E mostra in so beltà tanto perfetta, Che se io non ho aita,
Io non saprò dischìarar ciò, che vede Gli spirti mnamorati, cui diletta Questa lor nuova vita:
Perchè ogni lor vertù ver lei e ita;
Di che mi trovo già di lena asciso Per l'accidente piano, e in parte fero.
Dunque soccorso chero
Da quel Signor, che apparve nel chiar viio>
Quando mi jwckc per mirar ti tino.
LIBRO T 90
Dimorasi nel centro la gentile
Leggiadra, adorna, e quasi vergognosa, E però via più splende :
Appresso de'suoi piedi l'alma umile Sol la contempla sì foi'te amorosa, Che a null' altro attende:
E posciachè nel gran piacer sì accende, Gli begli occhi si levano soave Per confortare la sua cara ancilla:
Onde qui ne scintilla
L'aspra saetta, che percosso m'ave, Tosto che sopra me strinse la eliiave.
Allora cresce il sfrenato desiro, E tuttor sempre, nè si chiama stanco, Finchè al punto m'ha scorto,
Ch'el si converta in amaro sospiro:
E pria che spiri, io rimango bianco, A simile d'uom morto;
E s'egli avvien, ch'io colga alcun conforto, Immaginando l'angelica vista,
Ancor di certo ciò non mi assicura;
Anzi sto in paura;
Perchè rado nel vincere si acquista, Quando che della preda si contrista.
Luce ella nobil nell'ornato seggio, E signoreggia con un atto degno, Quai ad essa convene:
Poi sulla mente dritto li per moggio Amor si gloria nel beato regno, Ched ella onora, e tene;
Sicchè lipensier, ch'hanno vaga spcne, Considerando si alta conserba, Fra lor medesmi si conviglia, e strigne:
E d'indi si dipigne
La fantasia, la qual mi spolpa, e snerba, Fingendo cosa onesta esser acerba.
9^ RIME DI DAME
Così m'incontra insieme ben, e male;
Che la ragion, che 'l netto vero vuole, Di tal fin è contenta:
Ed è conversa in senso naturale, Perchè ciascun. alTan, chi prova, duole:
E sempre non allenta:
E di qualunque prima mi rammenta, Mi frange lo giudizio mio molto;
Nè diverrà, mi eredo, mai costante:
Ma pur, siccome amante,
Appellomi soggetto al dolce volto;
Nè mai lieto sarò, s'ei mi fia tolto.
Vaitene, mia Canzon, ch'io te ne prego, Fra persone, che volentier t'intenda;
E si ti arresta di ragionar sego;
E di lor, ch'io non vego,
Nè temo, che lo palcgiar mi offenda:
Io porto nera vesta, e sottil benda, CANZONE V Darchè ti piace, Amore, ch'io ritorni
Nell'usurpato oltraggio
Dell'orgogliosa e bella, quanto sai, Allumale lo cor, sicchè s adorni Coli' amoroso raggio
A non gradir, che sempre traggia guai:
E se prima intendrai
La nova pace, e la mia fiamma forte, E lo sdegno, che mi erucciava a torto, E la ragion per cui chiedeva morte;
Sarai ivi in tutto accorto:
l'oscia, se tu m'uccidi, ed haine voglia, Morrò sfogato, e fiemene men doglia.
Tu conosci, Signore, assai di certo, Che m' ereasti sempre atto
A servirti; ma non era io ancor morso,
LIBRO V C)5
Quando di sotto il Ciel vidi scoperto Lo volto, ond'io son catto;
Di che gli spiritelli ferno corso Ver madonna a destrorso.
Quella leggiadra, che sopra vertute, E vaga di beltate di sè stessa, Mostra ponerli subito a salufe : Allor fìdansi ad essa;
E poichè fnron stretti nel suo manto, La dolce pace li converse in pianto.
Io, che pur sentia costor dolersi, Come l'affetto mena,
Molte fiate corsi avanti a lei.
