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EUGENIA GRANDET ONORATO BALZJ1C ROMANZO STAMPERIA DEL FIBRENO. Trinità maggiore 25. Digitized by Cloogle

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EUGENIA GRANDET

ROMANZO

DI

ONORATO BALZJ1C

STAMPERIA DEL FIBRENO

Trinitàmaggiore 25

1859

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La traduzione del presenteromanzoessendodiprò»

prietk degli editori,essilamettonosottolapro- tezionedelle leggi.

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EUGENIA GRANDET

11giornodopo , la famiglia riunita versole ottoper la colazione, presentò il quadro della prima scenad’una vera intimità. Lasventuraa- vca prontamentelegali tralorola signoraGran- det, Eugeniae Carlo;lastessaNanonsimpatiz- zava conessisenzasaperlo. Tutl’ e quattro co- minciaronoafare unastessa famiglia. Quantoal vecchio vignaiuolo,la sua avarizia satisfatta, e lacertezzadiveder ben presto partire il zerbi- notto, senz’avergli apagaraltrocheilsuoviag- gio a Nantes, lo reseropressoché indifferente alsuo soggiorno nella casa. Lasciò idue ragaz- zi, checosì chiamavaegliCarloedEugenia, go- vernarsitraloroin tuttalibertà sotto1*occhio del- lasignoraGrandet, nellaquale poneala piùin- tiera fiducia

, pertutto ciòche riguardalamora-

lepubblica e,religiosa. Il livellamento de*prati ede’fossirasenti lastrada, lesuepiantagionidi pioppi nella Loira , i lavori d’inverno ne’ suoi

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— 4 —,

chiusi eaFroidforni,furono 1’oggetto esclusi- vodellesueoccupazioni. Quindi incominciò per EugenialaprimaveradcH’amore. Findallascena notturna incuilacugina avea datoal cuginoil

suopiccol tesoro, essagli avea pur datoil suo cuore. Complici entrambidellostesso secreto,si guardavano con 1*espressione d’una reciproca intelligenza, chemettendoli

,perdircosì, fnor della via ordinaria, rendeapiù profondi, piùin- timi e piùcomuni iloro sentimenti.

La

parente- lanonautorizzava forseunacerta dolcezza nelle parole, dellatenerezzanegli sguardi? Eugenia

si valsediquestefacoltàper sopire i patimenti di suo cugino nelle gioie infantili d’un amore nascente. Cisonoinfattigraziosissimesomiglian- zetra iprincipidell’amoreeiprimordidella vi- ta.

Non

siculla forseun bambino,traidolcicanti e gliamorevoli sguardi?

Non

glisicontanofor- selestoriemaravigliose che indorano 1’avveni- re allasua verginefantasia? Perlui, lasperan- za non spiega forse dicontinuolesueali radio- se?

Non

piangeegli, avicenda,ordigioia, or didolore?

Non

si lamenta forse per delle cose da nulla, perde' sassoliniconcui siprovaafab- bricar dei palazzi mobili;perde’ mazzettidi fio- ri, adessocòlti e unistante dopo dimenticati ?

Non

èegli avido dicoglier tempo, e inoltrarsi ratto nella vita ? L’amore è la nostra seconda trasformazione. Fra Carlo ed Eugenia essa fu

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lastessacosadell’infanzia:fulaprima passione contuttelesue fanciullaggini, tantopiù soaviai loro cuori,quantopiùmistedimalinconia. D’al- traparte,contrastandoalsuosvolgersicoi bru-

nivelidel lutto, quest’amore non facea cheri- scontrarsi vie meglio con la semplicità provin- ciale di quella casa in isfacelo. Scambiandoal- cuneparolecon sua cugina,sull*orlodelpozzo, in quelcortiletaciturno;stando sedutovicinoad essa,surun bancomuschiosodel giardinetto,ove finoall’ora deltramonto eranointesitutt’e due

adirsi dellecose da nulla, digran rilievo per loro,o si raccogliean nella calma che regnava trail bastione ela casa. Carlocompreselasan- titàdell'amore; poichélasuagrandama,lasua cara Annetta, non glien’avea fatto conoscere cheiprocellositurbamenti. Egliabbandonavain quel punto la passione parigina, leggiera, ca- pricciosa, pienadivanità e di strepito, per1*a-

mor

puroe vero.

Amava

questa casa, icui co- stumi piùnonglipareanoridicoli. Discendevail

mattinodi buonissim’ora, per poter discorrere con Eugeniaalcunimomenti prima cheGrandet venisse aregolarleprovigioni; e quandoipassi delbuon

uomo

sifaceanosentir nellasala, scap- pavasubitonel giardino.

La

piccola reitàdique- stomattutinoconvegno,ignotoallastessamadre di Eugenia,e del quale Nanon faceva vista di

nonaccorgersi,imprimevaalpiù innocenteamor

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~

dellaterra ìa vivacità de’piaceri proibiti. Poi ,

quando, terminatalacolazione,papàGrandetu-

scivaper andarea vederele sue terre e sorve- gliarei lavoriche facea fare, Carlo s’andava

a

sederetra lamadree la figlia

,provando recondi- tegioienell’aiutarle a dipanar del filo,nel ve- derle lavorare, nel sentirle chiacchierare.

La

»

semplicità di questa vita pressoché monastica,

chegli dimostròlabellezzadiquelleanimeacui

ilmondoerasconosciuto, gli toccò vivamente il

cuore. Avea creduto siffatti costumi impossibili in

F

rancia, c non aveva ammesso che si potes- sero trovare, fuorché inGermania, sepure an- chequinon fosserofavolosi, ed esistessero solo ne’romanzi di Augusto La Fontaine. Ben pre- sto Eugenia fu perleiPideale della Margherita diGoéthp,menola colpa. Alfine, isuoisguardi, lesueparole,più possenti di giorno ingiorno,

rapironoilcuoredella fanciulla,ches’abbando- nò deliziosamente all’onda dell’amore. Ella si attaccavaallasua felicitànellostesso

modo

che unnuotatore s’aggrappaalramodel salice,per uscir dal fiumee riposar sulla riva. I dolori di una prossimadipartilanon amareggiavanogià for- seleoregiocondedi que’ giornifuggenti? Ogni giorno, qualche piccolo fatto facea pensare al loro vicino distacco.Cosi, tregiornidopolapar- tenzadi DeGrassins,Carlofu condottodaGran- detaltribunalediprimaistanza,contuttalaso*

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lennitàcheiprovinciali mettonoin questa sorte di atti

,perfirmarvi unarinunciaallasuccessio- nedisuopadre.Ripudio terribile, e quasi do- mesticaapostasia!

