—
No,risposeilvecchio,quello èunode’mieiprimi scarabocchi!
—
Capperi! IostodunquedavantialDio del-lapittura!disse Poussin coningenuità.DigitizedbyGoogle
—
136—
Il vecchio sorrise come un
uomo
avvezzoda lungoasiffattielogi.—
Maestro Frenhofcr!dissePorbus, nonmi
potreste far venire un po’ delvostrobuonvino del Reno?
— Due
pipe, risposeilvecchio:1*una, per rendertiinqualchemodoilpiacere cheho avuto stamattina avedere latua bella peccatrice, e l’al-tra,come unpresentediamicizia.—
Ah! Seiononfossi sempre così malatic-cio, riprese Porbus, e se voi voleste farmi vede-relavostra bellaNoiseuse, potrei fare qualche pitturaalta, larga,profonda, ovelefigure sareb-berodigrandezzanaturale.— F
arti vederelamia opera1 gridòilvecchio tuttocommosso.No
,no, debbo ancora finirla.Ieri,versoil tramonto,credettiaver terminato.
I suoiocchimipareano umidi, la sua carneera agitata; le trecce de'suoi capelli si moveano.
Ella respirava! Benché abbiaveramentetrovato
ilmezzo di scolpir sullatelairilievie le riton-dezzcdella natura; pur questa mattina, sul far del giorno, riconobbiche mi era ancora ingan-nato. Ah! per raggiungere questa gloriosa
me-ta, hostudiato a fondoigrandi maestridel colo-rito, ho decompostie analizzali, strato,per istra-to, iquadridiTiziano,cotesto re della luce; ho, comequestopittoresovrano,abbozzatalamia
fi-gura surun fondochiaro,con unapasta
flessibi-—
137—
leecopiosa,poiché, sappilo,ragazzo mio, l’om-branonèche unacpessorio. Poi ho ripresa la
miaopera, emediantedelle mezzetinte e delle velature, dicoi scemava sempre più a gradoa gradolatrasparenza, hopotuto figurar col pen-nellolepiù fortiombree1*oscuropiùfitto. Giac-ché, leombrede’ pittoriordinarisond’altra na-tura dalle tinte illuminate de’loro quadri:sonodi legno, dirame, dituttoquelche vi piace', fuor-ché di carni ombreggiate. Si sente che, se la loro figuracangiasse atteggiamento,iluoghi
om-breggiati non si sgombrerebberoper questo, o non diverrebberoluminosi.
Ho
causato questo difetto,incui molti de’piùinsignison caduti, e nel mio quadrolabianchezzas’intuiscetraverso all opacità dell’ombra più compatta. Avvi una quantitàd’ignorantichesicredono disegnar cor-rettamente perchè vi fannoun tratto accurata-mente spuntato;ma
ionon ho seccamente dise-gnatigli orli esterni dellamiafigura, nèfatto ri-saltarefin1’ultimoparticolare anatomico; poichéilcorpo
umano
non èterminato dalinee.In que-stogliscultoripossono megliodinoiappressarsi alla verità. Lanaturaesigeunasequenza difor-me
rotonde che s’avvolgono leurienellealtre.A
parlar conrigore, ildisegnononesiste!
Non
ri-dete, giovanetto! Per quanto vi paia singolare questaparola,ungiorno ne comprenderetela ra-gione.La
lineanonècheilmezzo, concuiTuo-DigitizedbyGoogle
—
138—
nio sirende conto dell’effetto della lucesugli oggetti;
ma
non ci sonolinee nellanatura ,ove tutto èpieno: modellandosistaccanolecose dal mezzo in cuisono: la distribuzione sola della luce dà ai corpi 1*apparenza.E
però, io non ho giàfissatoa un limite preciso ilineamenti:hobensì sparsosui contornicome una nebbiadi mezze tinte, biondee calde, la qualefa sìche non sipotrebbe mettere conesattezzaildito sul luogo oveicontornisi toccanocolfondodella te-la. Visto da vicino,questolavorosembra spugno-so, eparche manchi di precisione:
ma
,a due passidi li,ogni partevi sirassoda,si fissaesi stacca;ilcorpopare che sipossamovereingiro, leforme divengono prominenti,sivede chel’aria vicircola intorno. Eppure, non sono ancor pa-go; hotuttavia deidubbi. Forse nonsi dovreb-be disegnare alcuntratto,e sarebbemeglio par-tiresubito dalmezzodellafigura,disegnandone primaleparti rilevantipiùrischiarate,per venir-ne gradatamenteallepartipiùoscure.Non
è for-se così che adoperail sole, cotesto divin pittore dell’universo?0
natura!0
naturai Chiti ha maisorpresa? ovetiascondi?Guardate; la trop-pascienza, simileall’ignoranza, terminacol ri-conoscersi impotente.Quiilvecchiofeceuna pausa, c poi riprese-.
