1. Un confronto testuale
1.3. L’acquisizione delle virtù
Gli autori degli specchi, per raggiungere questo obbiettivo, cercano innanzitutto di motivare un cambiamento interiore del re invece di concentrarsi sulla realtà esterna. Essi mettono al centro delle loro opere il sovrano ed il loro obiettivo è quello di guidarlo sul cammino per proteggere e mantenere il potere, di stimolarlo ad ottenere le virtù e ad adattarsi alle regole e alle norme religiose e culturali, in modo che diventi il modello del bene per tutti e governi per il benessere comune e per la stabilità della dinastia.
Nel DRP al re vengono attribuite dieci virtù, delle quali quattro sono quelle principali, ispirate ovviamente alle quattro virtù cardinali della tradizione cristiana: Senno, che risiede nell’intendimento, Giustizia, che è nella volontà, Fortezza dell’animo nel desiderio e Temperanza nel desiderio di aver diletto.3 Al raggiungimento di queste virtù si arriva tramite la ragione naturale e grazie all’amore per Dio. Egidio afferma in più punti che la ragione da sola non è in grado di
1 “et quando ei re o i signori furoivano de la lege naturale, la quale Dio à dattata nei nostri cuori e nne’ nostri
pensier, allora non si puo dire signoria d’uomo ma di bestia”. DRP.3.2.26.p.567
2 Giuseppe Santonastaso, Il potere politico nel pensiero di Egidio Romano, La nuova Italia, editrice Firenze, 1939 p.
20
65
condurre alla felicità progettata e che c’è anche bisogno della grazia divina. Questo lo porta a scrivere che:
“Sença divotione (e) sença l’amore di Dio nullo può ess(er) p(er)fecto ne la vita de la conosciença de la verità p(er)ciò che Dio è fonte di ve(r)ità”.1
Il Senno e la Giustizia sono le virtù principali del principe ideale: esse coinvolgono la sua vita interiore ed esteriore, sono collegate fra loro e portano il bene sia al regno che al popolo. Come si è accennato sopra, nel pensiero etico dell’autore, il raggiungimento di queste virtù e dei benefici che da esse derivano è possibile solo tramite l’integrazione della ragione con l’Amor Dei.2 In questo modo il re, con la conoscenza e l’amore per Dio è fornito delle virtù che gli permetteranno di divenire un semidio, come si può verificare nella seguente affermazione:
“e buoni che ubbidiscono a la ragio(n)e (e) che à(n)no i(n)n loro pace (e) co(n)cordia p(er) li
movim(en)ti del loro cuore che ubbidisce alla ragione.alchuna volta sono più laudati che lli altri,(e) cho(n) più sono laudati,di tanto sono ellino più p(re)sso a Dio...”3
In modo differente, per Nezam al Molk, l’intelligenza e la saggezza del re sono acquisite senza mediazione della ragione, perché sono un dono divino:
“Un essere umano acquista quindi con l’aiuto divino prosperità e successo, e secondo i suoi meriti Dio gli concede fortuna, ragione e conoscenza, per mettere all’opera ognuno dei suoi subordinati secondo le sue capacità, destinando a ognuno dignità e stato corrispondenti: a sua volta egli saprà scegliere servitori e gente adatta, a ognuno dei quali dare una posizione e un compito.”4
È interessante notare come anche Nezam al Molk cerchi di realizzare un cambiamento interiore nel suo re, sebbene questo fatto sia più evidente in Egidio, che ha dedicato il suo primo libro proprio al De Regimine Sui. Nezam al Molk cerca di realizzare questo cambiamento invitando il re a indirizzarsi verso la giustizia ed utilizza a questo scopo aneddoti e racconti religiosi, instillandogli una sorta di paura del giudizio universale. La storia di Giuseppe, il sogno del figlio di Omar, il Califfo e il discepolo del profeta, sono degli esempi che testimoniano questo approccio.5 In altre parole, se Egidio cerca di legare le virtù del principe all’amore di Dio, Nezam al Molk spinge il suo re verso gli atti giusti e virtuosi per paura di Dio.
Nel SN non si trovano le istruzioni presenti nel De Regimine Sui: il re ha già la conferma divina ed è inviato, come un reggente di Dio, in una situazione caotica dove la vita, la fede dei sudditi e il regno sono in pericolo, ed egli ha il compito di rimettere in ordine il sistema della convivenza e di affermare la giustizia6. Tale re è già fornito delle virtù utili dalla divinità. Le caratteristiche che un re prescelto possiede, secondo l’autore del SN, sono queste:
1DRP.1.1.4. p. 251 2DRP.1.1.3. pp. 247-249 3DRP. 1.1.3. p. 248
4 SN.p. 12 L’arte della politica. p. 56 5SN. p.15-16. L’arte della politica. p. 59-60 6SN. pp. 11-12 L’arte della politica. pp. 56-57
66
“ …bell’aspetto, buon carattere, integrità, virilità, ardimento, abilità nel cavalcare, saggezza, destrezza nell’usare armi di ogni genere, comprensione delle arti e delle scienze, pietà e clemenza per le creature di Iddio altissimo, osservanza nell’adempiere a voti e promesse, vera fede, amore per la rettitudine, obbedienza a Dio altissimo, meticolosità nel pregare durante la notte e nell’osservare digiuni prolungati, rispetto per le persone di elevato sapere in fatto religioso, stima per gli uomini devoti pii e saggi, buona disposizione nel comportamento verso gli inferiori, considerazione per i subordinati e i servi, capacità di proteggere il popolo dagli oppressori”.1
Sebbene l’autore del SN consideri la monarchia un’istituzione divina, come afferma nel primo capitolo, e sostenga che il re sia già fornito delle virtù, nei successivi capitoli cerca di consigliarlo e renderlo consapevole dei fatti contemporanei, delle necessità pratiche e di ciò che va fatto, considerandolo come un uomo ‘fallibile’. Nel suo libro il re viene invitato a partecipare ad azioni buone e a mostrare le sue virtù nel giudizio, nella moderazione, nella pazienza, etc. Tali virtù non si ottengono da una contemplazione della natura o per conoscenza infusa, bensì dalla consapevolezza della storia e dai fatti umani, soprattutto dalle storie dei re passati.
Possiamo concludere che tutti e due gli autori auspicano e si impegnano per una eccellenza interiore del loro re ideale. Questo è più esplicito nello scritto di Egidio il cui primo libro è dedicato a tale argomento, ma in ogni caso lo esprimono entrambi con due metodi diversi. Egidio ritiene che la ragione naturale sia la sorgente delle cose buone e l’immagine del sovrano ideale emerge dalla speculazione sulla natura, operata dalla ragione e dalla quale si ottengono le virtù grazie all’amore di Dio. Nezam al Molk, invece, considera la conoscenza delle esperienze del passato la fonte di tale cambiamento e le opere buone del re derivano dalle tecniche di governo che soddisfano il popolo, dell’amministrazione della giustizia, da un’ordinata organizzazione del potere e della burocrazia. Si può quindi concludere che il fine ultimo di entrambi i libri, al di là di queste due diverse metodologie, è rappresentato dalla stabilità e dalla durata del regno.