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5. Geography Matters: il contributo di Doreen Massey

5.3 Le geometrie del potere

Le critiche avanzate tanto a Bergson quanto a Laclau aprono la strada ad una visione alternativa del rapporto fra la dimensione spaziale e quella temporale, che si manifesta innanzitutto nel rifiuto di una nozione di società «as a kind of 3-D (and indeed more usually 2-D) slice which moves through time»161: al suo posto è necessario insistere sulla

quadridimensionalità delle cose, e ribadire che lo spazio non è statico né il tempo è senza

spazio. Dalla diversità non deve discendere la superiorità dell’uno e la subordinazione dell’altro termine in gioco quanto, piuttosto, la spinta a pensare in termini di spazio-tempo.

Ciò che rende specificatamente spaziale un punto di vista è l’attenzione all’aspetto di

simultaneità delle relazioni sociali: simultaneità che ha estensioni e configurazioni e che,

pertanto, non è statica. Non si deve scegliere fra il flusso (tempo) e una piatta superficie di relazioni istantanee (spazio): lo spazio non è una piatta superficie in questo senso perché le relazioni sociali che lo creano sono dinamiche per loro stessa natura; infatti «it is a question of manner of thinking. It is not the “slice through time” which should be the dominant thought but the simultaneous coexistence of social relations that cannot be conceptualized as other than dynamic».162 Inoltre, poiché lo spazio è costituito da relazioni sociali, esso è, per propria natura, denso di potere e simbolismo, una complessa rete di relazioni di dominazione e subordinazione, di solidarietà e cooperazione. A questo aspetto dello spazio, la geografa britannica fa riferimento con l’espressione geometria del potere.163

Che il potere abbia una sua geografia è, secondo Massey, qualcosa di implicitamente noto e questo è vero per tutte le forme di interazione sociale che possono essere raggruppate sotto l’ombrello della parola potere, sia esso il potere della violenza, dell’autorità, della dominazione, della creatività. Più ancora: le diverse istanze di una formazione sociale (sia essa economica, politica o culturale) potrebbero essere analizzate come aventi ciascuna le proprie geometrie del potere.

Allo stesso modo, tali geometrie esistono a tutti i livelli dello spazio. Le geografie ineguali del potere che sorreggono il divario di disuguaglianze economiche frutto della

161

D. Massey, Politics and Space/Time, op. cit., p. 79.

162 Ivi, p. 81.

163

Va specificato che l’interpretazione del potere avanzata da Massey non è meramente negativa, come invece lo è per Foucault. Il potere qui in questione riguarda la forma sociale delle relazioni e ciò che accade in quelle stesse relazioni Anziché declinare il potere nei termini di potere su o potere di, Massey preferisce parlare di geometrie del potere,da intendere nel significato letterale del termine, che non delimita il potere a particolari tipi di soggetti: al contrario, visualizzare le geometrie del potere significa riconoscerne intersezioni e attività.

77 globalizzazione neoliberista sono solo, secondo la geografa, l’esempio più ovvio a livello internazionale.

L’idea di geometrie del potere, dunque, rappresenta il tentativo di esprimere sia il fatto che lo spazio è intriso di potere, sia il fatto che il potere, a propria volta, possiede sempre una propria spazialità.164

In itself, the term power-geometry does not imply any specific form (any specific geometry). It is a concept through which to analyse the world, in order perhaps to highlight inequalities, or deficiencies in democracy. It is in this mode an instrument through which to imagine, and maybe to begin to build, more equal and democratic societies.165

Il concetto di geometria del potere può essere meglio compreso se rapportato al fenomeno, già descritto da Harvey, della compressione spazio-temporale: una nozione che Massey reputa inadeguata nella misura in cui tralascia di considerare la differenziazione sociale.