Andò

dalnotaio Cruchot, per farglidue procure,

Cuna

perDeGrassins,l’al- tra per l’amico che avea incaricato, come di-

cemmo,

di vendere isuoi mobili. Indi bisognò adempierele formalità necessarie, per averun passaportoall’estero.Finalmente,quandogiun- seroi sempliciabiti diluttoche Carlos’era fat- tomandar da Parigi,chiamò un sarto di Sau- mur,eglivendètuttoilsuperfluo dellasua guar- daroba. Quest’ ultimoattopiacque singolarmen- teapapà Grandet.

— Ah

! orachesiete proprionell’arnesedi un

uomo

che hada imbarcarsi echevuol far for- tuna,gli disse, vedendolovestitod’un pastrano digrosso pannonero. Va bene così, va benis- simo!

— Non

temete, signormio

, gli risposeCar- lo,che saprò sempre regolarmi a seconda dei casi.

Ali-!checosa è quello? disseil buon uo-

'

mo

icui occhisianimarono alla vista d’un pu- gnod’oro che Carloglimisedavanti.

Signore, homessoassiemei miei bottoni,

i miei anelli,tuttelemiesuperfluitàche potea- no valer qualche cosa;

ma

non conoscendo nes- suno a

Saumur

,voleva pregarvi questa matti- nadi....

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.

Di comprare io stesso quella roba, disse Grandettroncandoglilaparola.

No,miozio, d’indicarmiqualche onest'uo-

mo

che...

Datea

me

, nipotemio,che andròdi so- praa farvenelastima,evisapròdiresubitoquel che valgono senzafallar diun centesimo.

Oro

e gioie, disse poi,osservando conattenzione una fungacatenelladadiciottoadiciannove carati.

11buonuomosteselasua larga

mano

eportò consè quelmucchio d*oro.

Cuginamia, disse Carlo, fatemi graziadi accettar questi duebottoni che potrannoservirvi adattaccar de’ nastria’polsie formareun brac- cialettomoltodimodapresentemente.

Accetto senza cerimonie, cugino mio, ella disse, volgendogli unosguardod’intelligenza.

Carazia

, questoè ilditale dimia madre,

cheiocustodivagelosamentenellamiatoletta da viaggio, disse Carlo

, presentandoun bel ditale d’oroallasignoraGrandet,laqualedadiecian- ninedesideravauno.

— Come

potròmai ringraziacene, nipotemio?

disselaGrandet congliocchi che s’empianodi lagrime. Al mattinoe allasera,lapiù fervorosa dellemie preghieresaràpervoi; vidirò lapre- ghiera de’ viaggiatori. Se io morissi, Eugenia viconserverebbe questogioiello.

Questa roba vale novecento oltantanove

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franchi csessantacinque centesimi, nipotemio,

disseGrandctaprendola porta.

Ma

percansarvi lanoia di venderla»ve ne pagherò io stessoil

valorein tantelire.

La

parola inlire,nel littoraledella Loira, si- gnifica che gliscudi disei liredevonoessere ac- cettati persei franchi,senzadiffalcare.

— Non

miardivaaproporvelo,risposeCarlo,

ma

in verità provavodella ripugnanzaa mercan- teggiare quellebazzecoledilusso nella stessacit- chevoi abitate. Bisognalavar la nostra bian- cheriasporca in famiglia, dicea Napoleone. Vi ringraziodunquedella vostracompiacenza.

Grandetsigrattòl’orecchio;e ci fu un

mo-

mentodisilenzio.

Mio caro zio, riprese Carlo guardandolo con ariainquieta, quasiavesse temutod’offende- relasuadelicatezza, mia cuginaemiaziahan- no degnatod’accéttare una piccola memoria di

me:

aggradite anchevoi alcuni bottoni per ma-- niche, che mi sonoinutili: vi faranno rammen- tareun povero giovane, che’, lontano da voi,

penserà certamente a coloro che sono oggimai tuttala suafamiglia.

Figliuol mio, figliuol mio! non bisogna che ti spogli aquesto modo...

Che

cosa haiavu- to tu ?dissevoltandosiconavidità dasua moglie.

Ali! unditaled’oro.

— E

tu,carina, oh guarda!guarda1 defor- magli didiamanti.

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Viafigliomio,accettoituoi bottoni, sog- giunse stringendola

mano

diCarlo. Ma... tumi permetterai anche di pagarti il tuo viaggio alle Indie. Sì,vogliopagare iltuoviaggio, e tanto più, vedi,figliomio, che facendola stimadelle tuebazzecole,non ne hovalutatochel’orosem- plice, mentrecisaràpure da guadagnar qualche- cosasul lavoro. Sicché, siamgià intesi.Ti da- rò millecinquecento franchiin lireche mi farò imprestare da Cruchot; perchè attualmente non ho uncentesimoincasa mia,a menochePerot-

tetnonvengaa pagarmil'affittogià scaduto. Vo- glioappunto andare oraa trovarlo.

Ciòdetto, preseilcappello,simiseiguanti

,

edusci.

Voi ve n’andrete dunque? disseEugenia, volgendogliuno sguardoditristezzamistadiam- mirazione.

— È

forza, egli disse chinandolatesta.

