E’ arrivato il momento di esaminare un argomento di particolare interesse per le implicazioni sistematiche: la disciplina del potere di impugnazione della parte civile nel procedimento di fronte al giudice di pace167.
Anche in tale settore occorre, infatti, fare i conti con gli effetti della riforma operata dalla legge n. 46 del 2006. Al fine di una migliore comprensione della materia, pare opportuno effettuare brevemente un esame della disciplina delle impugnazioni nel procedimento davanti al giudice di pace in relazione al periodo precedente all’intervento della riforma.
Innanzitutto, una particolare legittimazione ad impugnare le sentenze di proscioglimento del giudice di pace veniva riconosciuta al ricorrente, il quale avesse chiesto la citazione a giudizio dell’imputato secondo quanto disposto dall’art. 21 dlgs n. 274 del 2000. Infatti, in base all’art. 38 comma 1 del medesimo dlgs n. 274 <<il ricorrente che ha chiesto la citazione a giudizio dell’imputato a norma dell’art. 21 può proporre impugnazione anche agli effetti penali, contro la sentenza di proscioglimento del giudice di pace negli stessi casi in cui è ammessa l’impugnazione da parte del pubblico ministero>>.
Va precisato che la norma in esame deve essere coordinata con l’art. 36 dello stesso decreto, che, prima della riforma del 2006, stabiliva quali erano
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Cass., I, 16 gennaio 2008, in Arch. n. proc. pen., 2009, 117. 167
Si veda, sull’argomento D. CURTOTTI NAPPI, sub artt. 36-39 D.lgs 28 agosto 2000, n. 274, in A. Giarda-G. Spangher (a cura di), Codice di procedura penale commentato, 2010, 9345 ss.; A. CHILIBERTI, Azione civile e nuovo processo penale, Milano, 2006, 607 ss.
le sentenze appellabili dal pubblico ministero. Questi è legittimato a <<proporre appello contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria>>. In particolare, poteva appellare <<le sentenze di proscioglimento nei reati puniti con pena alternativa>>. Il risultato di tale combinato di norme comportava l’appellabilità delle sentenze di proscioglimento punite con pene alternative, mentre rimanevano escluse dal novero delle sentenze appellabili quelle di proscioglimento punite con la sola pena pecuniaria. Inoltre, l’art. 38 dlgs 274 riservava la possibilità al ricorrente, costituitosi ai sensi dell’art. 21 dello stesso decreto, di impugnare la sentenza anche agli effetti penali.
Invece, nel caso in cui l’imputato veniva citato con le forme ordinarie di cui all’art. 20 dlgs 274 del 2000, in forza del richiamo dell’art. 2 dello stesso decreto, doveva ritenersi applicabile la regola generale di cui all’art. 576 c.p.p., che stabiliva la facoltà per la parte civile di proporre impugnazione, con il mezzo previsto per il pubblico ministero, contro i capi della sentenza di condanna che riguardavano l’azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio168. Come è noto, l’inciso “con il mezzo previsto per il pubblico ministero” creava un collegamento con l’art. 593 c.p.p. relativo ai casi di appello.
Dal combinato disposto delle due norme si evinceva la facoltà della parte civile di appellare le sentenze di proscioglimento, ad esclusione di quelle relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda.
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L’art. 2 dlgs 274 del 2000 stabilisce che <<nel procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è previsto dal presente decreto, si osservano in quanto applicabili, le norme contenute nel codice di procedura penale>>. Ne consegue che l’art. 576 c.p.p., che afferma il potere della parte civile di proporre impugnazione, trova applicazione, in difetto di specifica e diversa normativa, ai sensi dell’art. 2 dlgs 274, anche in caso di sentenza pronunciata dal giudice di pace.
Con l’entrata in vigore della c.d. legge Pecorella il quadro normativo appena delineato ha subito determinati cambiamenti.
