• Non ci sono risultati.

GLI ABITI DI MIYAKE PER IL BALLO: FRANKFURT BALLET COMPANY

1. I FOTOGRAFI

1.4. GLI ABITI DI MIYAKE PER IL BALLO: FRANKFURT BALLET COMPANY

All’inizio della sua carriera, quando stava ancora sperimentando le diverse tecniche di plissettatura che avrebbero successivamente dato alla luce i Pleats, please, Miyake mise le sue creazioni a disposizione del Frankfurt Ballet Company di William Forsythe che li fece indossare ai ballerini per la prima di “The Loss of Small Detail” nel 199144 (Fig. 26). Miyake racconta di quando i ballerini

indossarono i suoi vestiti per la prima volta e di come fossero stupiti ed entusiasti della leggerezza e continua mutevolezza delle forme durante i movimenti di danza:

“Ricordo molto bene quando i danzatori vennero nel mio studio a Tokyo per provare i capi. Non appena indossarono i costumi iniziarono a muoversi. Per divertirsi, i danzatori maschi provavano i costumi femminili […] Sembravano muoversi con un trasporto talmente gioioso che li lasciai fare. Andarono pazzi per i miei plissé45”.

44 MIYAKE, Pleats please, cit., p. 38. 45 Ibid.

Dopo questa esperienza, Miyake decise di creare degli abiti che non fossero soltanto esteticamente accattivanti, ma che entrassero in relazione con il corpo e i suoi movimenti46 e forse è proprio in questa occasione che Miyake si rende conto del

potenziale espressivo sia estetico che psicologico che i suoi abiti potevano avere sulle persone. In questo caso, gli abiti di Miyake non vengono scelti per la vita di tutti i giorni, come venivano interpretati nelle foto di Takagi, ma per un lavoro importante e delicato come quello del ballo che richiede comodità, totale libertà dei movimenti, ma anche dinamismo e drammaticità espressiva.

Anche il suo successore e odierno direttore creativo Miyamae Yoshiyuki ha a cuore l’aspetto più pratico degli abiti, dimostrando come per la vita di tutti i giorni le persone chiedano abiti comodi ed espressivi come quelli per il ballo:

ISSEY MIYAKE のフィロソフィーは、身体と布の関係性。現代人は どんな生活をしているのか、どんな動きをしているのかを常に考え

ています47

“La filosofia di Issey Miyake consiste nella relazione tra corpo e abito. La sua filosofia riflette bene su quali movimenti e su che stile di vita hanno le persone oggi.”

I futuri Pleats, please, indossati dai ballerini del Frankfurt Ballet Company, possedevano già queste caratteristiche e sono stati percepiti dagli stessi danzatori non solo come dei semplici abiti da lavoro, ma come qualcosa di più: come abiti in grado di liberare il corpo e di lasciarlo respirare nei movimenti e nella gestualità. Lo spazio tra il vestito e il corpo ha un nome preciso in giapponese: si chiama ma ed è considerato un pregio dell’abito stesso. Miyake afferma che il corpo deve poter respirare e muoversi liberamente all’interno dell’indumento e non sentirsi costretto

46 ENGLISH, Japanese fashion designers…, cit., p. 12.

47 MIYAMAE Yoshiyuki; KANAMORI Jō, Ugoki no kurieishon, in “The work of Miyake Issey:

da esso48. Quindi, il vestito non deve essere invadente, ma ha il compito di proteggere e valorizzare il corpo sottostante.

Questa esperienza a contatto con i ballerini fa crescere nel designer il desiderio di creare dei vestiti che lui definisce “capi universali49” che possano adattarsi non solo

a ballerini con fisicità e altezze differenti che devono compiere movimenti estremi, ma anche a gente comune che vive la sua vita quotidiana: “I Pleats, please sono «tessuti globali» che sono stati in grado di trovare il loro posto nella vita di tutti i giorni della gente, diventando quasi una seconda pelle”50. Una seconda pelle che permette al corpo di rimanere libero e respirare senza costrizioni.

Proprio per il fatto che gli abiti di Miyake sono apprezzati da tutti, il designer assegna ai suoi capi il nome di “Pleats, please” perché sono abiti plissé che piacciono (“to please”): permettono alle persone di essere spontanee e naturali. La spontaneità diventa quindi, il tratto distintivo della sua filosofia: Miyake rinuncia a dare ordini ai ballerini su come muoversi e che pose assumere, ma li lascia essere se stessi lasciando che gli uomini provino i costumi femminili e sperimentino una diversa valorizzazione del corpo e dei movimenti. In questo caso, così come nelle foto di Takagi, gli scatti risultano essere espressivi e spontanei perché autentici (non si tratta di persone messe in pose studiate), e perché permettono ai soggetti di esprimersi senza nessun filtro visivo o concettuale.

Rimanendo al tema della danza, anche Miyamae ha continuato la collaborazione già iniziata con Miyake tra moda e danza e si è interessato alla “noism dance” le cui caratteristiche vengono spiegate dal ballerino Kanamori Jō:

[Noism]主義をもたない。それはあらゆる主義を否定するという意味 ではなく、20 世紀に生み出された主義や技法をもう一度リスタディ

48 FUKAI Akiko et al., Future beauty: 30 years of Japanese fashion, London, New York, Merrell,

2010, cit., p. 16.

49 MIYAKE, Pleats please, cit., p. 39. 50 Ibid.

するということです51

“Il noism non ha dei principi. Questo non vuol dire che neghi tutti i principi [della danza], ma piuttosto consiste nel ristudiare di nuovo le tecniche e i principi nati nel ventesimo secolo”.

È una danza che riprende elementi della danza occidentale e di quella giapponese e li fonde insieme per conferire una nuova armonia al corpo52, esattamente come

accade agli abiti del brand di Miyake: un’efficace sintesi tra due mondi che, per quanto sembrino opposti e diversi, riescono comunque a equilibrarsi magistralmente.