'

Da

qualche giorno,ilcontegno,lemaniere,

leparolediCarlo erano quelle d’un

uomo

pro- fondamenteafflitto,

ma

che, sentendosi gravato da immenseobbligazioni , trae nuovo coraggio dallasuadisgrazia.

Non

sospirava più; eradive- nuto

uomo

fatto.

E

però Eugenia non avea mai sperato megliodel carattere disuo cugino,che alvederlo scendere ,vestito de* suoinuovi abiti digrossopannonero ,4quali s’addiceano benis- simoalpallor del suo viso e al suo mesto con-

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legno. Quelgiornoleduedonnevestironoa lut- to, e assisteronocon Carlo ad un requiem,cele- braloallaparrocchiaper l’animadeldefuntoGu- glielmoGrandet.

Allaseconda colazione,Carloricevè dellelet- terediParigie lelesse.

Ebbene,cugino mio, sietecontentode’vo- striaffari ?disse Eugeniaavocebassa.

— Non

farmaidiqueste domande, figliamia, risposeGrandet.

Che

diavolo!

Non

tidicoimiei, etuvuoificcareil nasoin quelli di tuocugino? Lascialodunque starequesto giovane.

— Oh

! Iononho secreti, disse Carlo.

Ta,ta,ta, nipotemio,nontarderai molto a sapere che bisognatener la lingua imbrigliata nel commercio.

Come

i due amanti rimaserosolinel giardino, s’ andaronoasederesulla vecchia panca sottoil

noce; e Carlocosì parlòadEugenia:

— Non

mi sono ingannato di confidarmi ad Alfonso;si è condotto a maraviglia. Ha fatto i

miei affariconprudenzaelealtà.

Non

più debiti a Parigi; tutti i miei mobili sono stativendnli benissimo, emi scriveche,seguendo il consi- gliod’uncapitanodigranvascello,haimpiegati tremila franchicheglirestavanointante curio- se merci dell'Europa di cui si cava eccellente partitoalle Indie.Haspeditii mieicollia

Nan-

tes,ovec’èunnavigliochesicaricaper Java.

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Tracinquegiorni, Eugenia,noidovremodarci l’addio,persempreforse,

ma

certo per lungo tempo. 11 miofardellodimerciediecimilafran- chichemi mandano due mici amici,sono ben poca cosaper cominciare. Sicché non possopen- sar diritornarche tra molti anni. Mia cara cu- gina, non paragonate la vostra vitacon lamia:

ioposso facilmentemorire;forse,forse si pre- senteràpervoiqualchericco partito...

— Mi

amatevoi?... elladisse:

— Oh

! , e quanto! eglirispose,con una profonditàd’espressioneche mostrava egualpro- fondità nelsentimento;

Aspetterò, Carlo. Diolmiopadre èallafir

nostra, soggiunsetosto,respingendo suo cugino chelesiaccostava.

E

scappòsottolavòlta. *

Dappoi che Carlo ebbe annunziatala sua par- tenza, Grandetsidiè moltoattornoperfarcre- dereeh’essogliportavaunaaffezionegrandissi- ma. Si mostròliberalissimo ditutto ciòche non glicostava nulla,s’affaccendòacercargliunim- ballatore,etrovatolo,dissechecostuipretendea troppo dellesuecasse.Allora,volleassolutamen- te farle egli stesso, e viadoperò intorno delle vecchietavole. S’ alzòdibuon mattino,perpial- lare, commettere, agguagliare,inchiodar delle assi, e comporne delle bellissime casse , nelle qualiimballòtuttala,robadiCario;s’incaricòdi farle trasportare in battello lungola Loira, di assicurarle edispedirleintempoa Nantes,

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Leore trascorrano per Eugeniaconunara- piditàveramentespaventosa. Talora essavoleva andarsene con suo cugino. Quegli che ha prova- tolapiù attraente delle passioni

, quella passio- nelacuidurataè ognigiornoabbreviatadall’età, daltempo,daunamalattiamortale,da qualcuna delleumanefatalità, quegli comprenderài tor- mentidi Eugenia. Ellapiangea sovente passeg- giando nelsuogiardino, divenutoora troppo an- gusto perlei, delparicheilcortile, lacasa,la città:ella sislanciavaanticipatamentenella vasta estensione de’mari. Finalmente, il giorno che precedealapartenza,arrivò. Il mattino, men-

tr’eranofuordicasailsignorGrandete Nanon,

ilpreziosocofanettoove stavanoripostiidueri- tratti,fusolennementecollocato nel solo casset- to del forzierechechiudeasiachiave, e ov’era purelaborsaora vuota.

A

dieci oreemezzo,lafamiglias*incamminò peraccompagnarCarloalladiligenzadi Nantes.

Nanon

aveaslegato ilcane, chiusalaporta, evo- lea portar il sacco da viaggio di Carlo. Tuttii

mercantidellavecchiastradastavanosulla soglia delle loro botteghe, per veder passare questa comitiva,acuis’accompagnòsullapiazzailno- taioCruchot.

Non

istare a piangere,sai

,

Eugenia, le disse la madre.

Nipote mio, disseGrandet, sottola porta

EUGENIA.GRANDET mmII. 2

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dell’albergo, abbracciando Carlo,partìpovero,

torna ricco,e troverai salvo Vonoredi tuo pa- dre.

Te

ne rispondoio, Grandet

,

poiché allora non dipenderà cheda teil...

— Ah

! miozio,voiaddolciteV amarezzadel- lamia partenza.

Non

è forse questo il più bel dono che mipossiate fare?

Non

avendo bencompresociò che volle dire

ilvecchio bottaio, cheegliaveainterrotto,Car- losparse sul viso lionatoscurodi suo zio lacri-

me

di riconoscenza, mentre Eugenia sfringea contutte le sue forze la mano di suo cuginoe quella del padre. Ilsolo notaiosorridea, ammi- randolalina scaltrezza diGrandet

, poich’ egli soloavea intesoleparole delbuonuomo. I quat- trodi

Saumur

,circondatida parecchiepersone, rimaserodavanti alla carrozza lino al

momento

che partì: poi, quando scomparve sul pontee non senesentìpiù ilrumor delle ruote che in lontananza:

Buon viaggio! disseilvignaiuolo.