Eccodiecianni,mio carogiovane, eh*io la-voro,
ma
che sono mai dieci anni, quando si
- 139 —
tratta dilottarconla natura?Noinonsappiamo micaquanto tempo ci miseilsignor Pigmalione a farlasola statua che abbiacamminato!
Il vecchio caddeinunaprofondameditazione, e stette assorto,congliocchifissi,movendo mac-chinalmente conla
mano
il suocoltello.—
Eccoloin colloquio col suospirito, disse Porbusavocebassa.A
questa parola, Poussin subì1*impressione d’unainesplicabile curiositàdi artista.Quel vec-chio,congli occhi bianchi, intento e stupido, di-venuto perluipiù cheunuomo
, gliapparveco-me
un geniofantasticocheviveinunasfera igno-ta. Gli svegliava mille ideeconfuse nell’animo.11fenomeno moraledi questa sorta di fascino, non può maggiormente definirsi di quelche si possa spiegarelacommozioneeccitatadauna can-zone chericorda lapatriaal cuoredell’esule.
Lo
sprezzochequel vecchioaffettava versoipiù no-bilitentativi dell’arte,la sua ricchezza, i suoi modi, ladeferenzadi Porbusper lui,quel lavo-rotenutopertanto tempo segreto,lavorodi pa-zienza, lavorodigenio, senza dubbio,chetale ilfaceapresumerela testa dellaVergine cheil gio-vine Poussin avevasì schiettamenteammirata, e chebella.tuttavia,anche,vicinoall’Adamodi
Ma-buse,attestavailfarmaestevolede’sovrani del-l’arte;tuttoinsommainquel vecchiooltrepassavaiconfini dellanaturaumana. •
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—
UC-Cio chelariccaimaginazionedi Nicola Pous-sinpotècomprenderedichiaro e di distinto, al vedere quest’esseresovrannaturale, erauna com-pleta imagine della natura artistica,di cotesta folle naturaacui tantopotere è affidato, edi cui troppo spesso abusa,,facendosiseguire dal-lafreddaragione, da’borghesi, eanche dacerti dilettanti, traversoamilleviesassose,dove per costoronon c’è nulla da imparare, e dove in-vece, folleggiando conla sua aligera fantasia
,
ella discopre delleepopee,de’ castelli,delle ope-reartistiched’ognimaniera. Natura mottegge-vole, eppur'buona; fecondae povera insieme!
Così, per Tentusiasta Poussin, quel vecchio . era divenuto
, per una subita trasiigurazione
,
1*artestessa inpersona, l’arteconi suoi
segre-ti, lasuafoga,lesue fantasticherie.
—
Sì,mio caroPorbus, ripreseFrenhofer, nonmifu dato finoadora ditrovare una donna,icuicontornisienod’unabeltà perfetta, eilcui incarnato...
