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La gestione del ciclo della formazione: condizioni di efficacia, processo d

In ragione della peculiare natura della formazione, che presenta, tra gli altri, elementi di complessità legati alla concomitanza tra produzione e consumo, è necessario porre attenzione, nel valutare le condizioni di efficacia degli interventi320, alle modalità di svolgimento del processo di co-produzione, realizzato contestualmente dall’erogatore e dal fruitore: il collegamento ineludibile tra formazione ed apprendimento implica l’esigenza di ricercare l’attivazione di meccanismi di associazione attiva dell’utente del servizio, presupposto per il conseguimento dei risultati formativi attesi. Si è evidenziato nei paragrafi precedenti che il coinvolgimento dei soggetti che operano nelle organizzazioni nelle diverse fasi del ciclo di gestione è la premessa per l’implementazione di percorsi di sviluppo e cambiamento duraturi: il successo dell’azione formativa si fonda sulla strutturazione di un processo di interazione, a diversi livelli, di una pluralità di attori, riconducibili ai molteplici soggetti che sovrintendono alle diverse attività che precedono la somministrazione degli interventi, agli erogatori in senso proprio ed ai fruitori.

La formazione, intesa come la combinazione dell’atto di chi apprende con la predisposizione delle condizioni favorevoli all’apprendimento, dipende dal contemporaneo verificarsi di positive condizioni relative da un lato alla

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Interventi formativi realizzati secondo modalità non appropriate possono determinare formazione “apparente” (Maggi 1974): tale connotazione discende principalmente dalla mancata ponderazione degli effettivi bisogni e delle caratteristiche degli utenti, nonché dall’assenza di un output formativo formalizzato e verificabile, in assenza di parametri di controllo pre-determinati. Cfr. Maggi B. (1974), "La formazione apparente: alcune ipotesi di ricerca", Studi Organizzativi, 1.

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propensione e capacità di apprendere degli individui (sulle quali incidono attitudini personali, motivazione, fattori ambientali che possono costituire stimoli o blocchi), dall’altro all’idonea definizione di tecniche, procedure e contenuti relativi al dispositivo formativo.

Un ulteriore discrimine rilevante è costituito dalle attese derivanti dalla somministrazione degli interventi formativi: occorre distinguere il caso in cui l’utente è anche il soggetto che formula la domanda di formazione e/o paga gli interventi dall’eventualità in cui le due figure non coincidano, nell’ipotesi in cui, ad esempio, una istituzione sostenga il costo della formazione per i propri dipendenti.

Nel primo caso il fruitore sarà maggiormente interessato alla verifica dell’incremento delle proprie competenze ed all’ottenimento di un’attestazione formale che certifichi tale miglioramento, al fine di acquisire vantaggi nel mercato del lavoro o nelle progressioni di carriera. Nel caso in cui sia un’istituzione a finanziare gli interventi formativi, sembrerebbe ragionevole supporre che il risultato atteso attenga alla modifica dei comportamenti degli individui ed all’impatto sulle performance dell’organizzazione.

La concezione di Becker (1964) del capitale umano come stock di capacità produttive incorporate negli individui, che si acquisiscono per accumulazione di conoscenze generali o specifiche, esplicita la stretta connessione tra formazione ed incremento della capacità di esercitare attività economicamente generatrici di valore per l’azienda. Distinguendo tra configurazione “estreme” della formazione, riconducibili a finalità generali (ovvero allo sviluppo di competenze che migliorano la produttività marginale dell’individuo) o specifiche (che assumono valore soprattutto in relazione alle mansioni lavorative che il lavoratore svolge in azienda), si evidenziano profili di convenienza alla somministrazione dell’una o dell’altra tipologia non perfettamente allineate per il datore di lavoro ed il lavoratore. La formazione generale, infatti, risulterebbe spendibile dagli individui anche in altre aziende, mentre quella specifica conferirebbe valore quasi esclusivamente al ruolo che già ricoprono nell’organizzazione. Una tale rappresentazione enfatizza le divergenze negli interessi dei distinti attori dai quali può originarsi la domanda formativa ed una dinamica conflittuale nei rapporti di

