CAPITOLO 7: Il pastificio Attilio Mastromauro – Granoro Srl
7.9 Gestione strategica dei clienti, prodotti e mercati di Granoro all’estero
Al giorno d’oggi Granoro vende il 50% della propria produzione sul mercato nazionale, il restante 50% sui mercati esteri. Come già ribadito, il pastificio secondo la sua filosofia va avanti con il dogma della qualità in tutti i mercati in cui opera, cercando di trasmettere questo
107 concetto all’interlocutore con cui va ad approcciare. Di conseguenza, nonostante è imprescindibile andare in contro al mercato accordando promozioni, non è parte della strategia della famiglia Mastromauro avviare guerre di prezzo, semplicemente perché produrre qualità ha un suo costo e l’azienda non può essere considerata una forza finanziaria come Barilla per esempio.
Bisogna considerare che mentre lavorare con la grande distribuzione sul mercato nazionale comporta diversi costi, questi sono assenti nel momento in cui si tratta con un importatore. La conseguenza di questa differenza è il fatto che Granoro applica sul mercato nazionale un prezzo di cessione più alto rispetto a quello applicato ai propri clienti (importatori) sui mercati esteri, proprio perché il prezzo applicato alla grande distribuzione italiana deve inglobare tutti i costi che l’azienda deve sostenere per avere a scaffale il proprio prodotto.
Poi mediamente all’estero, rispetto al prezzo di cessione, il prezzo finale di vendita si trova al triplo causa dei costi che l’importatore sostiene (dazi, trasporto), il suo margine e anche per via dei costi di distribuzione delle catene e il loro margini (il consumo di pasta nel mondo crescerebbe sicuramente ancora di più in assenza di tariffe e barriere doganali). Ovviamente il prezzo praticato all’estero dipende sicuramente dai margini applicati dall’importatore, possono essere più bassi per agevolare la rotazione, oppure più alti ma con meno vendite. In ogni caso il prezzo di cessione è identico per qualsiasi importatore in qualsiasi mercato del mondo e inoltre Granoro vende con la formula franco produttore, vale a dire che il cliente deve sostenere i costi di trasporto (voce determinante per la fissazione del prezzo) da Corato al mercato di destinazione. Dunque non fa parte della politica aziendale fare discriminazioni di prezzo, permettendo anzi a ogni cliente di acquistare lo stesso prodotto alle stesse condizioni.
Gli importatori vengono contattati direttamente dall’azienda nel momento in cui decide di fare ingresso in un mercato non ancora servito e che presenta alte potenzialità, nell’ambito di una strategia di espansione territoriale. Ma molto spesso accade che siano questi potenziali partner commerciali a contattare Granoro. In generale in questi casi viene chiesto loro in che area sono specializzati e se in quest’ultime l’azienda è già presente collaborando con altri partner, è preferibile che essi focalizzino le proprie ricerche su altri mercati perché l’intenzione dell’azienda è quella di proteggere il rapporto con chi per primo ha creduto in lei.
La politica aziendale prevede a tal proposito di instaurare un rapporto che non sia meramente commerciale con gli importatori, ma più personale, teso anche a favorire la conoscenza dello stesso prodotto che si vende loro. Questo perché in molti Paesi vi è il fascino della pasta ma non la cultura e la conoscenza, e può accadere che se il consumatore estero conosce solo
108 poche ricette alla fine si può anche stufare. Un esempio è la Cina, mercato in cui Granoro detiene un rapporto di quindici anni con il proprio importatore, e dove generalmente i modi conosciuti di cucinare la pasta erano pochi; allora una rappresentanza dell’azienda si è recata lì e presso le fiere hanno illustrato i diversi di modi in cui è possibile preparare un piatto di pasta ogni giorno diverso.
Inoltre è importante sottolineare come all’interno dei mercati si va sempre più sviluppando la marca privata, il private label, che è presente all’interno del portafoglio produttivo di Granoro. Il private label permette di far girare maggiormente le macchie e di ottimizzare i costi generali, tuttavia la ferma intenzione è quella di spingere il più possibile il brand di proprietà. Nonostante sia una produzione marginale, non bisogna pensare che sia qualitativamente inferiore, perché la materia prima usata è la stessa e la differenza sta solamente nel packaging del prodotto.