Ma
dovevive, continuò interrom-pendosi, questa Veneredegli antichi,non.mai trovata, eppursìspessocercala, onde appenaè chenoi scopriamoquae làalcuni sparsilembi?Oh
! pervedereun momento, unasolavolta , la naturadivina,compiuta,insomma l’ideale,io da-rei tuttalamiafortuna,ma
andreia rintracciar-ti, ne’ tuoilimbi,,o celeste bellezza!A
somigliàn-zàdi Orfeo, ioscendereinell’infernodell’arte, pertrarneall’aure apertelavita.—
141—
*—
Noipossiamo andarcenediqui, disse Por-bus aPoussin ; eglinonci sentepiù,nonci ve-de più!—
Andiamoalsuo laboratorio, risposeil gio-vanestupefatto.— Oh
! N' èproibitol’ingresso: isuoi teso-ri sono troppo bencustoditi perpotervi arrivare.Non
homicaaspettatoclicme
lo diceste voiper tentardiscoprirequesto mistero.—
Avvidunque unmistero?—
Sì,rispose Porbus. Ilvecchio Frenhofer è il solo allievo che Mabuseabbia voluto fare.Divenuto suo amico, suosalvatore, suo padre
,
Frenhofer ha sacrificato la più gran parte dei suoi tesori persoddislhrclepassionidi Mabuse:
in contraccambio, Mabusegli ha insegnatoil se-gretodel rilievo, ilpotere didareallefigure co-lestavitastraordinaria,questo fiore di natura
,
questanostra eternadisperazione,
ma
dicui egli possedeacosìbene ilfare,clic, nngiorno, aven-dovenduto e consumato in tanto vinoil prezzo d’unabitodidamascoa fiori,concuidoveva ab-bigliarsiperTentraladiCarlo Quinto, egli ac-compagnòilsuomaestro con unavestedicarta, pinta a foggiadidamasco. Orail risaltosingola-, re delnuovoabitodi Mabuse sorprese talmente rimperatore, che questi se ne congratulò col protettore delvecchioMabuse,evenneintal mo-doa scoprirl’artifizio. Frenhoferèunuomo
ap-\
eapoi,, sconosc. io
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—
142—
passionato perlanostr’ arte,chesialzapiùalto e \cde più lontano degli altri pittori: Egliha profondamente meditato sui colori;sulla verità assoluta della linea;ma,aforzadicercare,ha fi-nito col dubitaredell’obbietto dellesue ricerche.
SSe’ suoimomentididisperazione,eglipretende cheildisegno nonesistee che con lelinee non
sipossonolarechedellefigure geometriche; il
chedisorbita dalla verità,poichécon lalinea eil
nero, che non èuncolore, sipuòfare nondime-no unafigura. E.questo, prova chelanostr’ ar-teò, comelastessanatura, compostad’ un’infi-nitàdiclementi. 11merodisegno,non dà cheuno scheletro, e lavitarrisiede nel colore;
ma
lavita senza loscheletroè unacosa eziandio più incom-piuta cheloscheletrosenzalavita.C’è altrofi-nalmentedipiùvero chetutto questo, ed è che lapraticael’osservazione rilevano sopra tutto, in unpittore, echeseilragionamentoela poe-sia attaccano briga coi pennelli, sicadenel dub-bio,com’èavvenutoalnostro buon vecchio il
quale nonè
meno
pazzodi quelche siapittore.Pittore sublime, ha avutolasventuradi nascere ricco, ilcheglihaconsentito di svagarsi asua posta:toglietevi dal volerlo imitare] Lavorate!
i pittorinon hannoameditare che col pennello allamano.
—
Noi vi penetreremo! gridò Poussin che nonascoltavapiù Poi buse non dubitava più di nulla.—
143—
Porbussorriseall*entusiasmodel giovane igno-to, e, invitatoloacasasuaquandoglipiacessedi andarci, lolasciò.
Nicola Poussins’incamminòapassilenti lun-golavia di La Harpe, o oltrepassò senz’accor- .
gersene lamodestaosteriaov’era alloggiato. Sa-lendo con unafrettainquietalasua scala meschi-na, giunseaduna camera,alta, situata sottouna tettoia, in formadipalancato,semplicee leggie-ro coperchiodellecase del vecchioParigi. Vici-noall’unicaeoscurafinestra diquesta stanza ,
videunagiovanotta, laquale, alrumore che fe-ce1’uscio, s’alzòaduntrattoper impulso d’amo-re :eli’avea riconosciuto ilpittorealla maniera
concui egliaveaalzatoilsaliscendi.
—
Checosahai? glidisse questa.— Ho
, hoigridò egli soffocando dal piacere,
che mi son sentito pittore! Aveva dubitatodi
me
finoadora;ma
questa mattina ho avuto fe-deinme
stesso! loposso essere un grand’uo-mo
! Sta quieta,Gileltamia, noi saremo ricchi e felici! V*èdell’oroin questi pennelli.Ma
tacquesubito.La
sua fisonomia, grave e forte,perdè tostò la sua espressione di gioia,
quandoparagonòl’immensitàdellesue speranze conlapochezzade’suoimezzimateriali. I muri dellasuastanzanon aveanoaltro fregioche alcu-ne semplicicartecoperte dischizzi alla matita.
