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IL RUOLO DELLA FORMAZIONE MANAGERIALE NELLA RIFORMA DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

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Academic year: 2021

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(1)UNIVERSITÀ DI PISA. Facoltà di Economia Dipartimento di Economia Aziendale. Corso di Dottorato in Economia Aziendale Ciclo XXIII. IL RUOLO DELLA FORMAZIONE MANAGERIALE NELLA RIFORMA DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI. Settore scientifico disciplinare Secs-P 07. Relatore Chiar.mo Prof. Luca Anselmi Candidato Dott. Vincenzo Zarone.

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(3) IL RUOLO DELLA FORMAZIONE MANAGERIALE NELLA RIFORMA DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI. INDICE INTRODUZIONE ........................................................................ 5 Inquadramento metodologico e dottrinale, definizione dell'oggetto di indagine e disegno della ricerca ............................................................................................ 5. CAPITOLO PRIMO: TENDENZE EVOLUTIVE NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI TRA APPROCCI TEORICI, ORIENTAMENTI LEGISLATIVI E PROSPETTIVE DI RIFORMA ............................. 19 1.1 Le amministrazioni pubbliche nei principali approcci dottrinali: profili teorici ed elementi di riflessione per la riconfigurazione della dirigenza pubblica ........................................................................................................................... 19 1.2 L’evoluzione della figura del dirigente: analisi storica ed inquadramento normativo........................................................................................................... 39 1.3 Il ruolo e le principali funzioni della dirigenza pubblica ............................ 54 1.4 Il “nuovo” dirigente pubblico: sviluppare ed adattare le competenze ......... 61. CAPITOLO SECONDO: FORMAZIONE MANAGERIALE, COMPETENZE E CAMBIAMENTO ............................................. 71 2.1 Conoscenza, competenza ed attività manageriale ....................................... 71. 1.

(4) 2.2 Gestione delle competenze ed azione formativa: attivare le leve per il cambiamento ...................................................................................................... 84 2.3 Dal paradigma formativo al sapere in azione .............................................. 93 2.4 L’azione formativa come leva per il cambiamento: approccio strategico ed aspetti operativi .................................................................................................. 99. CAPITOLO TERZO: LE ELITÉS AMMINISTRATIVE NEL PROCESSO DI RIFORMA DELLO STATO FRANCESE: IL SISTEMA FORMATIVO, L’ENA, I GRANDS CORPS ................................. 111 3.1 Elités amministrative e prospettive di riforma: un inquadramento dei fonctionnaires nelle funzioni pubbliche francesi ............................................. 111 3.2 Profilo evolutivo della funzione pubblica francese, tra prospettive di riforma dello Stato ed esigenze formative .................................................................... 119 3.3 La configurazione del sistema formativo nella funzione pubblica: evoluzione e profili di attualità ........................................................................ 127 3.4 La “fabbrica degli Enarchi”: finalità istituzionali ed organizzazione dell’École Nationale d’Administration ............................................................ 132 3.5 Il processo formativo all’ENA: percorso evolutivo, finalità e caratteristiche principali .......................................................................................................... 136 3.6 L’ENA: machine à classer o business school? Il fenomeno del pantouflage ......................................................................................................................... 140. APPENDICE AL CAPITOLO TERZO ......................................... 145 L’ENA vista da vicino: report dell’intervista al Direttore delle Relazioni Internazionali dell’École Nationale d'Administration ..................................... 145 L’istituzione dell’ENA: l’ordonnance du 9 octobre 1945............................... 150 Tabelle e grafici esplicativi integrativi ............................................................ 153 2.

(5) CAPITOLO QUARTO: LA GESTIONE DELLA FORMAZIONE MANAGERIALE NELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE: UN MODELLO INTERPRETATIVO “CIRCOLARE”; EVIDENZE EMPIRICHE ........................................................................... 157 4.1 La gestione del ciclo della formazione: condizioni di efficacia, processo di controllo e valutazione .................................................................................... 157 4.2 L’impatto dell’azione formativa: criticità e potenziale informativo dell’attività di valutazione ............................................................................... 167 4.3 La formazione nelle amministrazioni centrali dello Stato......................... 181 4.4 Programmazione e valutazione delle attività formative: alcune evidenze empiriche ......................................................................................................... 196. APPENDICE AL CAPITOLO QUARTO...................................... 205 Analisi di possibili determinanti della diffusione dell’attività di valutazione degli interventi formativi ................................................................................. 205 Tabelle e grafici esplicativi integrativi ............................................................ 215. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ........................................... 217 BIBLIOGRAFIA ..................................................................... 223. 3.

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(7) INTRODUZIONE INQUADRAMENTO. METODOLOGICO. E. DOTTRINALE,. DEFINIZIONE. DELL'OGGETTO DI INDAGINE E DISEGNO DELLA RICERCA. Nel vasto insieme degli operatori pubblici rientra una grande varietà di organismi: taluni si caratterizzano per una forma tipicamente pubblicistica (strutture ed apparati dello Stato, enti strumentali e locali), traendo legittimazione nella loro attività dalle previsioni costituzionali, dal diritto amministrativo, dal quadro di disposizioni regolamentari da cui scaturisce l’organizzazione dei vari livelli amministrativi; altri operano direttamente nel sistema economico, con forme societarie di diritto privato e con legami più o meno forti con soggetti economici pubblici (Giannessi, 1961), che condividono con essi quote di capitale oppure che in relazione ad essi esercitano funzioni di controllo ed indirizzo per assicurare il raggiungimento degli obiettivi connessi alla funzione pubblica (Anselmi, 2003). La complessa fenomenologia che scaturisce dall’attività e dalle interrelazioni di queste unità nel sistema socio-economico generale si presta ad analisi peculiari, che possono essere svolte incrociando differenti prospettive analitiche con le molteplici discipline che studiano aspetti della dinamiche in questione. Un approccio descrittivo in chiave storica può condurre alla produzione di enunciati forieri di numerosi spunti per l’interpretazione dei fenomeni attuali, tratteggiando l’evoluzione dei contesti in cui gli enti e le aziende pubbliche operano, dei processi che hanno condotto alla definizione delle nozioni di diritto che informano il comportamento degli operatori, delle pratiche di management che caratterizzano la gestione di queste organizzazioni, collocandole all’interno di un processo di lunga durata ed evidenziando la connessione tra le caratteristiche istituzionali e le circostanze storiche. L’analisi delle prescrizioni del diritto amministrativo può essere basata su un approccio normativo, al fine di trattare aspetti giuridici delle modalità d’azione delle aziende ed unità pubbliche e formulare raccomandazioni, ad esempio, sulle tipologie dei controlli da porre in essere per garantire la regolarità degli atti, per. 5.

(8) proteggere i cittadini dall’arbitrarietà delle scelte, per assicurare il perseguimento dell’interesse collettivo. Nella prospettiva analitica, volta definire classificazioni e generalizzazioni funzionali all’elaborazione di modelli e teorie, l’analisi del contesto normativo e regolamentare può rivelarsi interessante per un approfondimento sistematico di alcuni caratteri delle strutture amministrative oppure per valutare i processi di organizzazione dei differenti livelli amministrativi. Uno studio effettuato in base a queste premesse potrebbe chiarire in risposta a quali esigenze, in contesti diversi o all’interno del medesimo contesto in epoche storiche differenti, si attuano processi di centralizzazione1, decentramento2. o. deconcentrazione3. delle. funzioni,. che. comportano. redistribuzioni di poteri e responsabilità dal livello centrale verso la periferia o viceversa4. Questo processo di analisi potrebbe essere integrato da una rivisitazione, con un approccio critico, di alcuni contributi teorici, quali quelli di Mintzberg5 o di Dawson6, che propongono classificazioni delle organizzazioni in. 1. La centralizzazione comporta l’avvio di un processo teso a riunire le competenze in un organo centrale che, direttamente o tramite agenti su cui esercita un potere gerarchico, presiede al processo decisionale in nome dell’amministrazione. La centralizzazione può essere concentrata, se i mezzi tecnici di esecuzione delle decisioni amministrative sono riservate all’organo centrale, ovvero deconcentrata, se si demandano in parte poteri di iniziativa ad agenti diversi. 2 Dall’assetto dei vari livelli amministrativi nell’ottica del decentramento (funzionale o territoriale) deriva il trasferimento di funzioni, poteri e responsabilità dall’amministrazione centrale verso altre amministrazioni, dotate di personalità giuridica, di autorità decisionale, di autonomia organizzativa e gestionale per il conseguimento delle finalità istituzionali. 3 Una forma ulteriore di ridefinizione dei rapporti funzionali tra centro e periferia è rappresentata dalla deconcentrazione, che può essere geografica, tecnica o funzionale ed implica più blande modifiche della gerarchia nell’esecuzione delle decisioni (ad esempio, il passaggio di competenze dal ministero ad un servizio dipartimentale sul territorio). Sia la deconcentrazione in un’organizzazione centralizzata che il processo di decentramento mirano ad avvicinare l’amministrazione ai cittadini: si veda Quermonne (1991:109), L'appareil administratif de l'Etat, Paris: Seuil. 4 La tradizione britannica del self-government, ad esempio, ha comportato l’affermazione del processo di decentramento, secondo modalità differenti rispetti all’impianto federalista che si va determinando nel contesto italiano; il sistema delle prefetture francese, fondato sull’ideologia giacobina e napolenonica, rappresenta invece un esempio del processo di deconcentrazione. Per approfondimenti sulla classificazione dei diversi assetti delle amministrazioni pubbliche si vedano, in particolare, Quermonne J.L. (1991), L'appareil administratif de l'Etat, Paris: Seuil; Barrette M., (1992). 'Les structures de l'administration'. In: Gow, J., Barrette, M., Dion, S. e Fortmann, M. (a cura di). Introduction à l'administration publique: une approche politique, 78-101. 5 Mintzberg (1979) fa riferimento ad una serie di elementi funzionali alla distinzione tra le organizzazioni: il vertice strategico, la linea gerarchica, il centro operativo, la tecnostruttura ed il supporto logistico. Riconducendo idealmente alla realtà del sistema delle unità ed aziende pubbliche, si potrebbe immaginare, sulla base della prevalenza dei differenti elementi nella caratterizzazione delle diverse unità, un assetto complessivo in cui il Parlamento ed il Governo rappresentino il vertice strategico, i ministeri costituiscano la linea gerarchica, i centri operativi siano ricondotti agli organismi che operano più a contatto con il pubblico (come le scuole, le. 6.

