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GESTIONE DEL DOLORE POST-OPERATORIO IN CHIRURGIA ORTOPEDICA

ACUTO  Traumatico

GESTIONE DEL DOLORE POST-OPERATORIO IN CHIRURGIA ORTOPEDICA

Il dolore postoperatorio è definito dall’American Society of Anesthesiologists come “dolore acuto persistente del paziente chirurgico dovuto alla malattia preesistente, all'atto chirurgico o alla combinazione tra malattia preesistente e procedura chirurgica" (ASA, 2004). La definizione racchiude il carattere di prevedibilità del dolore, che comparirà al cessare degli effetti dei farmaci anestetici, con variazioni per sede, intensità e durata in base a diversi fattori successivamente citati. La chirurgia ortopedica maggiore è gravata da un dolore post-operatorio che può essere moderato o grave e, come si è già visto (vd. clinica), il suo trattamento deve essere preso in seria considerazione non solo per scopo etico, ma anche e soprattutto per facilitare l’esecuzione del programma riabilitativo atto al recupero precoce della funzionalità articolare e consentire così al paziente una rapida dimissione, anche perché la presenza di dolore ostacola la precoce mobilizzazione dell’articolazione con conseguente contrattura capsulare, atrofia muscolare e insuccesso funzionale dell’intervento47

. Per esempio, gli effetti negativi della persistenza del dolore moderato-severo sulla ripresa della deambulazione e dell’autonomia nelle attività di base dell’anziano fratturato, sia nella fase post-operatoria che durante la riabilitazione, sono stati confermati in uno studio prospettico su 411 fratturati48, nel quale si è visto che i pazienti con il dolore più intenso hanno maggiore probabilità di saltare le sedute di riabilitazione o ridurne la durata, di non riuscire a deambulare

dopo 3 giorni dall’intervento e di avere una degenza più prolungata. Un’insufficiente analgesia nella fase perioperatoria sembra quindi favorire la cronicizzazione del dolore anche dopo la dimissione, la cui persistenza condiziona così gli esiti funzionali a distanza49.

Si riconoscono tre fattori principali che influenzano il dolore post-operatorio:

1. L’intervento: sede dell’intervento e natura della lesione condizionante l’intervento; caratteristiche del trauma intraoperatorio e tipo di anestesia, premedicazione;

condizioni postoperatorie (drenaggi, sondini e cateteri, autonomia alimentare, canalizzazione)

2. Il paziente: età, sesso, soglia individuale del dolore, fattori socio-culturali, ansia, depressione, esperienze personali, personalità.

3. L’ambiente: informazione pre-operatoria, staff medico-infermieristico ed il suo rapporto con il paziente, riabilitazione e mobilizzazione precoce.

Detto ciò, gli obiettivi da raggiungere nel trattamento del dolore post-operatorio sono molteplici: innanzitutto ridurre il dolore associato alla manovra chirurgica, migliorando così l’outcome del paziente chirurgico e riducendo il periodo di degenza; in secondo luogo bisogna evitare o ridurre sia gli effetti fisiopatologici correlati con il dolore post operatorio, sia gli effetti avversi correlati alla terapia antalgica. È infatti riconosciuto dalla linee guida SIAARTI del 201050 che un adeguato trattamento del dolore post-operatorio inizia nella fase preoperatoria ed un buon trattamento del dolore si traduce in una minore incidenza di complicanze postoperatorie, un miglioramento del comfort del paziente e una riduzione delle giornate di ricovero e quindi dei costi.