Non
possedea quattro tele di suo. i colorico-DigitizedbyGoogle
—
144—
stavan molto,in quel tempo,e ilpovero
gentil-uomo
era benlungi dalpoterne avere quanti ne avrebbe voluti sulla suatavolozza. In mezzoa tanta povertà, egli possedevae si sentiva una grande ricchezzadicuore, e la sovrabbondanza d’un genio ardentissimo. Condotto a Parigi da un gentiluomo amico suo,o forse dal mero im-pulsodel suoingegno, vi siera subitoabbattuto in unagiovanotta,unadiquelle nobili e genero-seanime chevannoasoffrire vicino a un gran-d’uomo, partecipano allegramente allasua mi-seria, esisforzanodicomprendernee secondar-neicapricci;potentepersoffrireeper amare,comealtredonne sono intrepideper reggere al peso dellepompec farparala della loro insensi-bilità. 11 sorriso delle Jahbra di Gilelta era la lucecheirradiavaquelmeschino recinto, e vin-cevagli stessisplendori delcielo. Imperocchéil sole non apparivasempresull’orizzonte;
ma
ella stavasemprelì,raccolta nella sua passione, at-taccataallasuafelicità,a’suoi patimenti, e con-solandoilgenio che siversavanell’amore,prima
dipor
mano
ailavoridell’arte.—
Senti, Gilelta, vieni qui.L’ ubbidienteegiocondafanciulla saltò sui gi-nocchidel pittore. Eli’eratuttagrazia, tutta bel-lezza,leggiadra comelaprimavera, ornatadi tut-ti ipregifemmineicuidavamaggiorrisaltoil fuo-codi unabell’anima.
— 145 —
—
Oli! Dio! gridòegli,iononmiardiròmai adirle...— Un
secreto?diss’ ellasubito,voglio saperlo.Il Poussinstette sopra pensiero.
—
Su,via parla.—
Giletta! Fanciulla troppo diletta al mio cuoreI— Oh
! tu vuoi qualcosadame
?—
Si.— Se
tu brami ch’io stiaa modello nuova-mentedavanti a te, come 1*altro giorno, ripigliò conun’ ariasdegnosetta, tidicoche nonlo farò più,perchò inque’momenti, ituoi occhinonmi dicono più nulla.Tu
non pensi più ame
, epur mistaiguardando.—
Amerestidunquevedermicopiare un’ altra donna?—
Forsesi , ellarispose,purché fossemolto brutta.—
BeneIriprese in tuono serio Poussin, e seperla miagloria futura, seper farmi un gran pittore, bisognasse che tu t’inducessi per una voltaaservirdimodelloadunaltro?— Tu
vuoi mettermialla prova,elladisse: tu sai pure che nonciandrei.Il Poussin inchinòilcaposul petto,come
uo-mo
che non regge a una gioia,oad un dolore troppo grave perla sua anima.—
Ascolta, ella disse, tirando Poussin perDigitizedbyGoogle
—
146—
lamanicadelsuo soprabitologoro; io t’ho det-to, Nick, chedareilamiavitaperte,
ma
nontiho detto di rinunziar mai in vita miaal mio amore.
—
Rinunziarvi? esclamò Poussin.—
Se mifacessi vedere in quel modoad un altro, tunonmiameresti più. lo stessa mi ve-drei indegna di te. Ubbidire a’tuoi capricci,
non è cosa naturale, semplicissima? Malgrado mio,,iomireputofortunata, esonofinsuperbadi farela tua volontà.
Ma
per unaltro!Oh
Dio!...—
Scusami, Gilettamia,disseilpittore, get-tandosi aisuoi ginocchi.Vogliopiuttosto essere amatoche glorioso. Perme, tuseipiù bella del-lericchezzee degli onori. Getta pure via imiei pennelli, abbrucia queglischizzi. Misono ingan-nato.La
mia vocazioneè quelladi amarti. Pera1’artecon tuttiisuoi segreti!
Ebbradigioia incantevoleaquesteparole, es-sa loammirava. Eraella laregina;ellasentiva, pervirtù d’istinto, che le artieranoobbliate per leie gettatea’suoi piedi quasi un granod’ in-censo.