L' anima, che per ver dovea tenersi, Mi porse alquanto lena,
Ch'io mirai fiso gli occhi di costei:
Tu ricordar ten dei,
Che mi chiamasti col viso soave;
Ond'io sperai allento al maggior carco:
E tosto che ver me strinse la chiave, Con benigno rammarco
Mi compiagnevi, e in atto si pietoso, Che al tormento m'infiammo più giojoso.
Per la vista gentil, chiara e vezzosa, Venni fedel soggetto,
Ed aggradiami ciascun suo contegno, Gloriandomi servir si gentil cosa:
Ogni sommo diletto
Posposi per guardar nel chiaro segno:
Si m'ha quel erudo sdegno,
Per consumarmi ciò, che ne fu manco;
Coperse l'umiltà del nobil viso, Onde discese lo qnadrel nel fianco, Che vivo m'ave ucciso:
Ed ella si godea vedermi in pene, Sol per provar, se da te valor vene.
- «IME DI DANTB
I'cosi lasso, innamorato e stracco Desiderava morte,
Quasi per campo diverso martiro,
Che il pianto m'avea già si rotto e fiacco, Oltra l umana sorte,
Ch'io mi eredea ultimo ogni sospiro.
Pur l'ardente desiro
Tanto poi mi costrinse a sofferire, Che per l'angoscia tramortii in terra ; E nella fantasia udiami dire, Che di cotesta guerra
Ben converrà, ch'io ne perisse ancora;
Sicch'io dottava amar per gran paura.
Signor, tu m'hai intesa
La vita, ch'io sostenni, teco stando:
Non ch'io ti conti questa per difesa;
Anzi ti obbedirò nel tuo comando.
Ma se di tal impresa
Rimarrò morto, e che tu mi abbandoni;
Per Dio ti prego almen, che a lei perdoni.
CANZONE VI
L'uom, che conosce, è degno, ch'aggia ardire, E che si arrischi quando si assicura Ver quello, onde paura
Può per natura, o per altro avvenire:
Cosi ritorno i'ora, e voglio dire, Che non fu perardir, s'io posi cura A questa ereatura;
Ch'io vidi quel, che mi venne a ferire;
Perchè mai non avea veduto Amore, Cui non conosce il core, se noi sente, Che par propiamente una salute, Per la vertute della qual si eria;
Poi a ferire va via con un dardo Ratto, che sicongiunge al dolce sguardo.
LIBROV g^
Quando gli occhi riguardati la hcitate, E trovan lo piacer destar la mente ; L' anima e il cor si sente ;
E miran dentro la propietate, Stando a veder senz' altra volontate:
Se lo sguardo si giunge, imuiantenente Passa nel cor ardente
Amor, che par uscir di chiaritate, Cosi fui io ferito risgiiardaiulo; . . . .
Poi mi volsi tremando n^i sospiri : Nè sia chi più mi risvegli giammai, Ancorchè mai io non possa campare;
Che sel vo'pur pensare, tremo tutto;
Di tal guisa conosco il cor distrutto.
Poi mostro, che la mia non fu arditanza:
Non ch'io rischiassi il cor nella veduta;
Posso dir, ch' è venuta
Negli occhi miei drittamente pietanza.
E sparsa è per lo viso una sembianza, Che vien dal cor, ov' e si combattuta La vita eh' i- perduta:
Perchè I soccorso suo nDn ha possanza, Questa pietà vicn. come vuol natura;
Poidimostra in figura lo cor tristo, Per farmi acquisto solo dimercede:
La qual si chiede come si convene, Là ve' forza non viene di Signore, - , ,' Che ragion tegna di colili, che more.
Canzon, odir si può la tua ragione;
Ma non intender si, che sia approvata, Se non da innamorata,
E gentil alma, dove Amor si pone:
E però tu sai ben, con quai persone Dei gir a star, per esser onorata:
E quando sei guardata,
No sbigottir nella tua opcnione;
RIME 7
gS RIME DI DANTE
Che ragion tiassicura, e cortesia:
Dunque ti metti in via chiara e palese D'ogni cortese, ed umile servente;
Liberamente, come vuoi, ti appella, E di', che sei novella d'un, che vide Quello Signor, che, chi lo sguarda, occide.
CANZONE VII