Perfortuna ,il notaioCruchotfu il solo che sentìquesta esclamazione. Eugeniae sua madre erano andatea unluogodellaspiaggia, ondepo- * teano scorgere da lungila diligenza, e svento- lavanoilorobianchifazzoletti, come un ultimo saluto, a cuiCarlorispose, facendo pure sven- tolare ilsuo.

Madre mia,vorreiavòrelapotenzadi Dio,

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disseEugenia,tostoehò piùnonvideilfazzolet- todi Carlo.

Per nonpiùinterrompereilcorso degliavve- nimentiche seguirononella famiglia Grandet,è necessario gettar prima un colpo d’occhio su quanto fece a Parigiil buon

uomo

, per mezzo del signor

De

Grassins.

Un

mese dopo la.par- tenza delbanchiere,Grandet possedevaun’iscri- zionedicento milaliredi rendita, comprateal- l’ottanta. Idatiche dopo la suamorte poterono trarsidalsuo inventario, non hanno maisommi- nistrato il

menomo

lume sui mezzi che la sua diffidenza gli suggerì

, per cambiare il prez- zodell’iscrizionecon l’iscrizionemedesima. Il notaio Cruchot avvisò che

N

anon fosse,senza saperlo,lo strumento fedele del trasporto dei fondi.Verso quel tempo,infatti, la serva an- dò via di casapercinque giorni,sottopretesto di dover metter in ordine qualche faccenda a Froidfond, comeseilbuon

uomo

fosse capace di lasciar mai qualcosain disordine. Per quel che riguardagliaffaridellacasaGuglielmoGran- det, tutteleprevisioni del bottaiosiavverarono.

Alla «BancadiFrancia,sitrovano, cometutti

sanno,idati piùesatti sui grandi patrimoni di Parigie dei dipartimenti. Inomidi

De

Grassins edi Felice Grandet di

Saumur

vi erano cono- sciuti, eavevanotutta la importanza che si dà alle celebrità finanziere, le quali si fondano su

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immensiaveri territoriaìi liberi d’ipoteca.L’ar- rivo delbanchieredi

Saumur

, incaricato,dicea- sidiliquidarperonorelacasaGrandetdi Pari- gi, bastòdunqueper cansareall’ombradelne- goziantelaonta de' protesti. Furonolevatiisug- gelliallapresenzade’creditori;e ilnotaio della famigliacominciòa farein tuttaregola l’inven- tario della successione. Benprestoilsignor

De

Grassins mised’accordoicreditori,iquali a vo- tounanimeelessero a liquidatoriil banchieredi

Saumur

unitamente aFrancescoKeller, capodi una ricca casa, e uno de’ principalicreditori

,

affidando lorotutti inecessari poteriper mettere in salvo i crediti e l’onore della famiglia. 11 creditodicuigodeva il signor Grandetdi Sau-

mur

,lasperanzache, medianteil

De

Grassins,

sisparsenelcuore de’ creditori, agevolaronole transazioni; nonsitrovòunsolo tra i creditori chesimostrasse restìo. Nessuno pensavaa se- gnareilsuocredito nelconto deiprofittie delle rendite:ciascunodiceva:

Grandetdi

Saumur

pagherà!•

Seimesitrascorsero: iPariginiavevanorim- borsatogli effetti incircolazione eliconservava- no ne’ loro portafogli. Erailprimo oggetto che volca conseguireil bottaio. Nove mesidopo la prima radunanza, i dueliquidatoridistribuirono

il quarantasette per cento a ciascun creditore.

Questa

somma

fu prodotta dalla vendita degli atfe-

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ridi ogni generedel fu GuglielmoGrandet, che venne fallacon fedeltà scrupolosa.La,più esatta probità governava questaliquidazione; c i credi- tori si piacquero diriconoscere l’ammirabile c incontestabileonorediGrandet.Quandopoique- ste lodifurono abbastanzaripetuteingiro, icre- ditori domandaronoil festo del lorodanaro. Bi- sognò che scrivessero una lettera collettiva a Grandet.

Eccocialnodo,disseilvecchiobottaio,get- tandola letteraal fuoco; non tantafuria, miei amici.

In rispostaalledomandecheglieranoindiret- te in quella lettera,Grandetdi

Saumur

doman- dò, chefossero depositatipressoun notaiotutti

ititoli dicredito esistenti,contro la successione disuofratello, e quel deposito fosse accompa- gnato da una'quietanza de’pagamentigià fatti:

Grandet facevaquesta domandasotto pretesto di appurareiconti echiudere correttamentelostato della successione. L’ effettuazionedi questo de- posito fecesorgere milledifficoltà. In generale,

il creditoreè unaspeciedimaniaco. Oggi pron- toa transigere,domani vuol tuttometterea fer- roea fuoco; più tardidiventa il nec plusultra della bonarietà. Oggisua moglie èdibuon

umo-

re, il suo caropiccino hamessofuori i denti

,

etuttogliva asecondainfamiglia,eglinon vuol perdereunsoldo;domanipiove,non puòuscire,

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èmalinconico,dicedi sìa tutteleproposteche possono terminareun affare; ilgiorno appresso, richiede delle guarentigie, alla fine del mese pretendefarviVesecuzione,ilcarnefice! 11cre- ditore rassomigliaa quel passero, sullacoda del qualesivuolfarmettere dal ragazzino un gra- nellodisale;

ma

il creditore gettadi rimbalzo quest’imagine controildebitoredacui non può cavarnulla.Grandetavea osservatelevariazioni atmosferichedei creditori,e quellidisuo fratel- loubbidironoa tutti isuoicalcoli. Gli uni

mon-

taronoincollera ericusaronodecisamente il de- posito.