(9) relazione ad una serie di parametri, i quali potrebbero essere approfonditi e rimodulati, per meglio comprendere le implicazioni dei processi di ridefinizione degli assetti dei vari livelli amministrativi. L’adozione di un approccio funzionalista comporta che, per “spiegare un fenomeno”, si ponga l’enfasi sulla necessità di “chiarire a cosa serve, partendo dal presupposto che esista un legame tra funzione e bisogno sociale e che per comprendere la funzione bisogna conoscere il bisogno cui risponde”7: questa impostazione può essere corroborata da studi di stampo filosofico, che delineano i fondamenti normativi ed etici delle attività e delle decisioni amministrative, interrogandosi sulla natura delle attività e sul ruolo delle amministrazioni all’interno di processi sociali più ampi, oppure da ricerche sociologiche, che, considerando le amministrazioni come un ambiente sociale specifico, possono condurre all’acquisizione di informazioni su coloro che vi operano (discriminando gli agenti in base ad elementi significativi quali il sesso, l’età, l’istruzione, l’origine sociale), indagando i modi di esercizio dell’autorità, le reti di comunicazione che si instaurano tra i vari attori, i fenomeni di solidarietà e rivalità. Una comprensione più approfondita del contesto in oggetto può basarsi sull’apporto di numerose altre discipline, tra le quali la scienza politica, riguardo, in particolare, agli aspetti connessi alla contrapposizione degli interessi, ai conflitti ed ai metodi per la loro risoluzione, nonché al sistema politico nel suo complesso, con i relativi sotto-sistemi amministrativi. Ciascun approccio, ciascun contributo delle diverse discipline risulta di fondamentale importanza: tra gli elementi in grado di conferire un incremento di significatività ad un percorso strutturato di ricerca, ad ogni modo, si ritiene. università o le aziende pubbliche che producono beni e servizi per la collettività) ed il supporto logistico e la tecnostruttura siano riferibili ad enti strumentali, agenzie o strutture di supporto che agiscono trasversalmente. 6 Il modello di classificazione di Dawson distingue gli organismi in funzione di quattro elementi: la funzione; il work process, che comprende le attività accessorie che supportano altre unità nell’esecuzione del loro lavoro; i destinatari specifici dei servizi prodotti; il territorio di riferimento. Cfr. Dawson M. (1970), The Government of Canada, Toronto: University of Toronto Press. 7 “Expliquer un phénomène consiste à expliquer ce à quoi il sert, en partant du postulat qu’il existe un lien entre fonction et besoin social, et que pour comprendre la fonction il faut connaître le besoin auquel il répond”: Chevallier J. e Loschack, D. (1978: 123), Science administrative, Paris: LGDJ.. 7.

(10) sommamente rilevante l’inquadramento dei fatti, delle osservazioni in costrutti teorici che ne consentano l’interpretazione all’interno di quadri di analisi più ampi, utili a percorrere traiettorie pluridisciplinari che meglio delineano fenomeni complessi quali quelli riguardanti la gestione delle amministrazioni pubbliche8. Nella prospettiva economico-aziendale, che costituisce la chiave interpretativa su cui si basa il presente scritto, rileva la trattazione complessiva delle condizioni di esistenza e delle manifestazioni di vita aziendale delle unità pubbliche9: un discrimine preliminare andrà dunque introdotto attraverso un sistematico processo di agnizione dei criteri di aziendalità, identificando e differenziando le aziende da altre entità “che non presentano i requisiti necessari per potere essere considerate aziende” (Anselmi, 2003:9), nel solco degli assunti giannessiani ed in coerenza con la concezione dell’unità di scopo dell’azienda10. Tale sostanziale distinzione all’interno del sistema delle aziende ed unità pubbliche implica la verifica, attuale o prospettica11, della sussistenza degli elementi che denotano la presenza di “vita. 8. Michaud enumera una serie di quadri di analisi (cadre d’analyse) utilizzati nelle scienze sociali, tra i quali rientrano l’analisi sistemica, strutturale, dialettica, istituzionale, behaviorista. Cfr. Michaud N. (1997:181-187), Praxis de la science politique, Sainte-Foy: Les Presses de l'Université Laval. 9 L’economia aziendale si configura, infatti, come ‹‹scienza che studia le condizioni di esistenza e le manifestazioni della vita aziendale››: Zappa G. (1927), Tendenze nuove negli studi di ragioneria. Discorso inaugurale dell'anno accademico 1926-27 nel Regio Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali di Venezia, Milano: Istituto Editoriale Scientifico. 10 ‹‹L’azienda è un fenomeno unitario, e come tale, non può avere che un solo fine. (…) Le classificazioni servono a distinguere le aziende in gruppi e a diversificarne le funzioni tecniche, ma non possono in alcun modo intaccare l’unità economica del fenomeno aziendale››: Giannessi E. (1961:38), Interpretazione del concetto di azienda pubblica, Pisa, Cursi. Onida, nel sottolineare il carattere di unitarietà del fenomeno aziendale, definesce l’azienda “mobile complesso o (…) sistema dinamico nel quale si realizzano in sintesi vitale l’unità nella molteplicità, la permanenza nella mutabilità. L’unità nella molteplicità si rivela in quanto l’azienda, nel sistema delle svariatissime operazioni d’esercizio, nell’organizzazione del lavoro, nella riunione di fattori cooperanti a comuni fini, costituisce o tende a costituire un complesso esteso nello spazio e nel quale elementi molteplici operano avvinti da relazioni di complementarità, di connessione, d’interdipendenza”. Cfr. Onida P. (1963), Economia d'azienda, Torino: Unione tipograficoeditrice torinese. Sul carattere pubblico o privato dell’azienda, Amaduzzi precisa che questo sia «meglio rilevato dalla considerazione del suo soggetto economico», la cui individuazione, peraltro, è funzionale a «spiegare gli obiettivi che l’azienda si propone, nell’ aspetto tecnico e nell’aspetto economico, ed il modo con il quale gli obiettivi vengono raggiunti»: Amaduzzi A. (1978:80), L'azienda nel suo sistema e nell'ordine delle sue rilevazioni, Terza edizione, Milano: UTET . 11 Anselmi sottolinea che ‹‹dopo aver scomposto adeguatamente l’insieme dei soggetti pubblici›› è possibile ‹‹identificare aziende, unità non aziendali›› ed anche ‹‹altre unità non ancora aziendali ma che potrebbero divenirlo in tempi sufficientemente brevi››, riconducendo la caratterizzazione del fenomeno aziendale, anche in ambito pubblico, al riconoscimento del grado «“di aziendalità” perché in essa affondano le nostre radici»: cfr. Anselmi (2003:9), Percorsi aziendali per le pubbliche amministrazioni, Torino: Giappichelli. Tra i criteri per discriminare tra azienda e non azienda, Franceschi (1995) annovera, anzitutto: la visione sistemica, collegata al carattere. 8.