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lavoro: ne conseguirebbe, nel definire la struttura ottimale dell’ investimento, una ipotesi di totale finanziamento della formazione generale da parte del lavoratore (l’azienda non avrebbe interesse ad accrescere competenze non task-oriented) e di una compartecipazione321 per la formazione specifica. Se l’azienda sostenesse l’intero ammontare relativo agli interventi formativi “specifici” non dovrebbe corrispondere alcun aumento della retribuzione al fruitore degli interventi, neppure in proporzione al maggior contributo di questi alla redditività aziendale, poiché gli eventuali incrementi di performance derivanti dall’accresciuta produttività andrebbero a costituire il progressivo recupero dell’investimento in formazione.

In generale, da un modello fondato su categorie ideali (formazione esclusivamente specifica o generale) e da una dinamica di forte contrapposizione di interessi, deriva una caratterizzazione della formazione come programma d’investimento strutturato che, in ultima analisi, assume valore per il lavoratore come leva contrattuale o quale garanzia rispetto ad ipotesi di licenziamento, mentre per l’azienda rileva solo in funzione del reddito potenziale che permette di introitare nei periodi futuri, diventando redditizio se i benefici generati sono superiori ai costi sostenuti322. Tralasciando momentaneamente l’evidenziazione delle difficoltà nel commisurare costi e benefici (di cui si tratterà più avanti in relazione alla valutazione degli investimenti in formazione), per una istituzione che formula una domanda di formazione risulta essenziale adottare una visione razionale del ciclo di gestione degli interventi formativi, ricercando in primo luogo il massimo grado possibile di coincidenza tra obiettivi e risultati, tenendo altresì conto di una serie di effetti collegati che non è possibile cogliere attraverso misurazioni

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La compartecipazione all’investimento in formazione specifica rappresenta una garanzia reciproca di limitazione del turnover; se il lavoratore dovesse integralmente sostenere l’investimento in formazione specifica dovrebbe ricevere una valorizzazione in termini di progressioni di carriera o di incentivi legati alla maggiore produttività, ma non deriverebbero, per l’individuo che ha pagato e fruito della formazione, vantaggi nel mercato del lavoro né come garanzia dal licenziamento, poiché l’azienda non si troverebbe in condizione di dover ammortizzare l’investimento.

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La misurazione del capitale umano non svilisce la valorizzazione dell’apporto dei singoli alla combinazione aziendale, ma è anzi il presupposto per la sua valorizzazione. “Mesurer le capital humain ne revient pas à infirmer l’homme dans une vision chiffrée de son talent mais c’est au contraire respecter la richesse qu’il représente pour l’enterprise et lui permettre ainsi de mieux se valoriser” Ouziel J. (2002), "La valorisation du capital humain", La revue du financier, 136.

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oggettive (in termini di clima organizzativo, di attrattività del posto di lavoro, di incrementi di qualità nei beni o servizi prodotti, difficilmente riconducibili direttamente alle attività di formazione).

Il conseguimento degli obiettivi presuppone una loro statuizione entro margini limitati di ambiguità323: pur se ben esplicitati, inoltre, gli obiettivi possono non essere pienamente conseguiti perché, come detto, può sussistere una distanza (patologica o fisiologica) tra l’azione formativa ed il processo di apprendimento. Per introdurre una caratterizzazione economico-aziendale del processo formativo, si dovrebbe anzitutto considerare la necessità di considerare congiuntamente l’orizzonte strategico e le fasi operative del ciclo della formazione: gli esiti delle attività di monitoraggio, misurazione e valutazione delle attività formative dovrebbero essere recepite come input per la pianificazione strategica e la programmazione delle attività dei periodi successivi.