Questo va bene, dicea Grandet, fregan-

dosilemani,allalettura della letterachegliscri- veva in proposito il

De

Grassins. Alcuni altri non consentironoaldeposito,chesottocondizio- nedi farbenestabilireilorodiritti, non rinun- ciare ad alcuno di questi, e riservarsi per fin quellodifar dichiarare il fallimento. Ciò diede luogo aduna nuova corrispondenza,al termine della quale Grandetdi

Saumur

consentì a tutte leriservedomandate. Mediante questa concessio- ne, icreditori benigni fecero capacii creditori inumani,e il deposito venne fatto, non senza malcontento.

Questo buon

uomo

, diceano a

De

Gras-

sins,siburladivoiedinoi.

Ventitrémesi dopolamortediGuglielmo

Gran

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19

det, molti commercianti,trascinati dalmovimen-

todegliaffaridi Parigi,aveano dimenticatoilri- cuperamentoche si prometteano daGrandet, o noncipensavano che perdire:

Comincioacredere cheilquaranlasctte per centoè tutto quelloche ho potuto cavarne.

11bottaioavcafattoassegnosulla potenzadel tempoche,dicea egli, è un buon diavolo. Alla linedel terzoanno,

De

Grassinsscrisse aGran- detche medianteildièciper cento dei due mi- lionie quattrocentomila franchi, tuttaviadovuti dalla casa Grandet, aveaindottoicreditori a re- stituirgliiloro titoli. Grandetrispose cheilno- taio e1’agentedi cambio i cui spaventosi falli- menti avean causatalamortedisuofratello,po- tevano esservenuti ingradodipagare,e chebi- sognavafar istanzaal tribunale contro di essi

,

pervederdicavarne qualchecosa,escemarper

tal

modo

la cifradeldeficit. Al terminardelquar- toanno, ildeficit fu contutte le regoleraggua- gliatoalla

somma

di un milionec dugenlo mila franchi. Ci furonodelleconferenze che durarono seimesitrai liquidatorie icreditori, traGran- det e i liquidatori. Per abbreviarla, vivamente eccitatodivenire a una conclusione qualunque, Grandetdi

Saumur

rispose ai due liquidatori

,

versoil nonomesediquest’anno,che suo nipo- te, ilquale avea fallofortuna alle Indie,glia- vea manifestatal’intenzionedipagareperinlie-

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— 20 —

roidebitidisuo padre; che perciòeinon pote- vaarrogarsi dipagarli solo inparte senzaprima consultarlo, e che ne stava appunto aspettando larisposta. Versolametàdelquintoanno,icre- ditorieranotuttavia tenutia badacon quellapa- rolaperintiero, ditempointempomessainnan- zidalsublimebottaio,chese la ridea sottoibat-

ti,e nondiceamai, senza lasciarsisfuggire un - malizioso risolinoe un’esclamazione: « Cotesti Parigini

!

»

Ma

icreditorifuronodestinati auna sorte inaudita ne’fasti del commercio. Grandet

li tennenellasituazionechesièdettofino alpun- toincuigliavvenimentidiquestastorialiobbli- gherannoa ricomparirvi in iscena. Allorché le rendite pervennero al 115, il bottaio vendè le suerendilee ne cavò sottosopra due milioni e quattrocentomila franchiinoro,chesiaccumu- larono ne*suobariletticon i seicento mila fran- chi d’interessi composti, fruttatigli dalle sue

iscrizioni.

De

Grassinsse n’erarimastodicon- tinuoa Parigi, ed ecco perchè;prima,fu nomi- natodeputato;poigrandementefastiditodellano- iosavita di Saumur,s’incapricciò, quantunque padredifamiglia,di Fiorina,una delle piùbel- leattricidel teatrodi

Madama. É

inutileilpar- lare dellasua condotta;essafugiudicata a Sau-

mur

immorale all’ultimo segno. Sua mogliefu contentissima d’esserseparatadibenidal mari- to, ed ebbe abbastanza senno di governarlaca-

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sa di Sanimi!*,continuandone gli affari sotto Io stesso

nome

, perriparare all*enorme sperpero chel’ innamoratoDeGrassinsstavafacendodel- lasua fortuna. I Crussottini ne profittarono,e riuscironosibenea farcredere più triste, che non eraineffetto, lasituazione diquella casa,

chela

De

Grassinsmaritò molto male suafiglia, edovèrinunziareaognisperanzacircail matri- moniodi Eugenia Grandetcon suofiglio. Adolfo andòa Parigidietroasuo padre,edivenne, da quantose nedisse, un cattivissimo soggetto. I

Cruchòttrionfarono.

Vostro maritomanca affatto dibuonsenso, diceaGrandet,dandoinprestitouna

somma

alla signora

De

Grassins, mediante sicurtà;

Vi compiangomolto molto: voisieteuna buona don- nina.

— Ah

! Signore,chiavrebbemaipotuto pen- sare che, quandopartìdacasa vostra per anda- re a Parigi, correvaalla suarovina ?

— M’

ètestimonioilcielo,che hofattoquan- toho potutoperdistorglierlodall’andarci. Ilsi-

gnorpresidentevoleva a tutta forzaprendersie- glistesso quell’ incarico; e se vostromaritomo- strò tanta vogliad’andar a Parigi,ora ne sap- piamoilmotivo.

Da

questosivede che Grandet non si teneva puntoobbligatoversoil

De

Grassins.

Inqualsivoglia stato e circostanza della vita,

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ledonnehanno maggiori causedidolore chenon ha1’uomo,e soffrono più di esso.

L’uomo

ha sempreperlui la suaforza, 1*esercizio dellasua potenza:egli è tuttomovimentoed opera, lavo- ra,pensa, abbraccia l’avvenire,ecitrova delle consolazioni.Cosifaceva Carlo.

Ma

la donnasta, percosidire, immobile, chiusanelrecinto della suacasa,continuamentefacciaa faccia col dolo- re da cui nullaladistrae; discende fino alfondo dell’abissochequei dolorele hascavato ,e so- vente locolmaco’suoivotie con lesue lacrime.