(11) aziendale”, ovvero la presenza congiunta dei tre tipi fondamentali di ordine (combinatorio, sistematico e di composizione12), che si riverberano in una «funzionalità durevole», intesa come attitudine al raggiungimento di posizioni di equilibrio economico a valere nel tempo, coniugando le finalità istituzionali con l’utilizzo razionale delle risorse. Un approccio olistico, fondato su questi presupposti, può consentire l’analisi della complessa fenomenologia riconducibile alle dinamiche interne ed alle relazioni con l’esterno che caratterizzano le unità pubbliche; permette altresì di verificare la propensione a consolidare ed accogliere, anche attraverso le relazioni con lo spazio economico circostante, gli “elementi di imprenditorialità che sono indispensabili per il rilancio dell’attività”13. Tali elementi, che possono essere veicolati nelle unità pubbliche attraverso il coinvolgimento diretto di soggetti operanti nel settore privato (nell’ambito di processi di privatizzazione) e/o informando la gestione a logiche e prassi “aziendali”, risultano coessenziali all’esistenza stessa dell’impresa, perché “senza imprenditorialità non c’è impresa, e senza impresa non c’è produzione di ricchezza”14. Il rispetto della condizione di esistenza primaria dell’azienda, l’equilibrio tra ricchezza prodotta e consumata15, è il presupposto perché l’unità pubblica si caratterizzi come azienda16; non risulta peraltro sufficiente la. dinamico ed aperto dell’azienda, concepito come sistema sociale; l’autonomia, che garantisce il collegamento di scelte ed operazioni alle relazioni di funzionalità orientate all’equilibrio a valere nel tempo; l’economicità, ovvero il rispetto delle condizioni di funzionamento dell’azienda, la proiezione dell’unità nel tempo, l’ordine nella combinazione dei fattori produttivi, delle forze interne ed esterne, in chiave sistemica. 12 ‹‹L’ordine combinatorio è caratterizzato dal fatto che, quando uno qualsiasi dei fattori subisce una variazione, il complesso perde il primitivo significato. (…) L’ordine sistematico è caratterizzato dal continuo avvicendarsi di operazioni, ognuna delle quali non si verifica in maniera casuale, ma in stretta connessione con le altre e, insieme ad esse, in conformità al fine perseguito dall’azienda. (…) L’ordine di composizione si basa sul fatto che nell’orbita dell’azienda convergono forze interne ed esterne le quali (…) possono alterare l’equilibrio fondamentale della combinazione economica››: Giannessi E. (1960: 51-54), L'azienda di produzione originaria, vol. I: Le aziende agricole, Pisa: Cursi. 13 Così si esprime Bertini in relazione al governo delle imprese a partecipazione pubblica. Si veda Bertini U. (1995:47), Scritti di politica aziendale, Torino: Giappichelli. 14 U. Bertini, ibidem. L’Autore sottolinea che se mancano questi presupposti, “vengono a mancare non solo le condizioni di crescita economica, ma anche quelle più elementari di crescita civile” 15 Il legame indissolubile tra “autosufficienza economica”, economicità e creazione di ricchezza è sottolineato in Saraceno P., Il sistema delle imprese a partecipazione statale nell’esperienza italiana, Milano, Giuffrè, 1975. 16 ‹‹Un’azienda non ha molte alternative: o crea ricchezza nel tempo, ed in tal modo è in grado di dare una risposta piena alle esigenze di chiunque entri in rapporto con essa, oppure distrugge. 9.

(12) sussistenza dell’economicità generica nella combinazione aziendale17: il difetto di uno o più “ordini” o il “difetto di economicità” danno luogo all’indesiderabile stato di “caos” 18, antitetico allo stato di “vita aziendale”. Nelle unità pubbliche tali condizioni critiche19 possono discendere dalla contrapposizione infondata tra equilibri aziendali ed una malintesa socialità: a tale proposito si sottolinea che l’economicità “non esclude sistematicamente la socialità, anzi la comprende, perché produzione di ricchezza vuol dire in conclusione produzione di benessere”20 per la collettività. L’approccio economico aziendale nello studio delle amministrazioni pubbliche, dunque, implica la focalizzazione su un oggetto di studio riconducibile ai “principi ed i criteri che regolano il funzionamento delle unità in cui si svolge concretamente l’attività economica”21, attraverso l’analisi delle “variabili che influenzano l’equilibrio economico, operativo, organizzativo di ogni entità autonoma in cui si articola il sistema pubblico”, alla continua ricerca di strumenti per il miglioramento del “rapporto risultati-risorse agendo sui processi interni” , nella consapevolezza del forte condizionamento, nella gestione delle aziende ed. ricchezza, ed allora non soddisfa né bisogni umani, né collettivi››. Ferraris Franceschi R., L’azienda: forme, aspetti, caratteri, criteri discriminanti, in Appunti di Economia Aziendale (a cura di E. Cavalieri), Roma, Edizioni Kappa, 1995. 17 ‹‹Il riscontro di principi di economicità generica non è sufficiente in quanto determina la formazione della “vita economica”, ma non di quella particolare specializzazione di essa che si chiama “vita aziendale”››: Giannessi E. (1961:58), Interpretazione del concetto di azienda pubblica, Pisa: Cursi. 18 In particolare, riferendosi al difetto di economicità, Giannessi ne sottolineava l’origine in una serie di cause legate alla struttura fondamentale dell’azienda, tra cui “il prevalere di criteri di gestione extra economici”. Laddove si ravvisa la sussistenza di un orientamento gestionale in cui si confondono le finalità degli enti proprietari e/o regolatori e quelle dell’azienda deputata alla produzione del servizio, si compromette, spesso irrimediabilmente, la vitalità economica dell’azienda, quando non la si uccide del tutto. Cfr. Giannessi E., Il concetto di azienda pubblica, op. cit. 19 Le condizioni di non economicità, secondo Caramiello, possono derivare da “incapacità aziendale” o “impossibilità aziendale”, derivando l’una situazione da errate valutazioni del soggetto economico, l’altra da un insanabili conflitti con l’ambiente circostante. Cfr. Caramiello C., Il grado di aziendalità delle case di cura, Pisa, Cursi, 1965 20 Cfr. Anselmi L., Il sistema delle partecipazioni statali oggi, Torino, Giappichelli, 1994. 21 E. Borgonovi, La dottrina economico-aziendale quale fondamento per le proposte di miglioramento della pubblica amministrazione, in AA.VV., Pubblica amministrazione: prospettive aziendali di analisi e di intervento, Milano, Giuffrè, 1984; pp. 1-55. 10.

(13) unità pubbliche, dei “meccanismi di coordinamento e di integrazione istituzionale del sistema pubblico” 22. Quale elemento di complessità ed, al contempo, di sommo interesse per le implicazioni. in termini. di. prospettive di. ricerca, si. evidenzia nelle. amministrazioni pubbliche la presenza contemporanea di due dimensioni, distinte ma fortemente e costantemente interagenti: la dimensione politico istituzionale (Peters, 1978) che deriva dalla funzione di rappresentanza della collettività nel perseguimento dell’interesse pubblico, e la dimensione propriamente «aziendale», in cui si sviluppa la tensione, attraverso una serie coordinata di decisioni ed azioni, verso il perseguimento delle finalità istituzionali23. Dall’analisi del grado di razionalità del quadro sistemico all’interno del quale si perviene alla statuizione ed al perseguimento degli obiettivi, derivanti dall’indirizzo politico-amministrativo, ed alla traduzione degli obiettivi stessi in atti di gestione, emerge il punto di contatto tra politica ed amministrazione, la cui dinamica è segnata dall’equilibrio tra il principio democratico ed il principio di imparzialità, ovvero tra il controllo degli organi politici sull’amministrazione e l’asservimento di quest’ultima agli interessi dell’intera collettività, nonché dal riferimento costante ad una accezione ampia del principio di buon andamento, che ricomprende. l’orientamento. all’efficacia. ed. all’efficienza. dell’azione. amministrativa. La prospettiva di analisi dell’economia aziendale nel tempo ha integrato il focus oggettivo della visione classica zappiana, fondato sulla concezione dell’azienda come insieme di “combinazioni e processi produttivi”, con una prospettiva di analisi “soggettiva”, rivolta non solo “all’interpretazione degli andamenti astratti (economici,. finanziari,. patrimoniali,. tecnici,. organizzativi). bensì. alle. 22. E. Borgonovi, La pubblica amministrazione come sistema di aziende composte pubbliche, in AA.VV., Introduzione all'economia delle amministrazioni pubbliche, Milano, Giuffré, 1984; pp. 186. 23 Si vedano, in tal senso, Giannessi E. (1961), Interpretazione del concetto di azienda pubblica, Pisa: Cursi; Giovanelli L. (2000: 36), Modelli contabili e di bilancio in uno Stato che cambia, Milano: Giuffrè.. 11.