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Circoscrivere le intenzioni formative in un quadro di obiettivi chiari e raggiungibili è una condizione basilare per una corretta programmazione: “pour qu’une intention pédagogique tende à devenir opérationnelle, son contenu doit être énoncé de la manière la moins equivoque possible”, Hameline D. (1986:14), Les objectifs pédagogiques en formation initiale et continue, Paris: E.S.F.

161 Valutazione risultati Realizzazione e monitoraggio Progettazione operativa interventi Definizione piano formativo Pianificazione strategica Controllo “manageriale”

sul ciclo della formazione Livelli interagenti Tempo Linee guida formazione Esiti controllo strategico; proposte e pareri dirigenza Dagli obiettivi generali alle esigenze formative Direttive generali Evidenze periodo t-1 Evidenze periodo t0

Figura 4.1.1: Il ciclo della formazione: la rilevanza della

prospettiva pluriennale

Nello schema delineato nella figura 4.1.1 le evidenze del periodo t-1 rappresentano l’input preliminare che innesca il ciclo del periodo t0, impattando sull’orizzonte strategico e conseguentemente sulle fasi operative. Con l’espressione “pianificazione strategica” in questo contesto si fa riferimento al “processo di decisione delle mete dell’organizzazione e delle strategie per raggiungerle” (Anthony, 1990:27): in particolare si ritiene fondamentale pervenire all’esplicitazione di una appropriata strategia (nello specifico, in relazione all’argomento oggetto della trattazione, di una strategia formativa), la cui attuazione dovrebbe essere il “fine del processo di controllo manageriale” (Anthony, 1990:67). Adattando l’impostazione di Anthony (1990)324 al contesto

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Anthony distingue il controllo manageriale della gestione corrente dal controllo manageriale dei progetti: in relazione al ciclo di gestione della formazione si ritiene opportuno integrare alcuni aspetti significativi di entrambe le prospettive, poiché l’azione formativa non può essere inquadrata in un orizzonte temporale definito (al contrario dei singoli interventi formativi), si caratterizza per una molteplicità di obiettivi (alcuni solo parzialmente intenzionali e definiti) e coinvolge (nella configurazione appropriata che si tiene auspicabile) la struttura organizzativa

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di analisi325, si può immaginare una configurazione del controllo manageriale sul ciclo della formazione articolata, in congruenza con le linee guida che scaturiscono dalla pianificazione strategica, in una serie di fasi principali: la programmazione degli interventi formativi, la preparazione dei piani di formazione, la realizzazione ed il monitoraggio degli interventi, la valutazione degli stessi. Preparazione del piano formativo Valutazione degli interventi Programmazione della formazione Monitoraggio e realizzazione degli interventi Revisione del piano formativo Pianificazione strategica (t0) Controllo “manageriale” sul ciclo della formazione Pianificazione strategica Periodo t1 Riconsiderare la strategia formativa Linee guida formazione Esiti controllo strategico; proposte e pareri dirigenza Dagli obiettivi generali alle esigenze formative Direttive generali

Figura 4.1.2: il ciclo della formazione: uno schema interpretativo

delle fasi di svolgimento.

nella sua interezza. Cfr. Anthony, R.N. (1988), The management control function, Boston: The Harvard Business School Press; trad. it.: Il controllo manageriale (1990), Milano: Franco Angeli .

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Del Bene (2008: 52-56) evidenzia alcuni “vantaggi e manchevolezze” e, soprattutto, gli aspetti più rilevanti in termini di “coerenza” del modello di Anthony con le “esigenze poste dalle peculiarità delle pubbliche amministrazioni”, rilevando come, a fronte di una “relativa facilità applicativa”, tra le maggiori criticità del modello vada annoverato “il fatto che la gestione di alcune importanti componenti soft viene lasciata a meccanismi spontanei di incerte direzione e realizzazione”: l’Autore si riferisce in particolare alla “mancata considerazione degli aspetti puramente umani, legati alla progettazione ed al funzionamento di sistemi di controllo” e della “influenza provocata dall’ambiente, poiché nello schema in analisi questo rapporto è affrontato in sede di pianificazione strategica e il sistema di controllo direzionale funziona con obiettivi previamente definiti”. Cfr. Del Bene L. (2008), Lineamenti di pianificazione e controllo per le

