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Programmazione e valutazione delle attività formative: alcune evidenze

La necessità di procedere alla programmazione dell’azione formativa nelle amministrazioni pubbliche rappresenta, come dimostra anche la produzione normativa e regolamentare degli ultimi anni, un tema di forte attualità. La Direttiva Frattini, nel precisare l’estensione della responsabilità dei dirigenti nella gestione delle risorse umane alla formazione, assimila le spese sostenute in questo ambito ad un investimento360, da sottoporre a processi di pianificazione, programmazione operativa e valutazione in termini di efficacia, efficienza e qualità, anche attraverso analisi costi- benefici.

La legge 3/2003, modificando il d.lgs. 165/2001, sancisce l’obbligatorietà della redazione del piano di formazione361, che si configura come il principale strumento di programmazione della formazione nelle amministrazioni pubbliche, la cui adozione dovrebbe supportare la predisposizione di interventi formativi in grado di contemperare le esigenze di crescita professionale individuale, i bisogni dell’organizzazione e la tensione al miglioramento della qualità dei servizi erogati. La redazione del prospetto dovrebbe avvenire in conformità con l’atto di indirizzo del Dipartimento della Funzione Pubblica, che detta le “linee di azione e i programmi strategici nazionali necessari per garantire l’innovazione e la coesione

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La caratterizzazione della formazione come investimento emerge chiaramente dal testo della Direttiva: “La riqualificazione del personale, prevista dai contratti collettivi dei diversi comparti, deve essere condotta alla luce degli obiettivi di questa direttiva e, quindi, all’insegna dell’efficienza e dell’efficacia, con la consapevolezza che la formazione deve essere considerata come un vero e proprio investimento di risorse e come tale gestita con attenzione e responsabilità in tutte le sue fasi.”

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La legge 16 gennaio 2003, n. 3, "Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione", integra il contenuto del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, stabilendo, all’art. 4, che ”le amministrazioni (…) nell'ambito delle attività di gestione delle risorse umane e finanziarie, predispongono annualmente un piano di formazione del personale, compreso quello in posizione di comando o fuori ruolo, tenendo conto dei fabbisogni rilevati, delle competenze necessarie in relazione agli obiettivi, nonché della programmazione delle assunzioni e delle innovazioni normative e tecnologiche. Il piano di formazione indica gli obiettivi e le risorse finanziarie necessarie, nei limiti di quelle, a tale scopo, disponibili, prevedendo l'impiego delle risorse interne, di quelle statali e comunitarie, nonché le metodologie formative da adottare in riferimento ai diversi destinatari. 2. Le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché gli enti pubblici non economici, predispongono entro il 30 gennaio di ogni anno il piano di formazione del personale e lo trasmettono, a fini informativi, alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze (…)».

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nel processo di riforma delle pubblica amministrazione”. Nel definire i criteri di base per la redazione del piano, la legge 3/2003362 pone a fondamento del processo di programmazione la fase essenziale di ricognizione dei fabbisogni formativi: il riferimento alle “competenze necessarie in relazione agli obiettivi ed ai nuovi compiti” richiama la finalità dei processi formativi, la necessità di un sostanziale allineamento di questi con il quadro degli obiettivi gestionali, in relazione ai quali si originano esigenze diversificate in termini di competenze e di rimodulazione continua dei profili professionali. Nel provvedimento, inoltre, si fa menzione diretta di due ambiti principali di innovazione, relativi al quadro normativo ed alla tecnologia, dai quali evidentemente si presume conseguano con maggior frequenza interventi di addestramento e riqualificazione. Nella stesura del piano è prevista l’indicazione dettagliata di alcuni elementi, quali le risorse finanziarie necessarie e le relative fonti cui attingere, differenziando tra quelle interne e quelle comunitarie, per assicurare la sostenibilità economico-finanziaria delle attività. L’articolazione degli interventi in funzione dei destinatari influenza da un lato le metodologie formative previste, dall’altro la selezione dei destinatari: entrambi gli aspetti sono essenziali per mitigare il rischio di insuccesso dell’azione formativa.

Il dato che emerge dall’analisi dei Rapporti sulla formazione, in realtà, sembrerebbe delineare una sensibilità piuttosto bassa alla formalizzazione della fase di programmazione attraverso la predisposizione e l’adozione del piano: dal tredicesimo Rapporto, relativo all’anno 2009, risulta che tra le 22 amministrazioni rispondenti al questionario (sulle 39 totali), il piano di formazione sia predisposto ed adottato in sole 14 realtà.

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La legge 16 gennaio 2003, n.3, riprende, all’art. 7 bis, le indicazioni contenute nella Direttiva del 2001.

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Figura 4.4.1: piani formativi adottati dalle amministrazioni centrali,

2002-2009.

Il dato tendenziale sembrerebbe, dunque, testimoniare una scarsa propensione al ricorso al piano di formazione: non è sufficiente, tuttavia, per esprimere valutazioni in merito alla complessiva attitudine a pianificare gli interventi formativi. La rilevazione, infatti, esprime la consistenza del numero delle amministrazioni che adottano quello che può essere ritenuto il principale strumento di programmazione: l’info

considerare che il grado di formalizzazione del processo ( e non tanto il processo in sé, in relazione al quale non si dispone di elementi sufficienti per esprimere valutazioni) risulta deficitario.

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: piani formativi adottati dalle amministrazioni centrali,

Il dato tendenziale sembrerebbe, dunque, testimoniare una scarsa propensione al ricorso al piano di formazione: non è sufficiente, tuttavia, per esprimere oni in merito alla complessiva attitudine a pianificare gli interventi formativi. La rilevazione, infatti, esprime la consistenza del numero delle amministrazioni che adottano quello che può essere ritenuto il principale strumento di programmazione: l’informazione, piuttosto, potrebbe portare a considerare che il grado di formalizzazione del processo ( e non tanto il processo in sé, in relazione al quale non si dispone di elementi sufficienti per esprimere valutazioni) risulta deficitario.

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Il dato tendenziale sembrerebbe, dunque, testimoniare una scarsa propensione al ricorso al piano di formazione: non è sufficiente, tuttavia, per esprimere oni in merito alla complessiva attitudine a pianificare gli interventi formativi. La rilevazione, infatti, esprime la consistenza del numero delle amministrazioni che adottano quello che può essere ritenuto il principale rmazione, piuttosto, potrebbe portare a considerare che il grado di formalizzazione del processo ( e non tanto il processo in sé, in relazione al quale non si dispone di elementi sufficienti per esprimere

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