Trattando di prodotti e brand, Granoro dispone su pasta convenzionale di altri tre brand di proprietà: ‹‹Donna chiara››, ‹‹Aida›› e ‹‹Opera prima››. Questi vengono proposti quando un mercato è già servito con il brand principale, ma all’interno dello stesso si acquisiscono nuovo clienti, oppure per essere presenti in mercati orientati a fasce di prezzo più basse; e dunque sono funzionali a non perdere opportunità commerciali. Se in un mercato servito giunge la richiesta di un importatore non conosciuto sicuramente non si potrà trattare il brand Granoro, se invece è un importatore nuovo, ma conosciuto e importante, si può avviare una negoziazione. Ciò sempre per salvaguardare un rapporto preesistente con un vecchio importatore, ma anche la stessa immagine del brand più importante.
Il discorso della qualità all’estero dei prodotti Granoro è testimoniato dalle già citate certificazioni, in particolar modo la certificazione Kosher, l’HALAL, oltre che il BRC e FSI (per il mercato inglese e i mercati tedeschi e francesi). L’avere a disposizione delle certificazioni che attestano che i prodotti Granoro possono essere consumati dalle popolazioni ebraiche e musulmane, nonostante il prodotto pasta non abbia ingredienti contrari alle regole alimentari delle due religioni, dimostra una particolare attenzione alle differenze socio- culturali dei diversi segmenti di mercato serviti e alle esigenze dei propri consumatori nel mondo. E queste certificazioni non appaiono sulla confezione, proprio, per non urtare la sensibilità di alcun tipo di consumatore. È una scelta commerciale, afferma Marina Mastromauro, che dimostra apertura mentale verso questi mercati e come Granoro sia un’azienda che già di suo accoglie e si adegua a quelle che sono le esigenze culturali di altri Paesi, garantendo una tolleranza quanto mai opportuna in questo preciso momento storico.
109 In più, i prodotti venduti sui mercati internazionali sono esattamente gli stessi si quelli venduti sul mercato interno, il packaging è esattamente identico così come la produzione è standardizzata, non ci sono differenze. È importante sottolinearlo poiché alcuni pastifici che attuano politiche differenti per i vari mercati, cioè proponendo un prodotto qualitativamente più scarso e riducendo il prezzo per essere più competitivi all’estero.
Inoltre Granoro, per legge, apporta sul pacco la dicitura ‹‹Made in Italy››, ma poi spesso sta al consumatore e alla sua cultura premiare o meno il prodotto, orientandosi su prodotti locali meno costosi o su quelli di pastifici turchi per esempio, che utilizzano i colori della bandiera italiana o nomi italiani per spingere le vendite.
Sicuramente il mercato asiatico è un fondamentale punto di riferimento per Granoro (Figura 15), alcuni esempi sono il Kazakistan (dove 8 pacchi su 10 di pasta italiana importata sono Granoro), la Corea, la Cina (che tuttavia in relazione alla popolazione cinese rappresenta dei volumi ancora abbastanza contenuti), la Malesia, la Tailandia, il Giappone (che però a causa della fase recessiva che sta vivendo ha ridotto i consumi orientandosi sulla pasta turca). Sono altrettanto mercati rilevanti, gli Stati Uniti, l’Australia, i Paesi del Medio Oriente, il Brasile e il Sud Africa (dove 5 pacchi su 10 di pasta italiana importata sono Granoro). Mentre in Europa i consumi di pasta sono trainati da Germania, Francia, Inghilterra principalmente, grazie alla presenza di italiani residenti e alle loro relative seconde-terze generazioni per lo più. 18% 26% 28% 16% 8% 4% Africa America Asia Eu Extra Eu Oceania
110 All’estero indubbiamente i formati tradizionali hanno il loro fascino, vedi penne rigate e spaghetti in primis, ma è anche vero che i consumatori stranieri dimostrano una certa curiosità, spingendo le vendite di formati che non fanno parte della tradizione culinaria italiana. Sono molto venduti: fusilli tricolore, rotelle, nuvole, ma anche la ‹‹Linea Spaghetti Due Minuti››.
Per comprendere il peso che ha l’export basti pensare che la marginalità del totale fatturato di Granoro proviene dalle vendite effettuate all’estero, i mercati internazionali sono, dunque, sicuramente più remunerativi di quello domestico. Circa vent’anni fa l’export sul fatturato non pesava più del 12%, oggi quasi il 60%, e la quota è destinata a crescere (cercando contemporaneamente l’aumento della produzione totale). Su un fatturato che è circa di 68 milioni di euro, 39 derivano dall’export.