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Un sistema di monitoraggio tempestivo sugli interventi326 può consentire la realizzazione di assestamenti interperiodali dei piani formativi, cui possono seguire eventuali revisioni dell’impianto dei prospetti di programmazione per effetto di valutazioni ex-post. Se dall’attività di valutazione a posteriori emergono evidenze significativamente negative, si potrebbe ipotizzare la riconsiderazione complessiva della strategia formativa, sulla base degli scostamenti dei risultati dagli obiettivi programmati. Gli esiti della valutazione, ad ogni modo, dovrebbero essere recepiti in sede di pianificazione strategica anche se non evidenziano particolari situazioni di inefficienza o inefficacia, poiché la rilevazione dei dati delle attività pregresse può consentire il miglioramento progressivo della qualità327 dei cicli formativi dei periodi successivi.

Il controllo sul ciclo di formazione può dunque essere concepito come uno “strumento di guida della gestione” (Anselmi et al., 1997), che si traduce in una serie coordinata di attività e processi reiterati nel tempo328, realizzati per consentire la definizione di obiettivi coerenti con le risorse disponibili, il confronto di questi con i risultati (ottenibili e/o ottenuti), chiarendo i livelli di responsabilità, le attribuzioni specifiche ed i relativi ambiti di autonomia329.

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Sull’argomento si vedano Vergani A. e Galetti, L. (2001), "Monitorare e valutare le azioni formative per accompagnarne e sostenerne la realizzazione", Professionalità, 61.

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Sulla qualità dell’azione formativa, che può essere intesa come scaturente da “un complesso intreccio di tre dimensioni: i processi operativi, i criteri di valutazione dei risultati e le caratteristiche degli attori” (Baldassarre e Bonani, 2002: 64), si rinvia, tra gli altri a Vergani A. (1994), "La qualità nella formazione: pensarla, progettarla e realizzarla", Skill, 9, pp.45-57; Van den Berghe W. (1998), La qualità della formazione, Padova: Diade; in particolare sugli aspetti relativi alla percezione della qualità degli interventi formativi, si veda Bisio C. (2002), 'Valutazione della formazione e costrutti di qualità percepita', in: Bisio, C. (a cura di), Valutare in

formazione. Azione, significati, valori, Milano: Franco Angeli.

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Dalli (1996: 30) evidenzia la caratterizzazione del controllo come “fenomeno sequenziale, sostanzialmente dinamico, le cui fasi e i cui cicli ne modificano gli aspetti statici e contingenti, ma non cambiano la sua natura iterativa”: si veda Dalli D. (1996), Il controllo nell'economia delle

imprese industriali, Milano: Guerini e Associati.

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Il controllo manageriale sul ciclo della formazione è inteso in senso ampio, sebbene riferito in particolare alla “macro-funzione formazione”: coerentemente con quanto affermato da D’Onza (2008:36-37), anche nel presente scritto “il concetto di controllo” assume il “duplice significato di attività di guida e verifica” identificando “il complesso delle attività che si compiono ai vari livelli organizzativi”, configurando “un sistema direzionale unico, in cui i confini fra la gestione strategica e quella operativa, fra la formulazione della strategia e la sua messa in opera, fra le fasi della pianificazione, della programmazione e del controllo tendono ad essere sempre più sfumate”. Cfr. D'Onza G. (2008), Il sistema di controllo interno nella prospettiva del risk management, Milano: Giuffrè.