(14) problematiche relative al comportamento dei soggetti realmente operanti nelle unità produttive” (Franceschi Ferraris, 2007:4)24. Nell’impostare la presente trattazione si è tenuto, dunque, conto dell’importante effetto sinergico delle due prospettive di analisi, nell’intento di delineare un quadro di riferimento relativo al ruolo del sistema di gestione della formazione manageriale nell’ambito delle riforme del settore pubblico, investigandone i tratti fondamentali in relazione al più ampio sistema di decisioni ed operazioni che avvengono nel sistema delle aziende ed unità pubbliche. Nel disegno della ricerca confluiscono elementi di analisi desunti da una pluralità di temi che presentano un forte connotato socio-tecnico, per la compresenza di elementi che attengono alle variabili socio-organizzative dei sistemi e di una spiccata dimensione tecnicoformale, connessa all’evoluzione della dotazione strumentale, in senso ampio, a supporto dei processi decisionali e di gestione cui sovrintende il management pubblico. Il superamento, attraverso l’integrazione, della dualità delle dimensioni tecnico-formale e socio-organizzativa impone una strutturazione metodologica della ricerca, al contempo, inclusiva e selettiva, per cogliere la specificità e la complessità dell’orizzonte di indagine e valorizzare le potenziali sinergie interdisciplinari. Dalla letteratura sul tema della “natura del lavoro manageriale” e della “pratica manageriale” (Mintzberg, 1973; Drucker, 1954) è possibile desumere indicazioni sulla necessità della strutturazione multidisciplinare dell’analisi delle relazioni tra formazione manageriale in ambito pubblico, nuove competenze e capacità e tendenze di riforma. Nel novero delle “variabili contingenti”, da mettere a sistema per comporre il quadro di riferimento, rientrano elementi differenziati, che spaziano dalle variabili ambientali a quelle connesse alla strutturazione dei livelli gerarchici. delle. organizzazioni,. dalla. specializzazione. funzionale. alle. caratteristiche personali dei manager. La comprensione delle criticità connesse alle prospettive di riforma del sistema delle aziende ed unità pubbliche, tuttavia, richiede un’interpretazione del. 24. A questo proposito si vedano, in particolare, Ferrero G. (1980), Impresa e management, Milano: Giuffrè; Ferraris Franceschi R. (1984), Finalità dell’azienda e condizioni di funzionamento: introduzione agli studi economico aziendali, Pisa: Seup.. 12.

(15) cambiamento non tanto e non solo in relazione di causa-effetto con l’introduzione di tecniche e strumenti innovativi, piuttosto come processo a formazione progressiva, sul quale influiscono fattori di contesto storico-istituzionali e socioeconomici, nonché una pluralità di elementi riguardanti le organizzazioni ed i soggetti che vi operano. Per analizzare le tendenze evolutive del processo di cambiamento e proporre una caratterizzazione dell’azione formativa come fattore di accompagnamento di tale processo, si è ritenuto di basare l’impianto della ricerca sull’olismo metodologico del filone di old institutional economics (Veblen, 1919), sotteso alla definizione del framework per la rappresentazione del processo di istituzionalizzazione dei cambiamenti di Burns e Scapens (2000). L’aspetto di maggiore interesse dello schema di analisi citato risiede, in relazione ai temi del presente scritto, nella possibilità di delineare un percorso di approfondimento della reciproca influenza tra azioni ed istituzioni25, riferendo queste ultime al nucleo di assunzioni generalmente condivise, che informano e regolano le azioni degli individui, delle quali sono esse stesse conseguenza26. Le istituzioni, infatti, evolvono attraverso la routinizzazione delle azioni (Burns e Scapens, 2000:6), ovvero attraverso la progressiva adozione di modalità differenti di rapportarsi alle situazioni gestionali (routines), che possono trovare riscontro in una formalizzazione all’interno di un corpo di regole esplicite27.. 25. Burns e Scapens (2000:8) sostengono che le istituzioni rappresentano “the structural properties which define the relations between, and the activities of, the members of particular social groups or communities”, in grado di apportare “form and social coherence upon human activity, through the production and reproduction of settled habits of thought and action”: tale nozione si basa sulla definizione di “istituzione” di Hamilton (1932:84): “a way of thought or action of some prevalence and permanence, which is embedded in the habits of a group or the customs of a people”. Cfr. Hamilton W.H., (1932). 'Institution'. In: Seligman, E. e Johnson, A. (a cura di). Encyclopaedia of Social Science, 560-595. Nel definire la complessa relazione tra azioni ed istituzioni, Burns e Scapens legano il concetto di istituzione così formulato alla structuration theory di Giddens (1984), che distingue tra sistemi, che comprendono pratiche sociali simili riprodotte nel tempo e nello spazio, e strutture, che costituiscono il nesso tra le pratiche sociali ed i sistemi stessi. La nozione comprenderebbe il riferimento ai sistemi (modi di pensare ed azioni diffusi, preminenti e stabili nel tempo) ed alle strutture (che incorporano thoughts and actions nelle prassi). 26 La definizione di Burns e Scapens (“the shared-taken-for-granted assumptions which identify categories of human actors and their appropriate activities and relationship”) riprende un concetto enucleato da Barley e Tolbert (1997: 96), in cui si faceva riferimento a “rules and typifications” in luogo dell’espressione “taken-for-granted assumptions”. 27 Con l’espressione routines si fa riferimento a “patterns of thought and action which are abitually adopted by groups of individuals”, sulla base di regole (rules), che costituiscono “the formally recognized way ‘things should be done’”: cfr. Burns J. e Scapens, R. (2000), "Conceptualizing management accounting change: an institutional framework", Management Accounting Research vol. 11, pp.3-25.. 13.

(16) Spazio istituzionale a. b. d. d. Routines. Routines. Regole. Regole b. b c. a. c. b c. b c. b c. c. Spazio dell’azione. Tempo. a: decodifica b: attuazione c: riproduzione d: istituzionalizzazione. Figura 1.1: Schema interpretativo del “processo istituzionalizzazione”, tratto da Burns e Scapens (2000:9). di. In riferimento al comparto pubblico ed alla diffusione di principi e prassi manageriali nella gestione delle organizzazioni, dalla persistenza di gap nell’implementazione delle riforme (Pollitt e Bouckaert, 2004; Christensen e Lægreid, 2007; Ongaro e Valotti, 2008) deriva la necessità di indagare alcuni elementi di criticità presenti nell’articolato processo di “istituzionalizzazione” dei cambiamenti. Il superamento di uno stato preesistente consolidato ed insoddisfacente si configura come uno sviluppo cumulativo di alterazioni delle regole e delle routines all’interno delle organizzazioni. I comportamenti degli individui all’interno delle strutture possono assumersi generalmente tesi alla reiterazione di profili d’azione che risentono delle direttrici istituzionali: tuttavia nel tempo possono ricorrere circostanze tali per cui si originano nuove routines e/o nuove regole ed, in certi casi, i cambiamenti modificano il nucleo di assunzioni che. 14.

(17) sostanziano le basi delle istituzioni28. La direzione e l’intensità del processo di cambiamento determinano problematiche ed esiti attesi differenti: una nuova routine può emergere in ragione dell’adattamento progressivo delle azioni a mutate condizioni operative od ambientali, oppure in conseguenza di eventuali modifiche dell’assetto istituzionale per spinte esogene. Nel secondo caso può verificarsi, nella fase di implementazione delle nuove regole e di definizione delle nuove routines, una decodificazione delle proprietà strutturali dell’istituzione non pienamente rispondente (o per nulla rispondente) alle intenzioni dell’autorità che ha imposto il cambiamento: esemplificando la questione rispetto alle unità pubbliche, l’introduzione di innovazioni attraverso previsioni normative può comportare una interpretazione della novità come mero adempimento, provocando un forzato adeguamento delle routines alla prescrizione, senza veicolare un rinnovamento profondo nel modus operandi degli individui. Interpretando il gap di implementazione delle riforme attraverso questo schema di analisi, si evidenzia la problematica dell’interpretazione delle nuove regole (stabilite nei progetti di riorganizzazione deliberati dai governi nazionali) rispetto ai meccanismi già operanti nelle amministrazioni, che rende incerti gli effetti della trasposizione dei cambiamenti nei differenti contesti organizzativi, laddove non si ponga la necessaria attenzione alla fase di implementazione. L’introduzione di nuove regole e routines da parte di un’autorità (Rutherford, 1994) può essere fonte di tensione nell’implementazione dei cambiamenti, come è stato notato, in alcuni contesti, anche in relazione alla diffusione dei principi del new public management (Virtanen, 2000). Le dimensioni considerate nel framework, in relazione alle unità pubbliche, risentono di ulteriori margini di complessità: lo spazio istituzionale delle unità pubbliche recepisce istanze provenienti dall’ambiente circostante che vengono filtrate dagli organi volitivi, i quali le traducono in indicazioni con differente grado di cogenza (previsioni normative, direttive generali, indicazioni. 28. Veblen (1919) paragonava i cambiamenti istituzionali a modifiche del codice genetico, che consentivano nel tempo la trasmissione di informazioni rilevanti: a fronte di una propensione a lasciarsi condizionare dalle esperienze pregresse, si ammetteva la tendenza alla sperimentazione ed all’innovazione derivante da quella che Veblen definiva idle curiosity, alla base delle novità e delle spinte verso il cambiamento.. 15.