La geometria del potere della compressione spazio – temporale interessa differenti gruppi sociali e differenti individui, i quali sono allocati in modi molto diversi in relazione ai flussi e alle molte interconnessioni. La questione non riguarda semplicemente il fatto che alcune persone possiedono la possibilità di muoversi mentre ad altri tale possibilità è negata, quanto piuttosto che certuni danno inizio a questi flussi e movimenti, cert’altri no, taluni ne subiscono gli effetti più di tal’altri, altri ancora da questa mobilità sono effettivamente imprigionati. In un certo senso, dice Massey, ad un estremo vi sono sia coloro che si muovono e che comunicano e che, in qualche modo, si trovano in una posizione di controllo rispetto a questi: gli appartenenti al cosiddetto jet set, che tengono delle teleconferenze, che distribuiscono film, controllano le notizie, organizzano gli investimenti e le transazioni valutarie internazionali: «these are the groups who are really, in a sense, in charge of time- space compression; who can effectively use it and turn it to advantage; whose power and influence it very definitely increases». 166 A questo gruppo elitario si contrappone l’altro estremo che è invece costituito da coloro che, sebbene si muovano in misura notevole, non sono “responsabili” del processo allo stesso modo: la loro esperienza del movimento è molto

164

D. Massey, Concepts of space and power in theory and in political practice, in «Documents d’Anàlisi Geogràfica», 55, 2009, pp. 18.

165 Ivi, 19.

166 D. Massey, Power-geometry and a progressive sense of place, in J. Bird, B. Curtis, T. Putnam, G. Robertson

78 differente e incarnata, ad esempio, dai migranti in cerca di lavoro e di una nuova vita. Vi sono, inoltre, coloro che gli effetti della compressione spazio temporale li subiscono solamente: il pensionato che vive in un monolocale di un qualsiasi quartiere povero del paese che ordina fish and chips a un take-away cinese (secondo lo stile della classe operaia britannica) e guarda un film americano alla televisione (di marca giapponese) e non osa uscire dopo il tramonto. Ci sono inoltre le persone che vivono nelle favelas di Rio, che conoscono il calcio a livello mondiale e come il palmo delle loro mani; che hanno contribuito in modo massiccio alla musica globale, che hanno creato i balli alla moda nei club di Parigi e di Londra ma che, difficilmente, sono stati al centro di Rio: costoro, si può dire, contribuiscono alla compressione spazio-temporale e insieme ne sono prigionieri.167 Il problema fondamentale, qui, è molto più che il riconoscimento della differenza: riguarda piuttosto come queste differenze vadano a rafforzare le disuguaglianze sociali.168

Simili considerazioni sollevano, innanzitutto, questioni di natura politica. Se, infatti, il fenomeno della compressione spazio-temporale venisse considerato facendo attenzione anche alla sua costituzione e differenziazione sociale, allora potrebbe concretizzarsi la possibilità di sviluppare una politica attenta ai problemi della mobilità e dell’accesso.

Ulteriori osservazioni possono essere condotte anche analizzando il rapporto fra il fenomeno della compressione spazio-temporale e la costruzione del significato dei luoghi e del senso che i soggetti possono acquisirne.

Tale analisi si rende necessaria in quanto da più parti si afferma che i repentini cambiamenti ai quali stiamo assistendo andrebbero a minare l’idea dei luoghi come entità delimitate, stabili e coerenti, decretando così la fine della loro rilevanza. Il processo della compressione delle forme dello spazio e del tempo è stato definito, da buona parte della letteratura sull’argomento, come capace di generare, in primis, insicurezza e vulnerabilità e di scatenare per questo il bisogno di quiete e certezza che i luoghi, secondo un’interpretazione molto comune, hanno sempre incarnato. Ma questa concezione del luogo è, secondo Massey, fittizia ed estremamente problematica.

Lo è nella misura in cui trascura di considerare che i luoghi sono sempre aperti e permeati da molteplici connessioni: la globalizzazione e la compressione dello spazio e del tempo hanno solo contribuito ad accentuare questo aspetto. La velocità e l’intensità delle interrelazioni non sono, infatti, un fenomeno nuovo, riconducibile esclusivamente alla globalizzazione; semmai questi nuovi processi vanno solo ad enfatizzare una caratteristica,

167 Ivi, p. 62. 168

79 l’apertura, che, però, è sempre stata propria dei luoghi. Ad essere errato, quindi, è il principio che il luogo sia delimitato, indisturbato e stabile.