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Un aspetto estremamente rilevante è rappresentato dalla condivisione della responsabilità organizzativa per le iniziative di formazione330, al fine di individuare strumenti ed interventi formativi pertinenti ai fabbisogni e stimolare la partecipazione individuale: possono verificarsi problemi di coordinamento nell’interazione tra diversi livelli dirigenziali e tra questi ed il livello politico, e già in questa fase il sistema di controllo può evidenziare la sussistenza di problemi che inficiano l’attività formativa, favorendo la composizione delle istanze divergenti.

Un sistema di controllo che consideri il ciclo della formazione nella sua globalità è suscettibile di un apporto decisivo in termini di distinzione delle possibili aporie del processo nelle diverse fasi di svolgimento: consente, infatti, di distinguere inefficienze nella gestione operativa da criticità legate all’errata definizione della strategia formativa o della sua declinazione in sede di programmazione, nonché di evidenziare le priorità di intervento, in relazione ai diversi livelli, nella definizione di eventuali interventi correttivi. L’analisi dell’intero processo formativo, attraverso una serie di controlli preventivi, concomitanti e consuntivi, presuppone la produzione e l’elaborazione331 di dati significativi che forniscano informazioni attendibili332 sui livelli conseguiti di efficacia, efficienza ed economicità, ponendo in relazione, per ciascuna fase, l’impiego di risorse in relazione al conseguimento

330

La direttiva del Ministro della Funzione Pubblica sulla formazione nelle pubbliche amministrazioni del 2001 chiarisce che “tutti dirigenti sono responsabili della gestione del personale, e quindi della formazione delle risorse umane”, stabilendo che “i titolari degli uffici del personale, dell’organizzazione e della formazione” sono tenuti a “ svolgere le azioni tecniche che caratterizzano l’intero processo formativo, con particolare riguardo alle fasi di programmazione e di valutazione dell’impatto della formazione sulle competenze del personale e sulle prestazioni rese”, poiché si ravvisa che gli obiettivi della direttiva “potranno essere raggiunti solo attraverso un coinvolgimento di tutti i soggetti e, in particolare modo, dei dirigenti responsabili delle risorse umane e delle attività di formazione”.

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Come per altri processi rilevanti che hanno luogo in azienda, per l’analisi del processo formativo occorre effettuare operazioni di elaborazione, “mediante le quali i dati grezzi vengono

«depurati» dei contenuti informativi che non interessano l’azienda; sono cioè selezionati, integrati scissi od anche semplicemente trasformati in altri dati, sulla base di idonei modelli rappresentativi della realtà, in modo da acquistare capacità segnaletica”, affinchè, attraverso un’adeguata attività

di interpretazione, le informazioni sulle attività pregresse possano costituire un efficace supporto per i decision makers. Cfr. Marchi L. (1988:23-24), I sistemi informativi aziendali, Milano: Giuffrè.

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A questo proposito Marchi (2008:291) sottolinea come “una prima caratteristica di efficacia delle informazioni è rappresentata dalla loro rilevanza o significatività in rapporto alle diverse aree ed ai livelli di responsabilità aziendale”: si veda Marchi L. (2008), Revisione aziendale e sistemi di

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dei risultati: ciò consente l’emersione di profili di responsabilità, favorisce la riconfigurazione di una o più fasi del ciclo per i periodi successivi e l’adeguamento tempestivo degli interventi alle nuove esigenze formative.

Nella fase che precede l’inizio degli interventi formativi si può realizzare un primo assestamento del piano di formazione, il prospetto in cui si definiscono l’organizzazione interna, la dotazione di risorse umane e finanziarie per la formazione, le aree di intervento prioritarie ed, all’interno di queste, i destinatari degli interventi; il documento dovrebbe contenere anche elementi che dettagliano l’azione formativa in senso operativo, quali i programmi didattici, le metodologie formative, i sistemi di verifica e valutazione dei partecipanti e dei programmi stessi. Le verifiche da effettuare prima dell’erogazione degli interventi vertono sulla congruenza dei piani formativi con gli obiettivi generali deliberati in sede di pianificazione strategica, nonché sulla coerenza dei risultati attesi con gli obiettivi specifici degli interventi, in termini di modalità, tempi, soggetti incaricati, destinatari e risorse impiegate.