(18) comportamentali agli organi di staff). Le routines organizzative cui sovrintende la dirigenza pubblica risultano, pertanto, fondate sul bilanciamento dei principi di buon andamento, imparzialità e legalità dell’azione amministrativa con le direttive degli organi politici e l’orientamento all’efficacia ed all’efficienza nella selezione delle alternative decisionali nell’espletamento del proprio ruolo. Al fine di approfondire la discrasia tra tendenze ed esiti di riforma, si è ritenuto opportuno strutturare la trattazione intorno ad alcuni aspetti relativi al fulcro della dinamica di interazione tra azioni ed istituzioni, rivolgendo particolare attenzione al cambiamento del “modo di ragionare delle élite amministrative”, percorrendo un asse strategico riconducibile all’affermazione di “un altro metodo intellettuale” (Crozier, 1991), ribadendo il ruolo determinante dell’azione degli agenti pubblici (ed in particolare della dirigenza) nella transizione dai modelli di amministrazione burocratica ad un orientamento manageriale per il sistema delle aziende ed unità pubbliche. Attraverso un approfondimento del contesto francese (capitolo terzo), si è inteso imprimere una connotazione cross cultural alla ricerca, individuando alcune caratteristiche distintive del sistema formativo francese, in relazione al quale si ravvisa un significativo grado di comparabilità con il sistema italiano, in virtù delle affinità relative alla nozione di servizio pubblico, al sistema di reclutamento, formazione e carriera dei senior civil servant, alla tradizione amministrativa dei due Paesi, affrontando il paradosso, tutt’altro che retorico, riguardante l’individuazione dell’elemento primigenio tra la formazione sui temi manageriali ed il cambiamento delle amministrazioni pubbliche. Gli aspetti di maggiore interesse derivano dalla peculiare concezione, nel contesto francese, della figura delle élites amministrative: ritenendo fondamentale il ruolo della dirigenza per il successo delle riforme, attraverso l’analisi critica di alcuni dei principali approcci dottrinali, si è cercato di tratteggiare l’evoluzione della figura dei dirigenti pubblici, facendo riferimento alle specificità del quadro istituzionale italiano (capitolo primo), individuando alcune ipotesi di fondo, riconducibili alla necessità di rimodulare il profilo professionale della dirigenza per far fronte ai cambiamenti deliberati, per pervenire ad una “trama”, ad un’astrazione di grado superiore (Giannessi, 1992) tale da costituire una premessa organicamente strutturata ed. 16.

(19) orientata all’obiettivo scientifico da raggiungere (Franceschi Ferraris, 1997, 2005), che nel presente lavoro può essere ascritto alla comprensione del potenziale. ruolo. dell’azione. formativa. nel. processo. di. riforma. delle. amministrazioni pubbliche. Dallo sviluppo del disegno della ricerca, attraverso un processo di analisi volto a definire il quadro di competenze richieste ai dirigenti-manager in ragione della transizione dall’approccio burocratico all’orientamento manageriale (capitolo secondo), emerge la possibilità di concepire la formazione come “prerequisito, condizione per favorire il cambiamento e per eliminare gli ostacoli interni” (Borgonovi, 1998): l’enfasi sull’apporto di questo macro-processo, trasversale rispetto alle attività ed alle linee gerarchiche, muove dalla considerazione che il portato di una adeguata strutturazione del ciclo formativo può spingersi fino a scardinare alcuni indesiderabili retaggi del modello burocratico. Nel processo di “istituzionalizzazione” dei cambiamenti, l’azione formativa può consentire l’adozione di comportamenti coerenti con il recepimento delle istanze della nuova managerialità pubblica, fungendo da elemento di sintonia tra azioni ed istituzioni, purché ricorrano alcune condizioni necessarie all’attivazione del processo di convergenza, quali l’impostazione del ciclo di gestione della formazione in modo da contemperare, in ciascuna fase di svolgimento, le istanze esterne con le esigenze. interne. dell’organizzazione,. considerando. simultaneamente. e. sinergicamente i fabbisogni interni e le direttrici delle riforme (capitolo quarto). Al fine di ricondurre le formulazioni teoriche alla realtà, coerentemente con l’assunto zappiano che “le teorie hanno dei doveri verso i fatti, mentre i fatti non hanno che dei diritti verso le teorie” (Zappa, 1937:3), si è introdotta una connotazione empirica della trattazione (capitolo quarto ed appendice al capitolo quarto), attraverso il ricorso alla methods triangulation (Denzin, 1978; Jick,1979), integrando varie tecniche (Johnson, Onwuegbuzie e Turner, 2007), quali la content analysis e l’elaborazione statistica dei dati, per indagare più approfonditamente la sussistenza di alcune significative caratteristiche del sistema di gestione della formazione nelle amministrazioni centrali dello Stato.. 17.

(20)

(21) CAPITOLO PRIMO: TENDENZE EVOLUTIVE NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI TRA APPROCCI TEORICI,. ORIENTAMENTI. LEGISLATIVI E PROSPETTIVE DI RIFORMA. 1.1 LE. AMMINISTRAZIONI. PUBBLICHE. NEI. PRINCIPALI. APPROCCI. DOTTRINALI: PROFILI TEORICI ED ELEMENTI DI RIFLESSIONE PER LA RICONFIGURAZIONE DELLA DIRIGENZA PUBBLICA. L’inquadramento della figura, del ruolo e del contesto in cui opera la dirigenza pubblica in una prospettiva di analisi ampia, che travalichi le specificità delle diverse realtà organizzative, attraverso il riferimento ad alcuni dei principali approcci allo studio delle organizzazioni pubbliche, rivela un progressivo spostamento dell’interesse degli studiosi dalle implicazioni del recepimento delle regole dettate dal modello burocratico alla opportunità, alle modalità ed alle conseguenze della convergenza verso pratiche e logiche manageriali. Il susseguirsi e sovrapporsi di paradigmi interpretativi29 si rivela inestricabilmente legato all’evoluzione delle stesse amministrazioni pubbliche, sebbene le formulazioni teoriche risentano di sfasamenti temporali tali per cui talvolta. 29. In questo contesto si intende fare riferimento alla definizione di paradigma di Barzelay (1992: 178): “the basic way of perceiving , thinking, valuing, and doing associated with a particular vision of reality. A dominant paradigm is a seldom if ever stated explicitly; it exists as unquestioned, tacit understanding that is transmitted through culture and in succeeding generations through direct experience rather than being taught”. Cfr. Barzelay M. (1992), Breaking through bureaucracy: a new vision for managing in government, Berkeley: University of California Press, citato in Lynn L. (2001), "The myth of bureaucratic paradigm: what traditional public administration really stood for", Public Administration Review vol. 61, n. 2, pp.144-160. Nell’excursus esposto nel paragrafo si intende proporre una serie di riflessioni sui tratti peculiari di alcune delle prospettive teoriche (paradigmi) prevalenti, in determinati momenti storici, tra gli studiosi delle amministrazioni pubbliche, che hanno, sulla base di queste, indirizzato la ricerca sia nell’individuazione dei fatti da studiare che nella formulazione di ipotesi entro cui collocare la spiegazione dei fenomeni osservati, sia ancora nelle tecniche più adeguate da utilizzare. Il paradigma, dunque, è inteso come “qualche cosa più ampio e anche di più generale di una teoria: è una visione del mondo, una finestra mentale” (Corbetta, 2003:13) dalla quale “lo scienziato acquisisce teorie, metodi e criteri, tutti assieme, di solito in una mescolanza inestricabile” (Kuhn, 1962: 138).. 19.

