto bresciano, patria di grandi indu- strie metallurgiche sin dagli albori della rivoluzione industriale ita- liana. I pilastri si sviluppano ai lati della copertura e centralmente in corrispondenza del sottostante rio di scolo, creando così tre file parallele con interassi di 10,50 m. Sotto la copertura sono previsti degli spazi liberi, destinati a ospitare le bancarelle mobili e nuovi fabbricati riservati a diverse attività e funzioni. Gli spazi dinamici che così si vengono a definire permettono una fruizione più libe- ra dello spazio esistente, che non viene vincolato attraverso delle strutture fisse ma permette alla città e al cittadino di utilizzarlo in funzione degli usi e delle necessità. Alle classiche funzioni del mercato di paese si affiancheranno diverse attività, che potranno attrarre il cittadino verso questo nuovo centro di aggregazione.

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59. Fotoinserimento: vista da via San Faustino verso il palazzo comunale 60. Fotoinserimento: vista dell’area coperta

I nuovi fabbricati, invece, seguono l’andamento della cortina di edifici presenti su via San Faustino nonché lo sviluppo del fiume Bova; rispettano le altezze di questi ultimi, alternandosi con dif- ferenti numeri di piani, rispettivamente tre nel complesso centrale ospitante la stube e due nei due laterali ospitanti una libreria, a destra, e una macelleria e un negozio di abbigliamento, a sinistra. Le scelte delle destinazioni d’uso sono state dettate dalla necessità di inserire funzioni che si distinguessero da quelle già radicate nel quartiere. Per capire al meglio lo sviluppo del quartiere con le sue complesse realtà sociali ed economiche, dobbiamo fare un passo indietro e considerare la storia, le cause e le realtà che hanno dato vita ad un’area così etnica. Come si è sottolineato nel paragrafo dedicato alla descrizione del quartiere, la sua storia è sempre stata caratterizzata dalla compresenza di realtà sociali differenti: da un lato, la nobiltà e la nascente borghesia residente in eleganti dimo- re residenziali ancora ben conservate; dall’altro, le classi popolari del quartiere, conduttori di botteghe, artigiani e operai dimoranti nelle meno confortevoli case popolari a schiera. È intorno a questo nucleo di produzione e commerci tra i più vitali della città che si articolano una morfologia urbana specifica e in continuo sviluppo

dinamico, diversa dalle aree limitrofe del centro e un avvicenda- mento di popolazioni che ne faranno il quartiere per eccellenza del mix socio-culturale e il cuore popolare di Brescia: quartiere di traffici, di ospitalità e di passaggio, quartiere di immigrazione.

Seguendo l’idea di trasformazione del territorio proposta dal “Progetto Carmine” abbiamo inserito attività, come la libreria e il negozio d’abbigliamento, il cui fine ultimo è la ricerca di un dialogo maggiore tra il quartiere del Carmine, con valenze in prevalenza etniche, e il resto della città, attraverso un punto focale di raccor- do tra la monumentale piazza della Loggia e il suddetto quartie- re. Questa scelta rende così l’area maggiormente appetibile alle differenti tipologie di fruitori, in parte intimiditi dalle condizioni “disagiate” del quartiere. Planimetricamente le tre costruzioni si impostano su una pianta a forma di quadrilatero, ciascuna con due lati inclinati, paralleli alla parete dell’edificio che chiude il lato nord della piazza, creando dei piccoli passaggi di connessione tra il fronte e il retro aperto verso le bancarelle. Le dimensioni dei passaggi variano, riproducendo le tipiche vie pedonali di acces-

so agli edifici, creando un gioco di pieni e vuoti, scorci e apertu- re, che si unificano e si conformano all’ambiente che li circonda.

I volumi vengono trattati diversamente nei due fronti. Il fronte prin- cipale rivolto sulla via San Faustino persegue l’idea di continuità con l’esistente, recuperando in parte la dimensione e il taglio del- le finestrature degli edifici adiacenti. Le finestre superiori, infatti, hanno forme rettangolari con altezze di 2 metri ai primi piani, che, salendo, diminuiscono fino a 80 centimetri, proporzioni che vengo- no dettate dai casolari limitrofi all’area di intervento. Le aperture, oltre a variare l’altezza si diversificano per le differenti larghezze

stabilite dalla necessità di luce dettata dalla funzione d’uso del singolo ambiente: in questo modo avremo una luminosità mirata a garantire una abitabilità migliore in ambienti come la libreria, la sala di lettura o le zone di ristoro diurna rispetto a quella di am- bienti più notturni e caratterizzati dalla ricerca di una maggiore intimità, come la stube. Le aperture, inoltre, sono caratterizzate da infissi in spessore, che danno un senso di movimento alla fac- ciata grazie a geometrie non canoniche basate sulla asimmetria degli elementi in spessore. Gli infissi in acciaio, con una tessitura a nido d’ape, sono disposti in modo da creare viste privilegiate su elementi di pregio all’interno di piazza Rovetta. L’alternanza e la libertà della facciata sono dovute alla struttura composta da pilastri ad H in acciaio, che sorreggono i solai in acciaio a sec- co. La copertura piana dei tre edifici, con una leggera penden- za del tre per cento circa per il deflusso dell’acqua piovana, è realizzata con coppi e tegole in terracotta, sempre per garantire la continuità con l’intorno; i coppi, infatti, ricoprono quasi il no- vanta per cento delle superfici dei tetti delle costruzioni limitrofe. Gli edifici, la cui continuità è garantita dal parallelismo con la direzione del fiume Bova, trovano le proprie copertu-

re semi ricoperte dalla falda della tettoia che ripara il merca- to, così che, come si può notare dal masterplan, il gioco di colo- ri e l’uso di materiali “autoctoni” vengano ampiamente rispettati.