Ad essere messa in discussione, inoltre, è anche l’idea che i luoghi possano avere una identità univoca e semplice, e che il senso del luogo «is construed out of an introverted, inward-looking history based on delving into the past for internalized origins».169

Al contrario, secondo Massey ciò che conferisce al luogo la sua specificità è la particolare costellazione di relazioni sociali e di incontri:

So [...] get back in your mind’s eve on a satellite; go right out again and look back at the globe. This time, however, imagine not just all the physical movement, nor even all the often invisible communications, but also and especially the social relations, all the links between people. Fill it in with all those different experiences of time-space compression. For what is happening is that the geography of social relations is changing. In many cases such relations are increasingly stretched out over space. Economic, political and cultural social relations, each full of power and with internal structures of domination and subordination, stretched out over the planet at every different level, from the household to the local area to the international.170

Questa prospettiva alternativa di ciò che sia il luogo, secondo Massey, offre diverse implicazioni.

Innanzitutto, concettualizzare il luogo come intreccio di interazioni sociali funge da cartina di tornasole per mostrare come esso non possa essere, nella maniera più assoluta, statico: le interazioni sociali stesse, infatti, non sono oggetti immobili, congelati nel tempo, ma si configurano, piuttosto, come dei processi. Secondariamente, concepire il luogo come un insieme di rapporti sociali estesi171 rende molto difficile pensarlo come naturalmente delimitato. È indubitabile che i luoghi abbiano frontiere, confini, ma, argomenta Massey, tali confini «non rappresentano una verità eterna riguardo ai luoghi»172: sono piuttosto delle linee tracciate dalla società, che adempiono a scopi determinati, come ad esempio quello amministrativo. Questi confini attraversano inevitabilmente alcuni dei rapporti sociali che

169 D. Massey, Space, place and gender, University of Minnesota Press, Minneapolis, 1994. 170

Ivi, p. 154.

171 Questa espressione Massey la riprende da Allen e Hamnett (cfr. J. Allen, Crossing Borders: Footloose

Multinationals?, in J. Allen, C. Hamnett, A Shrinking World? Global Unevenness And Inequality, Oxford University Press, Oxford 1995, pp. 56-91) e vuol significare che lo spazio sociale è composto da una pluralità di reti e complessità di interazione e interconnessione sociale, sia su piccola scala che su scala globale: viene utilizzato da Massey per mostrare che il concetto di luogo come coerente, stabile e limitato deve essere messo in discussione. A questa espressione Massey affianca quella di spazio d’attività,intendendo «la rete spaziale di legami e attività, di collegamenti spaziali e ubicazioni entro cui opera un dato agente» (D. Massey, P. Jess, Luoghi, culture e globalizzazione, op. cit., 43).

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80 vanno a costituire lo spazio sociale, e da altri sono attraversati: per questo i luoghi che tali confini vanno a delimitare non possono dirsi puri, così come non può dirsi pura ed esclusiva l’identità stessa del luogo. Tracciare linee di demarcazione tra l’interno e l’esterno non è necessario ai fini della concettualizzazione del luogo, mentre costruire un'identità di luogo sulla rigida contrapposizione fra noi e loro non fa che alimentare e perpetuare una geografia del rifiuto che finisce solo per produrre e riprodurre divisione e chiusura.

Simili considerazioni non vengono sollevate al fine di invalidare la tesi che i luoghi abbiano una propria unicità e specificità, quanto piuttosto per mettere in evidenza che questa specificità non deriva da qualche elemento connaturato al luogo stesso, ma dal modo specifico con cui il luogo interagisce con i flussi globali e che le relazioni sociali più ampie di cui i luoghi sono formati sono, esse stesse, geograficamente differenziate. È in questo senso, con le parole di Massey, che è possibile parlare di un global sense of place, ovvero di un senso globale del luogo.

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