—
Coluiperònonè cheun vecchio, ripigliò Poussin. Egli non potrà contemplare in te che ladonna. Seitanto perfetta!— È
purforza eh'iotiami! sciamòella, già prestaa metterda parteisuoi scrupolid’amore, percompensar1*amantedi tuttii sacrifizichesi— U7 —
mostrava disposto a far per lei. Ali! perdermi perte! Sì, glièpurbello!
Ma
tumi dimenti-cherai. Dio!Che
brutto pensierotiè mai venu-toinmente!—
Miè venuto,eppurtiamo
,egli disse,co-me
accusandosi e pentendosi di una colpa;ma
iosono dunqueun infame!
—
Consultiamoilpadre Hardhouin,elladisse.— Oh!
no! Questa cosa dee star secreta tra noidue.—
Bene, dunque ci andrò:ma
tu devi es-serci , ella disse.Tu
sarai all’uscio, armato della tuadaga;se grido,entrae uccidiilpittore.Il Poussin, che inquestomomento non pen-sava piùadaltro cheall’arte, strinse Gilettatra . lesue braccia.
—
Eglinonmiama
più! pensòGiletta quan-dofu sola.E
sipentiva già dellasuarisoluzione.Se
non che, ben tosto fu inpreda ad unsensodi terro-reben più dolorosodelpentimento: levenneun orribilpensieroche fecedituttoperdiscacciare.Ellasicredead’amar
meno
ilpittore, sospettan-dolomen
degnodiprimadellasua estimazione.9
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Caterina LcscauXt
Tremesi dopoquestifalli, Porbus andòa fa-re una visita al maestro Frenhofer. 11 vecchio era inbalìad’uno diqueglisconforti profondi e spontanei, lacausade’quali, seconvienestarea quelche ne dicono imatematicidellamedicina,
consisteinunadigestionemal latta, nei vento,
nel calore, oinqualchedisturbo gastrico; e, se-condoglispiritualisti,nell’imperfezionedella no-stranatura morale. 11 lattoò cheilbuon vecchio sierasemplicementespossato a voler terminare e dare 1’ultima
mano
al suo misterioso quadro.Slava languidamente sedutoinunagrande scran-na diquercia, intagliata, guerniladicuoionero;
e senza smettereilsuo malinconico atteggiamen-to,lanciò su Porbuslo sguardodi chi soffre e par che dica: «ogni vostra parola tornerebbe vana per consolarmiinquestomomento, »
— E
così! maestro, glidissePorbus,1’az«—
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zurro marino che siete andatoa cercare a Bru-ges nonvihadunqueservito?
0
non siete riu-scitoamacinareil vostronuovo bianco,oil vo-str’ olio, oi pennellisono restii?— Ahi
sciamòilvecchio, ho credutoun mo-mentochela mia operafossefinita;ma
, certo,bisogna che misia ingannato su qualchepunto ,
e non sarò tranquillo che dopo avere chiariti i
miei dubbi.
Ho
decisodiviaggiare,e voglio an-darein Turchia,in Grecia,nell’Asia, per rin-tracciarvi un modello, e riscontrare il mio qua-dro coni diversitipi.Certevolte, hoquasi pau-ra che unsoffionon mirisvegliquesta donna,eme
lafaccia sparire.Poi,tutt’aun trattosialzò, comòper andar-sene.
— Oh
! ohI risposePorbus,son proprio ve-nutoa tempopercansarvila spesae lenoie del viaggio.— Come?
domandòattonito Frenhofer.—
11giovane Poussinèamato da una donna ,lacuiincomparabilebellezza òassolutamente
scn-z’alcundifetto.
Ma
, mio caro maestro, s’egli consente a lasciarla venir qui, bisognerà pure chevoi ci lasciatevedereilvostroquadro.11vecchiostetteimmobile,inpiedi, inuno sta-todicompiutastupidità.
— Come
! sciamòfinalmentecondolore, mo-strarla-mia creatura, la mia sposa?SquarciareDigitizedbyGoogle
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ilvelo,sotto il quale ho castamente coperta la mia felicità? Sarebbe un' orribile prostituzione cotesta. Sondieciannichevivocon questa don-na; ellaappartieneame,a