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GESTIONE DEL DOLORE ACUTO

ACUTO  Traumatico

GESTIONE DEL DOLORE ACUTO

Il dolore acuto in ortopedia può essere un sintomo di una patologia flogistica, ma più frequentemente è conseguenza di un trauma: si possono riscontrare lesioni muscolari, quali contratture, stiramenti o strappi, oppure lesioni osteoarticolari, come una distorsione, una lussazione oppure una frattura. Data l’innumerevole varietà eziologica del dolore acuto ortopedico, risulta chiaro che il trattamento varierà in base alla gravità del quadro.

Quando un paziente si presenta in Pronto Soccorso con dolore ortopedico acuto, l’obiettivo primario è ottenere un rapido controllo del dolore e, successivamente, di ridurre lo stato di disagio e ansia mediante l’attuazione di un protocollo di trattamento precoce del dolore gestito dagli infermieri del triage, ancora prima che i pazienti vengano visitati dal medico, il quale in seguito valuterà il paziente per stabilire il trattamento ortopedico più opportuno.

CRONICO

 Infiammatorio

-

Articolare

-

Muscolare

 Neuropatico

ACUTO SU CRONICO

 Infiammatorio

 Neuropatico

Mentre nei casi più semplici come la contrattura muscolare sarà sufficiente riposo associato a massaggi decontratturanti per risolvere il quadro, in altri casi (stiramenti, strappi) al riposo è bene associare crioterapia44, bendaggio compressivo ed elevazione dell’arto traumatizzato: queste 4 manovre rientrano nel protocollo R.I.C.E. (Rest, Ice, Compression, Elevation) e sono importanti per ridurre il tempo necessario alla guarigione e soprattutto nel ridurre il dolore.

Mentre il riposo viene spontaneo perché indotto dal dolore (immobilizzazione antalgica) e risulta utile per evitare ulteriori danni alle parti del corpo interessate dal trauma, le altre manovre sono determinanti nel ridurre la componente del dolore lento che insorge secondariamente al trauma e che viene mantenuto sia dal processo infiammatorio sia dal versamento che distende le componenti innervate, come il periostio o la capsula articolare.

In tutti i casi di trauma dunque (monoarticolare o nel contesto di un politrauma), l’infermiere di triage provvederà all’applicazione locale di una busta di ghiaccio o di ghiaccio spray per 20 o 30 minuti, ripetibile ogni 2 o 3 ore. Questo viene fatto perché la crioterapia è una tecnica efficace con azione analgesica, antispastica, antiedemigena e miorilassante.

L’analgesia è indotta grazie all’azione del freddo su tre fattori: a livello nervoso diminuisce la velocità di trasmissione dei segnali dolorifici; a livello metabolico determina un rallentamento del metabolismo tissutale e quindi le reazioni metabolico-biochimiche vengono indebolite; a livello vascolare riduce l’edema grazie alla vasocostrizione riflessa indotta dal freddo.

La crioterapia però è controindicata in alcuni casi come l’ipersensibilità al freddo, il fenomeno di Raynaud, la vasculopatia periferica o una sospetta lesione nervosa.

La compressione con bendaggio e l’elevazione dell’arto sono gli altri due fattori che insieme alla crioterapia contribuiscono alla riduzione dell’edema e quindi del dolore.

Il protocollo R.I.C.E. dunque serve come primo soccorso nelle lesioni acute dei tessuti molli, ma risulta meno efficace nella gestione delle lesioni tendinee e ligamentose per le quali si preferisce applicare il protocollo M.E.A.T. (Movimento, Esercizio, Analgesici, Trattamento), che piuttosto si propone di aumentare il flusso sanguigno in aree scarsamente vascolarizzate, riducendo la formazione di fibre collagene impropriamente allineate (tessuto cicatriziale) e quindi migliorando il recupero, come effettivamente è stato dimostrato dalla Cochrane Review45, dove si è visto che in pazienti con lesioni legamentose post distorsione di caviglia trattati con terapie funzionali piuttosto che immobilizzazione era migliorata la soddisfazione, diminuito il gonfiore e velocizzato il ritorno all’attività.

Oltre ai protocolli R.I.C.E. o M.E.A.T., per controllare il dolore è sovente necessario il trattamento farmacologico analgesico, per il quale la scelta e il dosaggio del farmaco varia in base all’età del paziente e all’intensità del dolore misurato secondo la scala NRS46

Per i pazienti di età maggiore di 12 anni si attua il seguente protocollo:

1) NRS 3-4 (dolore lieve)

- Paracetamolo (Tachipirina 1000 mg cp ) 1000 mg/ 8 h (max. 4 g/die) oppure

- Ketoprofene (Orudis 50 mg cp) 100 mg/8h oppure

- Paracetamolo 1000 mg + Caffeina 130 mg (Tachicaf) 1 bustina/6-8 h

2) NRS 5-7 (dolore moderato)

