2. Due specchi a confronto: diversi insegnamenti per simili finalità
2.4. Il rapporto tra la religione e lo stato
Un punto comune notevole tra queste due opere è il loro silenzio sul rapporto tra il potere regale e il potere spirituale. Né Egidio nella sua opera accenna alla Chiesa come un potere superiore, né Nezam al Molk lo fa rispetto al Califfato.2 Nell’ opera di Egidio non si affrontano questioni di teologia. Nella sua costruzione delle teorie politiche la teologia non ha nessun ruolo. La morale e la politica, invece di avere un’impronta teologica, hanno un’impronta aristotelica.3
“La chiesa non è al centro degli interessi politici dell’autore. La supremazia papale si sviluppa in tutta la società, ma si incapsula solo nel motivo religioso senza un interesse, per ora, giuridico e politico di notevole rilievo”.4
La rappresentazione del re e del suo potere nel DRP viene fatta senza nessun legame con l’istituzione religiosa. Il re è rappresentato come una figura autonoma, la cui qualificazione per essere un re deriva dalla sua capacità intellettuale nell’acquisire le virtù con l’aiuto di Dio. Pare che nel DRP la religione sia sostituita con la politica, il ruolo della religione sia stato delegato alla politica e si veda “lo stato come il rimedio all’imperfezione umana dopo il peccato originale”.5 Le istruzioni politiche esposte nel libro mirano a sostenere il bene personale del re ed anche dei cittadini e la prosperità comune di tutti. Pare che la teoria che Egidio espone nel DRP gli sia stata
1DRP. 3.2.17 p. 551-552
2 Tuttavia ci son degli accenni al Califfo in SN ed il ministro, come un sunnita fedele all’Islam, ha rispettato la sua
posizione però nei suoi scritti ha ridotto il ruolo di Califfo a quello di grande comandante dei musulmani che la legittimazione dei re escono dalla sua corte ad un comandante il cui regno è limitato a Bagdad, la sede di Califfato per sei secoli. Si riferisce alla storia di Yaqub e il califfo abbaside in SN. pp. 19-28.
L’arte della politica. pp. 62-70
3 Santonastaso. p. 20 4 Ibid.
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sufficiente per non far entrare l’istituzione religiosa come via di salvezza per i sudditi. In altre parole, il diritto naturale dello stato come fondamento può funzionare bene per la salvezza e la fortuna degli uomini sulla terra, rendendoli anche virtuosi per la salvezza nell’aldilà. Con uno stato fondato sui diritti naturali e guidato da un sovrano virtuoso che stabilisce i diritti positivi, i sudditi possono sentirsi felici. Egidio afferma ovviamente che la politica è come il rimedio di un male:
“Siccome la scienza della medicina per li siroppo e per le pogioni e per la dieta e per altre cose, insegna principalmente a regolare ed addrizzare gli umori, e a fare altre cose, per avere sanità’ nel corpo dell’uomo. Cosai la scienza della politica intende principalmente a governare e regolare le opere umane per le leggi e per li ordinamenti ch’essa insegna, e perciò le leggi sono regola dell’opere umane, che l’uomo die fare”.1
Inoltre, la retorica che Egidio usa per esporre le sue teorie politiche impedisce all’autore di addentrarsi negli affari religiosi, perché la retorica deliberativa non è uno strumento adatto a trattare la felicità contemplativa.2 Egidio, nella sua ricerca del bene comune e della felicità, invece di occuparsi di dottrine religiose prova a vedere se è meglio che il regno sia governato da un buon signore e dalle buone leggi; alla fine si risolve in favore di un buon re meritevole di scrivere buone leggi. L’assenza dell’istituzione religiosa nel pensiero politico di Egidio deriva delle sue teorie politiche, in cui la natura e la naturalità dello stato bastano per la felicità terrena dell’uomo. Il silenzio sull’istituzione religiosa è un aspetto notevole dell’opera del ministro. Il re nel SN acquista la sua legittimità invece che dal Califfo, la guida spirituale dei musulmani e il successore di profeta, direttamente dal Dio. Le parole iniziali del libro affermano questa legittimità divina in cui il Califfo non ha nessun ruolo. Nezam al Molk nel SN dà l’autorità al re senza intervento del Califfo. Il re è uno a cui è stato donato uno splendore divino, un concetto derivato da un’antica ideologia persiana che il ministro cerca di ristabilire nel territorio islamico. Nezam al Molk, con la sua interpretazione della sovranità ideale ispirata alla Persia antica, che era alla base di Farah-
e Izadi o splendore divino, fonda l’istituzione della monarchia accanto all’istituzione del califfato.
Collegando le due istituzioni in un sovrano ideale, egli cerca di proteggere l’unità del territorio dai pericoli delle rivolte e delle sette religiose.
Tutti e due gli autori, per raggiungere i loro scopi ignorano il potere religioso riducendolo ad un potere spirituale e non politico, conferendo autorità e autonomia ai loro sovrani. Egidio, nel disegnare il regno ideale sotto un sovrano ideale, sostiene per il sovrano i caratteri sono in legame con la naturalità e la ragione umana favoriti dalla gratia Dei invece di essere legati alla fede, sembrando così escludere l’istituzione religiosa dalla sua teoria politica. Nezam al Molk, con il suo sguardo retrospettivo alla Persia antica, cerca di unire religione e monarchia sotto un unico sovrano per risolvere i problemi politici e religiosi della sua epoca. Questo avviene nel momento in cui il Califfato aveva perso il suo potere politico e militare ormai da un secolo. Attraverso l’esclusione dell’istituzione della religione egli fonda l’ideologia di “re - pastore”, che è presente nell’assolutismo monarchico in Persia durato fino alla rivoluzione costituzionale persiana del
1 DRP. 3.2.26. p. 565
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1905. D’altra parte Egidio pone il sovrano al di sopra dei diritti positivi e gli dà una sovranità senza limiti. Egidio disegna nella sua opera uno stato che è sufficiente in sé, apre la via per il secolarismo in politica e la legittimazione dei nuovi stati nazionali.