(22) anticipano, altre volte seguono, anche con notevole ritardo, le dinamiche di svolgimento dei fatti aziendali ed il mutamento delle condizioni di contesto. L’interesse per gli studi nell’ambito delle pubbliche amministrazioni può essere fatto risalire all’affermazione degli Stati nazionali, quando, a partire dal XVIII secolo, si assiste ad una presa di coscienza della rilevanza dell’azione dello Stato. I precursori del filone tradizionale della Public Administration possono essere ricondotti ad una serie di contributi isolati, ma già caratterizzati da un rigore metodologico e da una trattazione organica dei principi di fondo riguardanti l’attività delle amministrazioni pubbliche30. Henry (1975)31, coerentemente con l’impostazione di Golembiewski (1974), discrimina l’avvicendarsi di una serie di visioni paradigmatiche susseguitesi nel ventesimo secolo in base alla preminenza dell’orientamento delle ricerche sulle caratteristiche dell’istituzione formale in cui avvengono i fenomeni oggetto di studio (locus) oppure su aspetti relativi alle specifiche attività che in quelle istituzioni hanno luogo (focus)32. Il primo paradigma che è possibile riscontrare, nell’analisi di Henry, risulta improntato alla definizione della collocazione ideale del campo di analisi della disciplina (concentrandosi, dunque, sul locus). L’Autore ne definisce l’origine temporale in concomitanza con i contributi di Goodnow (1900) e White (1926)33 e rileva, quale aspetto di maggiore interesse, la. 30. Si segnala, a questo proposito, il contributo in Germania di Stein, che, pur ponendo il diritto amministrativo a fondamento della scienza avente ad oggetto le pubbliche amministrazioni, vuole ricercare le basi dell’azioni amministrativa studiando le relazioni sociali all’interno delle amministrazioni. In Francia, nella celebre opera di Bonnin, Principes d'administration publique (1812), si propugna una visione dell’Amministrazione Pubblica come scienza che studia le relazioni tra utenti ed amministrazioni pubbliche, al fine di produrre un miglioramento del funzionamento di queste ultime. Cfr. Bonnin C.-J. (1812), Principes d'administration publique, Paris. 31 Henry N. (1975), "Paradigms of Public Administration ", Public Administration Review vol. 35, n. 4. 32 Golembiewski (1974), nell’analizzare l’evoluzione degli approcci allo studio delle amministrazioni pubbliche, introduce una differenziazione basata sulla prevalente attenzione al locus (the institutional “where”) o al focus (the specialized “what” of the field), rilevando l’alternarsi di fasi di attenzione spiccata verso locus specifici (come la burocrazia) oppure verso focus ricorrenti, come i principi di amministrazione. Cfr. Golembiewski R.T. (1974), "Public Administration as a field: four developmental phases ", Georgia Political Science Association Journal vol. 2, n., pp.24-25. 33 Il testo di White si può considerare il primo trattato organico sull’argomento: l’Autore sostiene che i metodi di gestione possano essere considerati analoghi nei settori privato e pubblico, ma in quest’ultimo sussiste una complicazione forte, relativa all’influenza della politica. Cfr. White L.D. (1926:26), Introduction to the study of public administration, New York: Harper & Brothers.. 20.

(23) trattazione della dicotomia politica-amministrazione. Negli studi dell’epoca si evidenzia la diffusa sensibilità a distinguere gli ambiti di competenza di politici ed amministratori, prevalentemente ricondotti per il vertice politico all’emanazione delle politiche e di altre espressioni del potere volitivo dello Stato, per gli amministratori all’esecuzione delle politiche stesse34. Un secondo paradigma emerge tra il 192735 ed il 1950, caratterizzandosi, in una prima fase, per una forte enfasi sulla determinazione di principi per l’amministrazione (focus), desumibili dall’esperienza acquisita in contesti differenziati ed applicati in maniera estensiva36, superando i confini ideali tra modus operandi del management pubblico e privato. A questa tendenza si oppongono una serie di contributi tesi da un lato a sottolineare l’impossibilità di considerare separatamente i termini della dicotomia politica-amministrazione37, dall’altro a confutare la consistenza logica dei principi di amministrazione38: in particolare la serrata critica di Simon evidenzia la presenza in letteratura, a fronte di ciascun principio di amministrazione, di un contro-principio che si poneva in contraddizione con esso39. Lo stesso Simon40 propone una distinzione del campo. 34. La politica, secondo Goodnow, “has to do with policies or expression of the state will”, mentre l’amministrazione “has to do with the execution of these policies”: cfr. Goodnow F. (1900:10-11), Politics and administration, New York: Macmillan. 35 Il 1927 è l’anno di pubblicazione del testo di Willoughby W.F. (1927), Principles of public administration, Washington. 36 La definizione di principi generali di amministrazione, che si applicano a contesti assai differenziati e derivano da esperienze maturate in settori disparati, esplicitando di fatto la convinzione dell’universalità della funzione di amministrazione, estende il locus fino a rendere indifferente che si tratti di amministrazioni pubbliche o di organizzazioni di altro tipo: “It is general general thesis of this paper that there are principles which can be arrived at inductively from the study of human organization which should govern arrangements for human association of any kind. These principles can be studied as a technical question, irrespective of the purpose of the enterprise, the personnel comprising it, or any constitutional, political or social theory underlying its creation”: Urwick L., (1937:49) 'Organization as a technical problem '. In: Gulick, L. e Urwick, L. (a cura di). Papers on the science of administration. New York: Institute of Public Administration, citato in Henry (1975), op.cit. 37 “A theory of public administration means in our time a theory of politics also”: così in Gaus J.M. (1950), "Trends in the theory of public administration", Public Administration Review vol. 10, p.49. 38 Tra gli altri, Henry si riferisce in particolare a Simon H. (1946), "The proverbs of administration", Public Administration Review vol. 6, pp.53-67; Dahl R.A. (1947), "The science of public administration: three problems", Public Administration Review vol. 10, p.168; Waldo D. (1948), The Administrative State, New York: The Ronald Press. 39 Tra le esemplificazioni di Simon si annovera l’evidenziazione della contraddizione tra la limitazione del numero dei soggetti subordinati ad un Primo Ministro (in ossequio al principio dello span of control), che, nell’impossibilità di ridurne contestualmente le competenze, darà luogo verosimilmente all’istituzione di comitati sulle diverse aree di intervento, provocando un. 21.

(24) di studio tra la scienza “pura” dell’amministrazione (ampliando gli studi con nozioni di psicologia sociale) e la ricerca volta a formulare prescrizioni utili alla definizione di migliori politiche pubbliche.41 La terza fase paradigmatica, che si sviluppa tra gli anni ’50 e ’70, vede un allargamento ed una ridefinizione della prospettiva di analisi rispetto al focus precedentemente delineato intorno all’analisi delle organizzazioni ed ai processi decisionali (Simon, 1945), attraverso un percorso di ricostruzione del legame con la scienza della politica42, che si riverbera, nel quarto paradigma enucleato da Henry (1975:382), in una caratterizzazione della disciplina che studia le pubbliche amministrazioni come “scienza amministrativa”, in cui risulta rilevante il discrimine istituzionale tra organizzazioni pubbliche e private. La distinzione tende ad attenuarsi nel tempo43, ma non in ragione di una rinnovata fiducia aprioristica nell’applicazione di rigidi principi di amministrazione: risulta evidente, piuttosto, come esperienze, logiche e prassi, consolidate in ambito privato, possano essere utilmente trasposte nel comparto pubblico, previo adattamento (che presuppone percorsi strutturati di studio ed approfondimento) alle situazioni di contesto. Antipodica, per molti versi, rispetto ai canoni della nuova managerialità pubblica che affiora negli ultimi decenni del secolo scorso, risulta il modello tradizionale di amministrazione delle unità pubbliche fondato sulla teoria weberiana della. inevitabile allungamento della piramide gerarchica (contravvenendo al principio di limitazione dei livelli gerarchici). In Administrative Behavior, Simon declassa le prescrizioni della Scuola classica al rango di “proverbi”, consigli e considerazioni semplicistiche: nel delineare una scienza il cui oggetto di studio fossero le amministrazioni pubbliche, sottolinea l’importanza dell’osservazione e delle analisi sulla realtà, mettendo in guardia dal fornire prescrizioni affrettate basate su supposizioni. Cfr. Simon H. (1976), Administrative Behavior, New York: The Free Press (prima edizione nel 1945). 40 Simon H. (1947), "A comment on ‘The Science of Public Administration’", Public Administration Review vol. 7, p.202. 41 Il riferimento ad una scienza “pura” espone, evidentemente, il fianco alle critiche sul carattere eminentemente teorico e slegato dalla realtà socio-politica di un siffatto approccio (Henry, 1975: 381). 42 Risulta significativo, a proposito della necessità di definire e circoscrivere il campo di analisi della disciplina, l’affermazione di Landau: “public administration is neither a subfield of political science, nor does it comprehend it; it simply becomes a synonym”. Cfr. Landau M., (1962). 'The concept of decision making in the 'field' of public administration'. In: Mailick, S. e Ness, E.V. (a cura di). Concepts and issues in administrative behavior. Englewood Cliffs: Prentice-Hall. 43 “The traditional and rigid distinction of the field between the ‘public sphere’ and the ‘private sphere’ appears to be waning as public administration’s new and flexibly defined locus waxes”: Henry (1975:383), op.cit.. 22.