- Paracetamolo 500mg + Codeina 30 mg (Tachidol) 1 bustina/6-8 h oppure

- Ibuprofene (Brufen 600 mg cp) 1 cp/ 6-8 h max. 2400 mg/die oppure

- Tramadolo (Fortradol 50 mg cp) 50-100 mg/6-8 h

In caso di pazienti con dolore lieve o moderato che non sono in grado di assumere farmaci per bocca:

- Ketoprofene (Ibifen 100 mg/2,5 ml f.le) 100 mg/8 h im o ev oppure

- Tramadolo (Fortradol 50 mg/ml f.le) 100 mg/8 h im o ev o 300 mg in infusione continua oppure

- Ketorolac (Toradol 30 mg/ml f.le) 30 mg/8 h im o ev o 90 mg in infusione continua

3) NRS 8-10 (dolore forte)

- Ossicodone 5 mg + Paracetamolo 325 mg (Depalgos cp) 1 cp/6-8 h oppure

Ketoprofene (Ibifen 100 mg/2,5 ml f.le) 200 mg - +

Tramadolo (Fortradol 50 mg/ml f.le ) 300 mg

oppure

Paracetamolo (Perfalgan 10 mg/ml f.le) 1000 mg - +

}

in infusione continua

In caso di insufficiente controllo del dolore:

Morfina (Morfina 10 mg/ml f.le) - +

Ketorolac (Toradol 30 mg/ml f.le)

[Da ricordare che il Ketorolac, essendo altamente epatotossico e nefrotossico, non va usato per più di 5 giorni se somministrato per os oppure 2 giorni se per via parenterale]

Lo schema terapeutico del dolore acuto che viene usato per i bambini di età inferiore ai 12 anni è il seguente:

1) NRS 3-4 (dolore lieve)

- Paracetamolo (sciroppo Piros 120 mg/5 ml) 10-15 mg/Kg/dose (gocce Tachipirina gtt 100 mg/ml)

2) NRS 5-7 (dolore moderato)

- Ibuprofene 5-10 mg/Kg/dose (fino a un massimo di 40 mg/Kg/die)

oppure

- Paracetamolo (sciroppo Piros 120 mg/5 ml) 10-15 mg/Kg/dose (gocce Tachipirina gtt 100 mg/ml)

3) NRS 8-10 (dolore forte)

Si esegue un’associazione di Ibuprofene con Paracetamolo con le stesse indicazioni sopra descritte.

Successivamente alla terapia antalgica, in caso di lussazione o frattura, l’ortopedico dovrà procedere alla riduzione e alla contenzione della lesione: le parti fratturate o i capi articolari vengono prima riportati a reciproco contatto (nel caso si siano spostati) e viene ristabilita la normale direzione dell'asse dell'arto; poi, una volta effettuata la riduzione, si provvede a immobilizzare l’articolazione lussata o l'osso fratturato in modo da essere certi che le parti fratturate rimangano nella posizione corretta fino ad avvenuta guarigione.

L’immobilizzazione può essere incruenta, mediante l’applicazione di un bendaggio gessato, oppure cruenta, mediante osteosintesi con placche, viti, fissatori esterni o inchiodamento endomidollare. Tuttavia alcune di queste manovre (come ad esempio la riduzione della frattura del polso, della mano, della lussazione d’anca, di spalla, oppure il posizionamento di trazioni transcheletriche) presentano il cosiddetto “dolore da procedura”: si tratta di quel dolore che viene provocato al paziente da tutte quelle manovre e da quei presidi che si mettono in atto per le necessarie pratiche

}

associati e in infusione continua

cliniche al fine di una corretta gestione del malato e della lesione e che comprendono la stabilizzazione, le procedure diagnostiche e quelle terapeutiche, siano esse terapeutiche o definitive. Il dolore da procedura tuttavia non è necessario e deve essere prevenuto mediante procedure ben organizzate, per esempio eseguendo un’infiltrazione di anestetico locale vicino ai margini di una ferita da revisionare, oppure nel posizionamento delle trazioni transcheletriche è bene eseguire un’anestesia loco-regionale con eventuale supporto della sedazione con benzodiazepine (ad esempio il midazolam) od oppioidi: in questo caso infatti, l’allestimento della trazione senza gli opportuni accorgimenti provoca vivo dolore dovuto non solo al foro del filo di Kirschner su cute e osso, ma anche dal movimento dei monconi ossei. L’infiltrazione di anestetico locale viene perciò effettuata con l’infiltrazione di anestetico locale sia nei vari strati dei tessuti molli, sia nel periostio a livello del foro di entrata ed uscita del filo.

Non si può dire con certezza che la prevenzione del dolore da procedura determini un miglioramento delle procedure diagnostico-terapeutiche, ma sicuramente rende meno traumatica l’esperienza e il medico ottiene maggiori compliance da parte del paziente.

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