Cosi faceva Eugenia.Ellacominciavaasubire il

suo tristedestino. Sentire,amare,soffrire, sa- crificarsi, sarà inai sempre il testo della vita delladonna,daciò che laconsola infuori.

La

suafelicità, ammassatacomeichiodi sparsi sul muro,giusta1*espressionesublimedi Bossuet

,

non doveva un sol giornoriempierle la concavi-

della mano. I dispiaceri non si fanno mai a- spetlare, e perEugeniaarrivaronobenpresto.11 giornodopo la partenza diCarlo, lacasa Gran- det riprese ilsuosolito aspettopertutti ,fuor- ché per Eugenia, chesubitovitrovòcomeungran vuoto. All’insaputadisuo padre,ellavolleche

lacameradiCarlo rimanesse nello stato in cui egli1’avevalasciata. Lasignora Grandetc

Na-

ilondibuon grado consentirono a farsi complici

. diquestoslaluquo.

Chisa eh’eglinon ritorni.più presto che non crediamo?elladisse.

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— 23 —

— Ah

! iovorreichefosse giàqui. Prendevo giàmollogustoaservirlo;era grazioso, eraun signoreaffattocompito, e poi bellino, e vez- zosocome unaragazza.

EugeniaguardòNano».

Signorina, cheocchidadisperata mivol- getemai ! Per carità,non mi guardate a quel modo.

Da

questo giornolabeltàdimadamigellaGran- detprese un nuovo carattere. 1 gravi pensieri d’amoreche apocoa poco penetravanoeoccu- pavanotutta lasua anima,la dignitàche èpro- pria delladonna amata,diederoa’suoitrattiquel-

laspeciedisplendore che ipittoridisegnano con l’aureola. Tornandoacasa dallamessa, ove an- dòilgiornodopolapartenzadi Carlo,eove ave- va fatto ilvotodi andaretuttiigiorni ,comperò da

un

libraiodellacittàunmappamondoche ap- pesevicinoalsuo specchio, per seguireil cu- gino nelsuo viaggio versole Indie, per poter mettersi, in qualchemodo, alla mattina a alla sera, sul vascelloche velotrasportava, eveder- lo,evolgergli milledomande, e,per esempio, dirgli: « Stai bene? Soffrirestimai per caso?

Pensi tuproprioa

me

, nel veder quella stella onde mihai insegnatoa conoscere le bellezzee

illinguaggio per noi?Poi,lamattinaandavapen- sosa a sedersi sottoil noce, sullapancadilegno tarlato, sparsadi muscogrigiastro, sucui tante

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24

bellecosesierano dette a vicenda,e fabbricati tantibei castelli inariaintornoalloroavvenire.

E

all’avvenireessapensava, contemplando quel brevespaziodicielo che1*altezza de’muri non leinvolavaallosguardo; all’avvenire, guardan- dolavecchia faldadi

muro

, e poiil tettosotto cui stavala cameradiCarlo. Insomma,l’amore di Eugeniaera 1’amoresolitario, Vamor vero,

che non passa,

ma

persevera;ches’intromette in tutti ipensieri,chedivienelasostanza, o, co-

me

avrebberodettoinostri padri,la stoffa della vita.

Quando

i sedicentiamici di papà Grandet venivanolaseraa farela loro partita, Eugenia era gaia e dissimulava;

ma

tuttoil giornoparla- vadiCarlo con sua madre e Nanon. Nailonsi erafatta capaceche poteva benissimo compatire a’dolori dellasua padroneina, senzamancareai suoidoveriversoilsuo vecchio padrone; poiché dicevaad Eugenia: «seioavessiavuto un

uomo

che fossemio...1’avrei seguito...finnell’infer- no... 1’avrei...checosa?... Insomma, misarei fatta inpezziper lui;ma... niente.Morrò sen- za sapere checosa èla vita. Lacrederebbe,lei, signorina, che questo vecchioCornouiller,buon diavolo,delrimanente,migiraintornoallagon- na per que’pochisoldiche mi sono messi assie-

me

,comeappunto fannoquelliche vengonoqui la seraafiutarelaborsadelpadrone,facendola cortealei?

Me

ne accorgo, io,perchè non sono

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— 25 —

poi tanto sciocca,benché sia grossa come una torre; io

me

neaccorgo;eppure, madamigella , benché1’amorenonc’entripernulla, quella co- sa tuttavia mifapiacere.

Due

mesitrascorseroa questo modo. Questa vitadi famiglia, giàmonotona, siera anima-

ta perl’immensointeresse delsegreto checolle- gava più intimamentetra loro quelle tredonne.

.Per esse,sipuòdireche, sottole soffittegri- giastrediquestasala, Carloviveva,andavaeve- nivaancora. Ognisera, ogni mattina, Eugenia apriva il cassettino, e affissava lungamente il

ritrattodisuazia. Ilmattinodi una domenica,

suamadrelasorpresenel puntoclicstava intesa acercare ilineamentidiCarloin quelli del ri- tratto. Alloralasignora Grandet conobbe linai-

mente il terribile segreto del cambiofatto dal viaggiatorecol denarodi Eugenia.

— Che

dici ?Gii haidatotutto?disselama- drein tuonodi spavento.

E

che dirai atuo pa- dre,al primo giorno dell’anno, quando vorrà vedereletuemonete?

Gli occhidi Eugeniasi offuscarono,ele due donnerimasero comprese di terroreper tuttoil

resto della mattina. Abbastanza turbate da non poterassistereallamessagrande, andarono so- lamenteallamessa militare. Fra tre giorni ter- minava l’anno 1819; fra tre giorni dovea co- minciare un terribile

dramma

,una tragediabor-

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— 26 —

ghese, senza veleno, nè pugnale, nè sangue ver- sato;

ma,

per rispetto degli attori, più orrenda ditulleleatrocitàclicsicommiseronell’ illustre famiglia degli Atridi.