Infatti, le modifiche apportate dalla legge n. 46 del 2006 hanno inciso, come è noto, sull’art. 593 c.p.p. relativo ai casi di appello del pubblico ministero e sull’art. 576 c.p.p. inerente alla possibilità di impugnazione della parte civile. Inoltre, con l’art. 9 della legge 46 del 2006 è stata soppressa la legittimazione del pubblico ministero ad appellare le sentenze di proscioglimento del giudice di pace.
A tale proposito, in forza del principio di tassatività regolante la materia delle impugnazioni, deve escludersi la possibilità di integrare la disciplina in esame con quanto disposto dall’art. 593 c.p.p., in seguito all’intervento della Corte costituzionale con la sentenza 26 del 2007, che ha restituito il potere di appello al pubblico ministero169.
Occorre, inoltre, ricordare che, in base alla sentenza della cassazione a Sezioni unite del 2007, è stato riconosciuto esistente il potere della parte civile di appellare, ai soli fini della responsabilità civile, le sentenze rese nel giudizio di primo grado. Si ritiene che tale principio trovi applicazione nel procedimento davanti al giudice di pace170.
Alla luce di quanto esposto, è possibile illustrare la disciplina delle impugnazioni nel procedimento di fronte al giudice di pace nel seguente modo.
Il pubblico ministero e l’imputato possono attualmente proporre appello soltanto contro le sentenze di condanna che applicano una pena diversa da quella pecuniaria (artt. 36 e 37 dlgs 274 del 2000).
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D. CURTOTTI NAPPI, sub art. 36, cit., 9346. 170
D. CURTOTTI NAPPI, sub art. 38, cit., 9357; P. TONINI, Manuale di procedura penale, XI ed., Milano, 2010, 783.
Il pubblico ministero e l’imputato non possono mai proporre appello contro le sentenze di proscioglimento (art. 36 mod. dalla legge n. 46 del 2006)171.
Per quanto riguarda, invece, la persona offesa, occorre distinguere il caso in cui questa si sia avvalsa del ricorso immediato ex art. 21 dall’altro caso in cui la medesima abbia scelto la strada della citazione ai sensi dell’art. 20, poiché solo in quest’ultima circostanza potrà appellare la sentenza di proscioglimento.
La persona offesa che ha proposto la citazione in giudizio dell’imputato mediante ricorso immediato ai sensi dell’art. 21 dlgs 274 del 2000, può esperire contro la sentenza di proscioglimento il ricorso per cassazione, anche agli effetti penali, analogamente a quanto è stabilito per il pubblico ministero. E’legittimata ad appellare, invece, le sentenze di condanna. Al contrario, nell’ipotesi di citazione a giudizio dell’imputato a norma dell’art. 20 dlgs 274 del 2000, la parte civile è legittimata a proporre appello, ai soli effetti civili, contro la sentenza di proscioglimento del giudice di pace172. 171
La Corte Costituzionale con sentenza 25 luglio 2008, n. 298 ha preso in esame la regola in base alla quale le sentenze di proscioglimento pronunciate dal giudice di pace non sono appellabili dal pubblico ministero e ha dichiarato non fondata la relativa questione di legittimità. La scelta del legislatore – ha affermato la Corte – è compatibile con il principio di parità delle parti per vari motivi. In primo luogo, perché si tratta di reati <<di fascia bassa>>. In secondo luogo, perché il procedimento davanti al giudice di pace è improntato a marcata rapidità e semplificazione di forme. Infine, perché prima della legge n. 46 del 2006 colui che si trovava in una posizione di svantaggio, rispetto ai poteri di appello della pubblica accusa, era l’imputato, <<ossia, proprio la parte il cui diritto d’appello ha una maggiore “forza di resistenza”rispetto a spinte di segno soppressivo>>.
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In tal senso, Cass., V, 5 dicembre 2008, n. 4695, in Riv. pen., 2009, 1464; Cass., IV, 17 aprile 2007, n. 15223, in Giudice di pace, 2007, n. 3, 257.