Infine un’ultima considerazione è relativa al ruolo delle strategie di comunicazione, che stanno diventando grande oggetto di interesse da parte degli attori del settore pastario. Sebbene i media tradizionali (Granoro per anni si è fatta pubblicità su l’allora Rai International, su riviste specializzate di settore) e la presenza alle fiere internazionali attirano l’interesse degli investitori, sono i nuovi canali come Facebook, Twitter, Instagram ad attirare ancor più considerevoli risorse. La comunicazione è cambiata e i prodotti Granoro avranno una sempre più crescente presenza sui social network e internet in genere. Questi ultimi vengono utilizzati come strumento di marketing (da un punto di vista commerciale non vi è una vera e propria correlazione) per porre all’attenzione del mondo quello che Granoro fa, attraverso foto, pubblicazione di eventi ecc.
Concludendo l’idea della famiglia Mastromauro è quella di continuare a crescere in un contesto internazionale, dove la competizione si sta facendo feroce a proposito dei prodotti che richiamano l’italianità. Questo obiettivo deve essere perseguito consolidando e sviluppando la quota che si ha con il singolo referente partner di Granoro, considerando che i clienti più importanti sono quelli storici, con i quali l’azienda ha instaurato un rapporto di fidelizzazione massimo, che va oltre l’aspetto puramente commerciale, ma che diventa personale. Ma anche cercando di approcciare nuove figure, scommettendo sulla qualità e l’alto valore aggiunto dell’offerta, sulle sue qualità salutistiche e con un ampio portafoglio prodotti. Senza poi dimenticare la volontà di affermarsi come brand nazionale, portando la copertura sull’intero territorio.
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Conclusioni
A conclusione di questo lavoro è possibile affermare come la crescita internazionale non sia l’unica via da seguire per tutte le aziende di tutti i settori, ma rappresenta un’importante opportunità per tutte quelle aziende che portano avanti un discorso di crescita, ma anche per sfruttare la possibilità di ricercare economie di diverso tipo, o semplicemente ampliare il proprio mercato di sbocco. Allo stesso tempo l’internazionalizzazione si pone come salvagente per quelle imprese che si trovano schiacciate dalle pressioni dei propri competitor all’interno del mercato domestico o minacciate dall’ingresso di nuovi, o che a causa della saturazione di quest’ultimo vivono una situazione di declino.
La decisione di varcare i confini nazionali deve essere accuratamente studiata, valutando tutte le possibili opportunità e le minacce, come tutti i pro e i contro, valutando le reali possibilità dell’impresa di accedere a un mercato estero sia dal punto di vista puramente commerciale (la possibilità di penetrare effettivamente il mercato), sia da quello finanziario. Il processo di internazionalizzazione infatti non deve essere assimilato a un tentativo, a tal proposito Claudio Dematté afferma ‹‹l’espansione internazionale non può più essere un atto di gestione straordinario da perseguire all’occasione, intervallando fasi di consolidamento: ha da divenire una costante, anche perché la crescente tensione competitiva costringe le imprese a focalizzarsi su ciò che sanno meglio fare, abbandonando spazi di mercato dove irrimediabilmente sono meno competitive, e a compensarli con la conquista di nuovi spazi sui mercati esteri››.
Si è avuto modi di vedere anche come non esista un’unica teoria dell’internazionalizzazione, ma un insieme di teorie e modelli, che suggeriscono un approccio incrementale basato su un continuo apprendimento derivante dalla diretta esperienza sul campo, proprio perché tutte le decisioni riguardanti l’internazionalizzazione delle attività di un’impresa vengono prese in un contesto di razionalità limitata, non avendo una conoscenza sufficiente del mercato estero. Questo processo risulta essere delicato da gestire, in quanto non è da assimilare soltanto a un’estensione quantitativa delle attività, ma comporta un cambiamento in senso qualitativo dei processi economici. Questi infatti non attraversano solamente una frontiera territoriale ma soprattutto una frontiera sociale e culturale. Ed è a tal proposito che assume importanza cruciale l’elaborazione strategica che porta alla scelta dei mercati in cui vendere i prodotti, dei mercati geografici di approvvigionamento, dei luoghi dove dislocare la produzione, dei mercati di approvvigionamento, dei Paesi dove posizionare le ricerca e sviluppo, delle piazze