(25) burocrazia44, che si basa su un’organizzazione razionale, definita in relazione a regole esplicite, impersonali ed astratte. In questo modello la figura del funzionario è assimilabile a quella di un professionista qualificato, remunerato per esercitare funzioni che trovano riscontro nel potere autoritativo-legale. Il bureau, luogo di svolgimento delle attività dei funzionari, è posto al centro di un’area di interesse che si regge su un sistema coordinato di norme chiare, di facile apprendimento e trasferimento, che reggono un’organizzazione. gerarchica. verticistica. caratterizzata. dal. rapporto. di. supervisione degli uffici sovraordinati su quelli subordinati. L’attività lavorativa, nel modello burocratico, si sviluppa attraverso l’apporto coordinato di persone adeguatamente e “specialisticamente” formate, selezionate attraverso un concorso pubblico (dunque, senza ricorrere al meccanismo di patronage45) per servire il pubblico interesse in maniera “neutrale”. Nello svolgimento delle proprie mansioni, in particolare, ciascuno sarebbe tenuto a lasciare traccia del proprio operato attraverso la redazione di documenti in forma scritta, al fine di consentire la riproduzione o la modifica delle procedure. Alla garanzia dell’interesse collettivo si perviene, in tale rappresentazione, mediante il riferimento essenziale al ruolo nodale della legge, che si esplica all’origine dell’istituzione del rapporto di lavoro e nelle fasi di svolgimento dello stesso, quale indirizzo forte, suscettibile di apportare un elevato grado di imparzialità nell’amministrazione. Da una strutturazione rigida dell’assetto organizzativo e dall’enfasi sulla redazione e conservazione di prove documentali descrittive delle attività svolte, emerge la tensione a ricercare la soluzione alle problematiche gestionali ricorrenti tramite modalità chiare, predefinite, che possano rappresentare il migliore dei modi per fronteggiare criticità che tendono a riproporsi. Nella teoria burocratica weberiana il sistema strutturato di regole che orienta il lavoro degli uffici riveste una rilevanza essenziale anche nella configurazione. 44. Il modello burocratico, come noto, preesisteva al contributo di Weber, ma l’autore conferisce alla teoria della burocrazia un rilievo sistematico: cfr. Hughes O. E. (2003), Public Management & Administration, Palgrave: New York, pag. 21. 45 Il superamento del patronage a favore di forme concorsuali (limitatamente, invero, alle posizioni non apicali) ed il ricorso al merito per stabilire criteri di promozione dei dirigenti sono alcuni dei principi contenuti nel Northcote-Trevelian Report del 1854 (citato in Hughes, 2003:20), documento che eserciterà una influenza notevole sul riassetto del sistema pubblico britannico.. 23.

(26) della forma di autorità che regola i rapporti gerarchici all’interno del bureau, che assume prevalentemente un carattere “razionale-legale”. Weber formula una serie di asserzioni a proposito dell’autorità e dell’accettazione degli ordini da parte dei subordinati. La particolare tipologia di autorità definita “tradizionale” si fonda sulla deferenza riconosciuta ad un individuo per effetto di una concezione radicatasi nel tempo: la legittimazione può essere legata al ruolo o alla figura di una persona (il re che cede lo scettro al figlio, oppure l’imprenditore che cede la proprietà e la direzione dell’azienda ai suoi eredi), ovvero alla tradizione stessa. L’autorità carismatica, invece, si fonda sul possesso e l’esercizio di doti attinenti alla leadership, sul carattere di eccezionalità del leader, i cui ordini sono eseguiti in ragione della sua capacità di indurre, attraverso la propria personalità, alla loro accettazione. L’autorità legale-razionale ha come fondamento la fiducia nel valore della legalità delle regole stabilite e nella legittimità dei soggetti designati alla direzione in conformità con la legge. Accanto alla definizione delle diverse forme di autorità46, Weber enuncia alcune regole che reggono il funzionamento della burocrazia classica; tra gli elementi caratterizzanti il modello, in base a queste regole, si evidenzia: la determinazione delle aree di competenza dei settori di attività in base a leggi o regolamenti; l’attribuzione ai responsabili di una data funzione di mezzi per l’espletamento e di una contestuale limitazione di autorità e responsabilità; lo svolgimento della funzione tramite procedure ricorrenti e formalizzate; la suddivisione della gerarchia amministrativa in diversi livelli di autorità, in cui il livello superiore controlla quello inferiore; il riferimento costante, nella gestione amministrativa, alle evidenze dei documenti scritti e catalogati sulle attività svolte in periodi precedenti. All’interno del modello burocratico si delinea anche una caratterizzazione esplicita dei soggetti che in esso operano. Dovrebbe sussistere, anzitutto, la “vocazione” all’essere burocrate, suffragata dalla fruizione di una formazione speciale. Nell’esercizio prolungato della propria attività, il funzionario è tenuto al dovere di lealtà verso l’organizzazione in cui opera, in relazione alla. 46. Lo schema di classificazione di Weber, basato su idealtipi, su forme che difficilmente si riscontrano nella realtà storica, può essere utile per effettuare comparazioni spazio temporali, ponendo in relazione la prevalenza dei caratteri tipici delle diverse forme di autorità con specifiche forme di organizzazione sociale.. 24.

(27) quale deve permanere nella condizione di indipendenza da vincoli che esulano dal quadro delle obbligazioni ufficiali. La rappresentazione weberiana del modello burocratico si rivela congruente47 con l’impianto concettuale di Wilson (1887) 48, che nel delineare i tratti fondamentali di una scienza amministrativa pubblica, evidenzia la necessità di una dissociazione. dell’amministrazione. dall’influenza. politica.. La. trattazione. sistematica della questione relativa alla dicotomia politica-amministrazione, snodo fondamentale del contributo di Woodrow Wilson49, si colloca all’origine della formulazione. teorica. della. Public. Administration.. L’Autore. americano,. riferendosi ad importanti esperienze amministrative (desunte anche da alcuni paesi europei) propugna la necessità di scindere l’attività di indirizzo, cui sono deputati gli organi di governo, dal recepimento ed esecuzione di tali linee, di cui deve farsi carico l’attività amministrativa: tali asserzioni delineano i canoni fondamentali della scienza dell’amministrazione. Si può rilevare come l’approccio dicotomico tra politica ed amministrazione, che distingue tra l’assunzione delle decisioni e la concreta realizzazione delle stesse, contrasti, in un certo senso, con la concezione unitaria del fenomeno aziendale ed, al suo interno, dell’attività di amministrazione, presente sin dagli albori nella dottrina economico aziendale italiana, in ragione dell’impossibilità di distinguere funzioni “esclusivamente direttive o esecutive”50: già il Cerboni (dopo il 1860), si riferisce all’amministrazione economica come ad “un unitario procedere di. 47. Sulla conformità di rilevanti tratti del modello burocratico classico con le principali assunzioni della teoria wilsoniana si rinvia a Mussari R. (1994:59), Il management delle aziende pubbliche. Profili teorici, Padova: Cedam; Ruggiero P. (2007:68), Le capacità manageriali delle amministrazioni pubbliche. Aspetti teorici e gestionali, Padova: Cedam. 48 Wilson W. (1887), "The study of administration", Political Science Quarterly, vol. 2, pp.197222. 49 Si rinvia, per l’approfondimento del contributo di Wilson, a Mussari R. (1994), Il management delle aziende pubbliche. Profili teorici, Padova: Cedam, pp. 50-63. 50 Giannessi (1980: 162) sottolinea come l’Alfieri fosse ben consapevole della difficoltà che “una persona possa svolgere, in ogni momento e circostanza, funzioni ‹‹esclusivamente›› direttive o esecutive”. L’Alfieri (1921:209) sosteneva, infatti, che “non sempre si vedono da un lato solamente direttori e dall’altro solamente esecutori; chi attende a lavoro direttivo può anche attendere a lavoro non direttivo di altrui lavoro”. Cfr. Giannessi E. (1980), I precursori in Economia aziendale, Giuffrè: Milano; Alfieri V. (1921), "L'organizzazione aziendale", Rivista Italiana di Ragioneria, agosto-settembre.. 25.