Per ottenere un buon controllo del dolore post-operatorio sono necessari diversi accorgimenti: in primo luogo è importante eseguire le somministrazioni preferendo la via per bocca quando possibile e soprattutto ad orario fisso, in modo tale da prevenire l’insorgenza del dolore ed evitare così la terapia antalgica “al bisogno” che agisce solamente limitando il dolore, quando quest’ultimo ormai ha già raggiunto una certa intensità e il paziente non è più in grado di sopportarlo; in secondo luogo è bene considerare le comorbilità del paziente ed effettuare un trattamento sistematico e preventivo degli effetti collaterali; infine, ma non meno importante, è ottenere un adeguato monitoraggio: l’entità del dolore deve essere valutata, misurata periodicamente e trascritta nell’apposita scheda di monitoraggio, tenendo in considerazione non solo il dolore a riposo, ma anche il dolore incidente, cioè quel dolore che può insorgere durante la mobilizzazione, il colpo di tosse o la medicazione47. La rilevazione del dolore viene registrata nello spazio appositamente previsto in cartella clinica e si effettua nelle seguenti condizioni:

 all’ingresso/ricovero (se le condizioni cliniche lo permettono);

 ogni qualvolta il paziente lamenti dolore;

 alla presa in carico dall’U.O. nel post-operatorio (tempo 0 del postoperatorio);

Se il paziente, dopo 2 controlli consecutivi dichiara una Vas minore di 3, la valutazione passerà a 3 volte al giorno.

La gestione del dolore post-operatorio è suddivisa sulla base della diversa componente algica attesa/prevedibile. In particolare si distinguono tre livelli, simili alla scala analgesica dell’OMS, a seconda del tipo di chirurgia ortopedica effettuata:

Livello A (dolore prevedibile: VAS ≤ 3): artroscopia diagnostica, rimozione mezzi di sintesi, neurolisi, tunnel carpale, chirurgia minore della mano, raffie, riduzione della frattura, cisti tendinee. Livello B (dolore prevedibile: VAS 4-6): riduzione e sintesi di arti, artroscopia operativa, chirurgia arto superiore e mano, ginocchio, alluce valgo, laminectomia e discectomia.

Livello C (dolore prevedibile: VAS 7-10): artroprotesi anca e ginocchio, fratture complesse arti inferiori, ricostruzione LCA, osteotomia.

Dolore lieve (Livello A)

1. Infiltrazione della ferita con anestetico locale (Bupivacaina 0,25% o Ropivacaina 0,375% 2 ml/cm)

2. Ketoprofene 100 mg/12 ore per os; oppure Paracetamolo g/6-8 ore per os oppure Paracetamolo 1 g/6-8 h ev (max 4 g/die)

oppure Ketoprofene 200 mg; 100 mg x 2 o in infusione continua con elastomero Rescue: Tramadolo 100 mg in 100 fisiol in 30’ oppure Ketoprofene 100 mg/ev

La scelta fra ketoprofene e paracetamolo sarà basata sul paziente: il ketoprofene (come del resto tutti i FANS) è controindicato nei pazienti con patologia ulcerosa gastro-duodenale, nell’insufficienza renale grave, nei pazienti con disordini della coagulazione o che assumono terapia anticoagulante o antiaggregante piastrinica, nel sanguinamento cerebrale recente, nella gravidanza, nell’allattamento; il Paracetamolo invece è controindicato nei pazienti con grave insufficienza epatica.

Dolore moderato (Livello B)

1. Mezz’ora prima della fine intervento: Ketoprofene 100 mg + Tramadolo 100 mg in 15’ 2. Infusione continua con pompa elastomerica (es. 100 ml a 4 ml/h o 120 ml a 5 ml/h) con Ketoprofene 200 mg e Tramadolo 200 mg

Se il paziente presenta ulcera peptica e/o insufficienza renale, sostituire Ketoprofene con Paracetamolo 1g/6h ev

Dolore forte (Livello C)

1. Mezz’ora prima della fine intervento: Morfina 0,1-0,15 mg/Kg/ev 2. Elastomero con: 20 mg morfina/24 ore

Ketorolac 30 mg/8 ore/ev (max 90 mg/die; nei pazienti >65 anni max 60 mg/die) Rescue: Morfina 0,05-0,15 mg/Kg ev (max/6 h)

3. Infusione continua per blocco nervoso (femorale51, sciatico52, interscalenico53…): Ropivacaina 0,2% o levobupivacaina 0,125% a 4-8 ml/ora