112 finanziare dove attingere il capitale di rischio e di credito. Dunque è stato possibile fare riferimento alle strategie di internazionalizzazione della produzione, delle attività di ricerca e sviluppo e in particolare dei mercati di sbocco. In quest’ultimo caso in base al grado di impegno che l’impresa intende profondere, alle disponibilità finanziarie o semplicemente in base al business è possibile optare per modalità di presenza basate sulle esportazioni, su accordi contrattuali o su un investimento diretto. Nel sesto capitolo si è avuto modo di vedere come le dinamiche relative ai processi di acquisto di prodotti importati siano influenzate, dal punto di vista del consumatore estero, dalla percezione che questi ha del Paese di origine del prodotto, il peso che quest’ultimo ha nell’indirizzare le scelte di acquisto e dal grado di coerenza delle qualità assegnate al Paese di origine e gli attributi rilevanti del prodotto. Il Made in Italy rientra a pieno titolo tra i brand Paese, la cui forza è tale da spingere al successo le imprese italiane che operano su scala internazionale. L’origine soprattutto nel caso italiano, è da sempre considerata una fonte di valore da sfruttare, salvaguardare e incrementare. Il Made in Italy è percepito come un contenitore di competenze produttive, storia, cultura e tradizioni e non come luogo di fabbricazione, uno strumento di sintesi in grado di conciliare componenti estetiche e qualitative con contenuti tecnologici andando oltre la semplice indicazione di Paese di origine. Inoltre l’Italia è definibile il Paese delle piccole imprese, e lo è non per una precisa scelta di politica industriale, ma è il frutto della sua storia, che ha saputo premiare la creatività, l’ostinazione e l’impegno di tanti piccoli imprenditori che hanno saputo farsi largo nel mercato nazionale e internazionale a partire dalla flessibilità e originalità della propria offerta. In conclusione l’ultimo capitolo ha riguardato il pastificio Attilio Mastromauro – Granoro srl, azienda che in soli cinquantenni di storia ha saputo costruire un brand in grado di scalare posizioni sul mercato nazionale, e di essere riconoscibile in tutto mondo. Sin dalla sua fondazione il suo sviluppo è stato costantemente caratterizzato dalla continua ricerca della qualità nel prodotto finito e nella soddisfazione del consumatore. La famiglia Mastromauro ha costruito la sua strategia di penetrazione dei mercati esteri attorno al dogma della qualità, nella convinzione di permettere a qualunque cittadino del mondo di avere sulla propria tavola un piatto di qualità ma al giusto prezzo. Granoro ha esteso nel tempo il proprio portafoglio prodotto andando incontro alle esigenze dei vari consumatori nel mondo, fornendo un prodotto estremamente differenziato in grado di essere apprezzato anche da culture estremamente diverse tra loro. Prova ne sono le certificazioni di cui gode l’azienda. Successivamente sono state analizzate le modalità con cui Granoro opera nei 181 Paesi in cui è presente: esportando il proprio prodotto attraverso la formula franco produttore e avendo come clienti principalmente importatori o agenti di vendita. Concludendo, come già
113 affermato, Granoro è un’azienda molto giovane che sta vedendo crescere la propria importanza sul mercato interno rubando quote di mercato ai propri competitor e aspirando quindi ad essere presenti sul tutto il territorio nazionale, perché la volontà è sicuramente di volersi affermare sempre più come brand nazionale. All’estero intende consolidare e se possibile, accrescere la propria presenza, entrando in nuovi mercati o sviluppando rapporti commerciali con nuovi clienti in mercati già serviti. L’idea dell’azienda è inoltre quella di continuare a fare informazione circa i propri prodotti, promuoverli, favorire la conoscenza, per rendere anche più semplice il riconoscimento della qualità, spingendo allora i consumi, perché Granoro vuole portate avanti la propria crescita, non avendo intenzione di fermarsi.
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Ringraziamenti
Al termine della presente tesi è doveroso ringraziare tutti coloro che hanno permesso la stesura di questo elaborato, nonché chi mi aiutato nel compiere il mio percorso di studi, supportandomi, incoraggiandomi e standomi vicino nei momenti di maggiore difficoltà. Un pensiero va alla mia famiglia e ai miei amici, quelli storici di Taranto, quelli conosciuti nella mia esperienza a Pisa e a tutti gli amici incontrati nelle mie varie tappe in Italia e in Europa, i quali hanno sempre rappresentato un punto di riferimento e mi hanno permesso di orientare al meglio il mio cammino. Ringrazio anche Alessandra, che ha sempre creduto in me e nella possibilità di scrivere questo elaborato anche quando la realtà dei fatti non faceva presagire il meglio.
In particolar modo un sentito grazie va al pastificio Attilio Mastromauro – Granoro srl, specialmente al Dott. Michele Dell’Aquila, che con grande disponibilità e gentilezza ha concesso il suo tempo rilasciando informazioni fondamentali per la stesura del lavoro.
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