Nell’analisi preliminare dei piani formativi si dovrebbero esprimere valutazioni in base a criteri di333:

- pertinenza del piano alle linee guida emerse dalla fase di pianificazione strategica, esplicitando il contributo atteso in termini di parametri di riferimento;

- efficacia, verificando se la configurazione degli interventi che emerge dal prospetto possa ritenersi adeguata al conseguimento degli obiettivi;

- efficienza, stimando la congruità della proporzione tra mezzi impiegati ed obiettivi programmati;

- opportunità, tenendo conto del contesto in cui l’azione formativa avrà luogo;

- conformità alle disposizioni regolamentari e di legge, alle procedure; - coerenza complessiva tra obiettivi e risorse, modalità, destinatari della

formazione.

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Le Boterf G. (1990:67), L'ingégnerie et l'évaluation de la formation, Paris: Edition d'organisation.

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Un ulteriore fase di assestamento può essere necessaria in concomitanza con l’inizio degli interventi formativi, per avvicinare progressivamente l’orizzonte programmatorio alla realtà fattuale: può essere necessario procedere ad una ricalibrazione degli interventi sulla base delle evidenze del controllo ex ante oppure per rispondere ad esigenze inaspettate, quali l’indisponibilità dei formatori od un cambio inatteso dei profili dei destinatari.

L’attività di monitoraggio della dinamica di svolgimento della formazione fornisce indicazioni rilevanti, che concorrono all’attivazione di meccanismi di

feedforward, orientati al futuro, ma realizzati quando il processo è in corso di

svolgimento, al fine di apportare tempestive modifiche: la verifica interperiodale dello stato di attuazione degli obiettivi programmati, la raccolta progressiva di dati relativi ai livelli di efficacia ed efficienza nel reperimento ed utilizzo delle risorse necessarie per realizzare l’azione formativa, consentono infatti, la definizione di manovre correttive in corso d’opera.

Al termine degli interventi si collocano una serie di verifiche ex post, tese ad alimentare circuiti di retroazione che consentono di migliorare la pianificazione degli interventi dei periodi successivi, individuando, anche sulla base dei risultati delle fasi precedenti del controllo, i punti di debolezza strutturali, le inefficienze contingenti e le leve di intervento che è possibile attivare.

La definizione di una tale struttura del controllo manageriale sul ciclo della formazione può risultare fonte di incremento progressivo di efficacia ed efficienza nel conseguimento degli obiettivi formativi e degli obiettivi aziendali sovraordinati334: l’ampiezza dell’orizzonte temporale di riferimento, che considera i periodi di svolgimento degli interventi come fasi discrete di un andamento pluriennale, senza soluzione di continuità, permette da un lato la mitigazione degli effetti di fattori imprevisti e la tempestiva attivazione di manovre correttive in

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Zuccardi Merli (1990: 35) afferma che “per realizzare concretamente gli obiettivi è (…) necessario attuare operativamente i programmi d’azione e verificare sistematicamente, via via che vengono raggiunti, i risultati attesi”, controllando “la realizzazione dei singoli programmi ed il raggiungimento dei loro obiettivi, ma altresì (…) la validità dei programmi stessi in vista degli obiettivi gerarchicamente superiori e degli obiettivi globali (…) e, se è il caso, predisporre le azioni correttive (programmi alternativi) per eliminare eventuali sfasamenti”: cfr. Zuccardi Merli M. (1990), I fondamenti del sistema informativo di management, Milano: Giuffrè.

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itinere, dall’altro di alimentare il processo decisionale cumulando elementi informativi estrapolati dalle evidenze relative agli eventi pregressi.

Alla funzione di guida del controllo sull’azione formativa si possono ricondurre,