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1. Un confronto testuale

1.4. La giustizia

I due testi possono essere confrontati anche in base ad argomentazioni che si basano efficacemente su elementi contrapposti.

Abbiamo detto sopra che il testo del DRP evidenzia la contrapposizione tra il re giusto (che è il re ideale) e il re tiranno: in effetti, la giustizia è uno dei temi più diffusi negli specchi in entrambe le tradizioni orientale e occidentale. Nel caso della nostra ricerca, notiamo che per Egidio questa virtù è una delle quattro virtù cardinali del sovrano ideale. Nel pensiero etico-politico egidiano la giustizia è identificata con la legge morale naturale, perché senza queste due (giustizia e legge morale naturale) le città e i regni non possono durare:

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“la lege co(mun)e coma(n)da tutto bene e vieta tutto male; e quelli che aco(n)pisce ei choma(n)dam(en)ti de la lege (è) p(er)fectam(en)te buono (e) vertuoso, e quelli che no(n) vuole aco(n)pire ei coma(n)dm(en)ti de la lege è p(er)fectam(en)te malvagio. Donq(ue) se i re o i p(re)nçi o i grandi che sson ne le città o ne reame non anno e.lloro giustitia né dirictura, né no(n ) aco(n)piscono i comm(n)adam(en)ti de la legge, cotali città o reami saran(n)o p(er)fettam(en)te malvagi,( e) chosa malvagia e ria non può durare, ançi ci si coro(n)pe p(er) se medesimo, unde sença dirictura e giustitia di lege co(mun)e e reame o la città no(n) può durare.”1 Nel DRP il governo di un sovrano che ha senno ed è virtuoso è dunque fondato sulla giustizia e risiede già nella legge naturale. Questa virtù poi è collegata al benessere comune e distingue il sovrano virtuoso dal suo opposto cioè il tiranno: la differenza maggiore tra il re giusto e il re tiranno sta nella giustizia e nella cura per il benessere comune. Chi ha le virtù arriverà all’amore di Dio, ad amare Dio proprio come per gratia Dei è riuscito ad avere tale virtù e tale fortuna.

“La vertù de la giustitia (e) de la dirictura à la clarità (e) la beltà spirituale”.2

Nella sua definizione della giustizia e del re giusto, Egidio disegna per contrapposizione l’immagine di un tiranno descrivendone le caratteristiche. Nella dualità proposta dal DRP, il re giusto è colui che, al contrario del suo opposto, vede il raggiungimento della propria felicità personale nel benessere comune. La Giustizia è la stessa legge naturale e chi non obbedisce a questa legge non è un uomo ma è come una bestia: infatti, l’uomo, provvisto di ragione e di linguaggio, è destinato a vivere e interagire in una comunità, non è destinato alla mera sussistenza. In un regno governato da un re giusto, gli uomini sono contenti, rispettati, obbedienti, hanno la possibilità d’imparare e studiare perché sono curati dal loro sovrano e vivono in pace e amicizia. Per garantire stabilità alle città e ai regni, c’è bisogno di vivere virtuosamente secondo le leggi e la giustizia gestite dal sovrano virtuoso che legifera per la disciplina del suo popolo. Poiché la pace e la sicurezza del regno dipendono da questa virtù, il re per governare in modo giusto deve avere molte spie da mandare in giro nel suo paese per sapere come vivono i suoi sudditi.

Nezam al Molk tratta la questione della giustizia in un modo più elaborato, con vari aspetti anche contraddittori. Per il ministro la contrapposizione tra un re giusto e un re ingiusto si definisce in modo diverso: il re giusto è il simbolo e l’emblema della carità e della misericordia di Dio, il re ingiusto e tiranno è l’espressione della sua rabbia. Dio manda un re tiranno quando il popolo non riconosce la grazia di Dio e gli manda un re giusto quando la popolazione sa distinguere questo dono. Nonostante alcune diversità, anche per Nezam al Molk, il fondamento del governo è la giustizia.

“il regno può reggersi anche in mancanza della Fede, ma sull’oppressione mai”.3

1 DRP.1.2.11. p. 290 2 DRP. 1.2.12. p. 293

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La giustizia del re sarà la giustizia dei suoi funzionari:

“se il sovrano è disonesto [e ingiusto] anche tutto l’esercito sarà ingiusto”. …“la giustizia è la gloria del sultano, e che in essa è la forza dell’esercito, e del popolo”. “il sovrano più degno è quello nel cui cuore regna la giustizia e la cui casa è rifugio per i credenti, i saggi, e i musulmani”.1

Si discute della giustizia sotto vari punti di vista, come rimettere ogni cosa in ordine e al suo posto, come espressione di rettitudine e misura in tutte le cose2e come moderazione. L’approccio del ministro alla giustizia è totalmente pragmatico, infatti egli fornisce alcune istruzioni pratiche su come applicare la giustizia nella società. Ad esempio, si raccomanda di inviare i mohtaseb per controllare la situazione del Bazar e per osservare la rettitudine nella pratica religiosa. Invita il re a dare udienza ai suoi sudditi, due volte alla settimana, per ascoltare direttamente le loro rimostranze; lo consiglia di rimediare agli errori e reprimere gli ingiusti, confermando che il potere giuridico può garantire la prosperità del paese.

Un esempio di cattivo governo viene se il giudice è corrotto e non amministra la giustizia, il paese si distruggerà, come nel caso del regno del re Sassanide Yazd Gerd col suo ministro corrotto; al contrario il regno dei re sarà fiorente quando essi diventano come Davide. Il sovrano, seguendo i consigli del ministro, deve fondare degli istituti per sorvegliare l’adempimento della giustizia. Tuttavia nel SN si osserva che la giustizia non deriva dal canone religioso. Essa nel pensiero politico del ministro è superiore alla Sharia. Nel testo alcune affermazioni sono prove evidenti del fatto che egli concepisce la Giustizia come superiore alla Legge Religiosa: il suo modo di vedere le sette religiose non ortodosse, giudicate nemiche dell’ortodossia; il fatto che egli consideri giusti alcuni re crudeli come Mahmud di Gazna, ed infine i consigli di moderazione nel bere il vino come atto contro la Sharia. Da ciò derivano anche il suo realismo e il suo empirismo nel giustificare certi aspetti dell’agire politico al fine di garantire la stabilità del regno.

Concludendo, Egidio nel suo specchio per il principe vede la giustizia buona in sé, naturale e ideale, collegata alla naturalità della comunità umana. Nezam al Molk, invece, vede la giustizia da una prospettiva utilitaristica: il fine della giustizia per lui rappresenta una condizione di stabilità del regno e del territorio sotto un re scelto da Dio.

1 SN.p. 65 L’arte della politica.p. 105

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