È chiaro ormai che gli oppioidi maggiori sono ottimi analgesici, ma le dosi minime efficaci variano da individuo a individuo e per questo uno dei metodi migliori per la loro somministrazione è rappresentato dalla PCA (Patient Controlled Anlagesia), ovvero un sistema con cui è il paziente stesso a decidere quando somministrarsi l’analgesico senza dover aspettare l’infermiera. Non appena si risveglia da un’operazione infatti, il paziente viene collegato, mediante accesso venoso, a una pompa elastomerica con bolo che permette il rilascio di quantità preimpostate di farmaco in seguito alla pressione del bottone sul telecomando. Al fine di evitare intossicazioni acute, la pompa è programmata per lasciare al farmaco il tempo di esercitare il suo effetto, perciò anche l’intervallo di tempo minimo fra due autosomministrazioni è preimpostato dall’operatore (lockout interval). Essendo loro stessi controllori del grado di analgesia, l’ansia e l’agitazione del paziente si riducono e di conseguenza il consumo di analgesico tende di fatto a diminuire54.

L’utilizzo di oppioidi ad elevati dosaggi può essere associato a diversi effetti avversi

dose-dipendenti come nausea, vomito, sedazione e ileo paralitico che ritardano inevitabilmente il recupero post-operatorio. Dato che uno degli obiettivi principali nella terapia del dolore

post-operatorio è una rapida dimissione del paziente, si rende evidente la necessità di diminuire i dosaggi degli oppioidi; per poterlo fare mantenendo la stessa efficacia antalgica, si usa associare gli oppioidi ai FANS e agli anestetici locali che operano un determinato blocco nervoso a seconda della sede di operazione chirurgica.

Per quanto riguarda i farmaci adiuvanti, la ketamina si è rivelata utile nel ridurre l’intensità del dolore post-operatorio55, senza determinare grossi effetti avversi di tipo simpatico mimetico o neuropsichico56. In campo ortopedico la somministrazione intra-operatoria di una singola dose di ketamina57, 58 (0,15 mg/kg) si è dimostrata in grado di favorire la mobilizzazione passiva 24 ore dopo artroscopia di ginocchio per ricostruzione del legamento crociato anteriore, mentre la

somministrazione peri-operatoria di tale farmaco (bolo 0,5 mg/kg 2 minuti prima dell’incisione della cute seguita da infusione continua di 3 μg/kg/min fino al termine dell’anestesia, ridotta poi a 1,5 μg/kg/min per le successive 48 ore post-operatorie) in associazione a blocco del nervo femorale è stata in grado di ridurre il consumo giornaliero di morfina del 35% e di favorire una più rapida riabilitazione post-operatoria59, migliorando la flessione attiva del ginocchio durante la prima settimana post-operatoria e raggiungendo in tempi più brevi la flessione a 90°.

Appare dunque chiaro che per ottenere un trattamento ottimale del dolore acuto, sia importante applicare non soltanto una strategia multifarmacologica, ma anche multimodale, cioè con più tecniche associate. L’analgesia infatti può essere ottenuta mediante PCA di oppioidi, epidurale con anestetico locale associato o meno a oppioidi oppure mediante blocco nervoso periferico: l’utilizzo di blocchi nervosi come tecnica anestesiologica consente un più rapido recupero e miglior controllo del dolore nelle prime ore post-operatorie rispetto all’anestesia generale60, 61, ma malgrado si utilizzino anestetici locali a lunga durata d’azione, tali vantaggi si perdono dopo le 24 ore. Il posizionamento di un catetere che permetta di mantenere l’infusione continua di anestetico locale, eventualmente con associata modalità PCA, consente di ottimizzare e prolungare l’analgesia. In uno studio multicentrico condotto da Capdevila62 et al. su 1.422 pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica maggiore, è stato messo in evidenza come i blocchi nervosi periferici continui forniscano analgesia post-operatoria ottimale con bassa incidenza di effetti collaterali e complicanze.

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