—Che

cosa saràdinoi? disselasignoraGran- detasuafiglia, lasciando cader sui ginocchi il lavoro. .

La

poveramadreavevaavutodadue mesitan- teoccasionidi turbamento, chelomanichedila- na onde avea bisogno per l’inverno, non erano ancorafinite. Questo fatto domestico, di nessu- nissimo contoinapparenza,produssetristi risul- tati peressa. Per non averlemaniche di lana, un freddo intensissimo la colse, mentre sudava tuttaper unacolleraspaventevoledisuo marito.

Stava pensando, mia povera figlia,chese m’avessi confidato prima d’ora il tuo secreto, avremmoavutotempo discrivere a Parigial si- gnor

De

Grassins. Essoavrebbepotutomandarci dellemonete d’oro che somigliassero alle tue; esebbene Grandetleconosca benissimo,forse...

Dove avremonoi presotantodenaro ?

Avreimessoin pegno qualche cosadimio proprio. Oltrechéil signor

De

Grassins ciavria ben...

— Non

siam più a tempo, rispose Eugenia con voce alterata,interrompendo sua madre. Do- mani mattina non dobbiamoforse andare adau- gurargliilbuon capod’annoincamerasua ?

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— 27 —

Ma, figliamia,aspetta,nonpotreiandare daiCruchot?

— No,

no; sarebbeunabbandonarmia quella gente: sarebbe un mettermiin loro balia.

E

poi, cheserve? hogiàpresoil mio partito.

Ho

fatto bene; nonmi pentodinulla. Iddiomiprotegge-

rà..Siafatta lasuavolontà!

Ah

! madremia,se voiavesteletto lasualettera,anchevoinon avre- stepensato che a lui.

La

mattinadel seguente, 1 gennaio1820,

ilmanifestoterroreinpreda alqualesi trovava- nola madree la figlia, suggerì loro un motivo naturalissimo periscusarsi delnon andar solen- nementenella stanza diGrandet. L’invernodel

1819-1820

fude*-più rigidi dell’epoca.

La

neveeraaltasui tetti.

La

signoraGrandetdisseal marito appena lo sentìmoversinella stanza:

Grandet,fammiaccenderedaNanon unpo*

di fuoconella mia camera: il freddo è acuto che misento gedartra le coltri. Sonogiunta a un’età che bisognaaversiqualchecura. Inoltre, soggiunse dopo unaleggierapausa,Eugeniaver- ràadabbigliarsi qui. Questapovera ragazza po- trebbe prendersi qualche malanno a far toletta nellasuastanza col tempoche fa. Poi noi ver- remoad augurartiilbuon capo d’annovicinoal fuoco, nella sala.

Ta,Ja,ta, che lingua! nonla finisci più.

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(28)

1

— 28 —

Davveroche cominci*ben1’anno, signora Gran- detl

Non

mihaimaiparlato tanto:però tunon

j

haimica mangiato,eh’iosappia, delpanbagna- to nel vino.

Vifuunistante di silenzio. j

Bene! soggiunseil buon

uomo

,cuisenza dubbio la domanda di sua moglie quadrava per j

qualche fine,voglio farequel.chevolete, signo- raGrandet.

Tu

sei davverouna buona donna, e

,

nonvogliochesopravvenganodisgrazieallatua |

età ,benché in generale i La Bertellière siano di buonissima tempra. Ehi1 non èforsevero?

gridò dopo una pausa. Infine, infine, ne abbiam fatta1’eredità;non ho più chedirecontroloro.

E

tossi.

Siete ben gaio questa mattina, signore, dissegravemente lapovera donna.

— Sempre

gaio,io.

E

gaio,gaio

sempreilbottaio

Va

rassettando

ilsuotinel.

. i

Canterellò,entrandotutto vestitodafesta nel- la-stanzadisua moglie.

SI, davvero, perbacco,chefafreddooggi.

Faremo

colazione benissimo, moglie mia. De Grassins m’ ha mandato da Parigi un pasticcio de’ più squisiti!...Voglio appunto andareapren- derloalladiligenza.

Deve

ancheaverci aggiunto

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— 29 —

un doppio napoleone per Eugenia,ledisseilbot- taioall’orecchio.

Che

vuoi ?non hopiùdenaro, moglie mia. Avevaben ancora alcunevecchiemo- nete, ate posso dirlo,

ma

è bisognalo metter fuorianchequellepergli affari,eper celebrare

ilprimogiornodell’anno

Ciò dicendolabaciò sullafronte.

Eugenia

,gridòlabuona madre, nonsaprei suche latoabbiadormilo tuo padre:

ma

questa mattinaèdi buonissimoumore! Bali!credo che

ci leveremod’imbroglio.

Checosa hamaiil nostro padrone? disse Nailon, entrandonellastanza dellasuapadrona peraccendereil fuoco. Appena mi vide, m’ ha subito detto: «buongiorno,buoncapo d*anno,

granbestiona. Vaad accender fuoconella stanza dimia moglie: hafreddo. »

Come

son rimasta

licon la bocca aperta

, quando 1’ho visto sten- dermi la

mano

perdarmi unoscudodi sei fran- chi, che nonè quasi punto corroso! Eccolo,si- gnora, loguardi qui.

Oh

che brav’uomo!

È

ve- ramente un granbrav’uomo.Ci sondiquelliche quantopiù invecchiano, tanto più diventan ru- vidi;

ma

egli,egli diviendolcecome ilsuo cas- sis, esi fasemprepiù buono.

È

un

uomo

affat- tocompito ,ungranbuon uomo...