(28) funzioni”51. Dagli scritti del Besta si desumono ampi riferimenti sui criteri generali che regolano il governo di quell’ampio novero di “fenomeni, o negozi, o rapporti” 52, che consentono ai capitali di “divenire veri ed efficaci strumenti di produzione” ed alle persone ed alle società di “intendere sicure al proprio fine”. Accanto all’enunciazione dell’“amministrazione economica” come “governo dei fenomeni, dei negozi e dei rapporti che hanno attinenza colla vita della ricchezza nelle aziende”, Besta introduce un importante riferimento alla sussistenza di alcuni momenti che “si ripetono con differenze non essenziali nelle aziende tutte”, di una serie di “sforzi e cure”53 riferibili alla gestione, alla direzione ed al riscontro o controllo. Per l’espletamento delle funzioni individuate occorre “un’intelligenza direttiva, e un cumulo di attitudini o di forze bastevoli”, che trova riscontro in contesti molto differenziati: infatti, “s’amministra lo stato, il comune, la chiesa, la famiglia, e s’amministra un podere, un negozio, un istituto industriale o bancario”. In sostanza, l’amministrazione, “manifestazione dell’attività umana riguardata nei singoli o nelle società”54, comprende al suo interno l’assunzione delle decisioni e la conversione delle stesse in atti di gestione, in un iter senza soluzione di continuità che pone in relazione soggetti posizionati nei vari livelli dell’organizzazione. Zappa e Marcantonio55 sottolineano “l’unità fondamentale dell’amministrazione d’azienda”56, pur scindibile in momenti o processi idealmente distinti, quali la gestione, l’organizzazione e la rilevazione. Gli Autori definiscono l’amministrazione come “complessa azione coordinata degli organi di azienda”, che si traduce “in una serie continua e coordinata di operazioni o atti”, e si identifica, “nei suoi momenti e nella sua successione”, “nell’economia d’azienda, vista nell’azione che ad essa dedicano gli organi d’azienda”. Di grande interesse risulta il passaggio sulle “fonti dell’amministrazione dell’azienda pubblica”, riconducibili all’orizzonte normativo, agli statuti dai differenti gradi di autonomia che discendono dalla forma degli enti, ed anche alle “consuetudini del 51. Cfr. Cerboni G. (1886), La Ragioneria scientifica e le sue relazioni con le discipline amministrative e sociali, Vol. I – I Prolegomeni, Roma: Loescher. 52 Besta F. (1916) , La Ragioneria, Milano: Vallardi, pp. 2 e seguenti. 53 Ivi, pag. 26. 54 Ivi, pag. 11. 55 Zappa G. e Marcantonio, A. (1954), Ragioneria applicata alle aziende pubbliche: primi principi, Milano: Giuffré. pp. 6-9. 56 Ivi, pag. 9.. 26.

(29) diritto e dell’amministrazione pubblica e privata”. Nel sottolineare la rilevanza delle prescrizioni di legge in relazione tanto alla dinamica di interazione tra enti pubblici e cittadini quanto all’orizzonte organizzativo e gestionale interno57, gli Autori precisano che, pur a fronte di opportuni vincoli e cautele che discendono dalla “particolare natura dell’ente”, non può intendersi l’attività amministrativa completamente “disciplinata da norme di diritto”. Dalle considerazioni sul “concetto di amministrazione” del Ceccherelli58 affiora una accezione ampia di amministrazione, intesa come “governo, cura, maneggio degli. affari”,. configurando l’azione amministrativa come “azione deliberante di governo, di condotta, di comportamento, pensata e predisposta dagli organi volitivi che ne presiedono il funzionamento”, che necessita, per la diversità dei caratteri delle molteplici manifestazioni aziendali, di un approccio fondato su un “complesso di discipline costituenti un coordinato sistema di studi”. Come ulteriore elemento di complessità, Ceccherelli ravvisa la nella difficoltà di ricondurre ad “armonica combinazione di entrate ed uscite” l’economia di aziende, quali quelle “dello Stato, delle Province e Comuni”, preordinate a soddisfare “nella maggior misura e nel miglior modo ai bisogni della collettività che amministrano”59, nel limite dei mezzi a loro disposizione. L’Autore, pur ravvisando l’opportunità di trattazione specifica attraverso “discipline apposite” (scienza dell’amministrazione dello stato, scienza delle finanze) del recepimento delle istanze politico-sociali e delle conseguenti problematiche, ritiene che il “divenire aziende pubbliche”, da cui deriverebbero “particolari strutture amministrative determinate dall’ingerenza e dal controllo dello stato”, non riguardi il “carattere economico-tecnico dell’azienda”60. Il riferimento all’azione amministrativa come “azione deliberante”, “azione di coordinazione e sintesi dei diversi aspetti” della vita aziendale61, sembra essere. 57. “L’amministrazione delle aziende pubbliche è regolata, in maniera più o meno preponderante, da norme giuridiche, le quali, da una parte riflettono i rapporti tra cittadini ed enti pubblici, e, dall’altra, stabiliscono la disciplina dell’organizzazione e dell’attività interna dell’azienda.”Ivi, pag. 8. 58 Ceccherelli A. (1948), Economia Aziendale e Amministrazione delle Imprese, Firenze: Barbera Editore, pp.1-2. 59 Ivi, pag. 61. 60 Ivi, pag 71. 61 Ivi, pag. 3.. 27.

(30) coerente, in un certo senso, con il pensiero di Woodrow Wilson, che definisce l’amministrazione come “governo in azione”, ed in particolare come la “parte esecutiva, operativa, la più visibile del governo”62. Le enunciazioni wilsoniane vanno ricondotte, come ovvio, al periodo storico in cui si sviluppano: il contesto nordamericano di fine Ottocento si caratterizzava per una forte spinta al rinnovamento del settore pubblico, in ragione della diffusione di pratiche di corruzione e di cooptazione nepotistica da parte dei funzionari.63 Rileva, inoltre, la contemporanea diffusione delle teorie dello Scientific Management Movement, che esercitarono una indubbia influenza anche sulla formulazione delle teorie riguardanti l’amministrazione delle unità pubbliche.64 Il management scientifico, soprattutto per quanto riguarda l’impostazione dello stile direzionale, richiama alcuni tratti essenziali della concezione burocratica, in particolare in riferimento all’anelito a ricercare “one best way”: se Weber sottolineava l’importanza di produrre e conservare documenti scritti per individuare progressivamente la migliore alternativa da attuare nell’azione amministrativa, l’attività direzionale del manager della scuola scientifica avrebbe dovuto ispirarsi a principi “scientifici”, validati dal progressivo accumulo critico di esperienza. Il management scientifico, il cui principale esponente è Frederick W. Taylor, si caratterizza per un’attenzione spiccata al miglioramento dei processi produttivi, ricercando il massimo grado di efficienza nello svolgimento degli stessi, improntando l’analisi dei fatti riguardanti la gestione ad un elevato grado di razionalità65. Nel contesto europeo si riscontra, ancor prima di mutuare canoni di. 62. W. Wilson, The Study of Administration, in J. Perry – K. Kraemer (a cura di), Public Management: public and private perspectives, Mayfield Publishing, Palo Alto CA, 1983, pp. 6-16, citato in Mussari (1994). 63 L’articolo citato di Wilson del 1887, tra l’altro, segue di pochi anni il Civil Service Act (noto come Pendleton Act), la cui portata riformatrice investe il pubblico impiego statunitense nel suo complesso. 64 Come rileva Mussari (1994:53), la traslazione dell’approccio scientifico nel contesto pubblico rivelava la tendenza a sottostimare la diversità tra l’attività caratteristica del settore privato, caratterizzato, agli inizi del Novecento, dalla presenza di imprese industriali che producevano prevalentemente beni materiali, e l’attività delle amministrazioni pubbliche. 65 Le principali critiche al management scientifico risiedono nella visione eccessivamente meccanicistica dell’attività amministrativa: l’individuazione di principi generali ed invariabili nel tempo, nella ricerca di un più elevato grado di efficienza, trascura le modificazioni delle condizioni operative interne e dell’ambiente esterno, che rende necessario l’adattamento costante dell’azione amministrativa. Zappa (1927:17) sottolinea la necessità di contemperare la ricerca di criteri di riferimento con l’evolversi della realtà: “non pretendiamo dunque di conoscere principi. 28.

Figura

Figura  1.1:  Schema  interpretativo  del  “processo  di  istituzionalizzazione”, tratto da Burns e Scapens (2000:9)
Figura 2.2.1: adattamento da Le Boterf G. (1994:17), La compétence  au carrefour.
Figura  2.2.2:  ruolo  della  formazione  nel  processo  di  istituzionalizzazione dei cambiamenti
Figura 2.4.1: rappresentazione del ruolo dell’azione formativa nella  transizione verso nuove routines
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