Nella facciata opposta viene adottato lo stesso materia- le presente negli infissi dei telai delle finestrature. L’accia- io a nido d’ape crea però, in questo caso, una doppia facciata.

Questo materiale permette di avere in primo piano un elemen- to semitrasparente, sotto il quale si celano, con un effetto “vedo non vedo”, le aperture. Grazie ad un sapiente gioco basato sulla differenziazione delle altezze degli infissi posti in secondo piano sulla facciata, anche se essa è coperta dalla continua cortina di acciaio, offre l’impressione di un elemento tutt’altro che monotono. Sono infatti le finestrature ad abbattere la monotonia, creando un forte movimento sulla superficie, quasi un’onda che si staglia sullo sfondo. L’utilizzo di pannelli mono strato in acciaio permet- te di ottenere differenti vantaggi: leggerezza; nessun assorbi- mento di acqua né emanazione di gas tossici in caso d’incendio. Essi, però, sono soggetti a problemi di condensa ed espansione termica. Per risolvere il problema della condensa, utilizziamo le facciate ventilate, una tipologia di facciata che riduce soprattutto la formazione della condensa, senza però risolvere i problemi di deformazione dati dall’espansione. Per ovviare a questo secon- do problema, occorre che le strutture siano in grado di assorbire un aumento di dimensioni e movimenti, perciò viene utilizzata una reta fissata solamente alle due estremità verticali, in modo che possano deformarsi senza compromettere la forme e la sicurezza.

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Nell’ambito della scelta dei sistemi di facciata, oggigiorno la mag- gior parte dei metalli è utilizzata sotto forma di leghe: l’aggiunta in percentuale di piccole quantità o di altri metalli ne modifica alcune proprietà, accentuandone le caratteristiche fondamenta- li o correggendone altre. Nella facciata abbiamo quindi optato per una lega in acciaio inossidabile, che presenta una elevata resistenza a compressione e a sforzi longitudinali e trasversa- li. Gli acciai inossidabili, inoltre, sono materiali resistenti alla cor- rosione, che non necessitano di ulteriore protezione superficiale. In conclusione, vorremmo aggiungere che il lavo- ro si è ispirato alla realtà del centro cittadino di Brescia. L’acqua, la piazza, i colonnati nel vicino corso Zanardelli, la gran- de copertura della Loggia, il Duomo Nuovo, le molteplici e dif- ferenti realtà presenti all’interno di un centro comunque limitato nello spazio hanno fatto sì che il nostro progetto potesse costituirsi senza alcun bisogno di aggiungere elementi esterni all’esistente.

Le forme utilizzate si inseriscono con naturalezza nel contesto ur- bano: gli archi sono una chiara ripresa della facciata dell’edificio della Loggia; la tettoia, seppur dalla grandezza e dalla forma dettate dagli edifici limitrofi, richiama palesemente il mercato che vi si teneva un tempo; la ripresa dell’acqua nient’altro è che la ri- presentazione di quello che un tempo era il raccordo del Bova, in cui si trovava un grande lavatoio; l’allineamento cittadino che noi stessi abbiamo seguito è quello creato dal Bova; le aperture sugli edifici sono modulate in base alle aperture attigue; le altezze stesse dei piani risultano sfalsate così da richiamarsi alle realtà circostanti.

Per questo motivo, crediamo che il progetto sia, per così dire, quasi spontaneamente emerso dall’osservazione delle real- tà già presenti nel contesto cittadino, con le quali ha cerca- to di porsi in armonia e continuità, semplicemente analizzan- dole, approfondendole, reinterpretandole e adattandole alla realtà attuale e alle specifiche esigenze che la caratterizzano.

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67. Fotoinserimento: vista da Corso Mameli

NOTE

Il presente paragrafo/capitolo è stato ripreso con lievi modifiche dai parr. 2.1 e 2.2, pp. 5-11, del paper “Recupero sì, ma per chi? Riflessione critica sulla capacità di risposta alla povertà abitativa di un caso di riqualificazione urbana “ presentato da F. Grandi e G. Pessina alla Terza Conferenza Annuale ESPAnet Italia, Napoli 2010, Sessione n° 5: “Povertà abitative e innovazioni del Welfare”.

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Il presente paragrafo/capitolo è stato ripreso con lievi modifiche dal par. 3, pp. 15-19, del paper “Recupero sì, ma per chi? Riflessione critica sulla capacità di risposta alla povertà abitativa di un caso di riqualificazione urbana “ presentato da F. Grandi e G. Pessina alla Terza Conferenza Annuale ESPAnet Italia, Napoli 2010, Sessione n° 5: “Povertà abitative e innovazioni del Welfare”.

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Il presente paragrafo è stato ripreso con lievi modifiche da M. FRUSCA, “Dalla vasca al cubo, in piazza Rovetta la politica del disfare”, Corriere della Sera-Brescia (16/02/2013), p.9, reperibile in http://archiviostorico.corriere.it.

Il presente paragrafo è stato ripreso con lievi modifiche da F. ROBECCHI, Acqua Brixiana

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