IlsecretodiquestagioiadiGrandeterailcom- piutosuccessodellasua speculazione. Il signor

De

Grassins, dopo averdiffalcate le

somme

che

EUGENIA GRANDET

II. 'b

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— 30 —

\

ilbottaioglidoveva per lo sconto de’centocin- quantamila franchi di effetti olandesi, eper il

denaro che gliavevaanticipato,onde compierla

somma

necessariaallacompradellecentomilali- redirendita, glimandavacolladiligenza trenta- mila franchi in tanti scudi, che restavan dovuti a Grandetsulsemestrede’ suoi interessi;di più, gliannunziava unrialzo ne’ fondi pubblici.Era- noallora a

89

,eipiù celebricapitalistinecom- pravanoa

92

per la fine di gennaio. Grandet guadagnava da due mesiildodiciper cento sovra

isuoi capitali, aveva messiin nettoisuoi conti, e ormai intascherebbe cinquantamila franchi

,

ogniseimesi,senza dover pagare nè imposte, nèriparazioni.Egliapprezzavafinalmentealsuo valorel’impiego del denaro sulla rendita, im- piegoperilqualei provincialimostrano unari-

pugnanza invincibile; si vedea

, prima che pas- sassero cinqueanni,padroned’uncapitaledi sei milioni, ammassati senza moltecure, echesom- maticolvalorede* suoitenimenti, formerebbero un patrimonio veramentecolossale.Isei franchi regalati a

Nanon

eranoforselaricompensa d’un immenso servizio che la serva uvea reso senza saperloalsuo padrone.

— Oh!

oh!Doveva mai ilsignorGrandet, che correvia dibuon’ ora, comese fuggisse dal fuoco?disseroimercantiche stavano apren- dololorobotteghe,

(31)

31

Poi,comelovidero tornare,seguito daunfac- chinodellemessaggerie,chetrasportava de’ sac- ellipienisudiunacarretta:

L’acquavasemprealfiumeeil buonuo-

mo

andavaa’suoi scudi, diceauno.

Glienegiungonoda Parigi, da Froidfond, dall’Olanda,dicevaunaltro.

Finiràcoldomandare, se

Saumur

èdaven- dere, gridavaunterzo.

Fise n’infischia del freddo,èsempre in- tesoa’suoiaffari,dicevaunadonnaasuo marito.

— Eh!

eh! signor Grandet,glidisseun mer- cantedipanno, suopiuprossimovicino, sequel-

laroba v’incomodasse, vi leverei subitod’im- piccio.

— Che

ditemai?

Non

sonche soldi,rispose

ilvignaiuolo.

D’ argento , mormorò il facchino a voce bassa.

.

— Se

vuoiche ti faccia star bene ,tienti il

morsoa’ denti, disseilbuon

uomo

alfacchino a- prendolasuaporta.

— Ah

che volpe vecchia! Iocredeva chefos- sesordo. Pare checisenta, quandofafreddo.

Eccoventisoldiperlatuastrenna,emotus,

glidisse Grandet. Nanon, ti ricondurrà la tua carretta.

••

Nanon, lenostredonnesonoallamessa?

,signore.

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— 32 —

Animo dunque, mettili in gambe! gridò egli caricandola di sacelli.

In un momento,gliscudifurono trasportati nellasua camera,ov’ eglisichiuse.

Quandosaràpronta la colazione, batterai almuro. Riportalacarretta allemessaggerie.

La famiglia non fececolazionechealledieci.

Quituopadre non domanderà di vedere il

tuooro, disse la SignoraGrandetasuafiglianel tornar dallamessa. Poitufarailafreddolosa,e, del rimanente, avrem tempo di riempirelatua borsa perl’anniversario della tua nascita.

Grandet scese la scala, pensando a cambiar prontamenteisuoiscudi pariginiintant’orobuono, eallasuamirabilespeculazionedellerenditesullo Stato. Egli aveva risolutod’impiegarea questo

modo

lesue rendite, finchélarenditanonfosse giunta a cento franchi. Risoluzione funesta ad Eugenia. Tosto chefuentrato, leduedonnegli auguraronoilbuoncapo d’anno; suafiglia, sal- tandoglial colloe facendogli dellecarezze; lasi- gnora Grandet, gravementeecondignità.

— Ah

1 ah! figliamia, dissebaciandolasulle guance;lavoroperte, vedi?... lo voglio latua felicità. Del denaro ci vuole

, per esser felici.

Senzadenaro,nonsiha nulla. Prendi;ecco

un

napoleoneuscitoorora dalla zecca,!’hofattove- nir da Parigi. Per bacco!

Non

c’ènessuno che abbiaun granod’oroqui,trannetu,vuoifarme-

lovedere, carina?

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— 33 —

Bah!

Fa

troppofreddo;facciamocolazione,

Bene,saràdopò eh! Servirà peraiutarci a digerire.

E

quel grossoDeGrassinsci ha pur mandato questa roba... Dunque, mangiate, figli miei, che non ci costa nulla. Bravo

De

Gras- sinsI son contentodi lui. Ilbabbione rende ser- vigioa Carlo,e gratis,cheè più. Egliaccomo- da molto bene gli affari diquel povero defunto Graudet, oh! oh! oli! soggiunse conlaboccapie- na,dopo una pausa,questoèpropriounboccone squisitol

Su

via, mangiane, moglie mia; questa robanutriscealmenoper duegiorni.

— Non

ho fame: sento che voviastenùandomi digiornoingiorno, losaibene.

— Ah!

chedici mai!

Tu

puoimangiarfinché

tipiace: none’è pericolochecrepi.

Tu

seidel- la famiglia La Bertellière

, quel che si chiama una donna solida.

È

verochesei ancheunpoco gial letta;

ma

non importa ,io

amo

ilgiallo.

L’aspettativadiuna mortepubblica e ignomi- niosaè forsemenoorribileadun condannato, che non l’eraperlasignoraGrandetesuafigliaquel- ladegliavvenimenti che doveano succedere dopo questacolazione difamiglia. Quantopiù allegra- menteparlava cmangiavailvecchiobottaio, tanto più sistringeva ilcuoredelledue donne. Lafi- glia nondimenoavevaunappoggio inquestacon- giuntura,essa traeva forzadalsuoamore.

Perlui,perlui,dicevaessatra sè,sarei capacedi soffrirmillemorti.

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